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Nanoparticelle anticancro: la nuova frontiera “teranostica”

Cristina Mazzantini, N. 12 dicembre 2010

Nanoparticelle magnetiche capaci di effettuare contemporaneamente diagnosi e terapia, individuando le singole cellule tumorali: è la prospettiva “teranostica” dischiusa da una ricerca congiunta delle Università di Milano, Pavia e Saragozza presentata a Roma alla decima Conferenza internazionale sui materiali nanostrutturati (Nano 2010) di cui è chairman Dino Fiorani, direttore dell'Istituto di struttura della materia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ism-Cnr), insieme con Elisabetta Agostinelli, ricercatrice dell'Ism-Cnr ed Enrico Traversa dell'Università di Tor Vergata.
Lo studio, già in parte testato in vivo, è stato condotto dal dottor Alessandro Lascialfari, ricercatore associato del Cnr e docente alle Università di Milano e di Pavia, insieme al professor Fernando Palacio dell’Istituto di scienza dei materiali dell’ateneo spagnolo di Saragozza. «Il nostro gruppo studia l’utilizzo in medicina di nanoparticelle magnetiche rivestite da un polimero come entità multifunzionali, cioè con la capacità di svolgere contemporaneamente un’azione diagnostica e terapeutica: la cosiddetta teranostica», ha spiegato il dottor Lascialfari. «Le particelle magnetiche possono essere utilizzate come agenti di contrasto nella risonanza magnetica nucleare per aumentare il contrasto d’immagine e consentire così una migliore rivelazione del tumore. Grazie alla risoluzione su scala cellulare, si prevede che nella prevenzione oncologica ulteriori sviluppi della tecnica di risonanza consentiranno l’individuazione del tumore quando questo si è sviluppato solo a livello di poche cellule, cosa impossibile con le attuali tecniche diagnostiche».
Ma non solo. Per quanto riguarda la terapia, durante gli esperimenti effettuati le particelle magnetiche sono state utilizzate «per la ipertermia magnetica, tecnica basata sul riscaldamento mediante l’applicazione di un debole campo magnetico alternato di opportuna frequenza», ha proseguito il nostro ricercatore. «Le cellule tumorali, essendo molto più sensibili al calore di quelle sane, vengono distrutte quando si raggiunge una temperatura locale tra i 42 e i 47 °C. Le nostre ricerche hanno portato a controllare il calore trasferito alle cellule cancerose e a misurare, per ora in vitro, la temperatura al loro interno».
Infine, «un opportuno rivestimento polimerico consente di ancorare alla particella dei medicinali, che possono essere rilasciati nel tempo», ha concluso il dottor Lascialfari. «Queste particelle magnetiche, insomma, individuano la posizione delle cellule tumorali attaccandosi selettivamente ad esse, tramite anticorpi, monitorano la variazione di temperatura agendo da termometri locali e rilasciano localmente il farmaco in grado di debellare il tumore».
La ricerca si avvale anche della collaborazione di altri partner europei ed italiani, come il Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (Instm), le università di Montpellier, Verona, Roma, Lecce e Pisa, il Centro di ricerche della ditta Colorobbia di Sovigliana.
Non è comunque questa l’unica applicazione nel settore della medicina e delle biotecnologie presentata alla decima edizione della Conferenza, che per la prima volta si è tenuta in Italia, presso il Cnr e l’Università La Sapienza di Roma, dove sono stati discussi gli ultimi sviluppi nei diversi settori della nanoscienza e nanotecnologia (energia, elettronica, immagazzinamento delle informazioni…). «È per esempio di particolare interesse l’applicazione di un debole campo magnetico alternato per pochi minuti, senza produrre riscaldamento, nei tumori del cervello sui quali è più difficile intervenire chirurgicamente poiché la distruzione delle membrane delle cellule tumorali danneggia anche il nucleo», ha sottolineato il professor Fiorani. «In esperimenti effettuati da Samuel Bader del Centro sui materiali nanostrutturati del Laboratorio nazionale di Argonne, vengono utilizzati su animali pacchetti di particelle magnetiche rivestite d’oro dello spessore di poche decine di nanometri e con diametro di un micron». 
Sempre in campo oncologico appare di particolare interesse la ricerca della Scuola del politecnico federale di Losanna, che fa capo al professor  Giorgio Margaritondo. «Le nuove sorgenti di raggi x basate sulla “luce di sincrotrone”, fra cui quelle di Frascati e Trieste, hanno consentito di radiografare l'interno delle singole cellule», ha aggiunto il  professor Fiorani direttore dell’Ism-Cnr. «Queste tecniche permettono di osservare direttamente e in tempo reale l'interazione fra nanoparticelle e cellule, rivelando nuovi fenomeni di potenziale importanza per la diagnosi e la terapia del cancro. Giorgio Margaritondo, insieme con Yeukuang Hwu e Jung Ho Je, di Taiwan, ha dimostrato che l'oro, elemento proverbialmente passivo per i sistemi biologici come il corpo umano, diviene invece fortemente attivo sotto la forma di nano particelle e sono stati specificamente scoperti fenomeni di penetrazione selettiva e accumulazione in cellule cancerogene. Questo accumulo, che  facilita la rivelazione radiografica delle cellule, può essere usato per attivare farmaci antitumorali e spesso causa direttamente la morte delle cellule tumorali».
Nuove applicazioni di «nanotubi di forma cilindrica di carbonio prospettano invece soluzioni innovative per la terapia futura di lesioni o malattie neurodegenerative», ha  sottolineato sempre il professor Fiorani. «Il Centro di eccellenza per le nanotecnologie dell’Università di Trieste, guidato dal professor Maurizio Prato, ha sviluppato tecniche di avanguardia attraverso le quali riesce ad integrare i nanotubi con i neuroni in vitro e a stimolare la connessione neuronale».
«In pratica», ha precisato il professor Maurizio Prato, si cerca di comprendere il funzionamento di strutture ibride per lo sviluppo di nuovi strumenti impiantabili, controllare la generazione di segnali neuronali e potenziare la formazione di sinapsi. È un progetto di ricerca di base ma alcuni aspetti potrebbero avere future applicazioni, come la possibilità di sviluppare ponti che possano favorire la plasticità neuronale danneggiata».
Della necessità di una ingegnerizzazione selettiva delle nanoparticelle ai fini terapeutici ha parlato il professor Marco Caruso, dell’Università di Melbourne: «In relazione allo specifico impiego terapeutico ed alla tipologia di cellule tumorali le particelle debbono avere un’opportuna forma, dimensione, struttura e una funzionalizzazione con specifici anticorpi». «Questo è sicuramente il migliore esempio», ha aggiunto il professor Fiorani, «del carattere intrinsecamente multidisciplinare della nanoscienza, in quanto dimostra la necessità del lavoro di un team di ricerca composto da chimici, fisici, biologi, medici ed ingegneri. Il ruolo complementare di ciascuno di essi è infatti indispensabile per realizzare ed utilizzare le nanoparticelle ingegnerizzate di cui parla Marco Caruso».

Si testa al S.Camillo un nuovo farmaco per il cancro alla prostata
Dopo i risultati positivi ottenuti negli studi clinici di Fase I e II condotti al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, sbarca anche presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma la terza fase della sperimentazione di un nuovo farmaco che potrebbe consentire nuove speranze alle persone colpite da tumore della prostata.
Sotto la direzione della dottoressa Cora Sternberg, responsabile del dipartimento di Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliera romana, si è aperto l’arruolamento di pazienti affetti da carcinoma della prostata. Lo studio si pone come obiettivo quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di un innovativo farmaco per il trattamento di forme avanzate di carcinoma della prostata e in particolare del carcinoma prostatico resistente alla castrazione. Si tratta di un antagonista del recettore degli androgeni che agisce attraverso una “tripla azione”: blocca il legame tra il testosterone e il suo recettore, impedisce il movimento del recettore degli androgeni nel nucleo delle cellule tumorali e inibisce il legame al DNA. In tal modo ha dimostrato di rallentare la crescita e indurre la morte delle cellule tumorali.
«Si tratta di uno studio clinico molto importante poiché si rivolge a quei pazienti che non hanno risposto ai trattamenti oggi disponibili, inclusa la chemioterapia, ma che hanno oggi una nuova speranza grazie a questa innovativa terapia ormonale», ha spiegato la dottoressa Sternberg. «Lo studio prevede la somministrazione del farmaco per via orale rendendo così più semplice la partecipazione dei pazienti nel trial clinico».
In Italia possono partecipate alla sperimentazione i pazienti affetti da forme avanzate di carcinoma della prostata che hanno subito un trattamento chemioterapico

Identificate cellule staminali mammarie nei topi
Per la prima volta un team di scienziati è riuscito a identificare e isolare cellule staminali mammarie adulte nei topi.
Cellule in grado di favorire la ricostruzione del tessuto del seno. Lo studio, pubblicato su “Genes & Development”, è firmato dai ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center (Usa) ed è stato finanziato dai National Institutes of Health americani.
I ricercatori hanno impiegato topi geneticamente modificati, “marcando” con una proteina fluorescente verde le staminali nel mirino. Gli scienziati si sono concentrati su un nuovo gene che si accende solo in queste staminali, detto “s-Ship”, reso riconoscibile appunto dal colore verde. Il team di Larry Rohrschneider e Lixia Bai ha poi dimostrato, trapiantando queste cellule staminali in alcune topoline, la loro capacità di ricostruire il tessuto mammario, formandone uno nuovo e funzionale, «capace cioè di produrre latte», ha spiegato Bai.
La ricerca potrebbe aprire la strada all'uso di questo tipo di staminali adulte per rigenerare il tessuto del seno negli esseri umani, ma anche per comprendere meglio il ruolo di queste speciali cellule “bambine” nello sviluppo del tumore del seno. Con l'obiettivo finale di individuare nuovi potenziali bersagli per farmaci anti-cancro

Creata in laboratorio  la molecola che blocca il funzionamento dei geni del cancro
È stata creata in laboratorio la prima molecola che riesce a far ignorare ai geni del cancro il loro “manuale di istruzioni interne”, sopprimendo il processo del cancro alle sue radici. Il risultato pubblicato su Nature si deve a un gruppo di ricerca coordinato dai ricercatori americani del Dana-Farber Cancer Institute e, secondo gli esperti, può aprire le strade a nuove terapie anti cancro.
«Essere abili a controllare l'attività dei geni del cancro pur avere un impatto elevatissimo per la lotta contro questa malattia» ha detto uno degli autori, James Bradner, del Dana-Farber Cancer Institute. «Se si riesce a spegnere i geni responsabili della crescita delle cellule cancerose», ha aggiunto, «queste cellule muoiono».
La ricerca è stata condotta su un tumore raro ma molto devastante che colpisce giovani e bambini chiamato carcinoma della linea mediana che pur svilupparsi nel torace, collo, testa o lungo la colonna vertebrale.
Grazie a test eseguiti su topi è stato dimostrato che la molecola sintetizzata in laboratorio pur controllare l'attivistà dei geni del cancro lavorando sull'apparato multistrato delle cellule, dove vi sono proteine che, leggendo il manuale di istruzioni dei geni, li attivano o li spengono. Test condotti su topi hanno dimostrato che in questo modo si riesce a bloccare una specifica proteina che si sviluppa in maniera anomala in questo tipo di carcinoma, evitando che essa si divida e proliferi. Come risultato le cellule del cancro “dimenticano” la loro identità e lentamente assumono le sembianze di cellule normali.

Creata l’ovaia artificiale
Per la prima volta al mondo gli scienziati dalla Brown University di Rhode Island hanno creato in laboratorio un'ovaia artificiale in grado di funzionare esattamente come quella di una donna. Lo studio è pubblicato sul Journal of Assisted Reproduction and Genetics. I ricercatori, guidati da Sandra Carson, hanno adoperato una tecnica di ingegneria dei tessuti cosiddetta tridimensionale, utilizzando cellule di donne di età fertile. L'ovaia artificiale può così accogliere gli ovociti ancora immaturi fino a che siano pronti per essere depositati nel grembo materno. Questo permetterà alle donne che hanno subito pesanti cure chemioterapiche che hanno danneggiato l'apparato riproduttivo di aprire nuove possibilità al concepimento. Prima che ricevano le cure anti-cancro, infatti, alle donne potrebbero essere prelevati gli ovociti, congelandoli, per poi impiantarli nell'ovaia "esterna". «È il primo vero successo dell'ingegneria 3D», ha spiegato Carson, secondo la quale anche le cure dell'infertilità e la fecondazione in vitro potrebbe essere avvantaggiate da questa tecnica.

Tumori infantili farmaco comune potrebbe sostituire chemio
Scienziati australiani hanno scoperto un trattamento “rivoluzionario” per combattere una delle forme più letali di cancro infantile, usando un comune farmaco che potrebbe sostituire la chemioterapia. Nello studio, appena pubblicato sulla rivista Nature Medicine, gli scienziati dell'Istituto Garvan di ricerca medica di Sydney hanno dimostrato, in esperimenti su topi, di poter far rientrare il neuroblastoma bloccando con un inibitore il Dna che consente al cancro di crescere e moltiplicarsi.
Il neuroblastoma, tumore maligno embrionario caratteristico del bambino che prende origine dal tessuto simpatico, è una forma particolarmente aggressiva, fatale per circa la meta' dei pazienti in cui è diagnosticato. Anche se raro, è il tumore solido più comune nei bambini sotto i cinque anni.
L'équipe guidata da Alex Swarbrick ha scoperto che i geni detti microRNA, un tempo considerati “rifiuti di DNA”, sono responsabili della crescita di alcuni tumori, fra cui il neuroblastoma. Gli studiosi hanno fatto regredire i neuroblastomi nei topi di laboratorio bloccando l'azione di un particolare microRNA, il microRNA380, il quale disattiva il gene detto P53, incaricato della soppressione dei tumori.
Poiché i microRNA vengono bloccati con un farmaco esistente antiche sperimentale, questa ricerca ha un forte potenziale di risultati clinici, ha scritto Swarbrick. «L'aspetto rivoluzionario è che si tratta della prima volta che si è potuto bloccare la crescita di un tumore primario con la semplice somministrazione di un inibitore di microRNA»

I batteri possono produrre il taxadiene
Creata una ''microscopica fabbrica'' fatta di batteri che potrebbe portare alla produzione low cost, in grandi quantità, del taxolo, un farmaco anticancro usato contro molti tumori (seno, polmoni, ovaie): modificati geneticamente, i batteri sono capaci di produrre il precursore del taxolo, il taxadiene, in grandi quantità.
È l'invenzione messa a segno da scienziati del Massachusetts Institute of Technology e della Tufts University di Boston coordinati da Gregory Stephanopoulos.
Secondo quanto riferito sulla rivista Science, le ''fabbriche miniaturizzate'' sono batteri modificati geneticamente in modo molto complesso: la loro capacità  produttiva è mille volte superiore a quella cui si è arrivati finora in esperimenti simili.
Il taxolo in origine fu isolato dalla corteccia del tasso del Pacifico (Taxus brevifolia), ma per produrne una dose servono da 2 a 4 alberi. Se il nuovo metodo di produzione sarà ulteriormente sviluppato per passare dal taxadiene al taxolo, queste fabbriche batteriche potrebbero rivoluzionare la produzione di questa medicina che blocca la proliferazione delle cellule malate.

Staminali a uso terapeutico
Ciò che finora ha parzialmente frenato l'applicazione e l'utilizzo delle cellule staminali ad uso terapeutico è stato il verificarsi di effetti collaterali, quali la comparsa di tumori. Nuovi studi, tra cui uno italiano, hanno invece trovato un nuovo metodo con cui adoperarle senza il rischio che si sviluppi il cancro. Questi risultati verranno presentati al convegno “La sicurezza nelle terapie avanzate” presso la Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati a Roma.
Ad organizzarlo il Bioscience Institute con la direzione scientifica dell'Ospedale Niguarda di Milano.
«La dottrina scientifica internazionale ha da tempo acclarato il valore delle cellule staminali quale strumento per la cura di patologie per le quali non esistono terapie alternative» hanno spiegato. «Ed è stata certificata la centralità dell'utilizzo delle cellule staminali quale strumento di medicina rigenerativa. Il dibattito ora è sulla sicurezza e le garanzie necessarie per il reale impiego di cellule umane manipolate in laboratorio».
Saranno presenti come relatori, tra gli altri, Camillo Ricordi della Miami Miller School of Medicine, Pasquale Cannatelli, direttore generale Ospedale Niguarda di Milano, Giuseppe Palumbo, presidente della Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati, Luigi Frati, Rettore Università “La Sapienza”, Giuseppe Novelli, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Tor Vergata e Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti.

Contro il cancro una tassa su sigarette e lampade abbronzanti
Aumentare di un euro il prezzo di ogni pacchetto di sigarette e di ogni seduta abbronzante. Una vera e propria “tassa per la salute” per contrastare la diffusione di due fattori di rischio per cancro fra i più radicati e pericolosi, che venga interamente destinata a potenziare gli organici delle oncologie italiane e a ridurre le liste d’attesa. Dalla sola vendita dei tabacchi si potrebbero ricavare 4,5 miliardi l’anno. È la proposta degli oncologi presenti a Milano per il Congresso Europeo ESMO, il più importante appuntamento scientifico annuale che riunisce 15.000 esperti. «Chiediamo al Governo di intervenire come capofila per una misura da estendere poi a tutto il continente. Siamo stati un modello con la legge antifumo del 2005, possiamo esserlo anche per l’introduzione di questo provvedimento che darebbe effetti immediati soprattutto sui giovani» ha affermato Carmelo Iacono, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). Nel nostro Paese, come in tutta Europa, la mortalità per cancro è in calo ma cresce inesorabilmente quella da tumore al polmone fra le donne e da melanoma fra gli uomini (+1,5 e +2,6 dal 1998 al 2005). «Si tratta di due neoplasie per cui la prevenzione può fare davvero la differenza» ha aggiunto il professor Roberto Labianca, oncologo degli Ospedali Riuniti di Bergamo e presidente del Comitato italiano del Congresso ESMO 2010 «invece il consumo di tabacco aumenta, soprattutto nel sesso femminile (le fumatrici italiane sono 5.2 milioni) e si sottovalutano poi i pericoli di un’esposizione ai lettini abbronzanti, dannosissimi in particolare per i ragazzi. Se usati prima dei 35 anni incrementano del 75 percento il rischio di sviluppare melanoma».

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