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Trapianto da donatori solo parzialmente compatibili: incoraggianti risultati
Lara Bettinzoli, N. 8/9 agosto/settembre 2009
Presso la Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è stato condotto il primo studio al mondo di fase I-II, il cui obiettivo principale era quello di valutare l’utilizzo di una radio-chemioterapia a basse dosi, seguito da infusioni post-trapianto di basse dosi di linfociti del donatore (linfociti CD8-depleti) nel contesto di un trapianto, di staminali ematopoietiche, compatibile solo al 50%. Scopo dello studio era diminuire la tossicità del trapianto e di migliorare la funzione del sistema immunitario dopo il trapianto per ridurre la mortalità da infezioni e da recidiva della malattia.
Negli ultimi anni vi sono stati importanti progressi nel campo dei trapianti di midollo. “L’utilizzo di una migliore terapia di supporto e l’uso di condizionamenti a ridotta intensità sono stati i punti più importanti degli ultimi 10 anni” ci spiega il Prof. Paolo Corradini, primo firmatario dello studio e Direttore della struttura di Ematologia della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori.
Lo studio
Per questo studio – iniziato quatto anni fa- precisa il Prof. Corradini -sono stati arruolati 28 pazienti adulti con neoplasie ematologiche avanzate che non avevano nessuna altra alternativa terapeutica per sopravvivere alla loro malattia, 24 linfomi e 4 leucemie acute. La mortalità trapiantologia a 2 anni è stata del 44% con risultati migliori nei pazienti con malattia chemiosensibile (sopravvivenza a 2 anni del 75%). Inoltre la mortalità trapiantologica a due anni è stata ridotta dal 40-50% al 25%.
Complessivamente sono state effettuate 54 infusioni di linfociti CD8-depleti del donatore a 23 pazienti, utilizzando 3 dosi diverse di cellule con lo scopo di definire quale fosse quella indicata nel favorire la ricostruzione di una efficace immunità verso gli agenti infettivi e le eventuali cellule tumorali residue, riducendo le probabilità di indurre da parte delle cellule trapiantate un’aggressione nei confronti del ricevente. Le infusioni sono state ben tollerate dai pazienti, non hanno causato perdita di attecchimento del trapianto e non hanno indotto tossicità acute.
“Il nostro studio – continua il Prof. Corradini – ha definito sia la fattibilità e la efficacia di un regime di condizionamento a ridotta intensità in grado di consentire l’attecchimento del trapianto di cellule emopoietiche non completamente compatibili, con una bassa incidenza di mortalità dopo il trapianto e una incoraggiante sopravvivenza libera da malattia, sia la dose adeguata di linfociti del donatore CD8-depleti da infondere post-trapianto senza causare tossicità al paziente (con limitata aggressività dell’organo trapiantato nei confronti dell’organismo del ricevente), sia la efficacia di queste infusioni post-trapianto di linfociti del donatore CD8-depleti nel favorire la ricostruzione di un’efficace immunità verso agenti infettivi quali citomegalovirus ed virus di Epstein Barr”.
Il trapianto
Le prime idee sulla possibilità di impiegare il trapianto di midollo sono nate dopo che Lorenz, nel 1950, riuscì a dimostrare che si potevano salvare i topi trattati con dosi letali di radiazioni infondendo loro, in vena, la sospensione di midollo osseo prelevato da un topo normale. Da allora la ricerca e la sperimentazione hanno fatto molta strada.
Oggi, il trapianto di cellule staminali provenienti da un donatore totalmente compatibile (HLA-identico), rappresenta una scelta terapeutica per molti malati con tumori del sangue. Però, solo per il 50-60% dei pazienti riesce a trovare un donatore familiare o dal registro internazionale pienamente compatibile. Per i pazienti con leucemie o linfomi ad alto rischio di recidiva precoce che non riescono a trovare un donatore identico familiare o nel registro donatori, l’unica alternativa concreta può essere il trapianto da un donatore familiare compatibile al 50% (trapianto aploidentico) o l’uso del cordone ombelicale per i pazienti di basso peso o pediatrici.
Il trapianto da donatore parzialmente compatibile presenta pesanti effetti collaterali, quali il rigetto e l’aggressione de trapianto verso l’ospite, una reazione immunitaria sistemica mediata dai linfociti T del donatore contro i tessuti del paziente, che può determinare un’elevata mortalità legata allo stesso trapianto (50% circa). Per questo motivo, i trapianti da donatori aploidentici non sono utilizzati in modo routinario nei pazienti adulti e nuove strategie per migliorare i risultati si sono rese sempre più necessarie. “Poiché le cellule staminali emopoietiche sono uguali, sono per metà come geni del sistema HLA, la ricostituzione completa del sistema immunitario è molto lunga e ciò influisce sul rischio infettivo e sul rischio di ricaduta della malattia neoplastica” spiega Il Prof. Corradini.
Quando è indicato il trapianto di midollo
Il trapianto di midollo è indicato come cura di molte malattie del sangue, sia tumorali sia ereditarie o immunologiche. E’ infatti considerato il miglior trattamento per l’anemia aplastica severa, per alcune sindromi di immunodeficienza congenita, per la leucemia mieloide cronica e per alcuni pazienti affetti da leucemia mieloide acuta o linfoblastica acuta a prognosi infausta. In ogni caso il trapianto di midollo è opportuno in quei pazienti in cui la terapia convenzionale non ha portato alla remissione completa o in cui si siano verificate una o più recidive di malattia. E’ inoltre consigliabile nei pazienti con linfomi maligni (sia Hodgkin che non-Hodgkin) soprattutto quando si è dimostrata una resistenza alla chemioterapia tradizionale.
Poiché il trapianto di midollo è una terapia intensiva, che espone ad elevati rischi, non tutti i pazienti possono esservi sottoposti; pertanto l’indicazione al trapianto deve tenere conto di:
- dell’età del paziente (con l’età aumentano anche i rischi e per tale ragione si tende a non trapiantare soggetti di età superiore a 50-60 anni);
- dello stato generale di salute (in particolare della condizione di determinati organi vitali come il cuore, polmoni, fegato e reni);
- dei precedenti trattamenti ricevuti.
Diversi tipi di trapianto
Esistono diversi tipi di trapianto con caratteristiche ed indicazioni diverse da paziente a paziente. Il trapianto di midollo classico è quello da donatore familiare, generalmente un fratello; nel caso non esista un donatore familiare, è a volte possibile utilizzare un donatore volontario compatibile non consanguineo. In entrambi i casi il trapianto prende il nome di trapianto allogenico, poiché il nuovo midollo proviene da un altro soggetto.
Nel caso invece del trapianto autologo (o autotrapianto), il paziente agisce come donatore per se stesso: infatti egli riceve il proprio midollo osseo che, in una fase precedente viene prelevato, eventualmente ‘purificato’ e conservato in azoto liquido fino al momento del suo utilizzo.
Nel caso di trapianto da donatore compatibile non familiare (trapianto MUD – acronimo di Matched Unrelated Donor), il donatore viene ricercato all’interno di appositi registri o banche di midollo organizzate da associazioni di donatori volontari: attualmente la probabilità di trovare in questi registri un donatore compatibile è intorno al 40%.
Per i pazienti in età pediatrica, inoltre, in questi anni è emersa la possibilità di utilizzare come fonte di cellule staminali il sangue del cordone ombelicale raccolto al momento del parto; anche in questo caso, d’altra parte, le cellule staminali del donatore (neonato) devono essere compatibili con i tessuti del ricevente.
Quando il trapianto allogenico diventa necessario, ma non fosse disponibile né un donatore familiare né un donatore da registro, è possibile prendere in considerazione la possibilità di effettuare il trapianto da donatore familiare solo parzialmente compatibile; questo tipo di trapianto è denominato trapianto aploidentico.
Il prelievo di midollo osseo
Il midollo osseo viene prelevato mediante aspirazione dalle ossa del bacino utilizzando appositi aghi cui vengono connesse delle siringhe. Di norma questo intervento viene eseguito in anestesia totale, in camera operatoria ed ha una durata di circa un’ora. Sul midollo prelevato viene eseguito un conteggio delle cellule staminali, per determinarne la quantità ed assicurare che sia stata raggiunta la quota raccomandata per il successo del trapianto; tale quota deve essere di 2-6 milioni di cellule per Kg. Di peso del ricevente.
La zona ove è stato prelevato il midollo potrà essere leggermente dolente per qualche giorno. Generalmente i donatori vengono dimessi dall’ospedale il giorno successivo all’intervento.
Il prelievo non provoca alcun effetto negativo al donatore, che ricostruisce interamente il proprio midollo nell’arco di due o tre settimane. Tuttavia, poiché insieme alle cellule midollari viene prelevata anche una certa quantità di sangue, il donatore viene sottoposto ad uno o due salassi nelle settimane precedenti la donazione di midollo. Il sangue così raccolto (circa 400 ml per salasso) viene conservato in appositi frigoriferi e reinfuso al donatore dopo il prelievo di midollo; in questo modo vengono ridotti al minimo gli effetti della rapida anemizzazione dovuta all’aspirazione di midollo, annullando completamente qualsiasi rischio infettivo ed immunologico legato a trasfusioni di sangue proveniente da donatori estranei.
Un’altra metodica di donazione, altrettanto valida per il paziente e sempre più utilizzata anche nel caso di trapianto allogenico è quella che si avvale della raccolta delle cellule staminali mobilizzate nel sangue periferico. Il sangue periferico infatti contiene le cellule staminali emopoietiche. In condizioni normali queste cellule sono pochissime, ma aumentano considerevolmente, dopo un trattamento chemioterapico o dopo la somministrazione di particolari sostanze (dette fattori di crescita); in queste situazioni infatti il numero di cellule staminali che dal midollo osseo passa nella corrente sanguigna diviene tale da permettere la raccolta con l’ausilio di una procedura molto semplice chiamata leucoaferesi. Il processo attraverso il quale si stimola il midollo a liberare nel sangue periferico le cellule staminali viene definito mobilizzazione.
La procedura di leucoaferesi si avvale di un apposita macchina, chiamata separatore cellulare, che, in due o tre sedute di poche ore, prelevando il sangue da una vena, centrifugandolo e reimmettendolo in un’altra vena, raccoglie cellule staminali sufficienti per l’attuazione di un trapianto di midollo.
Interazioni tra le cellule del donatore e quelle del ricevente
Il sistema immunitario del ricevente può, da un lato, rigettare le cellule del donatore, detto rigetto del trapianto; dall’altro lato, le cellule del donatore possono attaccare i tessuti del ricevente, sviluppando in questo modo la cosiddetta malattia del trapianto verso l’ospite (GVHD).
In genere più è vicina la compatibilità tra il ricevente e il donatore più basso è il rischio che si verifichino queste complicazioni, riguardo alle quali vanno fatte alcune considerazioni:
- Poiché i trattamenti chemio-radioterapici di condizionamento sopprimono il sistema immunitario del ricevente, il rigetto del trapianto è un evento molto raro.
- La tecnologia moderna è in grado di rimuovere o sopprimere i linfociti T, maggiori responsabili della GVHD, rendendo perciò possibile, in certi casi, la realizzazione di un trapianto anche fra individui HLA non-identici.
Iscrizione alla banca dei donatori (midollo o sangue placentare)
Tra le migliaia di persone che possono beneficiare di un trapianto di midollo circa il 70% non ha un donatore compatibile fra il propri familiari. Questi pazienti hanno bisogno di trovare un donatore non familiare attraverso le banche del midollo. I requisiti per essere un donatore di midollo osseo sono pochi: avere un’età compresa tra i 18 anni e i 35 e godere di buona salute generale. Per iscriversi alla banca del midollo, e cioè al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo è sufficiente recarsi al centro trasfusionale ospedaliero più vicino e sottoporsi ad un piccolo prelievo di sangue (qualsiasi informazione al riguardo può essere ottenuta telefonando all’Associazione Donatori Midollo Osseo ADMO – via Aldini 72, Milano, tel. 02. 39000855). Su questo sangue vengono determinate le caratteristiche di gruppo e viene determinato l’HLA: i risultati confluiscono al Registro Nazionale ed Internazionale. In questo modo restano a disposizione di tutti i pazienti che nel mondo sono alla ricerca di un donatore. La possibilità di essere prima o poi chiamati alla donazione di midollo è molto piccola, ma qualora si verifichi (ferma restando la libertà individuale di ritirare il proprio consenso) essa rappresenta un’esperienza ed un’occasione unica che vale la pena vivere.
Le mamme in attesa possono informarsi presso l’ADISCO – Associazione Donatrici Italiane Sangue Cordone Ombelicale - via F. Sforza, 35 – 20122 Milano – Tel 02.55034102/4050 – per la donazione del cordone ombelicale e per conoscere l’ubicazione dell’ospedale a loro più vicino.
La Struttura Complessa Ematologia Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori – TMO è una unità che ha iniziato la propria attività nel 2001 e che si occupa di curare pazienti affetti da neoplasie ematologiche.
Direttore: Prof. Paolo Corradini
paolo.corradini@istitutotumori.mi.it
Telefono: 02 2390 2950 - 02 2390 2343
Fax: 02 2390 2902.
L'attività clinica, che viene svolta sia in regime di ricovero in camere sterili che in regime ambulatoriale o di day hospital, ha lo scopo di fornire al paziente le migliori cure disponibili e di sviluppare nuove strategie terapeutiche innovative per le seguenti patologie:
- Leucemia mieloide acuta
- Leucemia mieloide cronica
- Leucemia linfoblastica acuta
- Leucemia linfatica cronica
- Linfomi non Hodgkin
- Malattia di Hodgkin
- Sindromi mielodisplastiche
- Sindromi mieloproliferative
- Mieloma multiplo
I pazienti, dopo una spiegazione sulle possibili alternative terapeutiche, vengono curati secondo protocolli clinici innovativi garantendo in tal modo un elevato standard di prestazioni sanitarie. I protocolli di cura disponibili vanno dai farmaci di fase I fino al trapianto da donatore aploidentico.
La principali linee di ricerca sperimentale della Struttura Complessa Ematologia Fondazione IRCCS Istituto Nazionale sono volte alla:
- Identificazione di marcatori molecolari e determinazione qualitativa e quantitativa della malattia minima residua (MRD) post-trapianto - Attualmente, tecniche citogenetiche, immunofenotipiche e molecolari sono in grado di individuare le cellule neoplastiche residue presenti in vivo con una sensibilità che arriva fino a 10-6. Il monitoraggio quantitativo della MRD permette sia l'identificazione dei pazienti in cui possono essere necessarie terapie immunologiche per una completa eradicazione della malattia e sia la valutazione della riduzione della massa tumorale a seguito degli interventi immunoterapici. Sono in corso studi per valutare se sia possibile ottenere la remissione molecolare anche dopo trapianto allogenico con regime di condizionamento a ridotta intensità per pazienti affetti da Linfomi non Hodgkin o Leucemia linfatica cronica.
- Determinazione dei meccanismi immunologici alla base del trapianto di cellule staminali allogeniche da donatori con incompatibilità HLA. La prima situazione in cui è stato dimostrato inequivocabilmente il controllo della neoplasia da parte del sistema immune è il trapianto allogenico di cellule staminali. In questi ultimi anni, questa procedura ha visto estendere la sua applicazione al di là della barriera HLA fino ai trapianti aploidentici. Una particolare caratteristica dei trapianti con incompatibilità HLA è la loro abilità a scatenare una forma di reazione immune diretta dal donatore al ricevente (graft-versus-host disease, GvHD). L'equilibrio tra reazione del trapianto contro il tumore (GVT) e GVHD è difficile da raggiungere e mantenere. Al fine di migliorare le conoscenze sulle reazioni immunologiche responsabili dello sviluppo delle diverse reazioni post trapianto, viene studiata la ricostituzione immunologica con particolare attenzione alla caratterizzazione delle popolazioni linfocitarie, alla presenza di linfociti specifici per patogeni opportunisti (CMV, EBV). Viene inoltre valutata la possibilità di indurre popolazioni anergiche/tollerizzate verso alloantigeni attraverso manipolazione delle molecole di costimolazione/adesione. Viene inoltre valutata la ricostituzione immune del ricevente e la sua cinetica attraverso l'analisi del fenotipo, del repertorio T e del repertorio B per monitorare gli effetti derivanti dall'introduzione del Rituximab nel regime di condizionamento che precede il trapianto, sia esso autologo o allogenico, in pazienti affetti da LLC o NHL CD20+.
- Identificazione di nuovi parametri per la selezione dei donatori. Nel contesto del trapianto allogenico da donatore non familiare (MUD) si vuole determinare il ruolo dei genotipi KIR e dei ligandi di classe I del sistema maggiore di istocompatibilità in pazienti affetti da Linfomi Non-Hodgkin e Mieloma Multiplo. Nel contesto del trapianto HLA identico si studia il ruolo dei polimorfismi allelici e genotipici di 10 antigeni minori di istocompatibilità con tecniche di PCR ed uso di primers gruppo-specifici (PCR-SSP), e l'impatto clinico della disparità per tali antigeni minori in termini di GvHD acuta e cronica, recidiva e sopravvivenza.
- Identificazione di nuovi fattori biomolecolari, clinici e di imaging per la valutazione prognostica e la valutazione della risposta clinica nei pazienti con mieloma multiplo (MM) e leucemia linfatica cronica (LLC) - La disponibilità di fattori prognostici indicativi del rischio individuale di progressione, di responsività alle terapie e sopravvivenza risulta di enorme importanza. Scopo di questo progetto è di integrare metodiche di genomica e proteomica, di citofluorimetria multiparametrica e di imaging per consentire una più adeguata stratificazione dei pazienti affetti da B-LLC e MM.
L'attività di ricerca clinica è finalizzata al miglioramento dei trattamenti convenzionali e alla sviluppo di percorsi terapeutici e strategie trapiantologiche innovative per patologie ematologiche al momento considerate difficilmente guaribili. Questa Unità si distingue per l'ampia esperienza nel trattamento delle neoplasie ematologiche con trapianto di cellule staminali allogeniche. Il trapianto allogenico rappresenta infatti non solo un metodo per favorire il recupero ematopoietico dopo un trattamento chemioterapico ad alte dosi, ma è anche una forma di immunoterapia acquisita. Attualmente sono attivi protocolli di trapianto allogenico con regime di condizionamento a ridotta intensità che utilizzano anticorpi monoclonali per pazienti affetti da linfomi a cellule B ricaduti o refrattari a precedenti terapie o per pazienti con nuova diagnosi di linfoma a cellule T. Con l'introduzione di tali anticorpi monoclinali, l'obiettivo diviene quello di curare un maggior numero di pazienti riducendo ulteriormente la tossicità del trapianto. Oltre ai protocolli trapiantologici questa Unità è focalizzata sullo studio di nuovi farmaci. È infatti attivo uno studio clinico di fase I/II, internazionale e multicentrico, che offre opportunità di cura con un anticorpo monoclonale anti-CD40 nuovo per pazienti affetti da linfoma non Hodgkin o di Hodgkin ricaduti dopo due o più linee di trattamento.Per i pazienti affetti da mieloma multiplo sono attivi numerosi protocolli di ricerca che prevedono non solo l'impiego di nuovi farmaci biologici ma anche il miglioramento delle usuali pratiche cliniche. È infatti attivo dal 2008 un progetto di ricerca atto a valutare le potenzialità di un innovativo metodo di esecuzione della Risonanza Magnetica Nucleare da applicarsi nella fase di valutazione e di follow up della malattia.
Indirizzi utili
ADMO Associazione donatori Midollo osseo
http://www.admo.it/
Registro italiano donatori midollo osseo (IBMDR Italian Bone Morrow donor registry)
http://www.ibmdr.galliera.it/
AMT Support Online
http://www.bmtsupport.org
Bone Marrow Transplantation Information
http://www.bmtinfo.org/home.htm
National Bone Marrow Transplant Link
http://comnet.org/nbmtlink
National Marrow Donor Program
http://www.marrow.org
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