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Screening: avanti, ma piano

Paola Sarno, N. 4 aprile 2008

Procedono bene sul territorio italiano i programmi di screening. Magari con lentezza, ma procedono. Lo screening mammografico copre ormai più del 78% della penisola, quello cervicale circa il 70%. Il gap con le Regioni meridionali tuttavia permane, sebbene la situazioni non sia statica: per lo screening mammografico si è arrivati a una copertura del Sud Italia e delle Isole pari al 45%, per quello cervicale (Pap test) quasi ai due terzi, con un chiaro aumento rispetto agli anni precedenti. Anche per quanto attiene al programma colorettale si progredisce, e, in questo caso, a passo più spedito: nel giro di poco più di due anni, infatti si è raggiunta una copertura vicina al 50%, anche se quasi tutta a vantaggio del Centro-Nord, anche se per questo screening siamo comunque all’avanguardia in Europa. Sono questi i dati più evidenti che emergono dal Sesto Rapporto dell’Osservatorio Nazionale Screening.

Obiettivi non ancora raggiunti
Tuttavia, gli obiettivi – ai quali ci si comincia ad avvicinare anche grazie al forte impulso dovuto al Piano Nazionale per la Prevenzione e al Piano Nazionale Screening – non sono ancora stati raggiunti del tutto. E’ dal 2001 che questi programmi sono stati inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza e ancora circa un terzo delle donne non può usufruire del Pap test, circa un quarto dello screening mammografico e oltre la metà di quello colorettale. Lo specifico accordo Stato- Regioni del 2006 stabiliva che alla fine dello scorso anno i programmi nati prima del giugno 2003 dovessero raggiungere il 90% di inviti e i programmi più giovani il 50%. Invece, pochissime Regioni saranno in grado di rispettare questo impegno.
Secondo Marco Zappa, direttore dell’Osservatorio Nazionale Screening, le cause che ostacolano la diffusione dei programmi di screening sono essenzialmente due: “la dimensione dei programmi, che se al Nord Italia hanno dei parametri all’interno degli standard, nel Meridione sono ancora di bassa qualità e, in secondo luogo, gli indotti degli screening, cioè il carico molto alto di ulteriori esami che generano che finisce per provocare un aumento delle liste di attesa e una generale sofferenza del sistema sanitario. E’ necessario”, ha sottolineato Zappa, “pensare a questi programmi non tanto come a un’aggiunta di offerta di salute ma piuttosto a come modificare i criteri di lavoro del profilo di assistenza esistente”

Interventi straordinari per il sud
Secondo Donato Greco, capo dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione del Ministero della Salute e direttore operativo del Ccm, “è evidente che c’è bisogno di un ulteriore sforzo, ma anche di una migliore definizione delle azioni”. Il Parlamento con la legge Finanziaria 2007 e il Ministero della Salute con il nuovo Piano Nazionale Screening 2007-2009 hanno definito, infatti, una pianificazione triennale, che , nel quadro del mantenimento della coesione nazionale, vuole realizzare interventi straordinari nelle Regioni del Sud, dove si rileva il maggiore ritardo nella diffusione degli screening. “Ciò attraverso quattro linee di intervento: definizione di obiettivi comuni di estensione, di qualità, di partecipazione, azioni centrali per alcune funzioni critiche di servizio e supporto (sistema informativo, formazione, ricerca e comunicazione), metodologia di lavoro basata sulla condivisione delle migliori pratiche regionali e sul rigore progettuale richiesto a quelle Regioni che godono di un intervento straordinario proprio per le loro inefficienze, interventi straordinari nelle Regioni meridionali e insulari, nelle quali la disponibilità di finanziamenti speciali rappresenta l’occasione per una analisi più approfondita delle criticità e per la definizione di interventi migliorativi specifici”, ha spiegato Greco, specificando che “tra gli obiettivi comuni grande rilevanza è stata data alla qualità dei programmi di screening, decidendo un cammino per la definizione degli indicatori che possano misurarla”. Indicatori che saranno utili anche per le funzioni di controllo, per quelle regionali di programmazione e per la gestione dei singoli programmi di screening.

Si impone uno sforzo corale
Tutto ciò tenendo presente che gli screening, per loro natura, rappresentano un intervento complesso, un vero profilo complesso di assistenza, sia sul piano organizzativo, sia su quello della partecipazione e della valutazione della qualità tecnico-professionale. “Non è possibile quindi rispondere alla sfida di attuarli bene per tutti gli italiani che ne potrebbero avere beneficio senza riconoscere un percorso comune con tutti gli altri attori in gioco: la società civile con le sue rappresentanze istituzionali e associative, le società scientifiche di riferimento dei clinici coinvolti, i media, il sistema sanitario nel suo complesso e nelle sue altre articolazioni”, ha specificato Greco, aggiungendo che “i programmi di screening non sono sostenibili senza porsi il problema di reingegnerizzare l’offerta complessiva di prevenzione”.
Necessario anche “ridurre la confusione dei messaggi che arrivano alle persone destinatarie”, coinvolgendo le società dei professionisti, le associazioni di advocacy, i mass media, in breve, “agire in quanto sistema” e “in una prospettiva di governance”, ridefinendo i propri ruoli e maturando relazioni comuni. Un importante elemento di sistema è rappresentato, poi, dal Piano Nazionale di Prevenzione, che aprendo nuovi scenari di valorizzazione e prospettive di integrazione con le tradizionali professionalità della sanità pubblica ribadisce la capacità di avere obiettivi quantitativi di salute, di lavorare in modo interdisciplinare, di organizzare percorsi, di gestire sistemi informativi complessi. Ma cruciale è anche il Ruolo dell’Osservatorio Nazionale Screening, come “network delle migliori esperienze regionali in materia”.

Comunicazione e coinvolgimento delle associazioni
“La partecipazione, che condiziona l’efficacia degli interventi di screening, ha tre dimensioni principali”, ha affermato Antonio Federici della direzione generale della Prevenzione del ministero della Salute. “Innanzitutto quella della qualità dei servizi pubblici di screening che rasta la sfida prioritaria con la quale si confronta oggi il Ssn. Poi l’interazione positiva o negativa con la prevenzione clinica, cioè la coerenza o incoerenza e, addirittura la conflittualità dell’offerta specialistica con i programmi di screening. Ne conseguono processi sanitari che si caratterizzano come un quadro di offerte “concorrenziali” leggibili solo in parte come opportunità di scelta per il cittadino”. Basti pensare che l’ultima indagine Multiscopo dell’Istat mette in luce che se il 30% delle donne in età target non ha mai fatto il Pap Test o una mammografia a scopo preventivo, circa il 40% lo fa ogni anno, cosicché il numero assoluto di Pap test sarebbe più che adeguato alle necessità di prevenzione. “Infine”, ha continuato Federici, “è necessario fare i conti con l’empowerment del cittadino, con la consapevolezza individuale”. Sulla base di questa impostazione generale le strategie del Ministero per favorire la partecipazione dei cittadini si articolano in tre grandi capitoli. Innanzitutto azioni di indirizzo e supporto rispetto alla qualità della programmazione e della qualità tecnico-professionale; azioni di coinvolgimento delle associazioni professionali e delle società scientifiche. Poi azioni pertinenti alla comunicazione massmediatica, da impostarsi secondo linee guida basate su una rigorosa progettazione, obiettivi di contenuto, obiettivi “operativi tattici”, processi formali di valutazione, alleanze con partner nazionali significativi come la Lilt, che a fine 2006 ha realizzato su scala nazionale la campagna “Si scrive screening, si legge prevenzione dei tumori”, già utilizzata con le opportune contestualizzazioni dalla Regione Sardegna. In terzo luogo il coinvolgimento delle associazioni di volontariato e di pazienti interessate ai programmi di screening, con l’obiettivo di far maturare un rapporto fra servizi, istituzioni e associazioni, che nel rispetto delle specifiche mission, sia funzionale al rapporto costo-efficacia dei programmi di screening. Nella strategia di un una crescita comune il Ministero prevede una “Carta dei rapporti”, che descriva e regolamenti ruoli, responsabilità e attività garantite reciprocamente.

Rifiuti: più mortalità vicino a discariche illegali
La presenza di discariche illegali ha già portato al peggioramento della situazione sanitaria nelle province di Napoli e Caserta, che in alcuni casi arriva ad un aumento della mortalità del 9% per gli uomini e del 12% per le donne nelle zone più a rischio. Lo ha rilevato una indagine epidemiologica coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità presentata lo scorso aprile. “Questo studio è stato pensato per misurare l’impatto sanitario di 20 anni di smaltimenti illegali di rifiuti anche pericolosi – ha spiegato Pietro Comba, epidemiologo ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità - non c'e' però ancora nessuna correlazione dimostrata scientificamente tra il problema di questi giorni, cioè la mancata raccolta dei rifiuti e un aumento delle patologie”. Lo studio ha diviso i comuni del territorio delle due province in cinque fasce di rischio. In quella più alta, che comprende otto comuni (Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa Literno) si sono avuti gli aumenti maggiori: ''C’è una larga sovrapposizione - si legge nel rapporto finale - tra l'area a maggior rischio per morti neoplastiche e quella maggiormente interessata dallo smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi''.Di seguito i dati principali emersi dallo studio. Per quanto riguarda la mortalità, nei comuni con maggior pressione ambientale la mortalità è maggiore del 9% per gli uomini e del 12% nelle donne rispetto a quelli con la pressione più bassa. La mortalità cresce del 2% dal gruppo a più basso rischio a quello più alto. Un rischio maggiore di mortalità in questi comuni si è registrato anche per tutti i tumori (1% in entrambi i sessi), e per tumore polmonare (2%) e gastrico (5%) negli uomini. C’è un aumento anche per i tumori del fegato (4% uomini e 7% donne). In terzo luogo, al crescere della pressione ambientale cresce il rischio di malformazioni del sistema nervoso centrale, che nel peggiore dei casi è dell'84% in più. Per le malformazioni dell'apparato urogenitale invece l’aumento è dell’83% nei comuni più a rischio rispetto a quelli di riferimento. “Per quanto riguarda la mancata raccolta dei rifiuti ci sono ovvi motivi di igiene a dimostrazione della pericolosità per l’uomo – ha sottolineato Comba - ma ancora non ci sono elementi per sostenere una correlazione diretta tra, ad esempio, diossina e patologie nel caso specifico. E' quello che cercheremo di fare con lo studio epidemiologico che parte adesso”.

Un regime dietetico per conservare la salute nella terza età
L’alimentazione e l’idratazione giocano un ruolo di primaria importanza nel mantenimento di un buono stato di salute e, a maggior ragione, durante terapie che possono comportare uno scadimento della qualità della vita dell’anziano. Per questo, a quasi dieci anni di distanza dall’elaborazione della prima versione (risalente al 1999), lo Human Nutrition Research Center on Aging della Tufts University di Boston ha reso nota, sulle pagine del Journal of Nutrition, la piramide alimentare specifica per gli over 70. Lo schema è studiato per ricordare a tutti gli anziani i bisogni nutrizionali di un organismo che invecchia e che presenta, com’è noto, molte peculiarità rispetto alla popolazione adulta.
Sulla cima della nuova piramide sventola una bandiera, assente nelle altre versioni, che reca scritto: “calcio, vitamina D e vitamina B12”, ovvero i micronutrienti fondamentali per la salute delle ossa e l’integrità delle funzioni cognitive, due fattori che influenzano in modo determinante la qualità della vita nell'anziano. Il segnale è dunque molto chiaro, anche visivamente. “Gli anziani”, spiega nell’articolo di presentazione Alice Lichtenstein, principale ricercatrice del progetto, “assumono meno calorie perché fanno meno attività fisica e hanno un metabolismo più lento; al tempo stesso, però, devono mantenere un’alimentazione completa per esaudire tutte le necessità fisiologiche, ed è quindi necessario che la loro dieta concentri tutto in quantità complessive di cibo minori. Un ruolo di primaria importanza va attribuito a tutti gli alimenti ricchi di fibre e a quelli che contengono farine integrali, a partire dal pane, che favoriscono la motilità intestinale e prevengono vari disturbi. Non solo: è fondamentale che gli anziani continuino a svolgere attività fisica in modo regolare per combattere l’obesità e prevenire alcune patologie dell’invecchiamento, e per questo abbiamo inserito richiami specifici. Vanno bene esercizi di moderata intensità, ma anche le attività quotidiane quali il giardinaggio, le passeggiate con i nipoti, le pulizie di casa e così via. Un altro elemento della massima importanza è quello dell’idratazione, perché il senso della sete si attenua via via che si va in là con gli anni, mentre la richiesta di liquidi da parte del corpo è la stessa e anzi, in circostanze particolari come la stagione estiva, aumenta”.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, da poco si è capito perché gli anziani tendono a bere di meno. In uno studio pubblicato sulla rivista PNAS dai ricercatori dell’Università di Melbourne, una dozzina di uomini dell’età media di 68 anni e altrettanti ventiquattrenni sono stati invitati a bere una soluzione salina per aumentare la sete, quindi sottoposti a una PET, con particolare attenzione all’area corticale anteriore del cingolo, la zona dove è situato il centro della sete. In media gli anziani, a parità di concentrazione di sali nel sangue, hanno assunto una dose di acqua pari a circa la metà di quella bevuta dai giovani, mentre la PET ha confermato che la zona cerebrale che comanda l’impulso a bere è molto meno attiva. Anche per questo, oltre ai liquidi, agli anziani vanno consigliati tutti quegli alimenti che possono apportare acqua in altre forme, come la verdura e la frutta, le minestre, i succhi di frutta.
Frutta e verdura, del resto, possono essere dati in qualunque forma, e a questo proposito i ricercatori della Tufts ricordano che, per favorirne il consumo, vanno benissimo i prodotti surgelati, che rendono più facile la conservazione e rendono possibile l’assunzione in condizioni sfavorevoli come, per esempio, le giornate invernali, nelle quali è più difficile uscire per fare la spesa. Inoltre le verdure confezionate spesso semplificano la preparazione, soprattutto se vendute in porzioni singole.In sintesi, gli elementi presenti nella nuova piramide sono: farine e cereali integrali e rinforzati, quali il riso integrale nero e il pane integrale; verdure dai colori brillanti, come carote e broccoli; frutta dai colori intensi, come mirtilli e melone; derivati del latte privi o a basso contenuto di grassi, come yogourt e latte a basso contenuto di lattosio; legumi, noci, pesce, pollame, carni bianche e uova;
oli vegetali liquidi a basso contenuto di acidi grassi saturi; liquidi; attività fisica. Infine, nei casi più gravi e quando l’anziano è ricoverato in una struttura, può essere utile l’aggiunta di integratori liquidi completi al menu di tutti i giorni. In uno studio pubblicato sul Journal of the American Geriatrics Society, i ricercatori dell’Università di Al-Ain negli Emirati Arabi hanno sottoposto oltre 200 anziani dell’età media di 75 anni, uomini e donne, a un regime dietetico che comprendeva una bevanda contenente tutte le vitamine e i sali principali, oppure un placebo. Dopo sei mesi, il gruppo che assumeva quotidianamente il vero supplemento aveva una qualità della vita nettamente migliore, interagiva meglio con gli altri, svolgeva più attività fisica ed era anche in condizioni mentali meno compromesse.

Parte il programma sanitario europeo
È entrato ufficialmente in vigore ‘Insieme per la salute’, il secondo programma d’azione dell’Unione europea in ambito sanitario per il periodo 2008-2013. A darne notizia è stata una nota pubblicata sul sito di EpiCentro. Il programma intende completare, supportare e valorizzare le politiche degli Stati membri e contribuire a una maggiore solidarietà e prosperità in tutta l'Ue. Si tratta di una grande cornice politico-amministrativa di riferimento, che consentirà la promozione di meccanismi di partecipazione e consultazione con tutti i soggetti interessati. Un ruolo di primo piano lo rivestirà l’informazione, sia nel senso di una comunicazione al cittadino, considerato come interlocutore consapevole, sia come coordinamento e scambio di buone prassi e conoscenze tra i diversi sistemi sanitari dei Paesi membri. Il piano si inserisce nel solco del primo programma d'azione europeo 2003-2008, che in questi ultimi cinque anni ha già finanziato più di trecento progetti e numerose azioni di salute pubblica. Gli obiettivi principali del programma sono sostanzialmente tre: migliorare la sicurezza dei cittadini, promuovere scelte di salute, anche riducendo le numerose diseguaglianze ancora presenti in Europa, e lavorare per la diffusione di un’informazione e di conoscenze più ampie e precise sui temi di salute e sanità pubblica. La copertura finanziaria per il nuovo programma è di 321 milioni e mezzo di euro. Per assicurare la piena partecipazione di tutti gli stakeholder, il programma prevede meccanismi di finanziamento piuttosto diversificati: si va dal cofinanziamento dei progetti destinati a uno specifico obiettivo del programma a finanziamenti congiunti dell'Ue insieme a uno o più Stati membri per supportare le istituzioni pubbliche e le organizzazioni non governative.

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