|
La colonoscopia va giù con un bicchier d'acqua
Cristina Mazzantini, N. 12 dicembre 2009
Siamo felici di annunciare le ultime novità nel campo oncologico per prevenire e per diagnosticare in tempo il tumore del colon retto. Di che si tratta? La colonoscopia che va giù con un bicchier d'acqua. È stato, infatti, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista inglese: New England Journal of Medicine, il primo studio multicentrico comparato per valutare una nuova pillola dotata di telecamera che presto potrebbe sostituire il fastidioso esame colonscopico per verificare lo stato di salute del nostro intestino.
A tal proposito è bene ricordare che il cancro del colon ha il triste primato di essere nel mondo il terzo tumore più frequentemente diagnosticato (dopo quello al polmone e quello alla prostata)e la seconda causa di morte da neoplasia in Europa. Finora il principale strumento preventivo è stato quello di fare uno screening a tutti i cinquantenni per verificare le condizioni dell'ultima parte dell'intestino e prevenire le eventuali malattie neoplastiche.
«Il problema è che il tipo di esame che si usa in questi casi, la colonscopia, in genere è molto fastidioso e a volte anche doloroso», ha spiegato il dottor Cristiano Spada dell'Unità operativa di Endoscopia Digestiva chirurgica del Policlinico universitario 'Agostino Gemelli' di Roma, diretta dal professor Guido Costamagna. «Per questo solo una piccola percentuale dei cinquantenni si sottopone a questa analisi, che invece dovrebbe essere di routine perché è molto importante per scoprire per tempo lesioni e polipi che potrebbero degenerare in malattie più gravi».
Ma oggi in aiuto di medici e pazienti arriva la videocapsula per lo studio del colon: una vera e propria pillola, contenente due telecamere, due sorgenti luminose e un'antenna, e per ora prodotta da una sola azienda nel mondo. È lunga 31 mm, ha un diametro di 11 mm, è ingeribile, proprio come una normale pillola, e percorre tutto il tratto intestinale.
«Per la prima volta sono stati studiati più di 300 pazienti in tutta Europa per verificare l'efficacia di questo nuovo strumento diagnostico. E i risultati sono davvero incoraggianti: sicuramente c'è ancora da lavorare, ma già oggi riusciamo a identificare le più importanti patologie che possono colpire il colon», ha chiarito il professor Guido Costamagna, che assieme ai dottori Cristiano Spada, Maria Elena Riccioni e Lucio Petruzziello, firma l'articolo che è appena uscito a nome del Policlinico Gemelli, unico centro italiano coinvolto nello studio multicentrico.
Ma come funziona questa pillola? «Proprio come si può immaginare si ingerisce la capsula con l'aiuto di un bicchiere d'acqua.e» ha risposto il professor Costamagna «Dopo un paio di minuti la capsula si spegne per risparmiare le batterie e si riattiva dopo un'ora e tre quarti, giusto il tempo come abbiamo verificato per arrivare all'intestino tenue, che è a monte del colon. A quel punto inizia a inviare 4 immagini al secondo a un piccolo ricevitore che il paziente porta con sé. Grazie alle due telecamere, riusciamo a vedere e studiare le pliche della mucosa guardandole davanti e dietro. Normalmente al termine delle dieci ore, il tempo di durata delle batterie, la pillola è stata già espulsa: in questo modo siamo sicuri di non perdere nessuna parte del colon».
Naturalmente, proprio come accade per una colonscopia, prima di assumere la videocapsula bisogna fare una preparazione speciale. Questa consiste, in sostanza, in una "pulizia" profonda dell'intestino per consentire alle videocamere di vedere la superficie della mucosa. «Il paziente assume alcune sostanze sciolte in abbondante acqua. In questo modo, oltre alla pulizia, si ottiene di riempire il colon di liquidi trasparenti che lo distendono di modo tale che la nostra capsula si muova proprio come farebbe un sottomarino. Inoltre la preparazione prevede anche farmaci che stimolano il movimento del colon per favorire lo scorrimento della capsula», ha precisato ancora il dottor Spada.
Per tutti quelli che hanno paura di sottoporsi a una colonscopia c'è dunque speranza di poter fare presto un check up del proprio intestino senza dolore e fastidio? «Tutto sta a vedere che impatto avrà sulla routine questo nuovo strumento diagnostico», ha aggiunto il professor Costamagna. «Siamo in una fase iniziale. Ci sono ancora dei problemi da superare: in particolare dobbiamo individuare una preparazione che ci garantisca un'ottimale pulizia del colon. Si tratta, poi, di una tecnica costosa, più cara della colonscopia, ma questo può cambiare se la tecnologia prende piede. Inoltre la videocapsula può essere impiegata solo per la diagnosi, ma per asportare un eventuale polipo per ora la colonscopia rimane l'unico metodo»
Comunque tutti gli esperti concordano sul fatto che i risultati di questo studio europeo sono molto promettenti: la videocapsula sembra essere in grado di studiare accuratamente il colon con un enorme vantaggio rispetto alla colonscopia tradizionale. Ovvero di non provocare assolutamente dolore. Questo è un grande risultato perché trasforma un esame fastidioso in un esame facile" come bere un bicchier d'acqua". L'auspicio è che più persone si sottoporranno alla nuova colonscopia. Dando così agli oncologi la possibilità di individuare tumori del colon retto in fase iniziale e quindi avere un maggior numero di guarigione.
Un esame del sangue permetterà la rilevazione dei tumori
Due nuovi test del sangue potrebbero permettere di rilevare i tumori del colon e dello stomaco in modo semplice, veloce e senza richiedere procedure invasive come la colonscopia. I test, sviluppati in parallelo dall’azienda biotech belga OncoMethylome e da un gruppo di ricercatori della ECRC Charite University of Medicine e del Max-Delbrueck-Center for Molecular Medicine (Berlino), si basano sulla rilevazione di segnali genetici specifici per l’individuazione della malattia, anche a stadi precoci, a partire da un banale prelievo di sangue.
Il metodo diagnostico è stato presentato a Berlino all’ECCO-ESMO European Cancer Congress da Ulrike Stein, a capo del team. In particolare, il test messo a punto dal team tedesco è in grado di rilevare nel sangue il gene S100A4, la cui presenza in alti livelli è collegata allo sviluppo della neoplasia. Al contrario, i test messi a punto dall’azienda biotech belga OncoMethylome evidenzierebbero la presenza dei geni di metilazione SYNE1 e FOXE1. Attualmente entrambi i test sono stati impiegati nella rilevazione del carcinoma colorettale e di quello gastrico.
Il cetuximab disponibile in Italia per tumore metastatico del colon retto,
L'anticorpo monoclonale il cetuximab, in associazione con la chemioterapia standard, ha ottenuto dall'AIFA (l'Agenzia italiana del farmaco) la rimborsabilità come trattamento di prima linea del tumore metastatico del colon retto caratterizzato da gene K-RAS non mutato. Lo ha annunciato la Merk Serono. A livello europeo, cetuximab è stato approvato con questa indicazione dall'EMEA (l'Agenzia Europea del Farmaco) il 23 luglio 2008, sulla base degli studi CRYSTAL e OPUS I risultati della prima ricerca sono stati recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno dimostrato che i pazienti colpiti da tumore metastatico del colon retto che hanno ricevuto cetuximab in aggiunta della chemio hanno beneficiato di un significativo incremento della percentuale di risposta fino al 59 per cento e una riduzione del 32 per cento del rischio di progressione della malattia. «Il farmaco è un anticorpo monoclonale che inibisce il recettore del fattore di crescita epidermico», ha commentato il professor Fortunato Ciardiello, ordinario di Oncologia medica della II Università di Napoli«Il suo meccanismo d'azione permette di ridurre la massa tumorale, oltre a limitare processi come l'invasione vascolare e la formazione di metastasi»
Solo il 50% degli italiani conosce lo screening
Il tumore non è più un male incurabile: ne è convinto il 60% degli italiani. Una rivoluzione culturale rispetto alla percezione comune fino a pochi anni fa, legata alla miglior informazione sulla malattia e ai progressi delle terapie. Conquiste che appaiono evidenti, soprattutto quando si parla di un big killer, il cancro del colon retto, che tanto ha beneficiato dei nuovi farmaci biologici mirati e dei programmi di diagnosi precoce. Ma se uno su 2 dice che oggi di questa neoplasia si può guarire, il 42% sa che esistono terapie efficaci e personalizzate e il 73% crede siano anche meno "aggressive" per l'organismo, fa riflettere che solo il 38% affermi che si può prevenire e che ben uno su 4 non sia disposto a cambiare il proprio stile di vita per diminuire il livello di rischio. Per non parlare dello screening che è conosciuto solo dal 50% dei cittadini. La fotografia emerge dalla prima indagine condotta dall'Associazione Italiana di Oncologia medica (AIOM) sulla conoscenza, la prevenzione e le terapie sul tumore del colon retto. Un sondaggio che ha coinvolto nel settembre 2009 800 italiani, intervistati a Roma e Milano fuori da centri commerciali, presentato nel capoluogo lombardo al Congresso Nazionale AIOM. Più donne che uomini (62 contro 38%), la stragrande maggioranza (81%) ha conosciuto il cancro da vicino, perché ne è stato colpito un amico o familiare. «Insomma, il tumore quando viene fa meno paura ma gli italiani si impegnano ancora troppo poco per tenerlo lontano», afferma il professor Francesco Boccardo, presidente uscente dell' AIOM.
”Il trapianto moltiplica la vita”: in un libro la complessa macchina del mondo trapiantologico
Come si svolge il percorso di un trapianto d’organo, quali sono le garanzie in termini di sicurezza e qualità, come si diventa donatori, come funzionano le liste d’attesa, come viene gestito il capitale di organi, il costo dei trapianti, il traffico di organi. Sono questi alcuni dei temi trattati nel libro “Il trapianto moltiplica la vita” (Baldini Castoldi Dalai editore), nato dal dialogo fra il Professor Franco Filipponi Direttore della UOC Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e il giornalista del Corriere della Sera Luigi Ripamonti
«Abbiamo cercato di farci interpreti dei quesiti più ricorrenti sul tema, fornendo risposte che potessero rispecchiare l’intera realtà italiana, sicuri che un’informazione chiara e semplice fosse il modo migliore per chiarire i dubbi e spiegare le criticità del settore» ha precisato il giornalista Ripamonti. Dopo le lezioni dedicate all’informazione sui temi chiave dell’universo trapianti, il libro riporta 10 storie di chi il trapianto lo ha vissuto in prima persona. Tra queste quella di un campione di nuoto (Federico Finozzi) trapiantato di fegato nel 2003 che vince tre ori, due bronzi e stabilisce un record nei cinquanta metri rana alle Olimpiadi dei trapiantati in Canada nel 2005. La royalty dell’8 per cento derivante dalle vendite in libreria sarà devoluta all’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule -AIDO.
Torna ai risultati della ricerca
|