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Leucemia mieloide cronica: in Sicilia nasce un registro

Cristina Mazzantini, N. 11 novembre 2009

Da pochissimo tempo, in Sicilia, diventa possibile il censimento completo dei casi di leucemia mieloide cronica (LMC) attraverso l'istituzione di un registro epidemiologico, a seguito dell'accordo triennale tra l'Azienda Ospedaliera Universitaria V. Emanuele Ferrarotto S. Bambino di Catania e Bristol-Myers Squibb. Ma non solo. Sarà favorito il costante monitoraggio della malattia con i test e sarà creata la scheda paziente per la valutazione precoce dell'efficacia della terapia, nonché implementata la rete informatica di collegamento tra i 12 centri coinvolti. D'ora in poi ogni persona colpita da una malattia grave, come la leucemia mieloide cronica, potrà quindi recarsi nella struttura più vicina al proprio domicilio. L'iniziativa fra le prime in Italia, che si colloca all'interno della rete siciliana per la cura della leucemia mieloide cronica, è stata presentata a Catania in un affollato incontro con la stampa e le istituzioni politico-sanitarie  locali. Illustrandola, il dottor Paolo Cantaro, direttore Sanitario dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Catania, ha dichiarato: «Dalla collaborazione pubblico-privato si sviluppa un progetto virtuoso di assistenza sanitaria che valorizza le risorse regionali a esclusivo vantaggio del paziente e della comunità scientifica». Cataro ha poi precisato: «Abbiamo le professionalità adeguate e la capacità di rispondere al bisogno di salute di tutti i siciliani».
Pertanto le cosiddette "migrazioni sanitarie", a cui appena qualche anno fa faceva ricorso circa il 60 per cento delle persone colpite da malattie oncoematologiche, sono destinate a calare ulteriormente. D'accordo con le dichiarazioni di Cantaro, il dottor  Giorgio Ghignoni, direttore Market Access di Bristol-Myers Squibb, che ha puntualizzato: «Il progetto di partnership entra ora nella fase operativa. Riteniamo che il percorso che si apre con la firma della convenzione possa rappresentare uno standard di collaborazione tra pubblico e privato, con l'obiettivo di fornire benefici concreti e utilizzare al meglio le risorse a favore della salute».
È opportuno ricordare che, a testimonianza dell'alto valore scientifico dell'accordo, l'Assessorato alla Sanità della Regione Siciliana ha concesso il  patrocinio all'iniziativa. «La leucemia mieloide cronica è una malattia complessa da gestire: è infatti importante effettuare regolarmente i test molecolari per verificare se i pazienti sviluppino resistenze alla terapia convenzionale e, se necessario, modificarla», ha chiarito il professor Francesco Di Raimondo, direttore dell'Istituto di Ematologia dell'Università di Catania. Che ha poi sottolineato: «La rete, che riguarda una patologia rara, ogni anno in Sicilia registra poco meno di 100 nuovi casi di LMC e può rappresentare un modello per costituire un network regionale esteso anche ad altre malattie ematologiche più diffuse. Essa ha infatti permesso la standardizzazione di avanzate tecniche diagnostiche e l'uso di farmaci di seconda e terza linea, riservandoli ai malati che ne avevano realmente bisogno. Il valore della rete è quello di creare una stretta sinergia fra le strutture ematologiche del territorio, anche le più piccole, in modo da coordinare l'approccio diagnostico e terapeutico e mettere a disposizione di tutti quelle tecnologie più sofisticate che sono presenti nei centri più grandi».
L'incidenza della leucemia mieloide cronica aumenta con l'età (solo il 2 per cento delle LMC si manifesta sotto i 20 anni d'età) e rappresenta il 15 per cento di tutte le leucemie degli adulti e il 4 per cento delle leucemie dell'infanzia. In Italia si registrano circa 1.000 nuove diagnosi ogni anno. «La rete siciliana per la LMC», ha proseguito il dottor Cantaro, «è stata istituita nel 2005 con il supporto offerto dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC). Successivamente essa è stata supportata anche dalla Regione Siciliana e ha visto la partecipazione di tutte le Unità operative di Ematologia della regione. In questi anni si sono prodotti risultati importanti e si è operato sia nell'ambito della ricerca scientifica che della clinica, permettendo di condividere conoscenze e competenze».
Dagli esperti presenti a Catania è stato sottolineato come la rete sia un importante esempio di capacità di intervento sempre più incisiva sul territorio, uno strumento per intercettare la mobilità sanitaria verso altre regioni del Paese e un punto di unione tra specialisti che operano sull'intero territorio nazionale. I test, eseguiti nei vari centri coinvolti, saranno inviati presso il laboratorio di Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università di Catania per la valutazione. «Il mantenimento della rete siciliana per la LMC», ha spiegato ancora il professor Di Raimondo, «consente che i pazienti siciliani continuino a essere seguiti secondo le più avanzate linee guida internazionali, mentre uno studio osservazionale europeo UNIC (abstract 126, pubblicato su Haematologica 2008, 93 supplement, no.1) ha rilevato che, anche quando il paziente è dichiarato resistente alla terapia di prima linea, solo un terzo dei casi è sottoposto ai test per la ricerca di mutazioni, necessari per procedere alle alternative terapeutiche disponibili».
Il dottor Grignoni ha concluso: «L'ampliamento del network in seguito alla convenzione con Bristol-Myers Squibb risponde a concrete esigenze cliniche, perché, con il rafforzamento della rete informatica, sarà più facile la condivisione e lo scambio di dati tra strutture di diverso livello per consentire la continuità terapeutica». Ciò permetterà una migliore gestione del rischio clinico, attraverso l'utilizzo di protocolli standardizzati condivisi, con un'evidente razionalizzazione nell'uso delle risorse disponibili.

La diagnosi e terapia
La diagnosi solitamente si effettua durante la fase cronica, mediante le seguenti valutazioni:

  • anamnesi
  • esame obiettivo (per esempio, ingrossamento della milza)
  • esame del sangue (emocromo)
  • ago aspirato o biopsia del midollo: prelievo di cellule midollari per confermare i dati riscontrati nel sangue periferico ed effettuare l'analisi citogenetica
  • analisi citogenetica: consente di identificare su cellule di midollo o di sangue  periferico la presenza delle alterazioni cromosomiche specifiche del cromosoma  PH1
  • analisi molecolare: consente d'identificare su cellule di midollo o di sangue periferico la presenza del gene BCR-ABL.

Terapia: fino a qualche anno fa le opzioni terapeutiche erano la chemioterapia, l'interferone alfa, il trapianto di cellule staminali da midollo osseo o sangue periferico. Oggi le terapie bersaglio molecolare, in particolare gli inibitori di tirosin-chinasi, sono il trattamento d'elezione. Tra questi, lo standard è l'imatinib che però in alcuni casi non riesce ad essere efficace (resistenza primaria) oppure perde d'efficacia dopo l'iniziale induzione di una risposta (resistenza secondaria). Alcuni pazienti devono inoltre sospendere il trattamento per gli effetti collaterali. Dasatinib ha ricevuto la rapida approvazione dalle attività regolatorie europee nel novembre 2006 per pazienti con LMC resistenti o intolleranti ad altre terapie, incluso imatinib. Ciò rappresenta il primo significativo avanzamento nel trattamento della LMC negli ultimi 7 anni.

Il monitoraggio e i test
Oltre ai farmaci e ai trapianti, le tecniche di monitoraggio costituiscono un'arma altrettanto importante al fine di identificare quanto prima eventuali problematiche che si possono presentare durante il percorso terapeutico. Queste tecniche, infatti, permettono ai clinici di intervenire tempestivamente nel cambio della terapia, garantendo, così, ai pazienti affetti da LMC un continuum terapeutico sempre ottimale.
I test sono:

  • Ematologico: un test dell'emocromo che calcola il numero dei globuli bianchi e di quelli rossi e altri tipi di cellule nel sangue del paziente. Deve essere eseguito ogni 2 settimane finché viene raggiunto e confermato un risultato completo. Poi il controllo va eseguito ogni 3 mesi, salvo diverse indicazioni.
    Il test ematologico è un metodo utile per valutare la risposta ed è utilizzato di più degli altri test disponibili.
  • Molecolare: un test PCR eseguito ogni 3 mesi sul sangue periferico. È il modo più efficace per determinare il numero di cellule leucemiche presenti e mostrarne durante la cura l'aumento o la diminuzione. È il metodo più sensibile attualmente disponibile per il monitoraggio.
  • Citogenetica: misura il numero di cellule del cromosoma Philadelphia (Ph+) presenti in un campione del midollo osseo. La riduzione nel numero delle cellule Ph+ nei test successivi indica che il paziente sta rispondendo alla terapia. Un controllo ogni 6 mesi finché non si raggiunge una risposta completa e confermata. Poi è sufficiente ripetere il controllo una volta l'anno. Il test citogenetico è più specifico del test ematologico.
  • Mutazionale: è effettuato per determinare se sono presenti alcune mutazioni nelle proteine BCR-ABL. Il test dovrebbe essere eseguito ad ogni fallimento di cura o di risposta insufficiente

I dodici centri in rete
I centri siciliani della rete per combattere la leucemia mieloide cronica sono:

  1. Caltanissetta - P.O.S. Elia (dottor Rizzo)
  2. Catania - P.O. Garibaldi Nesima (dottoressa Guglielmo)
  3. Catania - P.O. Vittorio Emanuele-Ferrarotto (professor Di Raimondo)
  4. Messina - P.O. Papardo (dottoressa Brugiatelli)
  5. Messina - P.O. Policlinico universitario (professoressa Musolino)
  6. Palermo - P.O. Cervello (dottoressa Scimè)
  7. Palermo - P.O.Policlinico universitario (professor Abbadessa)
  8. Palermo - Casa di cura la Maddalena (dottor Musso)
  9. Palermo - P.O. Civico (dottor Pagnucco)
  10. Ragusa - P.O. Paternò-Arezzo (dottor Bonomo)
  11. Taormina - P.O. S.Vincenzo (dottor Russo)
  12. Viagrande (CT) - IOM (professor Giustolisi)

I carboidrati agiscono come onco-soppressori
Ricercatori del Burnham Institute for Medical Research di La Jolla in California hanno scoperto che i glicani, polisaccaridi che, legati alle proteine presenti nelle membrane cellulari, costituiscono le glicoproteine, possono agire come onco-soppressori nei tumori alla mammella e alla prostata.
La ricerca, pubblicata su PNAS, ha mostrato infatti che i glicani giocano un ruolo critico nell‚adesione cellulare in cellule sane, e che la loro presenza causa una diminuzione, se non la perdita, dei meccanismi che inducono cellule tumorali e metastatiche alla migrazione cellulare invasiva. Infatti l‚aumento dell‚espressione dell‚enzima che porta alla produzione di questi glicani, A3GnT1, è risultato associato a una significativa riduzione dell‚attività tumorale. Lo studio fornisce quindi la chiave per comprendere il ruolo giocato da questi importanti carboidrati nella progressione tumorale, aprendo nuove strade allo sviluppo di trattamenti mirati.

Risultati incoraggianti per il trattamento del tumore al rene a prognosi infausta con l'anticorpo monoclonale Sunitinib
Il farmaco orale Sunitinib, già approvato per il trattamento del tumore del rene in fase avanzata, ha prodotto risultati promettenti anche per i pazienti con prognosi infausta, ad oggi esclusi da questo tipo di terapia. Lo ha accertato uno studio pubblicato sull'edizione online di The Lancet Oncology, curato dal gruppo di ricerca guidato da professor Martin E. Gore del Royal Marsden Hospital di Londra.
Ben 4564 pazienti di 52 paesi, tutti con prognosi infausta, sono stati divisi in 4 sottogruppi: pazienti con metastasi cerebrali, pazienti con malattia sistemica diffusa (poor performance status), malati con carcinoma renale non a cellule chiare, e pazienti di 65 anni o più. Tutti sono stati trattati con una dose giornaliera pari a 50 milligrammi dell‚anticorpo monoclonale Sunitinib, ripetuta in cicli di 6 settimane (4 settimane di trattamento seguite da 2 settimane di interruzione). E‚ stato rilevato un tasso di sopravvivenza media, senza progressione tumorale, di quasi 11 mesi (10.9), con sopravvivenza media complessiva di oltre 18 mesi. Si è osservata una buona tollerabilità. La sicurezza e l'efficacia del trattamento aprono quindi la strada all'impiego del farmaco anche per questi sottogruppi di pazienti.

Policlinico Gemelli: Radioterapia d'eccellenza.
Il prestigioso riconoscimento da parte dell'American College of  Radiation Oncology (ACRO)
Accreditate all'eccellenza le Unità Operative di Radioterapia del Policlinico Gemelli di Roma dall'American College of Radiation Oncology (ACRO), la più importante società di certificazione della radioterapia oncologica degli Stati Uniti. A giudizio del board statunitense, la Radioterapia del Gemelli «è un eccellente ben organizzato e produttivo centro di radioterapia oncologica che, non solo incontra, ma in molti aspetti supera i requisiti standard per l'accreditamento ACRO».
Tale accreditamento di durata triennale (la massima prevista dall'ACRO), valido fino a ottobre 2011, conferma l'alto livello clinico della radioterapia del Gemelli, che ha ottenuto per la terza volta consecutiva l'ambito riconoscimento, già conseguito nel settembre 2002 (quando fu il primo centro in Europa) e nel 2005. E fino al 27 marzo il gotha mondiale dei radioterapisti sarà alla Cattolica per discutere delle novità nella clinica, nella ricerca e nell'uso delle tecnologie in occasione del 19° Corso di Radioterapia "Moderna radioterapia, Tecnologie innovative,  ricerca della qualità e nuovi ruoli professionali".

Trapianto di cellule staminali ombelicali su un paziente leucemico
Un paziente di 48 anni affetto da leucemia è stato il primo in Cile a ricevere un trapianto di cellule staminali provenienti da cordone ombelicale, mediante una semplice trasfusione per via endovenosa. Prima dell'intervento, realizzato presso il Santiago's Catholic University Hospital da un gruppo di ricercatori del Centro oncologico del centro universitario, il paziente è stato trattato per sette settimane con chemioterapia e radiazioni.
Nel giro di un anno circa si potranno tirare le somme del nuovo approccio terapeutico che salverà il paziente nel caso la leucemia non ricompaia nel giro di 1-2 anni. Le cellule staminali ombelicali, selezionate dal centro cileno Bank of Life, sono state prima separate dai globuli bianchi. I ricercatori le hanno quindi congelate a -40 C° e immerse successivamente nell'azoto liquido a -190 C°. Crioconservate, le cellule sono rimaste in attesa del paziente idoneo al trapianto.

Api antitumore
Le hanno denominate "nanoapi", perché dalle api prendono non solo la mellitina, il potente veleno da tempo oggetto d'attenzione come potenziale farmaco, ma anche il metodo per trasportarla all'interno delle cellule d'interesse. Si tratta di una sorta una sorta d'iniezione molecolare. Queste nuove "creature" sono state usate, con successo, per contrastare due tipi di tumori, in vitro e in vivo. Il sistema, ideato dai ricercatori della Washington University di Saint Louis e illustrato in un interessante articolo pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, consiste nella dispersione della mellitina in nanosfere di perfluorocarbone. Si tratta di una sostanza inerte già utilizzata nei derivati artificiali del sangue per proteggere strutture sane dall'azione devastanti del veleno. Le nanoapi così realizzate sono poi coniugate con un agente che le trasporta nei vasi sanguigni neoformati, tipici del tumore; da lì arrivano nelle cellule neoplastiche, dove causano enormi buchi nella membrana fino a quando la cellula stessa non muore. Gli autori hanno trattato, così, animali con cancro del seno e con melanoma e  hanno dimostrato che, dopo alcuni giorni di terapia (costituito da 4-5 iniezioni al giorno), lo sviluppo del tumore mammario si era ridotto del 25 per cento e quello del melanoma addirittura dell'88 per cento. Risultati molto buoni che fanno sperare in una prossima sperimentazione sull'uomo.

Al via il primo master in oncologia virtuale
Il tumore si può combattere anche senza muoversi dal proprio Pc: è cominciato, il primo master virtuale in oncologia, un corso di altissima specializzazione realizzato grazie alle potenzialità interattive della piattaforma di Second Life. L'iniziativa vede coinvolti i maggiori esperti italiani e internazionali, gode del patrocinio di tre istituti di eccellenza come l'Università di Modena e Reggio Emilia, l'Istituto nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova e il Regina Elena di Roma, e ha ottenuto l'accreditamento ECM. Il corso, riservato a 30 oncologi, è promosso dall'Associazione Ricerca ed Educazione in Oncologia (AREO) che si propone di individuare modalità innovative e a basso costo di formazione in medicina, a tutto vantaggio del Servizio Sanitario Nazionale e dei pazienti. Il master prevede 14 temi, dal 15 settembre al 15 dicembre, dedicati alle principali neoplasie (mammella, polmone, colon, fegato, rene), ma anche temi di stretta attualità e di politica sanitaria come il rapporto fra oncologi e medici di famiglia, la gestione degli effetti collaterali e il reinserimento, dato che il cancro sta diventando sempre più una malattia cronica. I corsi si terranno all'interno del Virtual Cancer Institute, un intero palazzo riservato alla formazione e all'aggiornamento di medici, infermieri ed operatori, e saranno accessibili anche dal sito www.virtualcancerinstitute.org.

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