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Gravidanza e cancro al seno
Cristina Mazzantini, N. 11 novembre 2010
Le donne che hanno superato il tumore al seno si sentono bene e ritengono di essere state seguite in modo più che positivo; tuttavia, l'aspetto psicologico risulta indebolito. Il 30 percento si sente meno femminile, circa il 20 percento rileva cambiamenti nella propria situazione familiare e nei rapporti sociali, sei su dieci hanno vissuto sulla loro pelle un periodo di depressione. E il 65 percento fa i conti con un incubo: ammalarsi di nuovo. L'analisi è stata promossa dall'Associazione ricerca ed educazione in oncologia (Areo) e ha coinvolto, tra ottobre 2009 a maggio 2010, 150 ex pazienti, a 5 e 10 anni dalla diagnosi, curate in tre centri oncologici d'eccellenza: il Dipartimento di oncologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia, quello dell'Irccs Regina Elena di Roma, oltre alla Divisione di oncologia dell'Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro di Genova. La maggioranza delle donne colpite torna a lavoro e solo il 4 percento ha perso la propria occupazione nel periodo della terapia. Oltre il 50 percento, al rientro, ha scelto di mantenere il tempo pieno e appena il 10 percento ha subito una riduzione dello stipendio. Tra le donne in età fertile il desiderio è compromesso in un'alta percentuale (il 34 percento a meno di 10 anni della diagnosi). E solo il 16 per cento prende in considerazione l'idea di una gravidanza. «Eppure oggi sappiamo che non esistono controindicazioni alla maternità dopo questa malattia», ha commentato il professor Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di oncologia dell'Irccs Regina Elena, «la preservazione della capacità riproduttiva rappresenta una delle nuove priorità per gli oncologi, sempre più preoccupati non solo di sconfiggere il tumore ma di garantire una miglior qualità di vita alle proprie pazienti».
Sull’argomento gravidanza e cancro del seno abbiamo intervistato la dottoressa Alessandra Fabi, oncologa presso il Dipartimento di oncologia dell'Irccs Regina Elena.
Dottoressa Fabi, nella sua relazione ha dichiarato che in Italia il cancro al seno colpisce una donna in dolce attesa su 3mila. Come mai?
«Sappiamo che questi numeri sono in crescita, complici la possibilità di diagnosi sempre più precoci e l’aumento dell’età media alla prima gravidanza (sopra i 30 anni, in molti casi intorno ai 35). Risultato: oggi il 15 percento dei tumori al seno scoperti nelle under 35 riguarda una donna incinta. E ancora: una diagnosi di tumore al seno in una donna in stato di gravidanza pone problemi specifici che richiedono una particolare sensibilità e professionalità da parte del medico. È noto che le neoplasie che colpiscono pazienti in giovane età hanno una prognosi generalmente più severa. E se a questo si associa lo stato di gravidanza, si comprende l’essenzialità di un approccio multidisciplinare che coinvolga senologo e oncologo, ma anche ginecologo, neonatologo e psicologo».
Parliamo dell’importanza diagnosi?
«Quando il cancro al seno attacca una donna in gravidanza, il primo problema è la diagnosi. Nella maggior parte dei casi, sottolineano infatti gli esperti, le gestanti si accorgono in ritardo di avere un tumore. Nonostante i continui controlli per la gravidanza, nel 90 percento dei casi sono le stesse pazienti a rilevare i sintomi della malattia. In generale, il ritardo diagnostico è compreso tra un mese e mezzo e 6 mesi. Da un lato perché il naturale ingrossamento del seno in gravidanza complica l’esame obiettivo della parte; dall’altro perché la gestante esita a sottoporsi ad accertamenti diagnostici, per paura di causare danni al nascituro.
La diagnosi corretta prevede anche in questi casi che, di fronte a un nodulo sospetto, si proceda a un’ecografia mammaria e a un esame cito-istologico. Solo in caso di conferma si passa alla mammografia, da eseguire schermando il pancione».
Che fare in caso di cancro al seno?
«Innanzitutto va detto che non esiste alcuna necessità di interrompere la gravidanza come atto terapeutico ma è chiaro che la gravidanza delle pazienti affette da tumore al seno va seguita con uno stretto monitoraggio della salute biofisica fetale. La buona notizia è che oggi esistono terapie conservative sempre più personalizzate, che permettono buoni risultati oncologici salvaguardando la salute del futuro bebè.
A diagnosi avvenuta, le terapie cambiano in base al periodo gestazionale. Il trattamento chirurgico non presenta controindicazioni per tutta la durata della gravidanza ed è uguale a quello indicato nelle donne non incinte».
Quando è necessaria la chemioterapia che fare?
«Quanto alla chemioterapia, nei primi tre mesi di gravidanza è da evitare perché l’embrione corre un rischio maggiore di subire gli effetti tossici dei farmaci. I pericoli di danni da chemio diminuiscono invece nel semestre successivo. No alla radioterapia, per i possibili effetti negativi sul feto, mentre la terapia ormonale va rimandata al termine della gravidanza. Infine, dopo 30-32 settimane di gestazione è opportuno indurre il parto».
E per chi ha già avuto il cancro?
«Per chi ha subito un trattamento specifico contro il tumore della mammella non esistono controindicazioni assolute alla gravidanza in una nota. L’unico accorgimento è quello di chiedere alla paziente di attendere un paio di anni dalla fine del trattamento prima di programmare una maternità, essendo questo il periodo più a rischio per eventuali recidive tumorali».
Indirizzi Utili
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA POLICLINICO DI MODENA
Via del Pozzo, 71 - 41124 Modena
Centralino: 059.4222111
Prenotazioni/informazioni: 059.4222233
www.policlinico.mo.it
Oncologia medica
Prof. Pier Franco Conte
tel. 059.4224538
ISTITUTO NAZIONALE TUMORI REGINA ELENA IRCCS - IFO
Elio Chianesi 53 - 00144 Roma
Centralino: 06.52661
Prenotazioni/informazioni:
06.52662727 - 800.986868
www.ifo.it
Oncologia medica A - Prof. Francesco Cognetti – tel. 06.52662727
Oncologia medica B- Prof. Massimo Lopez – tel. 06.52662727
ISTITUTO NAZIONALE PER LA RICERCA SUL CANCRO
Largo Rosanna Benzi, 10 - 16132 Genova
Centralino: 010.56001
Prenotazioni/informazioni: 010.5220168
www.istge.it
Oncologia medica A - Prof. Paolo Pronzato – tel. 010.5600669
Oncologia medica B - Prof. Francesco Boccardo- tel. 010.5600503
Oncologia medica C - Prof. Manlio Ferrarini tel. 010.5600271
Gli italiani trovano l’arma contro le cellule staminali del cancro al seno
Le cellule staminali tumorali, la parte dei tumori resistente ai farmaci e responsabile delle recidive, possono essere combattute con delle sostanze che interferiscono con la loro proliferazione. Lo afferma uno studio italiano sul tumore della mammella pubblicato dalla rivista Cell Cycle.
I ricercatori dell'Area di Medicina Molecolare dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, in collaborazione con quelli dell'Università Magna Grecia di Catanzaro, hanno sperimentato oltre 200 sostanze naturali e sintetiche su staminali tumorali da carcinoma mammario. Sono state individuate quattro sostanze, tra cui la buteina, un antiossidante naturale, che hanno effetti solo sulle cellule staminali tumorali mentre hanno un'azione blanda sia sulle altre cellule tumorali non-staminali che su quelle normali.
«Le cellule staminali tumorali», spiega Mario Cioce dell'istituto Regina Elena «sono così chiamate perché somigliano alle cellule staminali somatiche in quanto hanno la capacità di rigenerarsi. Tuttavia, mentre le cellule staminali somatiche servono a ricostituire i tessuti durante tutta la vita di un individuo, le cellule staminali tumorali riformano il tumore. La nostra speranza è che colpendo questa sottopopolazione di cellule possiamo cominciare a parlare di “cura” del tumore rimuovendolo dalla radice e quindi privandolo della la sua capacità di ripartire».
La scoperta potrebbe essere usata anche per la prevenzione: «Una delle idee alla base delle nostre ricerche», conferma Paola Muti, direttore scientifico dell'istituto romano, «è che dove c'è il sospetto che ci sia l'esposizione a fattori che possono causare i tumori si possa intervenire subito con sostanze innocue che però agiscono contro le staminali, una sorta di “prevenzione molecolare” dei tumori».
Sopravvivere al marito quando si ha un cancro
Sono oltre 400.000 le donne italiane colpite da tumore al seno. Tante e tutte diverse tra loro. C'è chi ne parla e chi preferisce il silenzio; chi condivide con altri sofferenze e speranze, scegliendo magari il sorriso e persino l'ironia. Come il recente «manuale semiserio» che invita a Sopravvivere al marito quando si ha un cancro (ed. Medicea, euro 10) della bresciana Cristina Wührer. Psicologa e psicoterapeuta, da trent'anni lavora in un reparto di oncologia; qualche anno fa ha avuto un cancro al seno. Duplice esperienza, esistenziale e professionale, da cui esce questo testo - lieve e «terapeutico» - dedicato alle tante compagne di avventura».
Un'avventura che segna nel profondo corpo e cuore, affetti e relazioni. E lui - il marito, compagno, amante - che fa?
L'autrice, “con un pizzico di ironia e cattiveria”, incasella l'infinito universo virile in piccoli squarci di quotidianità. Una ricca tipologia di figure ben delineate. Uomini “visti in azione” dalla psicologa durante la malattia delle sue pazienti, che di fronte all'ardua prova evidenziano “le caratteristiche peggiori”...
Il fifone che diventa un fantasma, il farfallone sempre fedifrago, il narcisista che non rinuncia nemmeno ora al ruolo di protagonista, il precisino, con l'aggravante del pedante che sa sempre tutto di tutto; se poi è medico, è un guaio: non si fida mai di nessuno. E velocemente si arriva all'ultimo “caso” umano: il perfetto. Finalmente. Peccato che la pagina sia tutta bianca, con una breve didascalia: “Non identificato. (Per fortuna)”. Con leggerezza Cristina Wührer si rivolge alle donne e agli uomini curiosi di sapere; disponibili a sentire il sapore della vita e coglierne il buono e il bello nonostante il brutto male.
Gli omega 3 e il cancro al seno
Secondo uno studio condotto dal centro di ricerca sul cancro “Fred Hutchinson” di Seattle, Washington, l’uso regolare di integratori di acidi grassi omega-3 contrasterebbe la formazione di masse tumorali delle ghiandole mammarie. Ce ne parla Luigi Gallo su Pronutrizione dove scrive: «I ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di 35.016 donne in post-menopausa che non avevano una storia di cancro al seno e avevano completato un questionario di 24 pagine sull’uso di supplementi non-minerali e non-vitamine. I risultati pubblicati su Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, una rivista dell’American Association for Cancer Research, mostrano che le donne che avevano consumato negli ultimi sei anni regolarmente degli integratori a base di olio di pesce, i quali contengono grandi quantità di acidi grassi omega-3 (EPA e DHA), avevano circa il 32 percento di probabilità in meno rispetto alle altre di sviluppare il carcinoma duttale invasivo, che si sviluppa all’interno delle cellule di rivestimento dei dotti e che rappresenta il cancro al seno più diffuso».
La diagnosi precoce migliora la sopravvivenza?
La sopravvivenza a cinque anni delle donne italiane con tumore al seno è aumentata dagli anni settanta ad oggi da circa il 50 percento ad una media dell’80 percento. Molto di questo dipende non solo da chirurgia e terapia ma anche dalla diagnosi precoce. L’autopalpazione
e la visita ginecologica sono un primo passo; poi, naturalmente, la mammografia e/o l'ecografia. Il traguardo di sopravvivenza raggiunto non rappresenta comunque l’ultima barriera, in quanto, in paesi e regioni dove i programmi di screening sono ancora più avanzati, si può giungere a superare l’86 percento. Nel nostro Paese, rispetto alla media nazionale, ci sono differenze regionali. Cito quello che si potrebbe definire il “modello Emilia-Romagna”: a fronte di un’alimentazione spesso ricca di alimenti non necessariamente protettivi, la sopravvivenza in alcune città, come Modena, tocca il 90 percento, e si attribuisce questo dato all’alta adesione ai programmi di screening. Potenziare i programmi di diagnosi precoce in Italia potrebbe portare all’85-90 percento la percentuale di sopravvivenza su tutto il territorio nazionale. Il che significherebbe salvare dalle 1.500 alle 3.000 vite l’anno.
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