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Cellule staminali in marcia per salvare il fegato ammalato

Paola Sarno, N. 1/2 gennaio/febbraio 2011

E’ stato scoperto un esercito di cellule staminali  che dal midollo osseo si mette in marcia nel sangue per andare riparare il fegato quando l’organo è compromesso seriamente da malattie o quando una parte di tessuto epatico viene asportata chirurgicamente per rimuovere tumori o lesioni di altro tipo. Queste cellule staminali aiutano l’organo a rigenerarsi quando da solo non riesce più a sostenere, usando le proprie cellule staminali interne, il naturale processo autorigenerativo.
La scoperta di queste staminali che si mettono in viaggio per andare ad “aiutare” il fegato nelle situazioni più rovinose si deve a un recente studio dell’équipe del professor Antonio Gasbarrini, docente di Medicina Interna all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Dirigente Medico presso l’unità operativa di  medicina interna e gastroenterologia del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma. La ricerca è stata effettuata in collaborazione con i docenti Gennaro Nuzzo e Felice Giuliante dell’Unità operativa di chirurgia generale ed epato-biliare del Gemelli ed il positivo esito è stato pubblicato sulla rivista internazionale Digestive and Liver Disease.
 “La scoperta è importante perché indica la via verso nuove terapie per stimolare il processo naturale di riparazione del fegato assistito dalle cellule staminali del midollo osseo”, ha affermato il professor Gasbarrini. “Attraverso fattori di crescita, per esempio, si potrebbe intensificare il lavoro delle staminali del midollo e quindi ottenere la riparazione di un fegato molto compromesso che da solo può più autorigenerarsi”.  E le ricercatrici Maria Assunta Zocco e Annachiara Piscaglia dell’Istituto di Patologia Medica dell’Università Cattolica, che hanno condotto la ricerca hanno aggiunto: “In questo modo si potrà trattare con resezione chirurgica del fegato un maggior numero di pazienti, anche molti di quelli oggi ritenuti inoperabili perché hanno un tessuto epatico troppo compromesso”.

Quando intervenire chirurgicamente?
“Il fegato ha una sua riserva interna di cellule staminali capaci di rigenerarlo”, ha spiegato il professor Gasbarrini, “ma questo processo è possibile solo quando il tessuto epatico è sano o quantomeno non eccessivamente danneggiato da malattie come quelle oncologiche o la cirrosi. Quindi, prima di compiere una resezione epatica su un paziente per rimuovere la parte di fegato lesionata, bisogna valutare costi e benefici dell’intervento, in quanto se la porzione di tessuto da rimuovere è molto estesa, il rischio è che, dopo l’intervento, il fegato del paziente non riuscirà ad autoripararsi. In questi casi il paziente è considerato inoperabile ed è inserito nella lista d’attesa trapianti”.
Tuttavia,  adesso i ricercatori dell’Università Cattolica di Roma hanno scoperto questo “meccanismo di salvataggio”, basato su un canale di comunicazione esistente tra il fegato e il midollo osseo, che è la fucina delle cellule staminali del sangue. In pratica, cioè, il fegato riceve una riserva di cellule staminali dal midollo osseo che lo aiutano a ripararsi quando non può più attingere alle staminali proprie.

I dati dello studio
“Per arrivare a questa scoperta abbiamo arruolato 29 pazienti che avevano subito una rimozione di parte del fegato per diversi motivi (tumori del fegato o delle vie biliari, metastasi, angiomi), interventi effettuati dalle équipe dei professori Nuzzo e Giuliane”,  ha spiegato la dottoressa Zocco. “Abbiamo inizialmente suddiviso i pazienti in due gruppi sulla base del volume di fegato residuo dopo l'intervento (cioè intorno al 40% mentre di solito il volume residuo minimo per garantire l’autoriparazione del fegato attraverso la sua riserva endogena di staminali è il 60% dell’organo), poi ulteriormente suddivisi sulla base della presenza o meno di una malattia cronica di fegato. Abbiamo coinvolto, inoltre, come gruppo di controllo dei pazienti operati per asportare la colecisti”.
I ricercatori hanno eseguito su tutti i pazienti ripetuti prelievi di sangue, il giorno prima dell'intervento e poi dopo uno, tre, cinque, sette e 14 giorni dall'intervento e hanno misurato in questi campioni la percentuale di cellule staminali presenti nel sangue dei diversi gruppi di pazienti e isolato le cellule staminali per valutare in quante di queste cellule fossero accesi i geni tipici delle cellule del fegato. “Abbiamo potuto così constatare che nel sangue dei pazienti che si sottopongono a rimozione di parte del fegato la percentuale di cellule staminali cresce nei giorni successivi all’intervento”, ha spiegato la dottoressa Zocco, “e che questo incremento è maggiore nei pazienti cui viene asportato più del 40% del fegato rispetto a quelli che subiscono un intervento meno radicale. Inoltre la presenza di una malattia cronica del fegato determina un ulteriore aumento della percentuale di cellule staminali circolanti”. È emerso, inoltre -  fatto ancora più importante - che le cellule staminali isolate dal sangue di questi pazienti hanno la carta d’identità genetica distintiva delle cellule del fegato (ovvero hanno attivi i geni espressi solo in queste cellule), dimostrando così un loro possibile ruolo nel processo di rigenerazione epatica.

L’importanza della mobilizzazione dele staminali
Perciò, quando per il fegato non è più possibile l’autoriparazione, entrano in gioco le cellule staminali del midollo osseo, anche se esclusivamente in caso di un danno molto esteso. Soprattutto, cioè, quando la capacità rigenerativa locale è ridotta dalla presenza di una malattia cronica del fegato; per cui la dottoressa Zocco ha specificato che “questa migrazione di cellule dal midollo al fegato ha un peso soprattutto nei pazienti con epatite cronica o cirrosi”. O nel caso di importanti resezioni chirurgiche come quelle effettuate in caso di patologie oncologiche.
Nei pazienti con malattia cronica, infatti, le cellule staminali residenti nel fegato sono continuamente sollecitate a moltiplicarsi per ristabilire la massa epatica funzionante e il loro potenziale rigenerativo è notevolmente ridotto da questo superlavoro. “In caso di ulteriore danno epatico non riescono quindi a far fronte alla nuova situazione di emergenza”, ha sottolineato ancora Maria Assunta Zocco.
Alla luce di ciò, grazie alla scoperta dei ricercatori dell’Università Cattolica, le cellule staminali circolanti nel sangue, opportunamente sollecitate, potrebbero avere un ruolo importante a livello clinico per questi pazienti. “Nel nostro studio”,  ha sottolineato la dottoressa Zocco, “abbiamo anche dimostrato che la mobilizzazione delle cellule staminali è associata a un aumento dei fattori di crescita circolanti nel sangue, cioè di quelle molecole che stimolano le cellule staminali a moltiplicarsi.  Sicuramente la possibilità di  modulare il processo di mobilizzazione delle cellule staminali del midollo e la loro migrazione nel fegato attraverso la somministrazione di fattori di crescita potrebbe aprire interessanti prospettive terapeutiche. Innanzitutto potrebbe consentire un aumento del numero di pazienti da candidare alla resezione epatica con approcci chirurgici potenzialmente più curativi e poi ridurre il numero dei pazienti con insufficienza epatica terminale che necessitano di trapianto di fegato”.
“In futuro” ha annunciato in conclusione il professor Gasbarrini, “potenziando la capacità endogena del midollo di spedire ‘cellule riparative’ al fegato, per esempio attraverso l’iniezione di fattori di crescita, si potrebbero guarire chirurgicamente pazienti oggi considerati inoperabili e quindi un minore numero di malati avrà bisogno del trapianto”.

Nuove speranze con il laser anti-tumore per il tumore cerebrale
Al Barnes-Jewish Hospital di St. Louis (Usa) è stato testato un nuovo dispositivo, il Monteris AutoLITT, un laser capace di colpire in modo selettivo le cellule tumorali e “cuocerle”. Questo strumento, già approvato dalla Food and Drug Administration (e presente finora in 3 ospedali statunitensi), potrebbe regalare nuove speranze ai soggetti malati di cancro con quadri clinici molto complessi. Il Monteris AutoLITT è, infatti,  un dispositivo laser pilotato dall'MRI (imaging a risonanza magnetica), che permette a una sonda di colpire solamente le cellule tumorali lasciando intatti i tessuti sani: una volta selezionate le cellule bersaglio, le “cuoce” dall'interno e le fa coagulare. Questa tecnica è già stata applicata alla Washington University School of Medicine su un paziente affetto da tumore cerebrale recidivo, che fino a poco tempo prima era considerato non più operabile a causa della profondità della patologia oncologica e dei precedenti interventi chirurgici. Il Monteris AutoLITT ha permesso di creare un foro sulla calotta cranica non più grande della punta di una matita, attraverso il quale è stato inserito il laser che ha agito solo sulle cellule cancerogene. 

Un anticorpo "armato" contro il tumore al seno
All’ultimo congresso dell'Esmo (Società europea di oncologia medica) tenutosi a Milano è stata presentata una molecola che potrebbe diventare una nuova arma contro alcune forme di cancro al seno. Questa molecola, denominata T-Dm1 infatti, trasporta il farmaco direttamente all’interno delle cellule tumorali. E’ composta da due componenti, che messe insieme la rendono estremamente efficace: il Trastuzumab, anticorpo monoclonale già utilizzato con successo nella lotta contro la forma Her2 positiva di tumore al seno (il più diffuso in Italia), e il Dm1, sostanza nota da tempo ma molto tossica per l'organismo e quindi mai utilizzata in terapia. L'anticorpo trasporta la molecola tossica all'interno della cellula tumorale e solo in quel momento la rilascia, provocandone la distruzione. Luca Gianni, dell'Istituto dei tumori di Milano, ha spiegato che, oltre ai benefici di questa terapia, vi è anche una riduzione degli effetti collaterali che si presentano in un classico trattamento: la caduta dei capelli si riduce dal 45% al 2%, così come diarrea e neutropenia. Anche il presidente eletto dell'Aiom, Mario Venturini, considera questa terapia “rivoluzionaria contro il tumore al seno Her2positivo”, e un importante esempio di “veicolazione specifica della chemioterapia alle cellule bersaglio”. Attualmente la molecola è in fase II di sperimentazione e ricercatori rietengono che già nel 2013 potrà essere disponibile per le pazienti. 

I giovani promuovono la tassa sul fumo e sui raggi UVA
Otto giovani su 10 promuovono la "tassa sulla salute": un euro in più su ogni pacchetto di sigarette e seduta abbronzante. La proposta, lanciata dall’AIOM dal Congresso dell’ESMO di Milano, piace agli under 25. Su 300 ragazzi intervistati nei giorni scorsi nel capoluogo lombardo, l'80% si dichiara, infatti, a favore. E, a sorpresa, anche molti fumatori. "È un segnale incoraggiante, che indica che abbiamo colto nel segno”, ha  commentato Carmelo Iacono, presidente AIOM. “La prevenzione va anticipata all'età scolare, anche perchè fumo e raggi UVB sono tanto più dannosi quanto più l'esposizione è precoce. Per questo la nostra società scientifica si rivolge ai giovani, anche con i loro strumenti. Chi vuole sostenere la nostra proposta può infatti cliccare il nostro video su youtube http://www.youtube.com/watch?v=9KJ4SJY62m8 e mandare una mail di sostegno a aiomnews@intermedianews.it. La petizione verrà poi portata ufficialmente in sede Istituzionale". L'incremento di prezzo di un euro, non solo può portare come effetto diretto a un calo di mortalità per tumore del polmone e melanoma, le uniche due neoplasie oggi in crescita nel nostro Paese, ma si può anche tradurre in un guadagno minimo di 4,5 miliardi l'anno (tanti sono i pacchetti di sigarette venduti ogni anno in Italia), da reinvestire per potenziare l'assistenza oncologica

Per i giovani oncologi è pericolo burnout
Quasi metà degli specializzandi in oncologia in Europa soffre di burnout. Si tratta di un fenomeno largamente sottostimato e sottovalutato dalle autorità sanitarie, avverte uno studio presentato al 35° Congresso dell'European Society for Medical Oncology (ESMO) tenutosi a Milano. Al riguardo i dati del Institut Gustav Roussy dicono, infatti, che il 44% degli specializzandi oncologi europei soffre di burnout e il 18% di loro mostra livelli gravemente anormali sia di esaurimento emotivo sia di depersonalizzazione. Il 20% assume farmaci per tamponare il problema.
Fra le cause principali, il peso emotivo derivante dal trovarsi a gestire continui decessi di pazienti che danno vita a interrogativi esistenziali e sensazioni di inadeguatezza, e fattori interni correlati allo status di specializzandi in ansia per il futuro”. Le soluzioni? La chiave sembra essere la comunicazione. Secondo Fortunato Ciardiello, professore di Oncologia Medica alla II Università di Napoli forse il burnout dei giovani oncologi “nasce anche dal violento contrasto tra gli entusiasmi iniziali della loro carriera e la disillusione successiva. E poi c’è la difficoltà di gestire il rapporto con le attese dei pazienti e dei loro familiari. Per questo gli skill comunicazionali hanno un impatto molto positivo su questo fenomeno, contribuendo a ridurlo significativamente. Se sai comunicare con i pazienti e con il tuo team, molte delle situazioni più stressanti possono essere evitate”.

Il petrolchimico di Mantova  responsabile di un’esplosione di tumori?
La probabilità di ammalarsi di sarcoma (secondo dati Asl) per chi e' residente nelle vicinanze del Petrolchimico di Mantova è oltre 30 volte più elevata di chi ha abitato nel centro della città. Inoltre, le cifre relative alle malformazioni nella provincia sarebbero più elevate del doppio rispetto a quelli dell'Emilia Romagna. Perciò i cittadini di Mantova hanno chiesto aiuto alle istituzioni. Il caso e' stato anche illustrato dal quotidiano ecologista Terra, che in un'inchiesta ha parlato delle ricadute ambientali e sanitarie del grande Petrolchimico che sorge a poche centinaia di metri dal centro della città Patrimonio dell'Unesco. Il suolo del Polo chimico e' risultato contaminato da sostanze di diretta derivazione delle produzioni industriali come metalli, benzene, toluene, etilbenzene, cilene, stirene, idrocarburi e diossine. La bonifica però non è ancora partita, e la messa in sicurezza va molto a rilento. Intanto – ha scritto il quotidiano - il sottosuolo del Polo industriale e' invaso da un lago di surnatante, un composto di oli, benzine e petrolio, che continua a espandersi. Ma non è facile accertare le responsabilità di quale, tra le decine di industrie che si sono succedute, quanto e quando l'abbia prodotto. L'assessore comunale ai Lavori pubblici, Giampaolo Benedini, ha dichiarato che se queste sostanze arrivassero nel fiume Mincio sarebbe un disastro ambientale.

Indirizzi utili
POLICLINICO UNIVERSITARIO AGOSTINO GEMELLI 
Largo Agostino Gemelli 8 - 00168 Roma  
Centralino:  06 30151
Prenotazioni/informazioni:  06 3551033.0-2
www.policlinicogemelli.it
Chirurgia generale e epatobiliare - Prof. Gennaro Nuzzo  e Prof. Felice Giuliante
U. O. medicina interna e gastroenterologia – Prof. Antonio Gasbarrini

AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA - POLICLINICO SANT'ORSOLA MALPIGHI 
Via Pietro Albertoni, 15 - 40138 Bologna  
Centralino:  051 6363111 Prenotazioni/informazioni:  051 6361259
www.aosp.bo.it
Chirurgia toracica - Prof. Paolo Aurea – tel. 051 6363520
Chirurgia dei trapianti di fegato e multi organo - Prof. Antonio Daniele Pinna – tel. 051 6364762

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