|
Primo Workshop di Ematologia Traslazionale
Cristina Mazzantini, N. 4 aprile 2008
Oggi è possibile colpire le cellule tumorali con farmaci mirati. Sono state scoperte, infatti, molecole in grado di bloccare
selettivamente una o più proteine che permettono alla cellula ammalata di sopravvivere e crescere. Quindi, a breve, la terapia
personalizzata non sarà più solo un'ipotesi ma realtà.
Tale risultato è stato raggiunto attraverso un percorso lungo e pieno di soddisfazioni, che ha visto impegnati per decenni
i migliori ricercatori delle università e dell'industria farmaceutica.
Proprio allo scopo di accelerare il cammino è stato organizzato a Ferrara, dalla Società Italiana di Ematologia Sperimentale,
il primo Workshop Nazionale di Ematologia Traslazionale. Si è trattato di un appuntamento scientifico di grande rilevanza
che ha visto la massiccia partecipazione di illustri rappresentanti dell'ematologia italiana e di giovani ricercatori, con il comune
obiettivo di confrontarsi sulla medicina "traslazionale". Di che si tratta? È un termine assai complesso che nei
prossimi anni sentiremo pronunciare sempre più spesso dalla classe medica, specialmente dagli oncologi. Perciò è
bene già da ora prenderne confidenza. Con la parola "traslazionale" gli esperti intendono indicare quella parte
della moderna ricerca biomedica che si propone di portare al letto del malato le più importanti scoperte scientifiche, e
di trasformarle rapidamente in benefici concreti. Ovvero garantendo a tutti i pazienti una diagnosi più accurata e un trattamento
efficace e sempre più personalizzato.
"L'incontro ferrarese ha raccolto una grande sfida. Inoltre si è rilevato un'ottima occasione per fare il punto sui
più recenti progressi terapeutici per i tumori del sangue", ha spiegato il professor Antonio Cuneo dell'Università
di Ferrara, presidente Società Italiana di Ematologia Sperimentale. "Siamo di fronte ad alcune grandi novità.
La leucemia mieloide cronica e molte forme di leucemia acuta linfoblastica, che sino a 6-7 anni fa richiedevano trattamenti intensivi
con il trapianto di midollo osseo, vengono oggi curate con grande efficacia con una terapia orale", ha proseguito il professor
Cuneo.
Per essere più precisi, non si tratta più solo della questione di guarire il soggetto con neoplasia (nel caso specifico),
ma di come sia possibile arrivare alla guarigione senza ricoveri, quindi riducendo ai limiti i disagi per pazienti e loro familiari.
Attualmente, come la miglior letteratura scientifica assicura, è possibile garantire ai pazienti affetti da questa malattia
un'aspettativa di vita molto buona, mentre sino a pochi anni fa la prognosi era in tanti casi severa. Ad esempio, una parte delle
leucemie acute linfoblastiche dell'adulto viene oggi portata alla remissione completa con una terapia orale, che risparmia la tossicità
della chemioterapia. "Questo risultato straordinario dell'ematologia italiana, presentato al recente congresso mondiale di
Atlanta, è stato accolto con grande entusiasmo dalla comunità internazionale perché esso non solo permette
ai pazienti di evitare tutti i problemi, talora molto gravi, legati alla chemioterapia iniziale e di arrivare in uno stato di remissione
alla fase successiva di terapia, ma consente di incidere significativamente sulla sopravvivenza.
Affascinante è poi l'idea di poter proseguire nel trattamento di queste malattie con una combinazione di farmaci intelligenti,
da utilizzare in sequenza per evitare l'insorgenza di gruppi di cellule resistenti al trattamento. Insomma è un po' quello
che si fa nella cura delle gravi infezioni, dove si usano combinazioni di antibiotici, o nelle malattie virali dove si usano diversi
composti che hanno attività sinergica", ha precisato sempre il professor Cuneo. Che ha poi spiegato come "la terapia
con anticorpi monoclonali specifici per le cellule linfomatose abbia aumentato di molto la percentuale di pazienti guariti. I risultati
già buoni, ottenuti negli anni '90, oggi consentono alla maggioranza di questi pazienti di essere curati con una combinazione
di chemioimmunoterapia ben tollerata e molto efficace".
A titolo di esempio, basti pensare che, oggi, nella leucemia mieloide cronica la percentuale di sopravvivenza a cinque anni è
del 98 per cento. Sono risultati inimmaginabili fino a qualche anno fa. Dal 2000 al 2004, in soli 4 anni, si è registrato
un aumento di sopravvivenza di quasi il 10 per cento nei linfomi non Hodgkin. In tutti gli altri tumori del sangue, quali il mieloma,
le leucemie acute, il linfoma di Hodgkin, la leucemia linfatica cronica, si è registrato nello stesso periodo di tempo un
aumento della sopravvivenza compreso fra il 3 e il 7 per cento.
Per capire la portata di quanto è stato fatto finora, basta riportare alcune cifre sui tumori del sangue. Queste neoplasie
sono responsabili di circa il 10 per cento di tutte le forme tumorali esistenti con un'incidenza nel mondo di circa 2,4 milioni
di nuovi casi l'anno per anno, e in Italia di circa 20.000 nuovi casi all'anno. Come riportato in Cancer Statistics, nel 1997 su
un totale di 28.300 casi di leucemia diagnosticati negli Stati Uniti si sono registrati:
- 4.300 casi (15 per cento) di leucemia mieloide cronica
- 7.400 casi (26 per cento) di leucemia linfatica cronica
- 9.200 casi (33 per cento) di leucemia mieloide acuta
- 3.000 casi (11 per cento) di leucemia linfoblastica acuta
- 4.400 casi (15 per cento) di altre leucemie.
E ancora. "Per migliorare sempre di più il trattamento di gravi neoplasie e raggiungere traguardi sempre
più ambiziosi", ha dichiarato il professor Cuneo, "è indispensabile incoraggiare i migliori giovani che
si occupano di ematologia a proseguire nel campo della ricerca". Così, durante l'incontro scientifico ferrarese, sono
stati presentati 12 progetti di ricerca selezionati tra le numerose domande pervenute da giovani ricercatori. Ogni progetto è
stato introdotto da un esperto, poi discusso e migliorato durante il congresso. Al termine dei lavori, i progetti che garantiranno
ricadute applicative in tempi rapidi verranno premiati con borse di studio. Essi riguardano essenzialmente le leucemie e i linfomi;
gli studi più significativi rientrano nelle seguenti categorie:
- Accelerare l'applicazione clinica di farmaci intelligenti di nuova sintesi. Questo studio verrà presentato dalla dottoressa
Vittoria Guerini dell'Università di Bergamo.
- Comprendere come predire la resistenza ai farmaci antitumorali. Quest'ultimo aspetto è importantissimo perché
disponiamo di tanti farmaci ma non riusciamo ancora a identificare in anticipo quello più efficace nel singolo paziente.
Bisogna insomma riuscire a fare quello che facciamo con le infezioni batteriche nelle quali, con un esame che si chiama antibiogramma,
riusciamo a scegliere l'antibiotico giusto per ogni infezione. Questo studio verrà presentato dalla dottoressa Lara Rizzotto
dell'Università di Ferrara
- Definire la natura delle cellule staminali leucemiche, vale a dire quelle responsabili della ricaduta della malattia. Parliamo
della recidiva che ancora oggi può rappresentare un problema per alcuni pazienti. Occorre capire come esse si comportano,
dove si annidano e come renderle attaccabili. Questo studio verrà presentato dalla dottoressa Laura Villani dell'Università
di Pavia
- Come funziona il sistema immunitario che deve debellare la malattia quando le cellule ammalate che sopravvivono al trattamento
sono poche, e quindi aggredibili. Questo studio verrà presentato dal Dottor Leonardo Potenza dell'Università di
Modena
Questi progetti sono stati affiancati alle letture tradizionali di docenti affermati, come i professori Franco Mandelli,
Sante Tura, Gianluigi Castoldi, tutti fondatori dell'Ematologia italiana, e i professori Robin Foà (presidente della Società
Europea di Ematologia e direttore di Ematologia dell'Università "La Sapienza" di Roma) e Sergio Amadori (presidente
della Società italiana di Ematologia e già Chairman dell'Organizzazione Europea EORTC). In conclusione della giornata
ferrarese, il professor Cuneo ha così riassunto: "Il filo conduttore che lega tutti questi importanti progressi è
uno: siamo oggi in grado di colpire le cellule tumorali con farmaci mirati, in grado di bloccare selettivamente una o più
proteine che permettono alla cellula ammalata di sopravvivere e crescere. È stato un percorso lungo e pieno di soddisfazioni
che ha visto impegnati per tanti anni, fianco a fianco, i migliori ricercatori delle università e dell'industria farmaceutica.Siamo
partiti negli anni '60 con le alterazioni dei cromosomi, che indicavano agli studiosi dove andare a cercare i geni che causano il
tumore, e abbiamo proseguito per oltre 20 anni a cercare i geni responsabili della crescita neoplastica. Oggi conosciamo le proteine
anomale delle cellule tumorali e in molti casi disponiamo di farmaci intelligenti che le bloccano".
Cancro: l'olio d'oliva ne blocca la crescita e potenzia l'efficacia dei farmaci
È l'olio d'oliva l'arma primaria per impedire l'insorgenza del cancro. Lo ha dichiarato Massimo Lopez, direttore del dipartimento
di Oncologia dell'Istituto dei Tumori di Roma, membro del Comitato Scientifico della Human Health Foundation (Fondazione nata a
Spoleto nel 2006, che punta alla lotta ai tumori) e autore del libro "Cancro: conoscerlo per imparare a sconfiggerlo".
L'opera è stata presentata a Roma in occasione del seminario dal titolo "La civiltà dell'olio d'oliva: dalla
terra alla tavola", organizzato dalla Extravirgin Oliveoil Agency, in collaborazione con la Human Health Foundation, l'Accademia
Italiana della Cucina, e il CRA-OLI. Lopez ha sottolineato come una dieta corretta aiuti a eliminare il 25 per cento dei tumori
e soprattutto come l'utilizzo dell'olio di oliva sia un importante coadiuvante di alcuni processi, che possono inibire l'insorgenza
del cancro, oltre ad essere di aiuto alla prevenzione. "Sotto questo aspetto", ha spiegato il ricercatore, "poiché
nel 20 per cento del cancro t alla mammella è espresso l'HER2, un recettore della crescita che stimola la cellula cancerosa
a proliferare, è appurato come l'olio di oliva inibisca l'iperespressione, ovvero l'eccesso di questo ricettore che favorisce
il processo di cancerogenesi. Dal punto di vista terapeutico, inoltre, l'olio di oliva coadiuva l'azione del farmaco Herceptin che
interferisce con il recettore HER2, bloccando la proliferazione del tumore della mammella. Nella dieta mediterranea viene usato
l'olio di oliva, dotato di componenti assolutamente efficaci non solo nella prevenzione - attraverso l'acido oleico e gli antiossidanti
- ma anche nella cura del cancro, favorendo l'azione di alcuni farmaci che si usano contro il tumore".
E, rispetto alle previsioni di chi ipotizza nei prossimi dieci anni grandi passi avanti nella lotta contro i tumori, il professor
Lopez è molto più cauto: "Già quarant'anni fa qualcuno faceva previsioni positive sul periodo dei dieci
anni, senza che poi si raggiungessero i risultati sperati. Il cancro, purtroppo, non è un'unica malattia ma un insieme di
patologie distinte che vanno studiate e affrontate una per una. Perfezionando le nostre conoscenze, però, possiamo essere
sempre più efficaci nella lotta contro alcune delle tante neoplasie".
Nel corso del seminario, al quale hanno partecipato anche il presidente del Comitato Scientifico della Fondazione ovvero il professor
Antonio Giordano, direttore dell' Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia, e Giovanni Antonini, presidente
della Banca Popolare di Spoleto che sostiene la Fondazione fin dalla sua nascita, il medico primario ha denunciato ancora una volta
le cause più importanti dell'insorgere del cancro: "Tabacco e cattiva alimentazione sono rispettivamente responsabili
del 70 per cento dei tumori di oggi. Sono questi i due elementi di una vera "prevenzione primaria".
Quanto alla dieta, Lopez ha sottolineato come "l'uso dell'olio di oliva, per la presenza dell'acido oleico e della luteina,
sia fondamentale anche per la fluidificazione della membrana cellulare". Olio di oliva, un condimento che, insieme al consumo
di pesce e alle verdure cotte e crude, è l'arma migliore per prevenire l'insorgenza dei tumori". Da combattere poi l'eccesso
dei grassi "causa di un aumento dei tumori del cancro del colon, della mammella e della prostata" .
Infine, dai dati forniti da Lopez, emerge che "l'incidenza del cancro tra uomini e donne è diminuita nel tempo ma oggi
ci sono ancora 1.700.000 casi di morte da tumore nel mondo. Circa 11 milioni di persone ogni anno si ammalano di cancro. Attualmente
circa 25 milioni di persone convivono con un tumore, di cui circa 800.000 in Italia. Un problema destinato ad aumentare, anche se
la curva di sopravvivenza dagli anni '60 a oggi è aumentata progressivamente".
Parlando poi delle diagnosi e della prevenzione necessaria per salvarsi in tempo, il professor Lopez ha sottolineato che, "quando
viene diagnosticato un polipo, si tratta di una diagnosi precancerosa che non comporta con il giusto trattamento l'insorgere del
cancro. Se poi consideriamo l'ipotesi che con una mammografia si possa scoprire un cancro di qualche millimetro, il tumore ha elevate
probabilità di essere guarito: questa è la prevenzione secondaria. Esiste anche una prevenzione terziaria, che mira
a ridurre gli effetti del trattamento di una malattia neoplastica. In una certa percentuale di pazienti può aversi un nuovo
tumore, prodotto dall'insorgere della prima malattia, per cui occorre trovare un trattamento che non abbia complicazioni a distanza".
"Il libro del dottor Lopez è di tale importanza che stiamo già effettuando una ristampa", ha sottolineato
il presidente della Banca Popolare di Spoleto, Giovanni Antonini, annunciando l'apertura di due laboratori per la ricerca, uno a
Spoleto e l'altro a Terni, dedicati sempre alla crescita delle cellule e alla lotta ai tumori, con l'impiego di sei ricercatori.
Il libro di Lopez, stampato in 15.000 copie, è distribuito gratuitamente in tutte le filiali della Banca di Spoleto.
Antigeni delle cellule staminali del melanoma facilitano il percorso delle nuove terapie immunologiche
Le cellule staminali tumorali del melanoma forniscono le stesse informazioni di tutte le altre cellule cancerose, poichè
esprimono i medesimi "antigeni". Ovvero quelle molecole in grado di indurre una risposta da parte del nostro sistema immunitario
e quindi utili per lo sviluppo di una vaccinazione anti-tumorale. Questi i risultati di uno studio pubblicato a gennaio sulla rivista
Journal Cellular Physiology, frutto della collaborazione internazionale tra il Laboratorio di Immunologia dell'Istituto Nazionale
Tumori Regina Elena diretto dal professor Pier Giorgio Natali, il Centro di Immunoterapia dell'Università di Siena, guidato
dal dottor Michele Maio, e il Wistar Institute di Filadelfia, dove il dottor Meenhard Herlyn è leader del Molecular and Cellular
Oncogenesis Program.
Le cellule staminali tumorali costituiscono quella esigua popolazione cellulare che alimenta continuamente la crescita del tumore
come un serbatoio dal quale il cancro si rifornisce. Esse rappresentano, per questa loro proprietà, un bersaglio terapeutico
di grande interesse per la lotta al cancro. Anche nel melanoma cutaneo, come in altre neoplasie, sono state descritte cellule staminali.
Tuttavia non si sapeva se queste staminali esprimevano gli antigeni bersaglio di numerosi protocolli di immunoterapia in corso a
livello internazionale. È facile comprendere quanto la risposta a tale interrogativo fosse vincolante per lo sviluppo di
vaccini più efficaci.
Lo studio multicentrico ha fornito una risposta completa a diversi quesiti, dimostrando come le cellule del melanoma, con le caratteristiche
di cellule staminali tumorali, esprimono la maggior parte degli antigeni di utilità terapeutica, in analogia a quanto avviene
nella popolazione cellulare totale del tumore. Tra gli antigeni, i "Cancer Testis Antigens" (CTA) sono di particolare
interesse perché capaci di indurre un'efficace risposta immunitaria.
"Queste conclusioni sono d'interesse sia biologico che clinico", ha precisato il professor Pier Giorgio Natali, il cui
laboratorio da anni si occupa di ricerca traslazionale. "I differenti CTA, che sono espressi anche dalle staminali del melanoma,
individuati e classificati, rappresentano quindi un bersaglio stabile e multiplo all'immunoterapia. Tali informazioni, fondamentali
per la selezione dei pazienti come candidati a trattamenti immunoterapici specifici, possono essere ottenute dalla popolazione cellulare
totale del tumore, senza dover ricorrere al difficile isolamento delle cellule staminali e con un evidente risparmio di risorse
tecniche ed economiche".
Rischio di cancro al polmone: fumare uno spinello equivale a venti sigarette
Il consumo di cannabis incrementa il rischio di cancro al polmone. Secondo uno studio condotto da un gruppo di scienziati neozelandesi,
il fumo di uno spinello equivale a quello di venti sigarette. Insomma, un motivo in più per smettere. Perché, se in
passato alcuni studi avevano certificato il legame tra spinello e tumore al polmone, per la prima volta viene dimostrato l'altissimo
grado di rischio della sostanza.
In un articolo pubblicato su "European Respiratory Journal", gli scienziati del Medical Research Institute della Nuova
Zelanda affermano che la maggiore pericolosità della cannabis rispetto al tabacco deriva da una presenza doppia di sostanze
cancerogene, come gli idrocarburi aromatici policiclici. Inoltre, anche la modalità con cui si fuma lo spinello ha una sua
incidenza, perché solitamente non si fa uso di un filtro adeguato.
"I fumatori di cannabis", ha sostenuto il dottor Richard Beasley, uno degli autori dello studio, "inalano cinque
volte il monossido di carbonio inalato dai fumatori di sigarette". Secondo i risultati delle analisi neozelandesi, chi fuma
più di uno spinello al giorno per dieci anni, o due spinelli al giorno per cinque anni, ha 5,7 volte più probabilità
di sviluppare un tumore al polmone rispetto ai fumatori abituali di sigarette.
Indirizzi utili
Azienda Ospedale Università S. Anna, Sezione di Ematologia
Via Savonarola 9 - 44100 Ferrara
tel. 0532 236978 - 209910
e-mail: cut@unife.it
ISTITUTO NAZIONALE TUMORI REGINA ELENA IRCCS - IFO
Via Elio Chianesi 53 - 00144 Roma
Centralino: 06 52661
Prenotazioni/informazioni: 06 52662727 - 800 986868
www.ifo.it
Torna ai risultati della ricerca
|