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Tumori: curarsi insieme è meglio
Minnie Luongo, N. 5 maggio 2008
A volte basta sapere dove andare e non sentirsi perduti dentro l’ospedale. A volte è sufficiente un numero di telefono
al quale si è sicuri ci sia sempre qualcuno pronto a rispondere. A volte basta un luogo più umano e “colorato”
dove poter trascorrere il tempo durante le terapie. Sono soprattutto queste le richieste avanzate dai pazienti che ogni anno frequentano
il reparto di Oncologia Medica dell’Ospedale San Carlo di Milano, emerse da un’indagine condotta nell’ambito del
progetto “Si Cura Insieme”. Un’iniziativa che ha visto i pazienti attivamente coinvolti nella gestione e nel controllo
della malattia, fortemente voluta dai medici per aiutare i malati e i familiari ad affrontare un difficile periodo della propria
vita, per spiegare in modo chiaro il modo di lavorare e i servizi dell’ospedale e anche per capire quali possano essere i
bisogni e le richieste dei pazienti. Per i soggetti malati, infine, è stata un’ottima occasione di confronto e una
spinta al dialogo. “Si Cura Insieme” (realizzato grazie ad un contributo educazionale di Amgen Dompé) è
il primo vero progetto pilota di umanizzazione in oncologia in Italia, che coinvolgerà ben 30 ospedali dell’intera
penisola, da Nord a Sud.
Un progetto firmato San Carlo
"E’ bene sottolineare due cose" premette la Dottoressa Donata Tabiadon, direttore dell’U.O. di Oncologia Medica
del San Carlo di Milano, "la prima: questo progetto non nasce ora dal nulla, ma prende il via dal gran lavoro iniziato già
da molti anni presso il nostro Ospedale, per la precisione dal Professor Gino Luporini nel 1994, e che è proseguito costantemente.
La seconda considerazione riguarda invece il fatto che tutto ciò che è stato realizzato di recente riguarda una cura
costante da noi prestata al paziente oncologico che abbiamo sempre sentito necessario offrire in aggiunta alla cura del tumore.
Insomma, alla base c’è sempre stata la convinzione che fosse doveroso colmare in maniera alternativa un tempo che,
altrimenti, per il malato oncologico è solo un tempo di dolore".
Si tratta del debutto di un progetto nazionale che coinvolgerà almeno altre tre strutture in Lombardia, e punta ad arrivare
a 30 ospedali in tutta Italia già nei prossimi due anni. Saranno disponibili volumi personalizzati per ogni Centro, in cui
oltre ai consigli pratici, ai numeri di telefono e ai nomi dei medici del reparto di oncologia, si può trovare una mini-guida
della struttura. Ma non solo: anche i recapiti delle associazioni di volontariato del settore, i consigli di tipo “amministrativo”
su assenze dal lavoro e permessi per malattia, il racconto delle esperienze di altri malati e uno spazio per un diario personale.
Un impegno non indifferente, anche dal punto di vista economico (considerato, ad esempio, che solo per il volume l'azienda ha stanziato
300.000 euro, mentre per l'umanizzazione di ciascun Centro si stima un impegno di 200-250.000 euro).
Il significato dell’iniziativa
Partendo dal presupposto che sia sempre necessario puntare a rendere migliore la vita delle persone malate di tumore non solo con
le cure ma anche con l’assistenza e i servizi, all’Ospedale milanese San Carlo, per un anno, ai pazienti e ai familiari
del reparto di oncologia medica è stato distribuito un volume intitolato “Si Cura Insieme”, ricco di informazioni,
interviste, testimonianze, racconti, rubriche al servizio del paziente. Allegato all’opuscolo, un breve ma dettagliato questionario
da compilare dove poter esprimere giudizi, avanzare richieste, evidenziare mancanze o aspetti positivi.
"I numeri dell’indagine" commenta la Dottoressa Tabiadon "documentano un risultato estremamente favorevole:
più del 90 percento dei pazienti e dei familiari che hanno risposto al questionario (circa 200, un numero consistente per
il tema trattato) hanno apprezzato l’iniziativa e il volume, con particolare gradimento per i consigli pratici (37 percento)
e per la guida alla struttura (16 percento). Questi dati confermano un notevole bisogno di accoglienza e di attenzione. Anche i
numerosi commenti sono per noi utili e significativi per molti motivi: rappresentano uno stimolo ad affrontare in maniera più
aperta i problemi di pazienti e familiari; ci permettono di comunicare con maggiore facilità e offrire ascolto; presentano
in modo chiaro il nostro modo di lavorare. È soltanto su queste basi che si può costruire una concreta alleanza terapeutica,
consapevole e condivisa, all’interno della quale il complesso iter della malattia (indagini diagnostiche, trattamenti, guarigioni,
ricadute ecc.), seppure con le innegabili difficoltà, possa essere affrontato da tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti
con lo spirito di un percorso comune".
Tra le numerose richieste di pazienti e familiari, spicca quella di essere “liberati dalla burocrazia” per potersi dedicare
maggiormente a se stessi e alla cura. Particolarmente toccanti le esigenze manifestate da alcuni pazienti giovani, i quali desiderano
approfondire il tema del lavoro. Ciò per non perderlo in primo luogo, e quindi, dopo la cura, per esservi reinseriti. In
generale, i pazienti anziani sono meno critici e più lusinghieri, forse perché più rassegnati o comunque appagati
della vita vissuta, mentre i giovani sono alla ricerca spasmodica della “via d’uscita”. Molti di loro, per esempio,
non hanno apprezzato il “diario personale”, forse perché angosciati all’idea di mettere per iscritto il
dramma che stanno vivendo.
"Abbiamo iniziato a lavorare al progetto di questo opuscolo" conclude Tabiadon "con il preciso scopo di integrare
la comunicazione diretta con i pazienti con uno strumento che, oltre ad informarli, permetta loro di superare difficoltà
e remore ad aprirsi con chi si occupa della loro salute, consenta di chiedere informazioni, chiarimenti ed aiuto con maggiore consapevolezza
e serenità".
Il Progetto di Umanizzazione dell’Ospedale
“Si cura insieme” si inserisce in un impegno più ampio, ossia nel Progetto di Umanizzazione dell’Ospedale
(“P.U.O.”) portato avanti ormai da diversi anni dal Servizio psico-socio-educativo dell’ospedale San Carlo, guidato
dal Dottor Sergio Marsicano, psicologo, che spiega: "Umanizzare significa adattare i processi di cura ai mutamenti dei personaggi
e degli scenari in gioco. Chi scopre di avere una malattia grave come il cancro reagisce in maniere molto diverse. C’è
chi si chiude in se stesso e rifiuta il dialogo con chiunque; chi diventa aggressivo; chi sente il bisogno di parlare del suo dramma
e di condividerlo. Ogni atteggiamento è legittimo e del tutto normale ma richiede da parte nostra una capacità d’adattamento
che è difficile percepire da fuori o in altri reparti meno “pesanti” dal punto di vista umano. E poi c’è
l’aspetto organizzativo, spesso una barriera quasi insormontabile. L’orario dei pasti spostato avanti di un’ora
per mantenere le abitudini il più possibile simili a quelle familiari, per esempio. Un’ottima idea, certo, ma non così
semplice da mettere in atto. Le cucine preparano il cibo alla stessa ora di sempre: distribuirlo un’ora più tardi significherebbe
farlo raffreddare. Ecco allora la necessità di acquistare un carrello termico. Sparecchiare e preparare i pazienti per la
notte senza gravare sulle esigenze di medici e infermieri, che hanno orari di lavoro e diritti da rispettare, è un altro
aspetto importante".
"La vita media si allunga" continua sempre il Dottor Marsicano, "la prevenzione e le cure ambulatoriali aumentano,
il sapere che forma le figure psico-socio-sanitario-educative cresce, migliorano le procedure e le tecniche di diagnosi e cura.
Possiamo concludere che la famiglia allargata è sostituita da quella nucleare; la donna divide col maschio le fatiche del
lavoro extra-domestico; malattia e cure prolungate rompono i ritmi sociali; i singles aumentano.
In Oncologia si hanno due ulteriori aspetti: il 50 percento dei pazienti ammalati di tumore guarisce o riesce a fermare il progresso
della malattia. Entrambi, comunque, ricorrono poi a controlli periodici, cronicizzando il rapporto con l’ospedale per il resto
della vita. Per questo motivo è fondamentale organizzare nel migliore dei modi possibili tale rapporto, cercando di tradurlo
in forma positiva. Il nostro Progetto di Umanizzazione in Oncologia (P.U.O.) nasce proprio da questa esigenza".
In concreto, il P.U.O. prevede, per quanto possibile, meno cure in degenza e più cure ambulatoriali in day-hospital e domiciliari.
Riducendo al minimo i ricoveri, infatti, il paziente si sente meno malato, non perde i contatti con la famiglia, la casa, il lavoro,
e in generale con la propria vita. Un altro compito fondamentale del P.U.O. è prendersi cura dello sconvolgimento psico-sociale
che colpisce la persona quando si scopre malata di cancro, accompagnandola nel viaggio verso la guarigione senza che perda i contatti
con la sua quotidianità.
Ancora il parere dello psicologo: "P.U.O. significa anche abitudine abitativa (materia, colori, forme). Per questo motivo in
ospedale si cerca di ricreare il più possibile un ambiente domestico sia dal punto di vista ambientale sia sociale. Nelle
stanze e nelle sale comuni si trovano scaffali in legno pieni di libri, poltrone accoglienti al posto delle sedie, stampe alle pareti
e colori più caldi ma anche organizzazioni diverse dei tempi. La giornata viene normalizzata con uno spirito “domestico”.
L’orario dei pasti, per esempio, viene spostato in avanti, alla sera e nei fine settimana si prevedono momenti di intrattenimento
che vanno dal guardare insieme un film all’organizzare un aperitivo insieme ai familiari. Il P.U.O. dispone, infine, di un’équipe
psicologica (terapie, colloqui, consulenze), sociale (assistenza e sostegno), educativa (malattia come parte della vita), così
da alleviare i sanitari e i familiari da preoccupazioni collaterali alla cura medica, migliorare la qualità di vita dei pazienti,
ottimizzare l’uso delle risorse".
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