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L’importanza delle cure palliative
Lara Bettinzoli, N. 11 novembre 2009
Il dolore è uno dei sintomi più frequenti, quasi costante, in ogni tipo di malattia neoplastica. È presente nel 20-30% dei pazienti durante le fasi iniziali della malattia e nel 60-70% di pazienti in fase avanzata o terminale. Il malato, indipendentemente da quale sia lo stadio della sua malattia, ha il diritto di non soffrire inutilmente e di essere sostenuto ed aiutato da specialisti competenti nell’affrontare le difficili fasi di malattie talvolta infauste. Le cure palliative si pongono il compito di fornire al paziente un'assistenza globale per aiutarlo a vivere in modo dignitoso, con attenzione alle necessità mediche, a trattare il dolore e gli altri sintomi, a far fronte alla sofferenza emotiva ed all'angoscia. In Italia vi sono enti convenzionati con le aziende sanitarie locali ed associazioni di volontariato che affiancano i Dipartimenti Oncologici delle U.S.L. nell’assistenza ai malati di cancro in fase terminale. Per capire meglio come il servizio di Cure Palliative può essere svolto abbiamo intervistato il Dott. Pierdomenico Maurizi, Responsabile di Medicina del Dolore e Cure Palliative dell’U.S.L 8 di Arezzo.
Quando si parla di cure palliative e di terapia del dolore ci si riferisce alla medesima cosa?
«No. Diciamo che le cure palliative sono un contenitore dentro il quale c’è anche la terapia del dolore, ma è una terapia del dolore rivolta esclusivamente a malati terminali e, per lo più, a dolore dovuto al cancro. La terapia del dolore in sé può essere rivolta anche a malati oncologici (anche terminali), ma è appannaggio di tutte le persone affette da dolore, acuto e cronico, indipendentemente dalla/e malattia/e che affliggono il paziente ».
Quando si rende opportuno un intervento palliativistico?
«La medicina è tanto più efficace quanto più riesce a raggiungere l’obiettivo clinico ed etico maggiore rappresentato dalla guarigione. La medicina moderna, almeno nei cosiddetti paesi ricchi, si deve "accontentare" di essere tanto più efficace quanto più riesce a prolungare la sopravvivenza. Pensiamo alle più comuni malattie: diabete, ipertensione, malattie croniche respiratorie e renali, artrosi… Non possono essere guarite ma, grazie alle cure, possono permettere lunghe sopravvivenze: questa si chiama "palliazione".
Quindi, in senso lato, l’intervento palliativistico si rende opportuno ogni volta che si è nella necessità/ opportunità di intervenire con l’obiettivo non della guarigione, ma del contenimento della malattia e/o del sintomo, con le ricadute di una migliore qualità della vita e di un prolungamento della stessa.
Dagli anni ’60 la medicina e gli interventi palliativi in senso stretto sono rivolti al contenimento delle sofferenze dei malati terminali, indipendentemente dalla malattia che le causa e dall’aumento o meno della sopravvivenza: perseguono il miglioramento della qualità della vita residua».
Qual è esattamente il compito del medico nelle cure palliative?
«Il medico, nelle cure palliative, deve fare comunque il medico! Deve ascoltare, visitare, fare diagnosi e prescrivere le cure adatte. Dovrà porre maggiore attenzione ai desideri e alla volontà del malato, perché sono gli ultimi e non ci saranno altre possibilità di esaudirlo, sempre, comunque, nel rispetto della legge, del codice deontologico e delle proprie convinzioni etiche».
E qual è il luogo adatto per fornire questa assistenza?
«L’assistenza al malato terminale deve essere garantita là dove egli si trova, o magari dove egli desidera trovarsi. Nella maggior parte dei casi e, soprattutto, per i malati competenti, il luogo che viene preferito per l’assistenza è il domicilio, la casa del malato».
L’assistenza dei malati terminali a domicilio è un’ipotesi realizzabile?
«Sicuramente, a patto che le linee organizzative complessive dell’assistenza territoriale sia adeguata, sia sotto il profilo della formazione sia delle risorse umane. Per risorse umane, intendo una comunità di professionisti (medici, infermieri, oss, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali) e non professionisti (assistente spirituale, volontario) non solo formati alle problematiche del fine vita, ma anche in numero adeguato per rispondere realmente ai bisogni del malato e della sua famiglia».
Quando si rendono necessarie le cure palliative nel paziente con tumore?
«Uno o più interventi di cure palliative, coerentemente con quanto esposto nella seconda risposta di questa intervista, possono essere necessari già in fase precoce di malattia (per il dolore). L’accoglienza in un programma complessivo di assistenza e cure palliative (la cosiddetta "presa in carico") avviene invece quando il malato entra nella fase terminale della malattia». Come viene definito il programma d’intervento assistenziale del paziente oncologico terminale? «Attraverso una valutazione collegiale, alla quale partecipano il medico di medicina generale (se il malato si trova al domicilio), il medico ospedaliero (se il malato è in regime di ricovero), il medico esperto in cure palliative, l’infermiere del territorio (domiciliare) e altre figure che si reputino necessarie per quel singolo malato in quel preciso momento: psicologo, assistente sociale, fisioterapista, nutrizionista…
Quanto sono state sfruttate finora le opportunità della medicina palliativa?
«Sicuramente molto meno di quanto sarebbe necessario e con forti discrepanze tra una regione e l’altra e perfino tra una provincia e l’altra della stessa regione. Ciò è confermato dalle indagini sia del Ministero che delle Società Scientifiche».
Che cosa s’insegna nella materia medicina palliativa?
«La medicina palliativa come materia in senso stretto non esiste. Infatti in Italia non esiste una specializzazione post-lauream in medicina palliativa.
Di fronte al pressante bisogno di cure palliative, indotto anche e per fortuna dalla presa di coscienza da parte dei cittadini di avere il diritto di essere curati e leniti nelle sofferenze fino alla morte, sono sorti negli ultimi anni molti corsi, anche come master universitari, di formazione in medicina e cure palliative, nei quali si insegnano fondamentalmente la morte e il morire, la cura dei sintomi motivo di sofferenza, princìpi di etica e di comunicazione. Il problema (eventuale) è che, non esistendo un unico curriculum (come per le discipline accademiche riconosciute), si corre il rischio di insegnare cose diverse, anche se hanno lo stesso nome!».
Cosa dicono le linee guida internazionali sulle cure palliative? È difficile applicarle in Italia?
«Di linee guida ne esistono tante, sia internazionali che nazionali (quelle della Società Italiana di Cure Palliative, quelle della comm.ne ministeriale Turco, per esempio) ed è impossibile sintetizzarle qui. Grosso modo, però, poiché il malato terminale necessita di essere ascoltato ed esaudito nei realistici desideri in modo “intensivo” invece che attraverso la prestazione "mordi e fuggi" per quanto di alta qualità, sono necessari investimenti importanti e duraturi per costruire le reti di assistenza e cura».
Ci sono degli aspetti della malattia terminale e della fine vita ancora inesplorati e che richiedono altre indagini?
«Ce ne sono ancora così tanti da non sapere dove e come iniziare. Non solo, la maggior parte riguarda campi di pertinenza non solo medica o infermieristica, ma anche sociologica, antropologica, etica, filosofica… È una ricerca complessa e molto difficile e per la maggior parte sarebbe ricerca di tipo qualitativo: richiederebbe investimenti ingenti che, in realtà, non sono mai stati stanziati da nessuno, anche perché il malato muore comunque. Il come muoia (qualità) non suscita poi troppo interesse, se l’indicatore di tale interesse sono gli stanziamenti per le cure di fine vita».
L’applicazione della cura palliativa nei bambini con patologia incurabile è stata per molto tempo trascurata. Perché? Mancano le competenze, i fondi, le strutture?
«Per fortuna, la terminalità pediatrica è fortemente minoritaria rispetto a quella dell’adulto. È un mondo molto complesso, difficilmente paragonabile a quello dell’adulto, soprattutto per la violenza delle emozioni che travolgono chi vi si imbatte, si tratti di genitori o di operatori. Ci si scontra con la più irragionevole delle situazioni: il morire e la morte di una vita appena iniziata, per cui è estremamente più difficile arrendersi al realistico senso del limite della medicina.
Scattano le tentazioni dell’accanimento terapeutico, il senso di inadeguatezza della famiglia, della cura domiciliare e degli operatori sanitari e si rischia facilmente di non seguire i bisogni del bambino, ma quelli dei genitori e dei medici. Oltre tutto, se siamo più o meno tutti convinti che l’adulto abbia il diritto di "lasciarsi andare" al suo naturale destino di morte, non siamo altrettanto pronti a riconoscere questo stesso diritto al bambino. Sì, per le cure palliative pediatriche, c’è ancora tanto da costruire».
Qual è la situazione in Italia per le cure palliative? Qual è invece la situazione nel resto del mondo?
«In Italia la situazione è molto diversa da regione a regione, ma anche, come dicevo prima, tra zona e zona di una stessa regione. Laddove ci sono stati dirigenti sanitari (assessore regionale e direttore generale di azienda sanitaria) lungimiranti o semplicemente più sensibili (per storia e cultura personale), la rete di cure palliative è presente ed efficace; altrove sono in via di costituzione le strutture organizzative che formeranno la rete. Il resto del mondo è la copia dell’Italia: dove è stato investito e dove ci sono stati finanziamenti adeguati c’è la rete: Spagna (Catalogna soprattutto), Inghilterra, Canada, Irlanda, Olanda, Svezia e un po’ tutto il Nord Europa.
Dove non ci sono stata né lungimiranza né finanziamenti non c’è rete e non ci sono cure palliative. Perfino in USA le realtà sono molto diverse tra stato e stato».
A quali esperienze può guardare l'Italia come punto di riferimento per costruire una rete di assistenza moderna?
«Almeno dalla metà degli anni ’80 abbiamo messo il naso fuori dall’Italia per vedere e imparare.
Ci siamo riferiti dapprima all’Inghilterra, dove, di fatto, sono nate le moderne cure palliative, poi abbiamo scorso un po’ tutto il panorama mondiale. Direi che comunque, prendendo spunti qua e là, abbiamo la necessità di tradurre le esperienze degli altri e poi di coniugarle secondo la nostra cultura (estremamente diversa, per esempio, da quella di Paesi di culto protestante) della morte, del morire, della malattia, della solidarietà (almeno in sanità) e, purtroppo, anche secondo le nostre disponibilità economiche».
Il dolore nella malattia oncologica
Il dolore oncologico viene spesso definito, riprendendo una definizione di Cecily Saunders, come un dolore "globale", che affligge il malato dal punto di vista fisico, psicologico, spirituale e, di conseguenza, anche economico e sociale. Affrontare il dolore oncologico mediante un approccio multi-disciplinare che tenga in considerazione i bisogni del paziente è indispensabile quantomeno per alleviare la sofferenza del malato e garantirgli una migliore qualità di vita.
I pazienti oncologici sperimentano sintomatologie dolorose di tipo diverso, non sempre attribuibili direttamente alla neoplasia. Possono infatti percepire dolore a causa dell'invasione, da parte del tumore, dei tessuti circostanti: in tal caso il tumore può causare dolore direttamente o può indurre la formazione di edema e processi infiammatori che a loro volta provocano dolore.
Ma i tumori possono anche ostruire cavità di organi, vasi o dotti (es. vasi sanguigni, dotti linfatici, stomaco, intestino, dotti biliari e vescica), portando alla stasi di sangue nei tessuti o a necrosi tissutali. I tumori possono anche invadere o comprimere i nervi causando dolore neuropatico, indolenzimento o paralisi. Spesso, infine, i tumori metastatizzano alle ossa provocando la distruzione del tessuto osseo.
Le cause organiche del dolore oncologico possono essere dovute:
- al coinvolgimento diretto da parte della neoplasia
- alle complicanze della terapia antineoplastica
- alle complicanze della stessa terapia antalgica
- alle alterazioni biochimiche e fisiologiche legate alla neoplasia
- a patologie dolorose non legate al cancro o alla terapia
- alla combinazione dei precedenti fattori
Consiglio bibliografico
Trattamento del dolore neoplastico. Ottimizzazione nella pratica clinica
Maura Betti, Vincenzo Minotti, Maurizio Tonato
Editore: Il Pensiero Scientifico
Pagine: 95
Come facilitare l’istituzione di un approccio multidisciplinare nel trattamento di supporto del paziente con dolore? Quanto determinante può risultare il ruolo dell’infermiere nell’informazione del paziente e nella somministrazione della terapia? Quale trattamento può essere applicato in alternativa all’interruzione delle vie di conduzione dello stimolo doloroso? Secondo la "scala analgesica" proposta dall’OMS quando è necessario prescrivere analgesici oppiacei maggiori? Quali possono essere le principali evenienze in corso di terapia con morfina? Come sono regolate la prescrizione e la detenzione delle sostanze stupefacenti secondo la normativa vigente? In questo libro troverete risposte a queste e a molte altre domande sull’argomento.
Perché la terapia farmacologica
La terapia con farmaci resta la modalità principale per il trattamento del dolore oncologico perché aiuta ad elevare la soglia di percezione del dolore, scopo principale del trattamento del dolore da cancro.
Possono essere utilizzati farmaci diversi sia per modalità di azione che per effetti collaterali.
Gli oppioidi ed i FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) rappresentano i gruppi di farmaci più importanti, ma anche altri farmaci, come gli antidepressivi triciclici, possono contribuire a garantire una buona analgesia in certi tipi di dolore associati al cancro o concorrere a migliorare altri sintomi ricorrenti. Secondo le indicazioni dell'OMS il dolore oncologico deve essere affrontato mediante l'impiego sequenziale di tre categorie di farmaci subentranti l'una all'altra, secondo una progressione a gradini:
- FANS
- Oppioidi minori
- Oppioidi maggiori
Quali farmaci?
I FANS
I Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS) rappresentano una serie eterogenea di composti.
I FANS hanno azione antidolorifica, antipiretica ed antiflogistica. Anche se impiegati di solito nel dolore cronico benigno di lieve e media intensità, i FANS sono estremamente utili nei dolori da cancro. Sono particolarmente indicati nel controllo dei dolori da compressione meccanica di muscoli, tendini, periostio, tessuti sottocutanei e tessuto osseo.
GLI OPPIOIDI
Con questo termine ci si riferisce ai derivati dell'oppio che sono farmaci di uso secolare e di sperimentata efficacia. Queste sostanze vengono definite anche analgesici oppioidi, analgesici maggiori, narcotici, morfinosimili. Il capostipite è la morfina.
La loro potente attività analgesica è dovuta all'interazione con i recettori degli oppioidi localizzati in alcune zone del SNC e nel midollo spinale lungo le vie sensitive del dolore. A tale livello, analogamente alle endorfine (sorta di morfine prodotte normalmente dall'organismo), essi innescano meccanismi di abolizione e di modulazione delle sensazioni dolorose.
I differenti profili farmacologi dei singoli oppioidi (intensità d'azione, durata d'azione, effetti secondari) sono spiegabili appunto con l'esistenza di parecchie varietà di recettori e con la differente capacità di ogni farmaco morfinosimile di interagire con i singoli recettori. Gli oppioidi vengono utilizzati quando l'uso dei FANS non garantisce più un effetto soddisfacente.
LA MORFINA
L'Italia è uno dei paesi europei nel quale si usa meno morfina a causa soprattutto del persistere di alcuni pregiudizi infondati. Per il dolore da cancro viene in genere raccomandata la morfina per via orale, ma utilizzate sono pure la via endovenosa e quella perdurale.
Gli effetti collaterali della morfina:
- Stipsi: il controllo della stipsi deve essere attuato adeguatamente e con continuità mediante l'assunzione di sostanze formanti massa (crusca, cereali, ecc.), l'assunzione regolare di liquidi, con supposte e clisterini di glicerina o l'assunzione di lassativi quali senna, bisacodile, lattulosio. Gli unici pazienti esenti da questo effetto collaterale sono quelli affetti da steatorrea ed i colostomizzati.
- Nausea: si presenta con frequenza, ma dopo un uso prolungato compare tolleranza.
- Sedazione e sonnolenza: si verifica in seguito a somministrazioni di alte dosi o all'accumulo del farmaco.
- Depressione respiratoria: è potenzialmente l'effetto collaterale più grave ma per il quale si sviluppa rapidamente tolleranza. In pratica il paziente dimentica di respirare ("oblio respiratorio") non ricevendo lo stimolo disagevole dell'accumulo di anidride carbonica e dell'apnea.
- Intossicazione acuta: rara.
ALTRI OPPIOIDI
Tra gli oppioidi minori si distinguono il tramadolo, la codeina (quest’ultima è un alcaloide naturale dell'oppio è, dopo l'aspirina, l'analgesico più ampiamente usato al mondo) e la buprenorfina, un derivato semisintetico della tebaina.
I farmaci adiuvanti
Con il termine "farmaci adiuvanti" ci si riferisce a un gruppo eterogeneo di farmaci non analgesici adoperati come co-analgesici in determinati tipi di dolore, nel trattamento di alcuni sintomi che frequentemente si presentano nei pazienti oncologici e nel controllo della componente psico-affettiva e comportamentale frequentemente alterata nel paziente con dolore da cancro. Questi sono:
- le benzodiazepine: ad effetto miorilassante, anticonvulsivante, sedativo ed ansiolitico;
- gli antidepressivi;
- gli anticonvulsivanti: possono essere particolarmente utili nel trattamento di certi tipi di dolore correlati al danno dei nervi;
- i corticosteroidi: ad azione analgesica, antiinfiammatoria, come stimolanti l'appetito e per migliorare il tono dell'umore.
Indirizzi utili
L’Associazione Cure Palliative Onlus
Sede Operativa: Padiglione 8 C
Via B.Palazzo, 130 - 24125 Bergamo
Tel. e Fax : 035/390687
Orari:
Dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.
Sede Legale:
Via Betty Ambiveri, 5 - 24126 Bergamo
Tel. e Fax 035/321388
www.associazionecurepalliative.it
e-mail: hospice@associazionecurepalliative.it
Approfondimenti
Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO)
www.radioterapiaitalia.it
Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC)
www.airc.it
Associazione Nazionale Tumori (ANT)
www.antnet.it
Centro per lo Studio e la Terapia del Dolore (CSTD)
www.cstdol.it
Centro Studi Cure Domiciliari (CSCD)
www.cscd.it
Fondazione Italiana di Leniterapia® (FILE)
www.leniterapia.it
Lega Italiana Contro il Dolore (LICD)
www.licd.org
Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori
www.legatumori.it
Scuola Italiana di Medicina del Dolore (SIMED)
www.iapsar.org
Società Italiana di Cure Palliative (SICP)
www.sicp.it
Doloredoc
www.doloredoc.it
Giornale di Medicina del Dolore & Cure Palliative
www.painomore.net
Associazione Internazionale per la Cannabis come Medicina (IACM)
www.acmed.org/italian
Isola senza dolore
www.isolasenzadolore.it
SportelloDolore - Risorse su dolore, cure palliative e attività di assistenza
www.sportellodolore.net
Osservatorio Italiano Cure Palliative
www.oicp.org
Coordinamento Italiano Centri di Terapia del Dolore
www.federdolore.it
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