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Una concreta speranza di cura per il mieloma multiplo

Minnie Luongo, N. 5 maggio 2008

Per rendere pubblica la notizia è stato scelto, non a caso, un giorno particolare: il 29 febbraio, in occasione della prima Giornata Europea delle Malattie Rare. Ci riferiamo all’importante risultato ottenuto nel campo del mieloma multiplo che, con un’incidenza di 5 casi ogni 100.000 abitanti negli uomini e di 4,2 nelle donne, rientra nel gruppo di patologie rare, nonostante costituisca il secondo tumore del sangue al mondo per frequenza, con un numero di casi in netto aumento in tutti i Paesi del mondo.
Questo l’annuncio ufficializzato lo scorso 29 febbraio: è finalmente disponibile anche in Italia il primo farmaco orale altamente innovativo per la cura del mieloma multiplo. Si tratta di un medicinale a base di lenalidomide, sviluppato da Celgene International, che, dopo il parere positivo del Comitato per i prodotti medicinali per uso umano dell’EMEA (CHMP), è stata ora approvata dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Lenalidomide aveva già ricevuto la designazione di “farmaco orfano”, nell’indicazione mieloma multiplo, nel dicembre 2003).
Una speranza concreta per la cura del mieloma multiplo, dopo che due studi di fase III, recentemente pubblicati dal prestigioso “New England Journal of Medicine”, hanno dimostrato che Revlimid® offre il più lungo periodo di remissione della malattia e di sopravvivenza. Inoltre, la formulazione orale significa migliore qualità della vita e ridotti costi sociali correlati.

Il ruolo di lenalidomide nel mieloma multiplo
La strategia terapeutica nel mieloma multiplo può variare in base all’esperienza clinica maturata. In Italia, come negli altri Paesi, è influenzata dalle scuole ematologiche di riferimento e da gruppi cooperativi particolarmente attivi nella ricerca clinica in ematologia. Linee Guida orientative vengono pubblicate e periodicamente aggiornate dalla Società Italiana di Ematologia (SIE), dalla Società Italiana di Ematologia Sperimentale (SIES), dal Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo (GITMO) e dal Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto (GIMEMA).
La maggioranza dei pazienti con mieloma multiplo riceve molteplici cure nel corso della malattia e trattamenti di supporto sono necessari per tentare di controllare il dolore derivante dalle localizzazioni ossee; eventualmente i sintomi neurologici, l’ipercalcemia, la sindrome da iperviscosità, le infezioni, l’anemia, l’insufficienza renale.
La maggior parte dei trattamenti disponibili è gravata da tossicità (mielosoppressione, neuropatia periferica). Inoltre, l’età spesso avanzata dei pazienti rappresenta un ulteriore fattore di rischio, dato che la tossicità dei trattamenti aumenta con l’età.

  • Pazienti con età inferiore ai 65 anni.
    Nei pazienti più giovani (<65), in grado di tollerarlo, il trattamento di scelta è una chemioterapia ad alte dosi, supportata da un trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche. La terapia di condizionamento è il melfalan ad alte dosi. La chemioterapia di induzione, che precede l’autotrapianto, consiste nello schema VAD (Vincristina, Adriamicina, Desametasone) o nel desametasone ad alte dosi o nell’associazione talidomide e desametasone. Questa strategia terapeutica migliora il tasso di risposta (remissione completa (CR) nel 25- 75 percento dei casi), la sopravvivenza senza progressione (18 – 24 mesi) e la sopravvivenza globale (mediana: 4-5 anni) rispetto alla chemioterapia a dosi standard.
    La chemioterapia ad alte dosi con autotrapianto è una procedura impegnativa, che necessita di ospedalizzazione per la raccolta delle cellule progenitrici dal sangue periferico o dal midollo e per la procedura di autotrapianto durante la fase di aplasia. Gli effetti collaterali sono invalidanti per il paziente: mucositi anche gravi, rischio di infezioni. La mortalità legata alla procedura è inferiore al 5 percento.
    Questo trattamento, molto aggressivo, che utilizza la chemioterapia a dosi tossiche, aumenta il tasso di risposte complete o quasi complete, che permette di ottenere remissioni di malattia più prolungate. I pazienti che ricadono dopo trapianto possono vedersi proporre un secondo trapianto o un trattamento farmacologico con desametasone, bortezomib o talidomide (quest’ultima utilizzata per uso nominale in quanto non ancora autorizzata per l’indicazione del mieloma multiplo).
  • Pazienti con età superiore ai 65 anni.
    Nei pazienti anziani, oppure che non possono beneficiare di un trapianto di cellule staminali, la chemioterapia convenzionale si basa sull’associazione melfalan/prednisone/talidomide, la più utilizzata in prima linea, che ottiene una risposta in circa il 76 percento dei pazienti. Il 10-20 percento di loro è resistente alla terapia iniziale con melfalan/prednisone/talidomide (è importante ricordare che talidomide è un farmaco non approvato in Italia; peraltro, i pazienti in trattamento vanno incontro a recidiva, generalmente nei tre anni dopo la diagnosi. La sola opzione rimane, comunque, la chemioterapia per ritardare la progressione della malattia e prolungare la sopravvivenza).
    Lenalidomide ha un impatto importante sulla malattia, in confronto con i trattamenti attualmente disponibili, in termini di ritardo della progressione e di percentuali di risposte oggettive al trattamento. Il rischio di morte è significativamente diminuito. Circa il 90 percento dei pazienti ottiene una risposta maggiore o una stabilizzazione di malattia. Il 60 percento dei pazienti, benché già precedentemente trattato, ottiene una risposta almeno parziale; è inoltre importante sottolineare che il 15 percento dei pazienti ottiene una risposta completa.
    Lenalidomide permette di ritardare la recidiva di malattia e di limitare la necessità di ricorrere a successivi, ulteriori trattamenti.

Il parere degli esperti
Oltremodo positivi i pareri espressi da alcuni fra i nomi più importanti dell’ematologia italiana. Cominciamo dal Professor Mario Boccadoro, Direttore della Divisione Universitaria di Ematologia 1 dell’Azienda Sanitaria Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino: "Il mieloma multiplo è un’emopatia maligna rara e inguaribile che colpisce soprattutto le persone adulte anziane. Proprio l’innalzamento dell’età media della popolazione ha portato in tutto il mondo ad un aumento della sua incidenza, sensibilizzando i ricercatori ed i medici nei confronti di questa patologia neoplastica. In Italia le persone affette da mieloma multiplo sono 8.500 e, ogni anno, registriamo 3.500 nuovi casi, soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 70 anni, con una leggera prevalenza degli uomini sulle donne. Si tratta di una patologia del midollo osseo, la cui causa è ancora sconosciuta, generata dalla crescita incontrollata di un particolare tipo di cellule ematiche chiamate “plasmacellule”. Queste ultime producono in gran quantità una proteina, chiamata componente monoclonale o “Componente M”, che non è altro che un tipo particolare di anticorpo che contribuisce alla comparsa dei sintomi tipici della malattia".
Aggiunge il Professor Robin Foà, Direttore della Divisione di Ematologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e President-Elect della European Hematology Association (EHA): "E’ stato dimostrato che la lenalidomide blocca l’adesione delle cellule del mieloma multiplo a quelle dello stroma midollare, stimolando contemporaneamente anche le cellule del sistema immunitario del paziente (linfociti T e natural killer NK), e contribuisce a controllare la crescita delle cellule neoplastiche".
"I dati clinici di due studi internazionali conclusivi di Fase III (MM 009 e MM 010), recentemente pubblicati sul “New England Journal of Medicine” e ai quali il nostro Centro ha contribuito, hanno dimostrato che la lenalidomide è efficace in termini di risposta, di tempo alla progressione e soprattutto di sopravvivenza in pazienti precedentemente trattati. In una patologia ancora inguaribile, infatti, per l’ematologo il prolungamento della sopravvivenza rimane l’obiettivo più importante da perseguire. Ecco il motivo per cui la lenalidomide entra a pieno titolo nell’armamentario a disposizione del medico, al fine di poter trasformare il mieloma multiplo in una malattia cronica".
In sintesi: il gran vantaggio di lenalidomide è la somministrazione per via orale, che consente ai pazienti e ai loro familiari una più agevole gestione della malattia e un impatto minimo sulla normale vita sociale. Il farmaco, infatti, può essere assunto anche a domicilio, risparmiando ai pazienti il ricovero in Day Hospital, controlli medici e trasfusioni di sangue, con un indubbio impatto positivo sulla qualità della vita.
Determinante l’opinione della Professoressa Enrica Morra, Primario di Ematologia dell’Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano: "Abbiamo finalmente in mano una nuova arma contro il mieloma multiplo. Una malattia solo fino a pochi anni fa dalla pessima prognosi. Come è stato dimostrato già in altri Paesi, noi ematologi della SIE (Società Italiana di Ematologia) riteniamo che, anche in Italia, la lenalidomide porterà un importante valore aggiunto nel trattamento del mieloma multiplo. Soprattutto per il positivo impatto sulla prospettiva e sulla qualità di vita delle persone affette, che giornalmente curiamo, e che già sono state sottoposte ad altre terapie. Per questi pazienti di “seconda linea”, cioè un malato di mieloma multiplo su due, il nuovo farmaco potrà garantire meno effetti collaterali e una convivenza meno traumatica con il male. Con grande vantaggio anche per gli aspetti prettamente psicologici di accettazione della malattia".
Ancora un parere viene espresso dal Professor Antonio Palumbo, Divisione di Ematologia Universitaria dell’Ospedale Molinette di Torino: "Il mieloma multiplo è una malattia che necessita di differenti approcci, in funzione dell’età e dello stato di salute dei pazienti. I più giovani possono avvalersi del trapianto di midollo, mentre nel paziente oltre i 65 anni, e in presenza di patologie concomitanti, la strategia terapeutica è basata sul farmaco. Esistono farmaci di nuova e vecchia generazione. Oggi abbiamo a disposizione nuove molecole che hanno portato notevoli benefici in termini di sopravvivenza totale e libera da malattia, benché caratterizzata da una certa tossicità. Tra queste, Revlimid® è quella che presenta il miglior profilo di tollerabilità e di efficacia, che la rende adatta a terapie di lungo termine".

Una terapia rivoluzionaria nella lotta al mieloma multiplo
Dopo decenni di trattamenti scarsamente incisivi, negli ultimi anni si è assistito all’arrivo di nuove alternative terapeutiche, tra le quali appunto la lenalidomide, che rappresenta il primo farmaco orale innovativo, capace di agire non solo sui molteplici meccanismi che influiscono sulle cellule tumorali, ma anche sul microambiente che le circonda.
Primo di una nuova classe di antitumorali detti IMiDs®, ovvero farmaci immunomodulanti innovativi, lenalidomide sta dimostrando, in 80 trial clinici in tutto il mondo, eccellenti capacità nel trattamento di numerose patologie del sangue, prima tra tutte il mieloma multiplo. La terapia agisce sulle cause della malattia e non soltanto sui sintomi (sono stati oltre 100 gli abstract che presentavano dati su lenalidomide durante l’ultimo congresso mondiale di ematologia, l’ASH).
Lenalidomide modifica le citochine, agisce sui fattori di crescita delle cellule maligne, blocca lo sviluppo dei nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore e amplifica la risposta immunitaria del paziente. Così facendo, rallenta o impedisce la crescita e la diffusione del tumore.

29 febbraio 2008: prima giornata europea delle malattie rare
“Un giorno raro per persone molto speciali”. Con questo slogan l’Organizzazione Europea per le Malattie Rare (EURORDIS) ha scelto di celebrare la prima giornata europea delle malattie rare che è simbolicamente fissata venerdì 29 febbraio, il giorno “più raro” di tutto il calendario. L’iniziativa ha mirato a coinvolgere non soltanto i pazienti e le famiglie, ma anche gli stakeholders istituzionali, gli opinion leader medico-scientifici e le aziende farmaceutiche, con l’obiettivo di creare una solida rete paneuropea per affrontare una tematica tanto complessa e vasta, quanto poco conosciuta, come le malattie rare. Uno spunto importante anche per incrementare l’attività di ricerca e sviluppo, la sperimentazione e la messa in commercio di farmaci specifici che diano nuove possibilità di cura alle persone affette.
Una malattia si definisce “rara” quando colpisce meno di 5 persone su 10.000. L’OMS stima che, a livello internazionale, ne esistano oltre 7.000, per un totale di circa il 10 percento di tutte le patologie umane. In questo gruppo eterogeneo sono comprese: malattie genetiche, neurologiche, metaboliche, ematologiche, malformazioni, patologie infettive, parassitosi, tumori. Le malattie rare sono chiamate anche “malattie orfane”, e i relativi farmaci sono detti “farmaci orfani”. Purtroppo, non esistono farmaci per tutte le malattie rare, e solo pochissime di queste hanno una cura.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, nel nostro Paese le malattie rare censite sono circa 1.500 e queste patologie interessano almeno due milioni di persone (30 milioni sono invece i pazienti in Europa), con costi sociali sempre più rilevanti. Caratterizzate dall’elevata mortalità o dalla cronicizzazione associata a grave debilitazione, le malattie rare compromettono fortemente, infatti, la qualità della vita e il potenziale socio-economico delle persone malate nonché delle famiglie.

I risultati di due importanti studi (box)
Il “New England Journal of Medicine” ha pubblicato, il 22 novembre 2007, i dati clinici aggiornati di due studi conclusivi di Fase III multicentrici, randomizzati, in doppio cieco e con controllo placebo, promossi da Celgene Corporation (NASDAQ: CELG). Tra i protagonisti degli studi anche due Istituti di ricerca italiani: la Divisione di Ematologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e la Divisione di Ematologia del Policlinico San Matteo di Pavia. In questi studi è stata valutata la somministrazione di lenalidomide associata a desametasone in pazienti precedentemente trattati per mieloma multiplo. I protocolli dei due studi, identificati come MM 009 e MM 010, erano stati sottoposti a Special Protocol Assessment (SPA) da parte della Food and Drug Administration (FDA). Gli studi sono stati condotti negli Stati Uniti e Canada (MM 009), in Europa, Australia e Israele (MM 010).
I dati relativi allo studio internazionale di Fase III (MM 010) hanno evidenziato che:

  • Il tempo mediano alla progressione (TTP) con lenalidomide associata a desametasone è risultato pari a 11,3 mesi, rispetto a 4,7 mesi nei pazienti trattati con desametasone e placebo (p<0,0001). Si tratta del più lungo TTP registrato finora in pazienti precedentemente trattati per mieloma multiplo in studi di Fase III.
  • La percentuale di risposta globale con lenalidomide e desametasone è stata pari al 60,2 percento, rispetto al 24 percento nei pazienti trattati con desametasone e placebo (p<0,001). Questi studi randomizzati di Fase III hanno permesso di ottenere la più elevata percentuale di risposta finora registrata in studi di Fase III in pazienti precedentemente trattati per mieloma multiplo.
  • La percentuale di risposta completa (CR) o quasi completa (n-CR), con lenalidomide e desametasone è stata pari al 24,4 percento, rispetto al 5,1 percento nei pazienti trattati con desametasone e placebo (p<0,001).
  • I più comuni effetti collaterali osservati durante lo studio sono stati: crampi muscolari, nausea, tremori, vertigini e neutropenia.
  • In una relazione aggiornata presentata lo scorso giugno al Workshop Internazionale sul mieloma, la sopravvivenza mediana integrata nei pazienti arruolati nello studio Nordamericano MM 009 e nello studio Internazionale MM 010 e trattati con lenalidomide e desametasone è risultata pari a 35 mesi: si tratta della più lunga sopravvivenza mediana registrata in studi di Fase III in pazienti trattati per mieloma multiplo.
    Efficacia del nuovo farmaco orale

Lenalidomide (nome commerciale: Revlimid®), in associazione con desametasone, è indicato per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia ed è il primo farmaco appartenente al gruppo dei cosiddetti IMiDs®, caratterizzati, fra l’altro, da proprietà immunomodulanti ed autorizzato nell’Unione Europea per il trattamento del mieloma multiplo.
Il suo meccanismo d’azione originale ha come bersaglio sia il tumore che il microambiente, che, diventando meno ospitale grazie al farmaco, inibisce la crescita e la diffusione della neoplasia. Il trattamento ha dimostrato di possedere un’efficacia senza precedenti, che consente di prolungare il periodo di remissione della malattia e la sopravvivenza. Lenalidomide e desametasone sono somministrati per os e richiedono una sola somministrazione al giorno.
Entriamo in ulteriori dettagli con l’aiuto degli specialisti. Lenalidomide ATC: L04 AX04 è un farmaco orfano, orale, disponibile in quattro dosaggi, classe di rimborsabilità H, classificato OSP2, inserito nell’elenco dei farmaci soggetti a monitoraggio delle prescrizioni attraverso il Registro Oncologico dell’AIFA e accompagnato da un programma di gestione del rischio, concordato con le Autorità Regolatorie europee ed italiane.

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