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Staminali, cellule prodigiose

Lara Bettinzoli, N. 5 maggio 2008

Da quando Camillo Golgi, istologo, scienziato e premio Nobel per la Medicina nel 1906, iniziò a Pavia le sue ricerche sulla struttura della cellula del sistema nervoso, molte altre ricerche hanno fatto passi da gigante nella “rivoluzione biologico-scientifica”, portando a risultati fino a pochi anni fa considerati utopistici.
In particolare si è scoperto ed approfondito il ruolo rivestito dalle cellule staminali, quelle considerate progenitrici di tutte le cellule. Infatti, le staminali sono cellule indifferenziate con la duplice caratteristica di potersi dividere senza limite e di dare origine a cellule altamente differenziate, trasformandosi in qualunque altro tipo di cellula del corpo.
L’utilizzo delle staminali potrebbe in futuro risultare utile per la rigenerazione e la riparazione di organi, tessuti e cellule. Se così fosse, potrebbero essere impiegate nel trattamento terapeutico di disfunzioni, lesioni e malattie causate dalla distruzione o dall’alterato funzionamento cellulare; grazie alla possibilità di intervenire direttamente nella sede della lesione, potrebbero permettere di ripristinare le funzionalità dell’organo colpito in modo da migliorare la qualità di vita del paziente.
La ricerca sulle cellule staminali degli organismi adulti sta fornendo risultati preliminari nel trattamento di malattie ematologiche, di ustioni e degenerazioni della cornea e della retina. Studi sperimentali sono in corso per valutare l’impiego delle cellule staminali per la correzione del diabete mellito, del morbo di Parkinson, dell’infarto miocardico, dei difetti muscolari e ossei e nel campo dei trapianti d’organo.
Sembra dunque che in un prossimo futuro, grazie alla capacità di queste cellule di trasformarsi e diventare parte integrante di tessuti specializzati nei diversi organi, ci sarà la possibilità di curare patologie ad oggi incurabili.
Presso l’Università di Pavia e la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo lavorano e conducono ricerche sulle cellule staminali alcuni fra i più importanti esperti mondiali in materia. Uno di loro è il Prof. Carlo Alberto Redi, che ha fatto parte della Commissione Nazionale di Studio sull’utilizzazione delle cellule staminali, presieduta dal Prof. Renato Dulbecco. Con Redi, c’è anche il Prof. Franco Locatelli, il cui istituto di oncoematologia pediatrica è all’avanguardia nell’utilizzo delle cellule staminali per la cura delle malattie emopoietiche nei bambini. In campo cardiochirurgico ed ortopedico i Professori Mario Viganò e Franco Benazzo stanno coordinando ricerche cliniche e sperimentali nelle rispettive discipline. Presso l’Istituto di Chirurgia Epatopancreatica, il Prof. Paolo Dionigi e la sua equipe stanno sperimentando le potenzialità delle cellule staminali sia nel campo del trapianto di rene che in quello della chirurgia epatica. Con loro abbiamo fatto il punto della situazione sullo stato della ricerca e la sperimentazione delle cellule staminali. Hanno collaborato, oltre al Prof. Paolo Dionigi, alcuni ricercatori della sua equipe di lavoro, il Prof. Alessiani, il Dr. Zonta e il Dr. Cobianchi.

Che cosa sono le cellule staminali?
"La parola “staminale” in latino significa filo, stame della vita, e richiama il ruolo svolto da questo tipo di cellule, ossia quello di progenitore in grado di dare vita a cellule mature preposte allo svolgimento di una funzione specifica all’interno dei diversi tessuti e organi del corpo umano. Esistono due categorie di cellule staminali, le “embrionali” e le “adulte”. Le staminali embrionali sono cellule che provengono dall’embrione prima dell’impianto sulla superficie uterina e sono pluripotenti. Si tratta quindi di cellule che possono specializzarsi in tutti i tipi di cellule di un individuo adulto ma non in cellule che compongono i tessuti extra-embrionali. Le staminali adulte sono cellule non differenziate che si trovano in tessuti od organi specifici assieme alle cellule differenziate. Possono essere multipotenti, cioè in grado di specializzarsi in alcuni tipi di cellule, oppure unipotenti, cioè dar luogo ad un unico tipo di cellula. Infine esistono le cellule staminali totipotenti, che sono in grado di generare tutte le cellule dell’organismo animale, comprese quelle che non fanno parte dell’embrione. Solo lo zigote (uovo fecondato allo stadio di 4-8 cellule dopo 4-5 giorni dalla fecondazione) ha la capacità di essere totipotente.
Le cellule staminali già utilizzate a livello clinico sono quelle adulte, dette anche somatiche perché non provengono necessariamente da adulti ma anche da bambini o cordoni ombelicali".

Da dove nascono le cellule embrionali staminali?
"Le cellule staminali embrionali derivano da embrioni fecondati dal almeno 5 giorni e quindi in forma di blastocisti. Vennero isolati e mantenuti in vita con successo per la prima volta da James Thomson, un biologo della UW-Madison, nel novembre del 1998. La ricerca nel campo delle cellule staminali embrionali ha sollevato una importante discussione di tipo etico. Per ottenere tali tipi di cellule è infatti necessaria la distruzione della blastocisti, che per molti equivale alla soppressione di un potenziale essere umano. In alcuni casi, nel tentativo di superare il problema etico le cellule staminali embrionali sono state ricavate da embrioni donati oppure derivanti dal surplus nella fertilizzazione in vitro per le coppie con problemi di fertilità. Attualmente si stanno studiando, sembra con successo, nuovi metodi che non prevedono più la morte dell’embrione e quindi più eticamente più sostenibili. Shinya Yamanaka, dell’Università di Kyoto in Giappone, sostiene che entro i prossimi dodici mesi sarà possibile ottenere cellule staminali embrionali senza produrre e sacrificare embrioni. Nel suo lavoro, pubblicato in giugno sulla rivista “Nature”, lo scienziato nipponico, è riuscito a manipolare delle cellule adulte, prelevate dalla pelle di un topo, facendole regredire fino allo stadio embrionale. Se si ottenesse un risultato simile nelle cellule umane, si potrebbero aggirare gli ostacoli etici che rallentano la ricerca nelle terapie cellulari e nei trapianti di organi generati con staminali".

E le cellule staminali adulte invece da dove provengono?
"La cellula staminale adulta si trova in tessuti ed organi assieme a cellule differenziate. La loro origine, a differenza delle staminali embrionali, non è ancora nota. Esse sono state tuttavia individuate in molti organi e tessuti, dove possono rimanere quiescenti per molti anni. A seguito di uno stimolo specifico (ad esempio una malattia o un danno tessutale) le staminali adulte vengono attivate e possono differenziarsi in cellule specializzate del tipo dell’organo in cui si trovano. Il loro compito è quindi quello di mantenere e riparare tessuti ed organi. Per diverso tempo si è pensato che le staminali adulte potessero differenziarsi in un unico tipo cellulare (unipotenti). Negli ultimi anni si è invece visto che le staminali adulte possono essere pluripotenti e, in esperimenti in vitro, possono addirittura essere riportate ad uno stadio pluripotente.
Le cellule staminali adulte sono generalmente difficili da identificare ed isolare. Il campo in cui si ha più esperienza è quello del prelievo di cellule staminali adulte ematiche che possono essere isolate dal midollo osseo, dal sangue e dal sangue del cordone ombelicale. Già negli anni '60 i ricercatori identificarono due specie diverse di cellule staminali nel midollo osseo: le cellule ematopoietiche staminali, che si differenziano nelle diverse cellule del sangue, e le cellule staminali mesenchimali, che possono dar luogo a una varietà di cellule di osso, cartilagine, muscolo, tessuti fibrosi connettivi.

Recentemente ricercatori della McGill University di Montreal hanno estratto cellule staminali dalla pelle che hanno la potenziale capacità di differenziarsi in molti tipi di tessuto e che potrebbero avere un ruolo importante nella riparazione di piccoli tagli". Cosa si intende per staminalità?
"Tutti noi deriviamo da cellule staminali embrionali totipotenti che, proliferando veloci e controllate, riescono a generare un organismo adulto perfettamente funzionante.
E’ però importante ricordare che, anche da adulti, conserviamo parecchi serbatoi di cellule staminali che possono produrre unità biologiche in grado di differenziarsi.
Queste vengono normalmente fornite nel caso in cui sia necessario sostituire cellule arrivate al termine del loro ciclo vitale, o nel caso in cui un trauma abbia lacerato uno qualunque degli organi del nostro corpo. Presumibilmente, ogni organo ha la sua riserva di cellule staminali.
Ed è proprio questo concetto di staminalità che rende uniche queste cellule".

Quali possibilità terapeutiche concrete offrono oggi? Qual è il loro impiego?
"A dicembre dello scorso anno si è tenuto a Pavia un convegno dal titolo “Cellule staminali in chirurgia: revisione critica delle applicazioni sperimentali e cliniche” dove sono state coinvolte tutte le branche specialistiche chirurgiche che hanno a che fare con le cellule staminali, come l’ortopedia, la neurochirurgia, la cardiochirurgia, la chirurgia generale e dei trapianti d’organo addominali, la chirurgia plastica, l’oculistica, l’otorinolaringoiatrica. Da questo convegno è emerso che la ricerca nel campo delle cellule staminali sta progredendo rapidamente ma che le applicazioni cliniche sono ancora limitate.
Uno dei principali campi di applicazione della terapia con staminali, ed anche uno dei più attesi, riguarda il morbo di Parkinson. L'equipe di Lorenz Studer del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York ha curato con successo topolini malati di Parkinson con un trapianto di neuroni creati per la prima volta con cellule staminali embrionali su misura ricavate da embrioni geneticamente identici al “paziente-topo” e ottenuti con la clonazione terapeutica. Si tratta di uno degli utilizzi delle cellule staminali vietati in Italia e messo al bando dal Vaticano.
L'esperimento è stato recentemente descritto sulla rivista Nature Medicine. Gli esperti hanno usato il metodo della clonazione con cui nacque la pecora Dolly (trasferimento nucleare da cellule somatiche) per produrre cellule staminali embrionali su misura dei topi malati di Parkinson. Trasformate in neuroni e trapiantate nel loro cervello, queste staminali migliorano il quadro della malattia, oggi incurabile, senza problemi di rigetto essendo perfettamente identiche ai neuroni dei topolini. Se da un lato questo esperimento dimostra le potenzialità curative delle cellule staminali, dall’altro evidenzia come problemi di tipo tecnico ed etico ne limitino attualmente l’applicazione in campo clinico".

Perché sono così importanti?
"Le cellule staminali sono di grandissimo interesse in quasi tutti i campi della scienza applicata alla medicina proprio per la loro potenziale abilità di sviluppare tessuti di nuova generazione per la cura di patologie anche gravi che coinvolgono ad esempio il sistema nervoso".

Cosa sono le cellule staminali tumorali?
"E’ stato dimostrato che, accanto alla gran massa di cellule tumorali in grado di proliferare in maniera molto limitata, esiste una piccola popolazione di cellule cancerogene capace di proliferare a lungo e di mantenere il tumore. Queste unità biologiche, definite cellule staminali tumorali, sembrano essere responsabili della crescita incontrollata del cancro. Rispondono solamente allo stimolo di una veloce proliferazione e hanno la capacità di riprodurre il tumore originale in qualunque distretto del corpo. In questo sono molto simili alle giovani cellule dello stato embrionale. Ed è proprio per questo motivo che sono state chiamate cellule staminali tumorali".

Che ruolo svolgono le cellule staminali in chirurgia? In particolare nei trapianti?
"Le cellule staminali hanno una funzione protettiva nei confronti degli organi che vengono trapiantati. Questi organi, infatti, sono soggetti a ischemia, perché non più perfusi dal sangue, quindi sono privi di ossigeno. Questo può arrecare consistenti danni all’organo da trapiantare. Ecco allora che in questi casi le cellule staminali possono intervenire sia a riparare il danno sia a prevenirlo.
Inoltre le staminali potrebbero essere utilizzate in caso di trapianto da donatore non perfettamente compatibile dal punto di vista immunitario; si sta studiando l’ipotesi che tali cellule possano favorire il processo di accettazione dell’organo trapiantato da parte dell’organismo ricevente, contribuendo quindi a ridurre il rischio di rigetto".
Le cellule staminali possono venire utilizzate per indurre la tolleranza del sistema immunitario in un paziente che riceve un trapianto di organo e ridurre il rischio di rigetto? "Fin da quando si è cominciato ad eseguire i primi trapianti l'ostacolo maggiore che si presentato è sempre stato il rischio di rigetto. Finora tale rischio è stato ridotto con l'uso di farmaci immunosoppressivi, da prendere per tutta la vita, che riducono le difese dell'organismo ospite impedendogli di aggredire le cellule del nuovo organo. In futuro però si prospetta una nuova soluzione che permetterà di eliminare del tutto i farmaci anti-rigetto. Il sistema immunitario può essere indotto a riconoscere l'organo trapiantato come proprio in modo da impedirgli di reagire contro di esso. Si pensa che le cellule staminali possano avere un effetto positivo sul sistema immunitario nel controllare la reazione di rigetto che si sviluppa dopo il trapianto.
I primi tentativi sono stati fatti in maniera empirica associando il trapianto di organi al trapianto di midollo che conteneva tante cellule tra cui anche quelle staminali. Ora la ricerca è focalizzata solo sulle cellule staminali".

Il fegato è un organo che si rigenera?
"Il fegato è costituito da cellule speciali, gli epatociti, che pur essendo cellule mature, sono capaci di proliferare e di ricostituire la parte eventualmente danneggiata di tessuto epatico. Negli ultimi anni si è capito che, come tanti altri tessuti, anche il fegato ha le sue cellule staminali, che intervengono soprattutto in caso di danni molto gravi, come la cirrosi epatica o l’epatite, per aiutare gli epatociti a ricostruire il fegato danneggiato. Queste cellule nell’uomo si chiamano “cellule progenitrici epatiche”. Il principale fornitore di cellule staminali adulte nel nostro organismo e in quello di tutti i mammiferi è il midollo osseo. Secondo le più recenti scoperte, il midollo può produrre staminali non solo per ricostruire le cellule del sangue, ma anche, migrando opportunamente verso le zone danneggiate, quelle del tessuto cardiaco, del tessuto epiteliale, del tessuto nervoso ed anche del fegato.
La Chirurgia Epatopancreatica di Pavia ha avviato un progetto pilota clinico che prevede l’utilizzo delle cellule staminali nel trattamento di tumori epatici estesi che non possono essere asportati con un intervento chirurgico resettivo radicale a causa, ad esempio, della localizzazione del tumore stesso, che potrebbe richiedere il prelevamento di una estesa porzione di organo, con la conseguenza di non garantire, da parte dell’organo residuo, una sufficiente e normale funzione epatica; in casi come questo si utilizzano le cellule staminali per far ampliare, sviluppare l’organo (il fegato), ed arrivare ad un volume superiore rispetto a quello riscontrato nel momento della diagnosi, così che, dopo la resezione della parte malata, la parte restante si presenti già sviluppata e in grado di svolgere le normali funzioni epatiche".

Le staminali non agiscono quindi contro il tumore?
"Le cellule staminali non agiscono contro il tumore, ma a favore dell’organo malato, in modo che ipertrofizzandosi, l’organo possa garantire un approccio chirurgico recettivo radicale.
Iniettiamo le cellule staminali selettivamente nella parte sana, in modo che possano riprodurre solo le cellule sane e non quelle tumorali.
Da questo si può capire come questo tipo di intervento sia delicato e lo studio di questa terapia chirurgica ancora iniziale e passibile di notevole approfondimento".

Avete già sperimento questa tecnica chirurgica su pazienti con tumore epatico?
"L’abbiamo applicata una volta, con buoni risultati. Il paziente aveva un grosso tumore al fegato che è stato resecato. Prima di utilizzare questa tecnica su altri pazienti attendiamo i risultati del follow up di questo primo soggetto trattato".

Progetti futuri?
"In particolare un progetto, denominato Chimera (Chirurgia Moderna e Ricerca Avanzata), ci sta molto a cuore. E’ in fase preliminare, e si svilupperà nei prossimi mesi presso il Laboratorio di Chirurgia Sperimentale dell’Istituto di Chirurgia Epatopancreatica. I nuovi locali sono già pronti, si stanno cercando gli ultimi finanziamenti, prima di trasferire il nostro laboratorio nella nuova sede che sarà più ampia e adatta. Il nuovo laboratorio sarà non solo un luogo di ricerca ma anche una struttura dedicata alla formazione specialistica per i chirurghi. Saranno organizzati corsi teorico-pratici a livello nazionale ed internazionale su argomenti di attualità o per approfondire argomenti già affrontati e conosciuti".

Cellule adulte ed embrionali
A seconda della provenienza, le cellule staminali, si classificano in adulte (somatiche) o embrionali.

Adulte: vengono prelevate da tessuti specifici di persone adulte o bambini dove sono disperse tra le normali cellule specializzate. Si trovano in diversi tessuti e organi del corpo umano dove assicurano il ricambio delle cellule sottoposte ad usura come ad esempio quelle che compongono la pelle o che rivestono l’interno dell’intestino. Si trovano anche nei cordoni ombelicali e di recente sono state scoperte anche nel liquido amniotico. Sono in genere multipotenti e vengono già utilizzate per la cura di molte patologie. Provvedono al mantenimento dei tessuti e alla loro eventuale riparazione, ma hanno capacità limitate. Quando vengono a mancare, i tessuti e gli organi degenerano e invecchiano.

Embrionali: sono delle cellule staminali ottenute per coltura da cellule prelevate da un embrione umano agli inizi del suo sviluppo (blastocisti); sono potenzialmente in grado di differenziarsi in moltissimi tipi di cellule; danno origine ad un organismo superiore complesso. Si tratta di cellule pluripotenti, con alta capacità proliferativa, e per questo motivo sono particolarmente ambite per uso terapeutico contro molte patologie umane. Possono essere isolate, estratte e coltivate in vitro, con il risultato che, a partire da poche decine di cellule, si possono ottenere linee di centinaia di milioni di staminali intatte.

Alcune tappe recenti della ricerca sulle cellule staminali

  • Nel 1998 James Thomson dell’Università del Wisconsin, riesce per la prima volta a isolare e a far crescere in laboratorio cellule staminali prelevate da embrioni e feti umani.
  • Nel 1999 Angelo Vescovi scopre che le cellule staminali adulte mantengono la capacità di differenziarsi in tipi cellulari diversi. Infatti, nel suo esperimento le cellule staminali del cervello, trapiantate in topi in cui era stato distrutto il midollo osseo, hanno iniziato a produrre cellule del sangue.
    Nello stesso anno anche Michele De Luca e la sua equipe del laboratorio di Ingegneria dei tessuti dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata di Roma, ottengono dai loro esperimenti con le cellule staminali importanti risultati.
  • Nel 2000 il gruppo di Angelo Vescovi dimostra che le cellule staminali del cervello possono diventare fibre muscolari.
  • Nel 2001 ai National Institutes of Health statunitensi, alcune cellule staminali vengono indotte a differenziarsi in cellule del pancreas che producono insulina.
    Inoltre alcuni bambini con una forma di immunodeficienza vengono curati con un trapianto di cellule staminali ottenute da cordoni ombelicali.
  • Sempre nel 2001, un uomo vittima di una crisi cardiaca riceve un trapianto di cellule staminali prelevate dal suo midollo osseo. L’intervento ha successo e il tessuto danneggiato si rigenera.

Dipartimento di Chirurgia Epato-pancreatica presso Policlinico San Matteo di Pavia
Direttore: Professor Paolo Dionigi
tel. 0382.5011/5021/5031 (centralino) 0382.502530-526214 (segreteria)
Allo scopo di trasferire nuovi e più efficaci metodi di cura ai pazienti, da più di 30 anni è attivo il Laboratorio di Chirurgia Sperimentale annesso all’Istituto.
Al momento attuale la ricerca scientifica clinica e sperimentale è rivolta principalmente:

  • Al trattamento dei tumori primitivi del fegato e delle metastasi epatiche (mediante chirurgia, radiofrequenza, o con sofisticate tecniche nucleari quali BNCT e Adroterapia).
  • All’impiego di cellule staminali nel trapianto di organi e nelle malattie chirurgiche.
  • Al controllo del rigetto acuto dell’organo trapiantato tramite nuovi farmaci e nuove tecniche.
  • Allo studio delle cellule neoplastiche circolanti e del processo di metastatizzazione nel fegato.
  • Alla sperimentazione di nuovi sistemi per l’immunoisolamento delle insule pancreatiche a scopo di trapianto.

Indirizzi utili

Pavia
IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia
Istituto di Chirurgia Epato-pancreatica
Direttore: professor Paolo Dionigi
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tel. 0382.5011/5021/5031 (centralino) 0382.502530-526214 (segreteria)

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Ospedale San Raffaele
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Torino
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Ospedale San Giovanni, Antica Sede, Divisione di Chirurgia Oncologica
tel. 011.5754866-5754860

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Università – Clinica Chirurgica
tel. 049.8212210-8212250-82122560

Bologna
Università Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Clinica Chirurgica
tel. 051.341541-341700

Ancona
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tel. 071.5961-5964271

Roma
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tel. 06.3720557
e-mail: A.I.S.F.IT@agora.stm.it

Università La Sapienza II, Patologia Speciale Chirurgica
tel. 06.4450741-4450742

Università Cattolica, Policlinico Gemelli
tel. 06.30151-30155187

Azienda Ospedaliera, San Camillo-Forlanini
Unità Operativa di Radiologia Vascolare Interventistica
tel. 06.58704474-5

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