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La terapia ormonale sostitutiva in menopausa: rischio oncologico
Lara Bettinzoli, N. 6/7 giugno/luglio 2009
Con la menopausa viene meno la produzione di alcuni ormoni atti al mantenimento di uno stato di salute e qualità di vita ottimali. Alcune donne risentono più di altre della mancanza di questi ormoni, ed è in questi casi che il medico di base o il ginecologo intervengono consigliando, in base alla qualità di vita della donna e soprattutto in riferimento alla sua situazione cardiovascolare, al livello di osteoporosi e al rischio oncologico individuale, la terapia ormonale sostitutiva.
I dubbi e i timori di molte donne davanti alla scelta di questa terapia sono sempre, più o meno, gli stessi: la terapia ormonale sostitutiva ha effetti collaterali gravi? È vero che può provocare patologie neoplastiche? Dell’argomento ne parliamo con gli specialisti Nicoletta Biglia, Elisa Peano, Paola Sgandurra, Giulia Moggio, Valentina Bounous e Piero Sismondi, della Cattedra di Ginecologia Oncologica, Università degli Studi di Torino - Ospedale Mauriziano “Umberto I” e Istituto per la Ricerca e Cura del Cancro di Candiolo.
L’assunzione della terapia ormonale sostitutiva in menopausa può essere causa dello sviluppo di neoplasie?
Nei paesi occidentali le neoplasie sono di riscontro sempre crescente. Età e predisposizione genetica sono i principali fattori di rischio, anche se numerosi altri fattori comportamentali, nutrizionali o legati alla produzione ormonale possono giocare un ruolo nel determinarne l’incidenza. L’assunzione della terapia ormonale sostitutiva (TOS) in menopausa per periodi di pochi anni non sembra influenzare in modo significativo la probabilità di sviluppare tumori, mentre terapie di lunga durata possono avere un effetto opposto, protettivo o sfavorevole, a seconda della neoplasia considerata. Tuttavia, mentre l’effetto proliferativo degli estro-progestinici sulla mammella è ben noto anche alle donne, in quanto diffusamente ripreso dai media, al contrario l’effetto protettivo della TOS, ad esempio sui tumori del colon-retto, pur dimostrato in studi importanti, è praticamente ignorato dalla maggior parte delle possibili utilizzatrici di questi preparati. Poco note sono anche le possibili influenze della TOS sul tumore dell’endometrio, altro aspetto per cui esiste una letteratura scientifica rassicurante.
Quali?
Le due neoplasie ormono-dipendenti per eccellenza sono il tumore della mammella e quello dell’endometrio. Gli studi epidemiologici condotti negli ultimi dieci anni hanno dimostrato che l’impiego della TOS per periodi prolungati determina un aumento del rischio di cancro della mammella, direttamente correlato alla durata d’impiego e variabile in relazione ai diversi preparati. L’entità di questo aumento è comunque modesta; il rischio relativo (RR) nello studio WHI, il principale studio randomizzato e controllato con placebo condotto ad oggi sull’argomento, è infatti di 1.26 che si traduce, in numeri assoluti, in una stima di 4-6 casi in più di carcinoma della mammella ogni 10.000 donne trattate per un periodo di 5 anni.
Diverso è invece l’effetto sul carcinoma dell’endometrio; su questo tumore infatti gli estrogeni esercitano un effetto proliferativo potenzialmente pericoloso, che tuttavia viene bilanciato dall’assunzione di progestinici. Infatti molti studi hanno dimostrato un effetto neutro della TOS su questo tumore se il trattamento viene condotto con schemi e dosi adeguate. Sempre nello studio WHI il RR per le donne trattate rispetto a quelle in terapia con placebo era di 0.83, mentre nello studio inglese One Million Women (OMW) l’effetto della terapia ormonale con schema combinato continuo è risultato decisamente protettivo, in particolare le donne in sovrappeso o obese.
È ormai dimostrato l’effetto protettivo della TOS sul carcinoma del colon retto; l’entità della protezione varia nei diversi studi fra il 20 ed il 40% e tende ad essere maggiore fra le donne con assunzione recente di estrogeni.
In che modo la terapia ormonale sostitutiva può causare lo sviluppo di neoplasie ed anche svolgere un’azione protettiva?
Gli estrogeni agiscono attraverso molteplici meccanismi che si innescano dopo il legame con specifici recettori (ER alpha e ER beta) che stimola l’espressione di numerosi geni coinvolti nel complesso sistema della proliferazione cellulare. Negli ultimi anni anche l’IGF-1 sta assumendo un ruolo di grande rilevanza nel controllo della crescita tumorale: il legame con il suo recettore (IGF-R) sembra infatti favorire la sopravvivenza cellulare, mentre la proteina legante IGFBP-3 agisce piuttosto come oncosoppressore. Gli estrogeni rafforzano l’attività di IGF-1, principalmente attraverso l’aumento dell’espressione di IGF-R e la modulazione negativa di IGFBP-3, che ne regola la quota libera e, dunque, la bio-disponibilità.
Il meccanismo con cui gli estrogeni svolgono un effetto protettivo sullo sviluppo dei tumori del colon retto è da ricercarsi nell’azione mediata dal recettore tipo beta (ERβ), responsabile dell’omeostasi delle cellule intestinali; in altri termini il recettore ERβ modula la prolifezione e regola l’apoptosi cellulare. In assenza del recettore ERβ si verifica un incremento nel turnover della mucosa del colon; al contrario i segnali indotti dall’attivazione del recettore ERβ proteggono dalla proliferazione e riducono le mitosi della mucosa del colon – questo non è molto chiaro.
La durata della terapia può essere considerata un fattore di rischio?
La durata del trattamento è sicuramente un fattore determinante. In generale infatti tutti gli studi dimostrano che terapie condotte per brevi periodi non hanno alcuna azione, né favorevole, né protettiva, sul rischio di sviluppare una neoplasia, mentre terapie prolungate (in genere superiore a 5 anni) possono esplicare un effetto diverso a seconda dell’organo considerato.
Quali sono gli altri fattori di rischio?
Il carcinoma mammario riconosce, accanto all’assunzione esogena di ormoni, altri importanti fattori di rischio che comprendono il tipo di alimentazione, l’obesità, il consumo di alcool, le variabili riproduttive e la storia mestruale. Il ruolo che la dieta e l’obesità e i fattori comportamentali in genere svolgono sul rischio di carcinoma mammario è oggi di grande interesse scientifico in quanto questi rappresentano dei fattori di rischio potenzialmente modificabili. Molti studi hanno dimostrato che l’obesità rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di questo tumore in particolare in postmenopausa. Molti studi epidemiologici hanno messo in evidenza un aumentato rischio di carcinoma mammario in caso di aumentato consumo di alcol e sebbene il meccanismo sottostante sia sconosciuto, molti autori avanzano spiegazioni coinvolgenti un pathway ormonale. In una recente metanalisi su 15 studi infatti il rischio di carcinoma mammario ormonodipendente risulta aumentato del 22% fra le donne appartenenti al guyppo con il maggior consumo di alcool rispetto al gruppo con il più basso consumo di alcolici. L’attività fisica costante riduce il rischio di tumore mammario; anche in questo caso il meccanismo d’azione è probabilmente di tipo ormonale in quanto l’attività fisica regolare si associa con bassi livelli di testosterone e estradiolo circolanti. Oltre 30 studi epidemiologici mostrano un rischio del 20-40% inferiore nelle donne più attive, sia prima sia dopo la menopausa e indipendentemente dal BMI. Il rischio diminuisce linearmente con l’aumento dell’attività.
Quale è l’azione della terapia ormonale sostitutiva sulla mammella?
Il legame esistente tra ormoni sessuali e tumori della mammella è noto da tempo e confermato in modelli sperimentali e da osservazioni biologiche ed epidemiologiche. La curva di incidenza del carcinoma mammario cresce con l’avanzare dell’età, ma subisce un rallentamento negli anni intorno alla menopausa, in coincidenza con la cessazione della produzione ormonale ovarica. Inoltre, la menopausa tardiva o il menarca precoce, situazioni che si accompagnano ad una prolungata esposizione agli estrogeni endogeni, costituiscono un fattore di rischio per il carcinoma mammario.
Gli studi epidemiologici condotti negli ultimi dieci anni hanno dimostrato in modo sostanzialmente concorde che l’impiego della TOS per pochi anni non modifica la probabilità di sviluppare un carcinoma della mammella, mentre l’assunzione di estro-progestinici per periodi prolungati, in generale superiori a 5 anni, determina un significativo aumento del rischio, direttamente correlato alla durata d’impiego ed in genere compreso in termini di rischio relativo fra 1 e 2. L’aumento di rischio diventa evidente solo dopo un periodo di assunzione superiore a 4 anni. Lo studio Women’s Health Initiative (WHI) ha confermato anche l’osservazione, riportata da numerosi altri autori, che l’uso dei soli estrogeni non comporta alcun aumento del rischio di tumore mammario, indipendentemente dalla durata d’uso; questo trattamento tuttavia è indicato solo per le donne isterectomizzate cioè prive di utero.
Quale è l’azione della terapia ormonale sostitutiva sull’endometrio?
Da molti anni i ginecologici sono abituati a considerare l’effetto della terapia ormonale sostitutiva sul rischio di carcinoma dell’endometrio del tutto neutro, a patto che il trattamento estrogenino sia condotto associando un progestinico con durata e dosi adeguate. Anche lo studio Women’s Health Initiative, che ha dedicato una pubblicazione ai tumori ginecologici, non ha potuto che confermare la sicurezza della TOS sull’endometrio, per lo meno con lo schema combinato continua a dose standard utilizzato nello studio. La pubblicazione dei risultati dello studio inglese One Million Women (OMW), ha visto non solo la conferma della sicurezza della TOS sull’endometrio, ma anzi ne ha evidenziato l’effetto protettivo per alcune categorie di soggetti e per alcuni schemi di trattamento. I dati più favorevoli sono ovviamente quelli relativi all’uso di schemi combinati continui, che prevedono l’associazione ogni giorno del progestinico agli estrogeni. Con questo schema globalmente il rischio di carcinoma dell’endometrio risulta ridotto del 30% indipendentemente dalla durata d’uso e dal tipo di progestinico impiegato. L’effetto protettivo tuttavia è particolarmente evidente fra le donne in soprappeso.
Quale è l’azione della terapia ormonale sostitutiva sul colon-retto?
Il tumore del colon-retto è la più frequente neoplasia fra i non fumatori di entrambi i sessi nei paesi occidentali ed è la terza causa di morte negli Stati Uniti, subito dopo il carcinoma del polmone e della mammella. La malattia è caratteristica dell’età matura e solo il 3% dei tumori dell’intestino viene diagnosticato in persone al di sotto dei 40 anni. Il cancro del colon non è associato con la menopausa ed i principali fattori di rischio sono un’elevata assunzione di grassi con la dieta e l’ereditarietà; anche un’eccessiva assunzione di alcool, la sedentarietà e l’obesità sono associati ad un rischio maggiore di sviluppare questo tumore. Nel corso degli ultimi 20 anni i tassi di mortalità per carcinoma dell’intestino sono scesi in molti paesi, sia per l’adozione di una nutrizione più corretta, sia grazie alla diagnosi ed asportazione precoce di polipi precancerosi. La riduzione è particolarmente evidente fra le donne ed è stato ipotizzato che l’uso di estrogeni in menopausa abbia giocato un ruolo in questo comportamento, con molteplici meccanismi, fra i quali un’azione antiproliferativa diretta sulla mucosa del colon ed una modificazione della secrezione degli acidi biliari.
Molti studi, sia caso-controllo, sia di coorte e due metanalisi avevano messo in evidenza una sostanziale riduzione del rischio di sviluppare un carcinoma del colon-retto fra le donne trattate con la TOS; la protezione aumenta con l’aumentare della durata di assunzione. Lo studio WHI ha confermato in modo definitivo il ruolo protettivo della TOS con estrogeni associati a progestinici sul carcinoma del colon-retto, la cui incidenza risulta ridotta nel gruppo di donne trattate del 57%. L’effetto protettivo si rende evidente già a partire dal terzo anno dall’inizio del trattamento, in accordo con quanto già osservato in altri studi che avevano sottolineato come la protezione degli estrogeni sul tumore del colon-retto si instauri precocemente dopo la prima esposizione alla TOS. Inoltre l’effetto è ugualmente protettivo nelle diverse fasce di età considerate, indipendentemente dalla presenza o meno di un’anamnesi familiare positiva per questa malattia.
Quando è utile la terapia ormonale sostitutiva?
Il trattamento dei sintomi menopausali (vampate di calore, sudorazioni notturne, sintomi da atrofia urogenitale) è l’indicazione primaria per l’uso della TOS. Altri sintomi correlati alla menopausa quali i dolori muscoloscheletrici, le modificazioni del tono dell’umore, le alterazioni del ritmo sonno-veglia e la riduzione della libido traggono beneficio dalla TOS. In generale, la sintomatologia vasomotoria può essere considerata come un marker di vulnerabilità biologica alla carenza estrogenica. Infatti le donne sintomatiche hanno tendenza ad avere pressione arteriosa più elevata e maggior rischio cardiovascolare e neurodegenerativo. Per queste donne è probabile che l’inizio precoce della TOS all’insorgere della menopausa esplichi anche un effetto di riduzione del rischio cardiovascolare. La TOS sistemica e la somministrazione vaginale di estrogeni riducono entrambe i sintomi associati alla atrofia genitourinaria (secchezza, vaginiti, dispareunia), migliorando la sintomatologia vescicale su base irritativa e l’urgenza minzionale. La terapia ormonale (estrogenica) per via vaginale è da considerarsi di prima scelta se l’indicazione esclusiva è l’atrofia genitourinaria. Infine tutti gli studi hanno mostrato in modo concorde che la TOS è in grado di prevenire la demineralizzazione dell’osso, riducendo in modo significativo l’incidenza di fratture del femore, delle vertebre e del polso su base osteoporotica. Anche i preparati a basso dosaggio hanno mostrato una buona efficacia sul metabolismo osseo.
Quando non è indicata?
Esistono alcune condizioni cliniche che controindicano l’utilizzo della TOS: sanguinamento vaginale non diagnosticato (deve assolutamente essere completato l’iter diagnostico prima di iniziare una terapia ormonale); trombosi venosa idiopatica in atto o recente, patologia epatica attiva o cronica, cardiopatia coronarica, porfiria cutanea tarda, una pregressa neoplasia ormono-dipendente. L’obesità e l’ipertensione arteriosa non controllata costituiscono una controindicazione relativa e devono essere valutate con attenzione caso per caso. Altre situazioni cliniche, invece, pur non rappresentando delle controindicazioni assolute alla prescrizione della TOS, richiedono alcune accortezze nelle scelta delle terapie consigliate sia per quanto riguarda le vie di somministrazione, sia per gli schemi terapeutici. In caso di ipertrigliceridemia severa, di storia di malattia tromboembolica, anamnesi positiva per epatopia o calcolosi della colecisti è preferibile adottare la via di somministrazione transdermica, previa valutazione della funzionalità epatica nell’ultimo caso. In caso di fibromatosi uterina ed endometriosi, si consiglia l’utilizzo di uno schema combinato continuo o tibolone, mentre se le donne sono soggette ad emicrania e cefalea è consigliabile utilizzare uno schema combinato continuo con somministrazione transdermica.
BOX: La terapia ormonale sostitutiva nelle donne con pregresso tumore mammario
Nelle nazioni occidentali si stima che una donna ogni 8 svilupperà nel corso della vita un tumore della mammella. Grazie alla diagnosi sempre più precoce ed alla diffusione delle terapie adiuvanti chemio e/o ormonoterapiche molte di esse guariscono o hanno un lungo periodo di sopravvivenza libero da malattia dopo l’intervento. Tuttavia l’utilizzo delle terapie adiuvanti ha determinato o l’insorgenza di una menopausa precoce, con sintomi particolarmente severi e intensi o, nelle donne che già erano in menopausa al momento dell’intervento chirurgico, un peggioramento dei sintomi menopausali preesistenti, il cui trattamento costituisce quindi un importante aspetto per garantire una buona qualità di vita. La terapia ormonale è considerata controindicata in queste pazienti, per il timore che possa accelerare la crescita di focolai micrometastatici del tumore ed aumentare il rischio di recidiva. Sebbene i primi studi sull’argomento fossero rassicuranti, in seguito i due grossi trial europei sull’uso della TOS in donne con tumore mammario, noti come HABITS e Stockholm, sono stati prematuramente interrotti per il riscontro di un significativo aumento del rischio di recidiva nelle pazienti trattate rispetto ai controlli. Delusione è derivata dai risultati di un grosso studio multicentrico (LIBERATE) condotto per valutare l’efficacia e la sicurezza del tibolone (uno steroide sintetico con proprietà estrogeniche, androgeniche e progestiniche) nelle donne con carcinoma mammario con sintomi menopausali. Infatti sebbene il tibolone si sia dimostrato più efficace del placebo nel controllare i sintomi menopausali e nel mantenere la densità minerale ossea in queste pazienti, ha determinato un aumento del rischio di recidiva nelle donne trattate rispetto ai controllo dopo 3 anni di follow-up. Tuttavia esistono delle alternative terapeutiche agli estrogeni per queste pazienti. Per i sintomi vasomotori, i preparati che si sono dimostrati più efficaci sono gli antidepressivi appartenenti alla classe degli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI), come la venlafaxina, la fluoxetina, la mirtazapina che garantiscono un buon controllo delle vampate, con effetti collaterali trascurabili e nessuna azione sulla proliferazione tumorale. Vi sono dati a favore anche dell’uso del gabapentin, un farmaco normalmente impiegato per la terapia degli attacchi di panico e delle neuropatie. Per quanto riguarda la prevenzione dell’osteoporosi e delle patologie cardiovascolari, vi è accordo nel ritenere indicato l’uso di preparati alternativi agli estrogeni e di provata efficacia, come i difosfonati e le statine, oltre naturalmente all’adozione di una alimentazione e di uno stile di vita corretti.
Cosa è la terapia ormonale sostitutiva
Per terapia ormonale sostitutiva (TOS) si intende l’assunzione di ormoni estrogeni e progestinici nelle donne in post-menopausa. La menopausa è una condizione fisiologica caratterizzata da un esaurimento della funzionalità ovarica, con conseguente deficit della produzione di estrogeni e progesterone. La carenza degli estrogeni determina la comparsa dei classici sintomi menopausali, quali le vampate di calore, la secchezza vaginale e incrementa il rischio di osteoporosi e di eventi cardiovascolari. Per le donne isterectomizzate è indicato l’uso dei soli estrogeni, mentre in presenza dell’utero devono essere associati anche i progestinici allo scopo di bilanciare l’effetto proliferativi degli estrogeni sull’endometrio. Esistono differenti formulazioni in commercio somministrabili per via orale o per via transdermica e differenti dosaggi. Lo schema di somministrazione dei due ormoni, sequenziale oppure combinato continuo, differenzia inoltre i preparati che mantengono un flusso simil-mestruale dai preparati che danno amenorrea.
Quali esami prima di iniziare e quale sorveglianza in corso di terapia
La prescrizione della TOS deve essere preceduta da un’attenta valutazione clinica della donna con raccolta di un’accurata storia personale e familiare, valutazione della pressione arteriosa, visita ginecologica con ecografia transvaginale e Pap-test per escludere eventuali preesistenti patologie ginecologiche, esami ematochimici generali e mammografia recente. In seguito ed in assenza di problemi particolari si ritiene indicato un controllo ginecologico annuale; per la sorveglianza senologica in corso di terapia si consiglia l’effettuazione della mammografia con eventuale ecografia mammaria ogni anno anziché ogni 2 anni.
I benefici della terapia ormonale sostitutiva
I benefici della terapia ormonale sostitutiva non si limitano al controllo dei sintomi vasomotori tipici dei primi periodi dopo la menopausa, come le vampate di calore, la sudorazione notturna, l’insonnia e i disturbi dell’umore, a tutti noti. Anche i sintomi derivati dall’atrofia urogenitale, come la secchezza vaginale, la riduzione del desiderio sessuale e la difficoltà nei rapporti sessuali vengono migliorati dall’utilizzo della TOS. Gli estrogeni rivestono un ruolo cardine anche per la prevenzione dell’osteoporosi, migliorando la densità minerale dell’osso, ristabilendone il normale metabolismo e riducendo in modo significativo il rischio di fratture. Infine i benefici della TOS si esplicano anche a livello di prevenzione dell’involuzione atrofica della pelle, del tessuto connettivo, dei dischi intervertebrali. Tutti questi effetti si traducono in una migliore qualità di vita delle donne che assumono la TOS.
Quando iniziare e quanto continuare
La terapia ormonale sostitutiva viene iniziata in genere nei primi mesi dopo la menopausa (in genere l’età media della menopausa è intorno ai 50 anni) se compaiono sintomi menopausali disturbanti. Alcune donne sperimentano fastidiosi disturbi derivati dalla carenza estrogenica anche durante la fase di transizione menopausale, quando cioè compaiono le irregolarità dei cicli mestruali, ma prima dell’esaurimento completo della funzionalità ovarica. Anche in questo gruppo di donne può essere prescritta la TOS. La durata ideale del trattamento non è stabilita; un atteggiamento prudente può essere di sospendere dopo 2-3 anni ed eventualmente ricominciare il trattamento solo se ricompaiono i sintomi. Per periodi superiori ai 5 anni, è consigliabile comunque un’attenta valutazione dei rischi e benefici per la singola donna, in particolare in considerazione dell’incremento nel rischio di carcinoma mammario. Per le donne in menopausa precoce, spontanea o iatrogena, l’inizio del trattamento (in assenza di controindicazioni) è consigliato a qualsiasi età e protratto fino intorno ai 50 anni, non solo per il controllo della sintomatologia, in genere più severa nelle donne giovani, ma anche per un’efficace prevenzione delle conseguenze a lungo termine di una prematura deprivazione estrogenica.
Cosa preferire: pillole, cerotti o altro?
La terapia ormonale per la menopausa prevede la somministrazione di estrogeni da soli o di un’associazione di estrogeni e progesterone per via orale, transdermica o vaginale. Oggi esistono numerosi prodotti e formulazioni in commercio (pillole, cerotti, gel cutanei) con differenti dosaggi e la scelta della terapia deve tener conto dell’età, delle condizioni cliniche delle donna e delle sue preferenze. Ad esempio la via transdermica è preferibile in caso di calcoli della colecisti, cefalea, ipertrigliceridemia. Infatti mentre gli estrogeni orali sono soggetti ad un effetto di primo passaggio epatico, i transdermici non modificano il metabolismo epatico. La via di somministrazione vaginale invece è preferita dalle donne che lamentano solo sintomi da secchezza vaginale. Lo schema sequenziale che garantisce il mantenimento del flusso mestruale è preferito dalle donne più giovani in menopausa precoce.
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