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Il genoma della speranza
Dario Vascellaro, N. 6 giugno 2000
Ai primi di aprile, una società americana, la Celera Genomics di Rockville nel Mary-land, ha annunciato di aver completato l'intera sequenza del genoma di un essere umano. In un comunicato la Celera ha affermato di "aver completato la fase della sequenza del genoma di un singolo essere umano" e che "inizierà adesso a mettere assieme in ordine i singoli frammenti del genoma con l'obiettivo di completare nel corso dell'anno la mappa del genoma umano". Sotto la guida dello scienziato Craig Venter, i ricercatori della Celera hanno detto di aver identificato tutte le "lettere chimiche" che compongono i geni di un essere umano". E' la prima volta che un gruppo di ricercatori afferma di aver fatto una simile scoperta. Venter ha lanciato il suo progetto genoma nel 1999. Con l'appoggio della Perkin Elmer, il maggiore produttore americano di strumentazione di laboratorio, Venter fonda la Celera Genomics e ne diventa presidente e direttore scientifico. Lo scorso settembre Venter inizia un lavoro frenetico per sequenziare "tutto il genoma umano". In pratica, un programma-fotocopia del "Progetto Genoma Umano", il vasto programma internazionale avviato circa 10 anni fa e nel quale sono stati investiti oltre 2,7 miliardi di dollari. In soli sette mesi, e con una spesa di 300 milioni di dollari, Venter brucia le tappe: a gennaio dichiara ufficialmente di aver sequenziato il 90 per cento dei circa 80-100 mila geni del genoma umano. Ora l'annuncio definitivo: il codice dell'uomo è stato totalmente decifrato. Adesso, superati i non facili problemi etici che si presentano sulla proprietà della scoperta (è possibile che il patrimonio genetico dell'uomo sia conoscenza di uno solo, oppure deve essere di tutta l'umanità?), si apre un nuovo capitolo della storia intitolato "genomica", cioè come applicare la scoperta per alleviare l'uomo da malattie e malformazioni. Prima di accennare alle conseguenze della decifrazione del genoma umano, ripercorriamo le fasi della ricerca genetica degli ultimi anni. Le istruzioni del DNA Sulla Terra esistono per lo meno 10 milioni di specie distinte di cose viventi e forse, secondo alcune stime, 100 milioni. Tutte le cose viventi del nostro pianeta sono simili, non nel senso astratto che tutte crescono, si riproducono e convertono energia, ma nel senso che, in esse, le istruzioni genetiche sono situate nelle molecole di DNA, sono scritte nello stesso codice chimico ed interpretate essenzialmente dallo stesso macchinario. In tutte le cose viventi gli stessi 20 differenti tipi di subunità chimiche sono legati per fare proteine. Il DNA, quindi, s'impone come macromolecola da studiare per eccellenza. Quando, nel 1952, due giovani ricercatori che lavoravano in Inghilterra, James Watson e Francis Crick, hanno decifrato la struttura del DNA, il loro lavoro è stato salutato come un trionfo dello spirito umano, del secolare sforzo teso alla comprensione scientifica dell'universo. Prima della rivoluzione tecnologica degli anni '70, il DNA era, però, una delle molecole più difficili da studiare biochimicamente. Formato solo da quattro tipi di nucleotidi, esso appare biochimicamente omogeneo; erano quindi necessari dei marcatori in grado di distinguere una parte del genoma dall'altra. Oggi il DNA è diventato la macromolecola cellulare più semplice da valutare. È possibile anche per uno studente isolare e tagliare una regione del DNA e determinare la sequenza nucleotidica alla velocità di migliaia di nucleotidi al giorno. Con l'uso di queste tecniche il gene isolato può essere modificato o ridisegnato in laboratorio e trasferito successivamente nelle cellule in coltura, per determinare meglio la sua funzione nella cellula vivente. La rivoluzione tecnologica che ha permesso tali risultati viene indicata sotto il nome di DNA ricombinante o ingegneria genetica. Il passo decisivo. E' avvenuto con il riscontro di una classe di enzimi batterici denominati nucleasi di restrizione. La nucleasi di restrizione taglia il DNA solo in siti particolari, in certe sequenze nucleotidiche; i batteri contengono differenti nucleasi di restrizione, ognuna delle quali è in grado di tagliare una sequenza di DNA differente che può essere successivamente clonata in un numero virtualmente illimitato di copie esatte. La tecnologia del DNA ricombinante ha aperto la strada al Progetto Genoma Umano. La proposta di fondare un istituto per studiare la sequenza del genoma umano risale al 1984 e appartiene al biologomolecolare Robert Sinsheimer, che pensò di utilizzare i fondi di uno stanziamento di molti milioni di dollari, inizialmente destinati al progetto, fallito, di costruire un telescopio presso l'Università della California, e ci volle un anno prima che nella comunità scientifica emergesse l'idea di un coordinamento degli sforzi allo scopo di mappare e sequenziare il patrimonio genetico umano. Possiamo ascoltare la storia degli inizi del Progetto Genoma Umano da Renato Dulbecco, che giocò un ruolo determinante. "Il Progetto Genoma è ancora molto giovane. Prese infatti l'avvio nel 1986 da un mio breve articolo pubblicato sulla rivista Science, una delle riviste più diffuse nel mondo scientifico. Quell'articolo era una riflessione: i molti anni passati nello studio del cancro mi avevano infatti convinto che, per sconfiggerlo, bisogna conoscere i geni le cui alterazioni inducono le cellule a diventare maligne. A quell'epoca già si sapeva molto dei geni che danno avvio al cancro e dei geni che lo spingono verso la malignità; ma non si sapeva nulla del perché le cellule diventano maligne, salvo che ciò è dovuto a una progressiva disorganizzazione dei loro geni. Ma quali fossero questi geni non si sapeva, e non si sa tuttora. Era chiaro che la conoscenza dei geni responsabili della malignità avrebbe aperto la strada a nuovi metodi per diagnosticare lo stadio di un cancro e a nuove terapie efficienti e specifiche". Dulbecco, quindi, si interessava alla terapia del cancro e alle relazioni esistenti tra i geni e la cellula tumorale. Può essere utile riassumere alcune nozioni sulla patogenesi delle cellule tumorali e sui legami tra queste e il genoma. Qual è la base genetica della formazione dei tumori e quali sono i processi coinvolti in tale trasformazione? Certi eventi sono in grado di convertire cellule normali in cellule trasformate in senso neoplastico. Ci sono due classi di geni le cui mutazioni possono causare trasformazione neoplastica. La prima classe è composta dai proto-oncogeni, mentre la seconda dai geni soppressori tumorali. Inizialmente con il termine oncogeni vennero indicati alcuni geni, trasportati da virus, che possono causare trasformazione neoplastica nelle loro cellule bersaglio. I geni cellulari, invece, sono chiamati proto-oncogeni, ed in certi casi la loro mutazione o attivazione cellulare aberrante è associata con la formazione del tumore. Sono stati identificati circa un centinaio di oncogeni; essi sono un gruppo eterogeneo, poiché rappresentano diversi tipi di attività. Se i geni soppressori tumorali sono inattivati o persi avviene la formazione del tumore. In certi tumori ereditari, i soggetti sviluppano la malattia tumorale poiché hanno perso entrambi gli alleli dei soppressori tumorali. Cambiamenti in questi geni sono associati con la progressione di numerosi tipi di cancro. Sono circa dieci i geni soppressori tumorali conosciuti. Ovvio che l'annuncio della Celera Genomics ha suscitato grandi speranze in tutti coloro che si occupano di lotta contro il cancro. Si apre la seconda fase "La più grande impresa di avanzamento delle conoscenze raggiunta dall'uomo". Questo il primo commento di Andrea Ballabio, direttore dell'Istituto Telethon di genetica e medicina. "Le ricadute di questa prima fase del programma - ha aggiunto il genetista - sono incredibili e possono investire molti campi della scienza e soprattutto della biologia e della medicina. Ora partirà la seconda fase, quella della interpretazione della sequenza del genoma, che ha lo scopo di capire e decifrare dove sono i geni e quali funzioni hanno in relazione alle malattie". Questa prima tappa, ha spiegato Ballabio, ha identificato dunque l'esatta sequenza di 3 miliardi di basi chimiche, cioé la sequenza delle lettere che compongono il materiale genetico umano, il DNA (sono 4: adenina, guanina, citosina e timidina). Paragonando il genoma umano ad una enciclopedia ora sono state individuate tutte le lettere di tutti i volumi; poi saranno decifrati i geni, cioé i capitoli di questa enciclopedia con le loro funzioni in relazione alle malattie. Questa seconda fase della ricerca non potrà avere tempi brevi. "Primo risultato importantissimo quello raggiunto dall'azienda Celera, ma che avrà le sue ricadute sulla diagnosi e cura delle malattie fra alcuni anni". Frena gli entusiasmi il genetista dell'università di Tor Vergata Bruno Dallapiccola, secondo il quale quella raggiunta da Celera "è una tappa importante, ma solo una prima copia della sequenza del genoma". "Va precisato - ha aggiunto il genetista - che il risultato è per ora solo conoscitivo e non vi sono benefici immediati per i malati di malattie genetiche. Si va sicuramente verso un approccio nuovo della diagnosi della prevenzione e della cura delle malattie, ma questi cambiamenti non avverranno subito. Il problema infatti è sapere quali sono i geni e la loro esatta funzione; inoltre, visto che per alcune malattie sono numerosi i geni coinvolti, occorre conoscere le interazioni reciproche prima di capire il meccanismo di base che ci fa ammalare".
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