Esegui una ricerca

Informativa privacy

Radioterapia: tra medicina e tecnica

Dario Vascellaro, N. 9 settembre 2001

L‘indicazione all’impiego delle radiazioni a scopo terapeutico è andata progressivamente espandendosi e oggi, con varie finalità - precauzionale, radicale, palliativa, riduttiva, di consolidamento, in combinazione e concomitante alla chirurgia e/o alla chemioterapia - circa il 60% dei pazienti viene sottoposto alla radioterapia nelle varie fasi dell’iter terapeutico contro il tumore. Mentre sembrava che la radioterapia dovesse essere soppiantata dalle nuove metodologie terapeutiche, negli ultimi dieci anni si sta assistendo a un aumento delle indicazioni alla radioterapia grazie all’applicazione in questo settore di progressi tecnologici soprattutto in campo informatico.
È, infatti, possibile personalizzare il trattamento e raggiungere dosi curative sempre più elevate e realmente “tumoricide”, impensabili con le tecniche del passato. Si possono, inoltre, ridurre drasticamente gli effetti collaterali grazie alla possibilità di individuare il bersaglio e schermare con precisione gli organi sani circostanti. La radioterapia, inoltre, da sola o in associazione alla chemioterapia, si pone oggi come valida alternativa alla chirurgia nella cura di alcune neoplasie, consentendo di evitare interventi spesso mutilanti, non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico.

Un po' di storia
La nascita della radioterapia, disciplina clinica che si serve delle radiazioni ionizzanti per la cura dei tumori, è stata resa possibile da tre scoperte fondamentali avvenute poco più di 100 anni fa per merito di W.C. Roentgen (1895), H. Becquerel (1896) e M. e P. Curie nel 1898.
Questi scienziati, che per le loro ricerche conseguirono il premio Nobel, scoprirono i raggi X e la radioattività naturale; sul loro sviluppo sono fondate la moderna radioterapia a fasci esterni e la brachiterapia, che utilizza le radiazioni emesse da sorgenti radioattive poste “vicino” alla lesione da curare.
Occorrono 50 anni di tumultuosi progressi scientifici nel campo delle radiazioni e delle loro applicazioni mediche per arrivare alla moderna radioterapia che si serve oggi soprattutto di fotoni ed elettroni di alta energia.
Negli ultimi 20 anni del secolo XX lo sviluppo tecnologico in campo radioterapico è stato enorme e molto rapido, potendosi avvalere anche dell’ausilio dell’informatica.
Parallelamente alla radioterapia a fasci esterni anche la brachiterapia fa grandi passi in avanti: si ricercano radioisotopi in sostituzione del radium e modalità di trattamento che offrano maggiore protezione per il paziente e l’operatore.
Nascono così tecniche d’impiego delle sorgenti radioattive che non richiedono più l’esposizione diretta dell’operatore alle radiazioni: le tecniche a post-carica manuale o meccanica. Le prime apparecchiature per brachiterapia a postcarica furono il Cathetron, il Curietron e il Selectron: quest’ultimo in particolare inserisce l’isotopo nel corpo del malato utilizzando aria compressa.
La possibilità di misurare le radiazioni ionizzanti e di conoscerne la distribuzione all’interno del corpo umano ha accompagnato lo sviluppo della radioterapia, con la possibilità di ottenere grandi benefici con la guarigione dalla malattia tumorale accompagnata dalla riduzione al minimo degli effetti collaterali.
Lo studio degli effetti delle radiazioni sui tessuti animali e umani sani e tumorali ha condotto allo sviluppo di modalità di frazionamento della dose che consentono notevoli vantaggi, migliorando il rapporto costo/beneficio: l’azione di danno da radiazioni si svolge soprattutto a carico del tumore e i tessuti sani irradiati riescono a sopportare dosi elevate. Oggi la radioterapia con i Raggi X di alta energia e con l’ausilio delle più recenti tecnologie informatiche può eseguire trattamenti in modo:
- conformazionale: distribuzione della dose conforme al volume tridimensionale da irradiare (è una tecnica radioterapica sviluppata allo scopo di permettere d’impartire una dose più alta al tumore, risparmiando al contempo gli organi sani);
- con tecnica stereotassica: irradiazione di un piccolo volume di tessuti, il più spesso cerebrali, a mezzo di una serie di movimenti ad arco della sorgente delle radiazioni, con asse sul bersaglio;
- intraoperatoria: dopo la rimozione del tumore da parte del chirurgo, la “zona” viene irradiata direttamente sul letto operatorio.
Per il trattamento di lesioni tumorali in particolari sedi anatomiche come il cavo orale, l’utero, il retto ecc. possono venire impiegate sorgenti sigillate di piccole dimensioni introdotte nelle diverse cavità (brachiterapia). Le sorgenti utilizzate possono essere aghi o fili, manipolati con pinze e posti manualmente nelle sedi da trattare, oppure, come abbiamo già visto, posizionate opportunamente nel paziente con comando a distanza (after/remoteloading).
L’uso dei protoni e dell’intensità modulata del fascio rappresentano alcuni aspetti della radioterapia nel prossimo futuro, insieme a nuovi isotopi per la brachiterapia, o di composti che possono entrare selettivamente nelle cellule tumorali.
Come già accennato, il ruolo che la radioterapia svolge nella cura dei tumori o in alcune manifestazioni della malattia tumorale, come il dolore, coinvolge approssimativamente il 60% di tutti i pazienti ammalati di cancro. La radioterapia può essere usata in alcune forme tumorali o in alcuni stadi di esse come terapia esclusiva, cui può conseguire la guarigione, oppure può integrarsi con chirurgia e chemioterapia per conseguire lo stesso risultato. In caso di dolore, soprattutto se dovuto alla presenza del tumore diffuso allo scheletro, la radioterapia può essere ritenuta l’analgesico più efficace e dare un notevole contributo al miglioramento della qualità di vita del paziente.

Quando serve la radioterapia
Come lamenta Sergio Filosto, Oncologo Radioterapista Responsabile dell’Unità Operativa di Radioterapia Oncologica della Casa di Cura ad Alta Specialità “La Maddalena” in Palermo, Professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Radioterapia Oncologica presso l’Istituto di Radiologia dell’Università degli Studi di Palermo, per motivi storico-culturali, la radioterapia è stata considerata «la terapia dell’ultima spiaggia». Alcune patologie, invece, sono di pertinenza esclusivamente radioterapica e, se prese per tempo, offrono ottime speranze di guarigione. È il caso, ad esempio, dei tumori della rino-faringe che in tutto il mondo (tranne qualche sfortunato tentativo in Svizzera e in Cina) non si operano.
«Tutti gli stadi iniziali di tumori alla laringe - ricorda il dottor Filosto - guariscono se trattati esclusivamente con radioterapia senza dover ricorrere a un intervento chirurgico che guarisce, ma altera la funzionalità d’organo. In quasi tutti i tumori solidi si può usare una terapia loco-regionale come può essere la radioterapia (i benefici e gli effetti sono limitati solo all’area irradiata). La radioterapia ha un ruolo importante nell’ambito dei tumori cerebrali (purtroppo alcuni di questi sono inguaribili) per i quali è indicata come intervento postoperatorio. Si usa la radioterapia anche nell’ambito dei tumori del distretto cervico-cefalico (laringe, rino-faringe cavo orale, labbra, parotide). A livello polmonare, per certi tumori, può essere usata la radioterapia, se ci sono indicazioni, dopo una chirurgia; in certi casi di tumori inoperabili può essere una valida alternativa alla chirurgia anche in associazione con la chemioterapia. Nel caso della mammella, lo sviluppo della chirurgia con interventi sempre meno demolitivi è stato possibile grazie all’utilizzo di una radioterapia complementare. Si usa la radioterapia anche nell’ambito dei tumori solidi della vescica, del retto, dove può essere anteposta alla chirurgia, e nei tumori dell’utero, soprattutto della cervice uterina, che possono essere trattati con la radioterapia transcutanea associata alla brachiterapia. Nei tumori della prostata la radioterapia è il non plus ultra: praticamente in quasi tutti gli stadi la cura dovrebbe essere radioterapica e/o ormonale».

Le tecniche di imaging
«La radioterapia ha più affinità elettive, concettualmente, - dice il dottor Filosto - con la chirurgia perché ha un effetto loco-regionale, cioè dove si tratta si hanno gli effetti, positivi o negativi, ma solo in quel punto. La chemioterapia, invece, ha un effetto generalizzato».
A maggior ragione, se devo ottenere un effetto a livello loco-regionale, devo avere, al di là della conoscenza medica, un’indicazione precisa che mi possono dare dei sistemi di rilevazione dei tessuti. Da qui nasce l’uso della Tac dedicata, della Risonanza magnetica, della PET, proprio per identificare non solo il bersaglio tumorale, sia esso un residuo, sia esso un tumore che si vede, sia una zona da sterilizzare, ma soprattutto gli organi vicini, per utilizzare con più precisione il fascio radiante come un bisturi.
La Tac è il mezzo che mi permette di acquisire notizie topografiche più precise riguardo alla grandezza, alla consistenza e al posizionamento del tumore rispetto agli organi ad esso vicini. Viene utilizzata anche la Risonanza magnetica, ma il grosso problema che per ora coinvolge parecchi istituti scientifici in tutto il mondo è che la Tac (Raggi X) dà notizie sulla densità secondo la scala Hounsfield, mentre la Risonanza mi fa vedere delle immagini che sono in rapporto alla densità protonica. Tutti gli studi dosimetrici che mostrano la distribuzione della dose di radiazioni che segue ad una irradiazione si fondano sulle immagini TAC. Si sta studiando la possibilità di fondere le immagini TC ed RM per migliorare ulteriormente le possibilità diagnostiche ma anche le tecniche di studio dosimetrico in radioterapia., Indubbiamente, l’ausilio di Tac, Risonanza, ecografia, scintigrafia, cioè di tutto quello che serve per identificare al meglio il tessuto tumorale e gli organi vicini, contribuisce alla buona radioterapia, sempre allo scopo di identificare al meglio il tumore e di limitare ad esso il danno portato dalle radiazioni.

Radioterapia intraoperatoria
La radioterapia intraoperatoria è utilizzata nel nostro Paese da circa quattro anni con ottimi risultati contro le recidive tumorali e sono in corso protocolli sperimentali che stanno fornendo ottime prospettive, nel trattamento radicale dei tumori della mammella e del retto in stadio iniziale, ma purtroppo spesso non è possibile attuarla a causa delle grandi dimensioni dei macchinari e delle loro sistemazioni in locali lontani dalla sala operatoria.
Questa situazione genera disagi poiché i pazienti dovrebbero essere trasportati da un luogo all’altro rischiando di contrarre infezioni, richiede l’impiego di ulteriori mezzi e di personale, prolunga i tempi di anestesia e tiene bloccate le sale operatorie per tempi troppo prolungati. In tal senso la Hitesys Aprilia, un’azienda di Latina, ha progettato un nuovo macchinario chiamato Novac 7 (un acceleratore lineare di elettroni portatile che non necessita di alloggiamento in un bunker) con lo scopo di attrezzare le sale operatorie del mondo di questo strumento, il quale irradia le parti tumorali nel corso dell’intervento chirurgico stesso e non al termine di esso.
Il Novac 7 è alto 1,90 m., largo un metro e facilmente trasportabile. La ricerca e la sua progettazione sono costate finora 18 miliardi, comunque giustificati dall’unicità a livello mondiale dell’apparecchio altresì coperto da brevetto. Le percentuali di mancato riscontro di una recidiva di tumore con il suo utilizzo variano dall’80 al 90 per cento. Attualmente il Novac 7 è in uso presso pochi presidi ospedalieri italiani, tra i quali possiamo citare l’Istituto Oncologico di Milano, il San Filippo Neri ed il Regina Elena di Roma, il Bianchi di Reggio Calabria e nel settembre 2001 sarà installato presso la Casa di Cura “La Maddalena” di Palermo, il costo del nuovo apparecchio si aggira intorno al miliardo e mezzo di lire. Attualmente ne vengono prodotti circa dieci pezzi all’anno, ma le richieste sono almeno il doppio.

Torna ai risultati della ricerca