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Tumori e sterilità

Monica Melotti, N. 7 luglio 1999

La popolazione dei pazienti affetti di tumore ha modificato, in questi ultimi anni, la propria presa di coscienza. I malati affrontano la malattia, hanno imparato a conviverci, senza indulgere alle inevitabili tentazioni di fuga, negazione o rimozione. E grazie a una diagnosi precoce si ottiene, il più delle volte, una guarigione completa e definitiva, che deve soprattutto offrire una migliore qualità di vita. Spesso però i pazienti affetti da neoplasie devono anche combattere contro un altro aspetto: la sterilità e l'infertilità. Due gravi handicap che possono essere causati da interventi chirurgici e da terapie anti cancro, anche se la scienza ha superato confini inimmaginabili per preservare la funzionalità dell'organo. La malattia tumorale diminuisce comunque la fertilità con le sue angosce di sofferenza e di morte, con l'impatto dei ricoveri, dei controlli e delle cure, tutte circostanze che hanno un'influenza negativa sulla vita sentimentale, sessuale e riproduttiva del paziente. Tuttavia la disponibilità dei metodi di conservazione degli spermatozoi, di ovuli e di embrioni, ha reso possibile mantenere un futuro riproduttivo in pazienti in età fertile che desiderino gravidanze. Sul legame tra tumore e sterilità abbiamo voluto fare il punto della situazione consultando un pool di specialisti. Ecco le loro risposte.
Quali sono le neoplasie che possono provocare sterilità?
"Occorre prima di tutto fare una differenza tra sterilità e castrazione" spiega il professor Roberto Zucali, radioterapista e oncologo, con una lunga esperienza all'Istituto Nazionale di Milano "Nel primo caso si associano l'incapacità a procreare e l'impotenza, mentre nella sterilità si ha la potenza sessuale ma non si è in grado di riprodursi. I tumori che provocano sterilità sono quelli che riguardano le pelvi sia maschili che femminili, che causano un danno irreversibile alle gonadi (testicoli e ovaie). In età pediatrica le neoplasie che compromettono la riproduzione sono: sarcomi embrionali, disgerminoma ovarico, tumori alle ossa e alle cartilagini, linfoma. Nell'adulto, invece, sono il carcinoma del retto (piuttosto frequenti), del canale anale, della vescica, linfomi di Hodgkin (linfogranuloma maligno) e non Hodgkin (che rappresenta il secondo gruppo di classificazione dei linfomi), osteosarcomi. Si aggiungono, poi, nelle donne i tumori all'utero (collo e corpo), vagina, vulva, ovaie, mentre nell'uomo quelli ala testicolo (seminomi), al pene e alla prostata".
Come può una donna realizzare il suo desiderio di gravidanza, anche in presenza di neoplasia?
"La maggior parte delle neoplasie maligne insorge dopo la quarta decade di vita, quando molte coppie hanno già realizzato il loro desiderio di avere un figlio" spiega il dottor Augusto Semprini, ginecologo ed immunologo riproduttivo all'Ospedale San Paolo di Milano "Purtroppo alcuni tumori colpiscono in età giovanile e possono interferire con le possibilità di concepimento. L'interferenza tra tumori e fertilità può essere diretta, come nel caso di tumori che colpiscono le gonadi richiedendone la rimozione, oppure indiretta quando trattamenti radianti o chemioterapici riducono la fertilità in modo transitorio, oppure distruggono il patrimonio ovarico o del testicolo. Per assicurarsi un futuro riproduttivo occorre depositare gli spermatozoi od ovociti, e lo dovrebbero fare tutti quei pazienti che devono sottoporsi alla rimozione chirurgica delle gonadi, oppure che necessitano di terapia radiante dei quadranti addominali inferiori, o che assumono farmaci gonado-tossici e che quindi siano esposti al rischio di rimanere sterili. La conservazione degli spermatozoi in azoto liquido comporta una procedura abbastanza semplice data la resistenza delle cellule germinali maschili al congelamento ed è quindi sufficiente un test pre-deposito per valutare la qualità dell'eiaculato e la percentuale di spermatozoi recuperabili dopo scongelamento. Gli spermatozoi possono essere conservati per numerosi anni in appositi contenitori ad azoto liquidi senza apprezzabile perdita di capacità fecondante. Quando i pazienti desiderano avere un figlio si scongelano e si trasferiscono mediante un sottile catetere nella cavità uterina della compagna in fase ovulatoria. Più complesso è invece il procedimento nelle pazienti femmine, perché il congelamento ovacitario è una metodica più recente e con risultati neo garantiti. La fertilizzazione deve avvenire in provetta e gli embrioni vengono poi trasferiti in utero adeguatamente preparato con somministrazione di ormoni. Quando le pazienti hanno già un compagno da cui desiderano avere un figlio è meglio considerare la crioconservazione di embrioni in quanto garantisce meglio il futuro riproduttivo rispetto alla conservazione degli ovociti. La procedura consiste nella stimolazione dell'ovaio della paziente per ottenere una maturazione di più follicoli, la loro raccolta avviene mediante puntura dell'ovaio sotto guida ultrasonica, nella fertilizzazione in vitro con il seme del partner ed infine il loro congelamento. Nel momento in cui la paziente desidera una gravidanza è possibile procedere allo scongelamento degli embrioni ed al loro trasferimento in utero mediante un sottile catetere. Tutte queste metodiche di assistenza riproduttiva sono ormai una realtà su cui i pazienti, affetti da quei tumori che compromettono la fertilità, possono contare nell'ambito dei metodi per rendere meno gravi i disagi che la malattia neoplastica porta con sé".
Come può, invece, l'uomo colpito da tumore agli organi riproduttivi superare l'infertilità?
"A monte dobbiamo fare una distinzione tra impotenza e sterilità" dice il dottor Roberto Bonacina, urologo e responsabile del servizio di andrologia all'Ospedale Santa Corona di Garbagnate Milanese "Gli interventi che possono portare a impotenza sono il carcinoma della prostata, perché con la prostatectomia radicale avviene l'asportazione completa della prostata e il tumore della vescica. Anche se le moderne tecniche (nerve sparing) cercano di risparmiare i nervi erettori, il rischio si corre nel 50% dei casi. Gli stessi tumori possono anche portare alla sterilità perché viene asportato tutto l'organo malato e si legano i deferenti dove passa il liquido seminale. La sterilità viene anche causata dai tumori del colon, adenoma prostatico (si interrompe il collo vescicale), tumore del testicolo dove vengono asportati i linfonodi che drenano i testicoli. Quando si operano questi tumori può accadere che si verifichi una lesione delle catene nervose vicino ai linfonodi, con il risultato di provocare una mancata eiaculazione oppure di farla scaturire in modo retrogrado (cioè il seme va verso la vescica). Per cercare di ovviare a questo problema di infertilità si interviene, allora, con delle elettrostimolazioni, oppure con un'alcalizzazione delle urine, in pratica si recuperano gli spermatozoi separandoli dalle urine. Ma nel paziente giovane che deve affrontare un intervento di questo tipo si preferisce procedere con la raccolta del liquido seminale, prima dell'operazione. Un'altra metodica è la Mesa (Micral Epididial Surgery aspiration) dove si recuperano gli spermatozoi dall'epididimo (zona dei testicoli un cui maturano e vengono conservati gli spermatozoi) per poi impiantarli nell'utero. Con questa tecnica di prelievo si è ottenuta un elevata percentuale di gravidanza, più del 40% per ogni ciclo di cura. Questi risultati dimostrano che sono state superate nuove frontiere nella cura dell'infertilità maschile. Il problema dell'impotenza, invece, può essere risolto con delle iniezioni di prostaglandine, Viagra, e nel caso estremo si ricorre a una protesi".
La chemio e la radioterapia possono talvolta causare infertilità e sterilità, come è possibile limitare i danni?
"Abbiamo visto che anche solo l'asportazione di determinati tumori può provocare sterilità e infertilità, anche se la tendenza della chirurgia e della terapia radiologiche è quella di preservare la funzionalità dell'organo" precisa Roberto Zucali "Le tecniche più recenti, come l'associazione di radio e chemioterapia in contemporanea e ad infusione continua (per cinque settimane ininterrottamente), hanno permesso di debellare il tumore e ottenere dei risultati molto soddisfacenti, Va detto comunque che la radioterapia origina un danno alle gonadi, ma ciò dipende soprattutto dalle dosi e dal tempo di esposizione, una volta che si interrompe si ha un recupero spontaneo della capacità dell'ovaio e del testicolo. Occorre quindi valutare in équipe quale sia l'approccio migliore per curare la malattia.. Utilizzando tutte le armi a nostra disposizione: come la chirurgia (sempre più conservativa), la radioterapia e i farmaci oncologici. Insomma l'approccio deve essere multiplo. Se si decide per il trattamento radioterapico è necessario schermare le ovaie o i testicoli. In questo caso si interviene facendo una schermatura personalizzata: viene ritagliato un blocco di ceroben (una lega di piombo e stagno) sulla forma dell'organo del paziente e prima del trattamento si copre la parte. Quando si tratta di tumore pelvico, come quelli all'ovaia o allo scroto, la procedura da seguire è diversa: si può spostare lo scroto bloccandolo semplicemente con un cerottone, mentre per le ovaie si deve intervenire chirurgicamente. Essendo estremamente elastiche si spostano sulla linea mediana o lateralmente (vengono portate all'esterno) e dopo il trattamento radioterapico si riportano in sede. Possiamo quindi affermare che nella maggior parte dei casi si riesce a mantenere la fertilità, la potenza e il desiderio sessuale del paziente, ponendo attenzione all'incidenza dei campi e man mano riducendo l'intensità della radiazione, sempre però tenendo conto del rapporto costo- beneficio. L'obiettivo primario è quello di assicurare la completa guarigione del tumore".
Su questo delicato argomento entrano in gioco anche i farmaci antitumorali, notoriamente "pesanti". La scienza è riuscita ad abbassarne la tossicità?
"Negli ultimi decenni si sono fatti dei notevoli progressi per ridurre la tossicità connessa ai farmaci antitumorali" dice il dottor Armando Santoro, direttore del dipartimento di oncologia ed ematologia dell'istituto Humanitas di Rozzano "che possono quindi essere assunti in dosi superiori rispetto al passato. Inoltre vi sono anche farmaci naturali, a base di principi attivi di origine vegetale, come i tassani che vengono estratti dal tasso del Pacifico, un albero di cui sono note le proprietà anticancro. E' chiaro che più ci si sottopone a terapie prolungate più si corre il rischio di compromettere la propria capacità riproduttiva, ma l'obiettivo è quello di trovare terapie che distruggano specificatamente ed esclusivamente le cellule malate risparmiando quelle sane. Per quando riguarda la sterilità e l'infertilità, tra i due sessi è l'uomo che rischia maggiormente quando si sottopone a delle terapie anticancro, ma una raccolta preventiva di liquido seminale può ovviare a questo problema".

Il parere della sessuologa
Lasciarsi alle spalle la malattia. E ricominciare a vivere. Lottare contro il tumore, le fasi invalidanti e cercare con tutti i mezzi di guarire. Questo è quello che dovrebbe fare una persona che ha avuto un tumore, compito ancora più difficile soprattutto se la malattia ha colpito gli organi genitali, ha minato in un certo modo l'identità sessuale, vuoi per il tipo di intervento, vuoi per le terapie alle quali ci si è sottoposti, provocando così un'infertilità, se non addirittura un'impotenza. Ma come potere superare questo danno, come riconquistare la propria sessualità? "Il primo passo da fare è ricostruire l'identità sessuale che resta" spiega Roberta Giommi, psicologa e psicoterapeuta, direttore dell'Istituto Internazionale di Sessuologia di Firenze "La sessualità sia maschile che femminile è articolata, non si può certo confinarla alle zone della riproduzione. La sessualità è la testa, la superficie della pelle, i nostri sensi, le emozioni, le parti del corpo che la malattia non ha intaccato. Il percorso terapeutico di una coppia, dove uno dei due ha subito un danno di questo tipo, comincia con l'uscire dalla zona depressiva, riflettere sul rischio che si è corso e sul futuro che gli spetta. Occorre quindi allargare il concetto di sessualità e riscoprire nuove risorse, che si nascondo nella nostra mente, nelle nostre mani. Molti utili infatti per stimolare il corpo possono essere i massaggi, un leggero sfioramento aiuta a rilassarsi, ad ascoltare e assecondare le esigenze del corpo. Un altro esercizio efficace è quello di disegnare il proprio corpo, colorando le zone del piacere, magari non solo le classiche zone erogene (apparato sessuale e seno)".
Il compito del terapeuta
"Il sessuologo deve aiutare la coppia a trovare un punto in comune, a costruire una nuova sessualità assieme, riequilibrando i sentimenti" spiega Giommi "Il concetto di sessualità si impara, è un processo di crescita, di acquisizione di competenze, anche se si è perso la vecchia sessualità. La prima tappa è quella dell'accettazione della perdita, della ferita, della limitazione. E questo aspetto riguarda principalmente chi ha subito il danno, però il partner può aiutarlo sensibilmente a superare questo impasse. Il compagno non deve essere troppo preso da questo malessere e tantomeno essere troppo ottimista, deve acquisire quella capacità di essere nello stato emotivo intermedio. Il lavoro più ampio avviene sulla coppia. Occorre conoscere la loro sessualità precedente, e vedere cosa è possibile salvare, appurare cosa è stato danneggiato e quello che si può mantenere. E poi superare il concetto di trasformazione corporea, soprattutto se si è subito un intervento al seno, con una cicatrice invalidante, oppure un'operazione ai genitali. Il messaggio da elaborare è questo: il corpo non è solo visivo, ma è fatto di sensi, di pensieri, di emozioni. Se si ha vergogna del proprio corpo si può anche fare l'amore al buio, ma piano piano occorrerà accettare il proprio fisico e soprattutto apprendere questo nuovo concetto di sessualità positiva. La coppia che ha subito una prova così tremenda ha voglia di uscire dal dolore, di recuperare la vita, di ritornare alla quotidianità, in modo da sentirsi viva. E' necessario quindi che affronti anche il discorso sessuale, che riveste un ruolo di primaria importanza. Non dimentichiamo che il sesso combatte il tema della morte, del lutto, della depressione, reca sempre con sé un elemento di energia".
Quante sedute sono necessarie? "La terapia sessuale è piuttosto breve, perché si pone sempre un obiettivo e lo psicoterapeuta discute con la coppia il modo di poterlo raggiungere. Di solito sono sufficienti 15-20 sedute, ma tutto dipende dalla capacità reattiva della persone. Se la coppia reagisce bene possono essere sufficienti anche dieci sedute".
"Accettare la sterilità permanente diventa molto più difficile, anche per chi ha già avuto figli" spiega la psicoterapeuta "Sapere che non esiste più la possibilità di averne viene vissuto come una coercizione, un obbligo. Ma ancora più grave e quando coinvolge la coppia che pensava di avere figli e invece non può averne. In questo caso le reazioni sono piuttosto pesanti. L'uomo vive la sua sterilità associandola erroneamente all'impotenza, è purtroppo un luogo comune non dividere questi due concetti, ma legarli assieme. Più invalidante diventa il discorso per la donna non fertile. L'infertilità femminile viene legata all'aspetto simbolico del terreno incoltivabile, che non produce frutti. E la donna si angoscia perché si sente come un ramo secco, la maternità ha un valore simbolico maggiore rispetto alla paternità. Occorre allora iniziare un percorso per ripristinare l'autostima, accettare che è cessata la parte dell'utero dell'ovaio, ma resta vivo l'essenza della donna, della femmina, con la sua seduzione, la sua bellezza. Occorre quindi lavorare sulle capacità residue (il sesso è legato alla testa) e trasformale in grandi risorse. Inoltre valutare con coscienza quanto effettivamente si vuole un figlio: per sé oppure perché lo stereotipo collettivo lo impone? Lo si fa per i nonni, i parenti, la gente? E' importante avere il coraggio di ammettere che non si desiderano dei figli, magari perché si è scelto altri percorsi di vita. Nel caso estremo se si vuole proprio realizzare il desiderio di maternità e paternità, rimane sempre l'adozione".


La societa italiana di psiconcologia
Sindromi psicopatologiche
I disturbi psicopatologici non rappresentano una rara evenienza nei pazienti con cancro. Spesso proprio la tendenza a considerare la sofferenza psicologica del paziente "comprensibile e normale date le circostanze" comporta una sottovalutazione dei sintomi ed un loro mancato trattamento. Per la valutazione di questi disturbi vengono solitamente seguiti i criteri diagnostici più usati in ambito psichiatrico, specificatamente i criteri stabiliti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (International Classification of Diseases) o quelli messi a punto dall'American Psychiatric Association (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders).
I disturbi più frequentemente riscontrabili in oncologia comprendono i disturbi dell'adattamento, quelli depressivi, i disturbi d'ansia, i disturbi della sessualità, i disturbi psichiatrici su base organica e, più raramente, i disturbi psicotici.
Disturbi della sessualità
I disturbi della sessualità (ad es. mancanza del desiderio, mancanza dell'orgasmo, disturbi dell'erezione e dell'eiaculazione) rappresentano una terza importante categoria di problemi secondari al cancro, date le implicazioni che sia la malattia sia le terapie hanno sulla vita intima della persona (interventi chirurgici deturpanti, effetti dei farmaci chemioterapici o della radioterapia.
La loro prevalenza è maggiore di quanto non sembri: infatti, quando incoraggiati ad esporre questi problemi, i pazienti rivelano spesso difficoltà e disagio, fino a quadri strutturati di disturbo sessuale. Altrettanto frequentemente, tuttavia, tali problemi e disturbi restano misconosciuti per la scarsa tendenza da parte dei medici ad esplorare questa naturale area dell'esistenza e per la reticenza dei pazienti ad aprirsi spontaneamente. Se non trattati i disturbi della sessualità tendono a cronicizzare, interferendo in misura notevole sulla qualità della vita del paziente e della coppia. Per tali ragioni interventi preventivi precoci sono assolutamente importanti e, sinteticamente, fanno riferimento:
- alla prevenzione delle possibili conseguenze della malattia sulla vita sessuale attraverso la scelta di terapie oncologiche meno invalidanti possibile o la riduzione dei rischi (ricostruzione del seno, conservazione dello sperma, lubrificanti vulvari, protesi peniene ecc.);
- agli interventi informativi ed educazionali sull'eventualità di disturbi sessuali, sulla loro reversibilità e sull'utilità di una discussione aperta col partner;
-al counselling sessuale (possibilità di affrontare dettagli intimi, anche "tecnici", con la figura sanitaria di riferimento).
In caso di situazioni in cui il problema debba essere affrontato in maniera più specialistica, interventi di psicoterapia breve e terapia sessuologica sono i punti centrali del trattamento.

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