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Il paziente guarito: l’importanza del follow-up
Lara Bettinzoli, N. 12 dicembre 2010
“Il tumore è stato sconfitto” queste le parole più belle che un paziente possa sentirsi dire dal proprio medico. Anche perché sono parole che vengono dopo un lungo periodo di sofferenza sia fisica che psicologica. Prima la disperazione per avere appreso di essere malati, poi la sofferenza per le terapie chirurgiche e farmacologiche, i periodi di sconforto, fino ad arrivare al tanto sospirato e felice momento in cui gli esiti degli esami decretano la vittoria di quella lunga e sofferta guerra al “male”.
Ma a questo punto, il paziente oncologico, cosa deve fare? Continuare a fare controlli presso il centro specialistico che lo ha in cura, oppure affidarsi al suo medico di famiglia o cos’altro?
Una volta guariti, è necessario un controllo della propria salute costante e prolungato nel tempo. Di sicuro, il paziente deve continuare il follow-up post-terapie. Per follow-up si intende quella griglia di controlli periodici indispensabili per tenere d'occhio la malattia di base ed essere tempestivi nell'eventualità che si ripresenti. Nei primi periodi successivi il termine delle terapie oncologiche specifiche i controlli debbono essere necessariamente ravvicinati, per poi diradarsi man mano che ci si allontana nel tempo dall'insorgenza del tumore.
Va ricordato che il malato guarito è passibile di recidive o di contrarre un secondo tumore. Inoltre ci sono guarigioni che implicano stati di invalidità permanenti, più o meno gravi, rendendo l'ex malato dipendente dai presidi medici e da varie forme di assistenza.
Cosa devono fare i pazienti dopo le cure iniziali?
Ai pazienti cui è stato diagnosticato un tumore, e che hanno terminato le terapie iniziali di tipo chirurgico, medico o radioterapico, vengono generalmente proposti visite e controlli periodici, per verificare che non vi sia una ripresa della malattia, che non vi siano effetti collaterali a distanza e che una eventuale recidiva della malattia sia diagnosticata il prima possibile. I pazienti hanno superato la fase molto stressante della diagnosi e di cure decisamente impegnative e vogliono progressivamente tornare alla vita normale pur con la prospettiva di mantenere sotto osservazione il proprio stato di salute. Poiché i pazienti oncologici hanno una particolare suscettibilità genetica a sviluppare forme tumorali (o come conseguenza della terapia ricevuta), il principale obiettivo del follow-up è la diagnosi precoce della recidiva o del secondo tumore. Il medico che gestisce il follow-up deve però essere in grado di gestire anche la valutazione della suscettibilità genetica del paziente e/o dei suoi familiari, il monitoraggio delle complicanze della terapia, la gestione dei deficit organici post-malattia o post terapia, la cura delle ripercussioni psicologiche del cancro o dei trattamenti, il reinserimento socio-ambientale e il trattamento del nuovo stato psicosociale del paziente (Disease Management).
Gli obiettivi del follow-up
Gli obiettivi - ci spiega il Dr. Paolo Spriano, Responsabile Nazionale Area Oncologica SNAMID - sono di vario tipo e non tutti di interesse primario per il paziente. Ecco come li possiamo sintetizzare:
- identificare il più precocemente possibile una recidiva di malattia per cercare di avviare una terapia efficace;
- identificare gli effetti iatrogeni non solo per affrontarli con una terapia efficace, ma anche per evitare di attribuirli ad altra patologia;
- costituire un indicatore di esito del percorso diagnostico-terapeutico applicato dal centro specialistico, la cui analisi è utile ad un processo di miglioramento continuo;
- importante segnalare come il follow-up sia il momento ideale per discutere con il paziente le problematiche mediche e non solo mediche connesse alla diagnosi di neoplasia e agli effetti indotti dai trattamenti a cui sono stati sottoposti o ancora in atto.
Compiti del medico di medicina generale
Il medico di medicina generale - ci spiega il Dr. Paolo Spriano - riveste un ruolo critico nel follow-up del paziente oncologico, per una serie di problemi medici e relazionali emersi, in questi ultimi 20 anni, in campo clinico ed epidemiologico. Negli ultimi 20 anni è sensibilmente aumentata la probabilità di guarigione dei malati colpiti da tumore maligno. Di conseguenza, oggi, il follow-up rappresenta, in oltre la metà dei casi, il periodo di tempo più lungo nella vita del malato oncologico: decorre dal momento della guarigione fino al momento della eventuale recidiva. Quest’ultimo evento è sempre più spesso di molti anni successivo alla malattia neoplastica guarita. Dalla letteratura risulta evidente che il medico di medicina generale sia l’operatore sanitario più esposto a relazionarsi con il paziente nel corso del follow-up oncologico, soprattutto quando sono passati diversi anni (in genere almeno cinque) dalla conclusione delle cure. Infatti nei primi anni successivi alla guarigione il riferimento del paziente sono gli specialisti ospedalieri. In questa fase, che può essere chiamata di “follow-up precoce”, il principale obiettivo è la diagnosi tempestiva della recidiva di malattia e l’identificazione di tossicità acute cui sia possibile porre rimedio. Viceversa, quando la necessità di controlli finalizzati alla diagnosi preclinica di recidiva si riduce perché la probabilità di guarigione definitiva è molto alta, in genere il centro specialistico dirada o addirittura sospende i controlli di follow-up che vengono programmati al “bisogno”. Inizia così la fase che può essere chiamata di “follow-up tardivo” e che di fatto coincide con il resto della vita del paziente. Il “bisogno” di controlli specialistici viene allora definito dal medico di medicina generale.
La sostituzione parziale del follow-up specialistico con quello gestito dal medico di medicina generale è sicuramente auspicabile perché, in genere, più gradito al paziente, oltre che per motivi logistici anche per motivi legati al rapporto di fiducia con il proprio “medico curante”. Il medico di famiglia diventa il fil rouge che tiene collegati i vari specialisti che intervengono in tempi diversi sul malato, ma rappresenta soprattutto per il malato il ruolo della continuità terapeutica in senso clinico, relazionale, psicologico e sociale.
Tesi supportate dalla letteratura
Ad Oxford, dal 1995 al 1999, Grunfeld e collaboratori hanno valicato un sistema di follow-up in donne con tumore mammario in remissione centrato sul medico di medicina generale, confrontato con uno equivalente in due ospedali generali, giungendo alla conclusione che il primo non comportava alcun incremento del tempo di diagnosi, nessun incremento di ansia del paziente, nessun deterioramento della qualità di vita rispetto al secondo.
In Italia, Paradiso e collaboratori, in uno studio sul problema del clinical management del follow-up nel tumore mammario, hanno identificato tra le difficoltà principali la mancanza di cooperazione ed integrazione nelle procedure tra medico di medicina generale (MMG) e specialisti e l’esigenza del MMG di avere un ruolo più attivo. Sempre in riferimento al tumore mammario, sia le evidenze portate dal GIVIO nel 1995 da Liberati, sia il lavoro di Gulliford dello Charing Cross Hospital di Londra, del 1997, depongono per l’inefficacia dei follow-up massimali in donne a rischio standard.
Il ruolo della rete oncologica
In Lombardia, nell’ambito dell’evoluzione del sistema informativo CRS-SISS, si è aperto l’importante capitolo delle “Reti di Patologia” che identifica sistemi avanzati in grado di permettere la condivisione di informazioni cliniche e facilitare la collaborazione tra medici di strutture diverse, con l’obiettivo di garantire la migliore assistenza e cura per persone affette da specifiche patologie. Le Reti di Patologia sono, in sintesi, veri e propri “reparti virtuali” in cui più attori fisicamente non contigui contribuiscono nello stesso momento al processo di diagnosi e cura. Tra le Reti allo stadio più avanzato, la Rete Oncologia Lombarda (ROL) rappresenta il progetto più importante. Pertanto può risultare particolarmente utile per definire le regole di un buon follow up - continua Spriano - uno strumento, come la ROL, che mantenga un continuo elevato livello di informazione sul progresso del malato lungo il suo percorso di terapia. Questa garantirà un’levata qualità dell’informazione, contenendo non solo dati tecnici (caratteristiche delle terapie adottate), ma anche dettagli diagnostici (evoluzione della malattia) e prognostici (riferimento al potenziale sviluppo di tossicità tardive).
La proposta di utilizzare la rete di patologia può offrire dei vantaggi nella gestione del follow-up oncologico al medico di medicina generale, in particolare:
- monitoraggio preciso della situazione complessiva del paziente, organica e funzionale;
- miglioramento della qualità di vita del paziente;
- miglioramento della collaborazione e comunicazione continua tra medico di medicina generale e specialista ospedaliero;
- possibilità di archiviare informazioni utili per la ricerca clinica.
Follow-up: carcinoma mammario
Dopo un intervento chirurgico per carcinoma mammario il follow-up prevede alcune procedure "consolidate" e altre le cui indicazioni sono da personalizzare sulla base del singolo caso. Tra le prime vi è senza dubbio "la visita senologica" che in caso di carcinoma mammario infiltrante è da ripetere ogni 6 mesi per i primi 5 anni e successivamente ogni anno. In caso di carcinomi non infiltranti la visita senologica viene indicata ogni 8 mesi o1 anno. La mammografia bilaterale e l'ecografia mammaria bilaterale sono molto importanti per completare l'esame senologico (cadenza annuale). Nel follow-up routinario non trovano indicazione altre indagini strumentali senologiche come la RMN o la Mammoscintigrafia (che vengono utilizzate in caso di dubbio). Se il paziente è in trattamento continuo con una terapia ormonale, oppure, se accusa effetti collaterali dopo la chirurgia, la radioterapia o la chemioterapia, nei primi mesi sarebbe consigliabile che si presenti periodicamente dal medico di famiglia. Se la paziente è stata sottoposta a una mastectomia, alla prima visita di controllo, in alcuni centri, sarà presente anche lo specialista nell’applicazione di protesi mammarie. Le visite di controllo rappresentano il momento giusto per condividere con l’oncologo le ansie o paure e per porgli qualunque domanda. È importante ricordare che se nei periodi di intervallo tra un controllo e l’altro sopraggiungono dei problemi o vengono avvertiti nuovi sintomi, non esitate a contattare il vostro medico di famiglia o il vostro oncologo.
Follow-up: carcinoma del colon retto
Il follow-up per questo tipo di tumore dovrebbe tener conto delle caratteristiche di ogni singolo paziente e prevedere un controllo clinico-anamnestico ogni 3-6 mesi per 3-5 anni, con esami del sangue ed esami strumentali quali raggi torace standard, ecografia o TAC addome da valutare in base alla presenza di segni o sintomi sospetti; la colonscopia, dopo la completa bonifica dei polipi, dovrebbe essere ripetuta ogni 3-5 anni. Gli altri esami (RMN, PET, TC, Immunoscintigrafia) dovrebbero essere limitati all'approfondimento diagnostico di casi selezionati.
Se nei periodi di intervallo tra una visita e l'altra si manifestassero problemi e/o nuovi sintomi, è opportuno informare immediatamente il proprio medico curante od oncologo.
Follow-up: carcinoma prostatico
Nei pazienti trattati chirurgicamente e in quelli trattati con radioterapia con fini di radicalità, l'obiettivo del follow-up è fondamentalmente quello di identificare l'eventuale ripresa di malattia a livello locale o a distanza. Nei pazienti con malattia avanzata in trattamento con terapia ormonale il follow-up ha lo scopo di valutare la risposta alla terapia. La maggior parte dei pazienti è rassicurata da un follow-up "ravvicinato" e dalla periodica ripetizione di esami in grado di valutare lo stato di salute; pertanto, a prescindere dall'esame clinico che rimane, l'esame di base in tutti i pazienti, sia in quelli sottoposti a prostatectomia o a radioterapia con fini di radicalità, sia in quelli con malattia avanzata, è oggi proponibile "modulare" l'esecuzione degli esami strumentali sulla base dei livelli di PSA. Il comportamento dei livelli di PSA si correla infatti fedelmente con il decorso della malattia sia dopo trattamenti loco-regionali che in corso di trattamenti ormonali, nella massima parte dei pazienti.
Follow-up per il cancro della tiroide
Tra gli esami che vengono effettuati c’è il dosaggio della tireoglobulina (una proteina normalmente prodotta dalla tiroide). In assenza di patologia tiroidea, essa è confinata alla ghiandola e solo piccole tracce passano nel sangue; se, invece, è presente un’infiammazione o un nodulo, sia benigno che maligno, i livelli di tireoglobulina nel sangue aumentano considerevolmente, soprattutto se il tumore è di tipo papillare o follicolare. Se la tiroide è stata asportata chirurgicamente e se è stato effettuato il trattamento di ablazione con iodio radioattivo, la produzione di tireoglobulina dovrebbe cessare. In tali casi, la persistenza di livelli significativi di tireoglobulina nel sangue segnala che sono ancora presenti cellule tumorali sfuggite al trattamento. Pertanto, la determinazione dei livelli di tireoglobulina nel sangue è un metodo molto utile per accertare la presenza di eventuale tessuto neoplastico. L’analisi si ripete, di solito, a intervalli regolari ogni 6-12 mesi. L’ormone TSH stimola la captazione dello iodio ed anche la produzione di tireoglobulina da parte delle cellule tiroidee, sia benigne che maligne; pertanto per aumentare la sensibilità del test, è opportuno procedere al suo dosaggio dopo la somministrazione di rhTSH, generalmente dopo otto-dodici mesi dal trattamento iniziale. Spesso si associa al dosaggio della tireoglobulina l’esecuzione di una scintigrafia “total body” a scopo diagnostico (allo scopo di verificare se ci sono aree in cui l’isotopo è concentrato da cellule tumorali).
Un altro esame utile a capire se vi è la presenza o ricomparsa della malattia è il dosaggio della calcitonina e del CEA nel sangue. Poiché le cellule di carcinoma midollare secernono nel sangue queste due proteine, la loro persistenza o ricomparsa dopo il trattamento è indicativa della persistenza o ricomparsa della malattia. Il loro dosaggio si esegue ogni sei-dodici mesi.
L’ecografia del collo rappresenta l’esame più importante, insieme al dosaggio della tireoglobulina per i carcinomi differenziati, e della calcitonina e del CEA per i carcinomi midollari, nel follow-up dei pazienti affetti da cancro della tiroide. I moderni apparecchi ecografici permettono di visualizzare molto accuratamente i tessuti del collo e di riconoscere la recidiva anche quando la lesione misura solo pochi millimetri di diametro. In questi casi, l’ecografia può essere utile anche per guidare l’esecuzione di biopsie di conferma.
In alcuni casi è necessario eseguire altri esami strumentali, quali TAC, RMN, scintigrafie con impiego di mezzi di contrasto specifici per il tessuto osseo o per le cellule del carcinoma midollare. La PET-TC è una tecnica diagnostica molto sofisticata e riveste un ruolo importante nella diagnosi delle recidive o persistenze di malattia sia dei carcinomi midollari che di quelli differenziati che hanno perso la capacità di captare lo iodio radioattivo.
Follow-up per il linfoma di Hodgkin e non Hodgkin
Concluso il trattamento, il vostro oncologo vi sottoporrà a controlli periodici che comprenderanno visite mediche e alcuni esami strumentali (TAC/RMN/PET). All'inizio i controlli avranno una frequenza più ravvicinata (3-6 mesi), per poi dilatarsi nel tempo (una volta all'anno). Le visite di controllo rappresentano il momento giusto per condividere ansie o paure con l'oncologo e per porgli qualunque domanda. Se nei periodi di intervallo tra una visita e l'altra si manifestassero problemi e/o nuovi sintomi, è opportuno informare immediatamente il proprio medico curante od oncologo.
Follow-up per il cancro dello stomaco
Una volta concluso il ciclo di trattamento, il vostro medico oncologo vi sottoporrà a controlli periodici che si estenderanno nell’arco di diversi anni, cominciando con una frequenza trimestrale e diradandosi nel tempo e che comprenderanno visite mediche, analisi e radiografie. Se nel periodo d’intervallo tra un controllo e l’altro avete dei problemi o se gli effetti collaterali del trattamento persistono o se notate sintomi nuovi, informate immediatamente l’oncologo che vi ha in cura.
Follow-up: momento cardine
Il follow-up è un momento cardine nell’iter dei pazienti oncologici perché è la sintesi di molteplici necessità e punti di vista diversi dei tre soggetti in gioco: i pazienti desiderano ricevere rassicurazioni sul loro stato di salute, sull’efficacia della terapia a cui sono stati sottoposti e sono interessati a una diagnosi precoce dell’eventuale recidiva di malattia; l’interesse del medico è rivolto a conoscere qual è l’intervallo di tempo ottimale tra i controlli, quali i test diagnostici più efficaci e quale il programma di follow-up più adatto per ciascun paziente, desidera inoltre poter fare una valutazione della sopravvivenza, del performance status dei pazienti, della correzione di eventuali complicanze e della diagnosi precoce di recidiva.
Non sfugge a questo principio la gestione del follow-up delle neoplasie ginecologiche sia per ridurre costi inutili, sia per non sottoporre le pazienti a test diagnostici che non cambiano prospettiva di vita, periodo libero da malattia o decisioni terapeutiche, ma finiscono spesso con il peggiorare la qualità di vita.
Cosa devono riferire i pazienti, al proprio medico, durante le visite di follow-up?
Nel corso di delle visite di controllo, è importante che il paziente indichi esattamente:
- se vi sono nuovi sintomi che possano far pensare alla ricomparsa del tumore, o comunque tutti i nuovi sintomi non avvertiti prima;
- ogni tipo di dolore;
- eventuali problemi fisici che possono interferire con la vita quotidiana, quali ad esempio la stanchezza, la difficoltà o dolore durante la minzione, disturbi del sonno, perdita o aumento del peso, problemi di memoria;
- eventuali farmaci, prodotti fitoterapici o omeopatici, vitamine che si stanno assumendo;
- eventuali problemi emotivi insorti, come ansia e depressione;
- eventuali modifiche nella loro storia medica di famiglia, compreso l’insorgenza di patologie oncologiche a qualche famigliare.
Studio pubblicato da Lancet Oncology: I medici di famiglia dovrebbero essere maggiormente coinvolti nel follow-up in età adulta dei bambini sopravvissuti a un tumore infantile
I ricercatori olandesi dell’University Medical Centre di Groningen, coordinati da Ria Blaauwbroek, hanno preso in esame 121 pazienti (età 35 anni) sopravvissuti a tumori in età pediatrica e hanno scoperto che il 70 percento di loro non aveva ricevuto alcuna informazione sulla possibilità di effetti in età adulta dei trattamenti ricevuti da bambini e di conseguenza è fortemente a rischio di sottovalutazione di sintomi importanti. «Il nostro progetto di assistenza prevede il coinvolgimento nel follow-up di questi pazienti dei medici di famiglia», spiega Blaauwbroek. «I pazienti hanno fatto due visite in un centro specializzato intervallate da una visita accurata accompagnata da un approfondito colloquio con il medico di famiglia sui rischi futuri e sui sintomi da tenere d’occhio: i tassi di soddisfazione di questa strategia? L’89% dei pazienti si è detto soddisfatto, e così l’82 percento dei medici». Il coinvolgimento dei medici di famiglia si rende necessario secondo i ricercatori olandesi non solo per la presenza sul territorio e la vicinanza al paziente, ma anche per motivi clinici: gli oncologi pediatrici infatti non sono gli operatori più adatti a seguire in follow-up pazienti adulti.
Consigli bibliografici
Titolo : Il paziente oncologico guarito
Autore: Luciano Latini e Giuseppe Galli
Pagine: 78
Prezzo: 10.00 €
In questo testo vengono descritte alcune iniziative realizzate nell'ambito dell'Unità Operativa di Oncologia dell'Ospedale di Macerata. Si tratta di iniziative rivolte alla persona malata di cancro e al suo ambiente secondo il modello bio-psico-sociale della medicina attuale.
Titolo: L'avventura della guarigione
Autore: Carl Simonton - Reid Henson
Prezzo: € 14,00
Un medico straordinario e un paziente eccezionale offrono una nuova speranza a tutti coloro che sono colpiti da una malattia che minaccia la loro vita. Nella prima parte del libro, il dott. Simonton presenta le tappe del suo metodo che unisce intimità, calore e comunicazione profonda con le conoscenza scientifiche più avanzate. Nella seconda parte Henson, guarito da una grave forma di leucemia, racconta la sua guarigione attraverso una serie di lettere profondamente umane e toccanti, piene di speranza ed amore. Una guida preziosa per chi è ammalato e per chi vive accanto ad un malato grave.
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