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Arriva il vaccino per prevenire il tumore al collo dell’utero
Minnie Luongo, N. 3 marzo 2008
Sono 280.000 le dodicenni italiane chiamate a rispondere all’appello. A gennaio 2008 nel nostro Paese è partita la
campagna contro il papillomavirus, che arruola tutte le ragazze nate nel 1996 e che compiranno 12 anni nel corso di quest’anno;
in Basilicata, la prima regione ( con la Valle d’Aosta) a dare il via la vaccinazione già nel 2007, è previsto
il coinvolgimento anche delle 14enni e delle 17enni, oltre alle giovani donne di 25 anni.
Ciò che fino a pochi anni fa, in campo oncologico, sarebbe sembrato una speranza e nulla più, ora è realtà:
finalmente disponiamo di un vaccino in grado di prevenire il tumore della cervice uterina nonché di scalfire il muro dell’ineluttabilità
che si incontrava nell’ affrontare questo argomento.
In realtà, tutte le donne sanno (o dovrebbero sapere) che il Pap test è il sistema principe per controllare regolarmente
lo stato di salute del collo dell’utero, ma fra il dire e il fare… Solo il 54 percento della popolazione femminile italiana
tra i 15 e i 54 anni effettua visite costanti ginecologiche, e solo il 43 percento si sottopone regolarmente al Pap test dal proprio
ginecologo, che resta il punto di riferimento per le scelte di prevenzione. Come dire: le donne italiane credono nell’importanza
della prevenzione, ma all’atto pratico fanno poco per giocare d’anticipo sui tumori. Così come sanno poco del
ruolo del Papillomavirus(HPV) nella genesi del tumore della cervice uterina, né sono informate a sufficienza sulle opportunità
offerte dalla vaccinazione. Il quadro sconfortante emerge da un’indagine condotta su un campione di 2000 donne di età
compresa tra i 15 e i 54 anni, rappresentativo della realtà italiana, condotta dall’Istituto di ricerca Tomorrow SWG
nel novembre 2007 per conto di GlaxoSmithKline
A proposito di false certezze, quasi sei donne su dieci ritengono che il tumore non sia causato da una virus e molte preferiscono
riconoscere le cause della malattia in fattori incontrollabili, come l’ereditarietà, e non mettono in atto adeguate
misure preventive.
In ambito geografico, per quanto riguarda la conoscenza sul tumore e sulle sue cause, il quadro dell’Italia appare a macchia
di leopardo. Emilia-Romagna, Lombardia e Friuli sono le regioni in cui il livello di conoscenza è più elevato; la
situazione appare incoraggiante e superiore alla media in Veneto, Toscana, Marche, Umbria e Puglia. Di poco sotto la media il livello
di conoscenza in Liguria e nelle regioni peninsulari del sud. Il più basso livello di conoscenza sulla patologia e sul ruolo
del virus HPV nel determinarla si riscontra nelle due isole maggiori, in Piemonte, Valle d’Aosta e Trentino.
Sempre dalla ricerca, emerge che solo quattro donne su dieci sanno che esiste un vaccino preventivo e le mamme risultano più
informate delle figlie. Ancora: più di sette su dieci farebbero vaccinare la propria figlia contro il virus del papilloma
umano.
I tumori della cervice uterina
Il carcinoma della cervice uterina (o del collo dell’utero) è il secondo più comune tumore maligno della donna
a livello mondiale e il primo nei Paesi in via di sviluppo, dove si verificano l’80 percento dei casi. In Europa si contano
circa 25.000 nuovi casi ogni anno, con circa 12.000 decessi. In Italia è la quarta neoplasia per numero di nuovi casi ogni
anno: si ammalano 3.500 donne (1.500 le morti registrate), con un picco di incidenza tra i 40 ed i 60 anni.
La mortalità è andata progressivamente riducendosi di circa un terzo rispetto agli anni Cinquanta grazie ad una precoce
diagnosi mediante le campagne di screening citologico, che consistono nell’esecuzione regolare del Pap test. Anche se, è
corretto ricordarlo, questo esame può dar luogo a falsi negativi, soprattutto in caso di adenocarcinoma. Esistono, infatti,
tre diverse forme di tumore: l'80 percento è costituito dai carcinomi spinocellulari, che derivano dalle cellule epiteliali
più superficiali, mentre circa il 15 percento è costituito dagli adenocarcinomi, che derivano invece dall’epitelio
ghiandolare o colonnare (come indica il prefisso "adeno") della cervice. Infine, il 3-5 percento dei tumori cervicali
ha un'origine mista: si parla quindi di carcinomi adenosquamosi.
Il papilloma virus umano è considerato la causa di queste forme tumorali( in particolare, i ceppi 16, 18, 31 e 45 di HPV
sono responsabili di oltre l’81 percento delle forme tumorali). Le prime infezioni si concentrano tra i 15 e i 19 anni. Ma
il virus, per la mancanza di memoria immunitaria da parte dell’organismo in caso di infezione naturale, può determinare
infezioni ripetute che nel tempo aumentano il rischio di ammalarsi di tumore.
Il papilloma virus
Il Papilloma Virus, o HPV (acronimo di Human Papillomavirus), è un virus molto diffuso, che quasi sempre causa un’infezione
virale completamente asintomatica destinata a passare inosservata, senza portare conseguenze. Si conoscono oltre 100 tipi di Papillomavirus
umani, la maggior parte dei quali provoca malattie non gravi, come, per esempio, le verruche cutanee. Di questi 100 tipi, 15 sono
stati ufficialmente riconosciuti come oncogeni dallo IARC, l’”International Agency of Research on Cancer”, l’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro, emanazione oncologica dell’OMS. In particolare due ceppi, contrassegnati dai numeri
16 e 18, sono responsabili da soli di circa il 74 percento dei tumori del collo dell’utero in Europa. Ma anche altri ceppi
virali vengono tenuti sotto osservazione in questo senso, come il 31 e il 45. In particolare, secondo uno studio europeo, attualmente
i ceppi 16, 18, 31 e 45 sarebbero responsabili di circa l’81 percento dei casi di tumore.
Non esiste una memoria immunitaria efficace nei confronti del virus. Ciò significa che naturalmente non si determina un’immunità
permanente, e che quindi l’infezione si può ripetere negli anni, con evidente incremento del rischio di sviluppo di
ceppi virali particolarmente nocivi.
Come si sviluppa, si riconosce e si cura il tumore
Il tumore della cervice uterina si sviluppa a partire dalle lesioni cellulari indotte dall’infezione da Papilloma virus. Nel
tempo queste alterazioni del Dna cellulare tendono ad interessare un numero sempre maggiore di cellule, determinando inizialmente
una neoplasia intraepiteliale (cioè localizzata esclusivamente nelle cellule che costituiscono la parte più esterna
della parete della mucosa dell’utero) di basso grado (CIN I o displasia lieve) che tende ad evolvere in neoplasia intraepiteliale
di medio grado (CIN II o displasia moderata) e di alto grado (CIN III o displasia grave). Quest’ultimo livello, cioè
la displasia grave (condizione caratterizzata da profonde modificazioni del genoma cellulare, che già ha assunto caratteristiche
tumorali), può essere considerato alla stessa stregua del cosiddetto carcinoma in situ, in pratica un tumore localizzato.
L’avanzata del tumore porta in seguito al carcinoma invasivo preclinico, ossia non identificabile grazie ai soli sintomi riferiti
dalla donna e, infine, al carcinoma invasivo.
Il tempo di progressione da lesioni localizzate esclusivamente nelle cellule epiteliali a forma invasive può essere estremamente
lungo (da 10 a 20 anni), anche se è possibile che in brevi periodi di tempo (inferiori a12 mesi) lesioni iniziali si trasformino
in forme invasive.
Il carcinoma della cervice uterina, oltre a diffondersi localmente, può dar luogo a metastasi. Queste possono interessare
le strutture anatomiche vicine, come il corpo dell’utero, la vescica o l’ultima parte dell’intestino, oppure localizzarsi
alle ghiandole linfatiche della parte bassa dell’addome. Solo tardivamente le cellule patologiche si diffondono attraverso
il sangue ad altri organi, come il polmone o lo scheletro.
Il carcinoma invasivo nelle fasi iniziali è asintomatico, mentre nelle fasi più avanzate dà segno di sé
con una sintomatologia caratterizzata da perdite di sangue non connesse con il ciclo mestruale, dolore nella parte bassa dell’addome
che si irradia alla coscia, subocclusione intestinale e difficoltà respiratorie (legate alla presenza di metastasi polmonari).
Per quanto riguarda le possibilità di cura, nelle forme localizzate e maggiormente superficiali (carcinoma in situ) il trattamento
d’elezione è rappresentato dalla conizzazione (asportazione di un piccolo cono di mucosa dove è presente la
malattia, con ampio margine libero). L’asportazione dell’utero (isterectomia) è invece necessaria, associata
all’asportazione dei linfonodi della pelvi, quando il tumore non infiltra le aree anatomiche vicine. A questo approccio in
casi specifici può essere associata la radioterapia locale e/o un trattamento chemioterapico adiuvante.
Il vaccino preventivo
E’ toccato a Milano, presso il Circolo della Stampa, l’onore di presentare ufficialmente a tutte le donne italiane Cervarix,
vaccino messo a punto da GSK e sviluppato espressamente per la prevenzione del tumore della cervice uterina. Negli studi clinici,
condotti su 30.000 donne, il vaccino ha dimostrato di assicurare una protezione del 100 percento nei confronti di lesioni causate
dai ceppi virali 16 e 18. Di particolare interesse sono anche i primi dati sulla “cross-protection”, ovvero sulla possibilità
offerta da Cervarix di preservare dall’azione oncogena di altri due tipi di HPV oncogeni, il 45 e il 31.
Era presente all’importante giornata il Professor Umberto Veronesi, Direttore Scientifico Istituto Europeo di Oncologia, che
ha ricordato: “Dopo l’Università, quando decisi di fare l’oncologo (un tempo l’Istituto dei Tumori
era considerato una sorta di lazzaretto), mi ripetevano che la ricerca sul cancro è una ricerca perdente. Eccoci qui, nel
presentare questo vaccino totalmente privo di pericoli, a smentire questa previsione infausta”. “Oggi la lotta ai tumori
non è più confinata alla classe medica, per fortuna. Però è nostro compito rivolgerci maggiormente ai
giovani, e questa è un’impresa difficile, in quanto i ragazzi non ascoltano quando si parla di prevenzione: alla loro
età, per natura, si ama il rischio, e pertanto bisogna trovare altri argomenti che non siano lo spauracchio del cancro o
quello della morte. Invece, ad esempio, possiamo far presente che questo tipo di tumore può causare l’infertilità,
e per l’universo femminile il rischio di essere una “donna dimezzata” può rivelarsi un argomento convincente”.
Veronesi ha così illustrato: “ La disponibilità di un vaccino contro il cancro dell’utero rappresenta
un’opportunità storica per la tutela della salute delle donne. La prevenzione di questo tumore è inoltre un
modello per la ricerca oncologica e il suo rapporto con la coscienza femminile: trent’anni fa ci siamo battuti per il Pap-test
e abbiamo vissuto con soddisfazione i grandi risultati di questo esame, che ha salvato la vita di centinaia di migliaia di donne.
Negli anni Novanta siamo pervenuti alla certezza di una correlazione tra il tumore del collo dell’utero e il papillomavirus,
e poi è arrivato l’HPV-test, che rivela la presenza del virus (e ci siamo impegnati perché le donne chiedessero
questo esame prezioso ai loro ginecologi). Il 70 percento delle donne contrae il papillomavirus dal partner, durante i primi rapporti
sessuali, e dopo 6-24 mesi lo elimina grazie alle proprie difese naturali. Ma non sempre va così, e in una percentuale di
donne l’infezione permane e dopo anni può dare origine ad un tumore del collo dell’utero. Con l’HPV-test
(associato al pap-test) oggi la neoplasia può essere scoperta in fase precocissima, e perciò guarita al 100 percento.
A queste due formidabili armi di prevenzione si aggiunge adesso il vaccino”.
Concorda il Professor Mario Giovanni Sideri, Direttore Unità di Ginecologia Preventiva Istituto Europeo di Oncologia: “Da
ginecologo che si occupa di prevenzione, non posso che affermare che oggi è un giorno fortunatissimo per le donne. Il vaccino
da poco entrato in commercio è diretto unicamente contro i tipi oncogeni del papillomavirus, quindi si tratta di un vaccino
puramente oncologico. Anche in questo caso la fortuna aiuta le donne: i tipi virali coinvolti nella genesi tumorale sono più
di una dozzina, ma due da soli sono responsabili del 70 percento dei tumori; quindi il nuovo vaccino bivalente è in grado
di proteggere dal 70 percento dei tumori”.
Continua Sideri: “Questo vaccino aiuta lo screening, diminuendo drasticamente le donne positive al test di screening e il
numero degli interventi chirurgici preventivi. La prevenzione del tumore con il vaccino avviene quindi direttamente ed anche attraverso
la diminuzione delle alterazioni che lo screening preventivo dovrebbe identificare, sottraendo allo screening una serie di donne
che risulterebbero positive, il 70 percento. Ma non è finita qui, perchè in futuro lo screening utilizzerà
il test per il papillomavirus come test primario: quindi il vaccino- questo vaccino in particolare- agirà incrementando la
possibilità di essere negativi al test di screening. E’ sinergico al test HPV e pertanto guarda al futuro. E nel futuro
c’è più serenità e tranquillità per donne”.
”Non bisogna pensare che solo le dodicenni possano beneficiare al massimo della vaccinazione- conclude il professor Veronesi-:
tutte le donne adulte che hanno già una vita sessuale da tempo possono proteggersi. Per questo la “Fondazione Veronesi”
vuole dare il suo contributo alla diffusione e alla conoscenza del vaccino, con l’obiettivo di promuovere culturalmente il
principio della vaccinazione e di conoscere in modo scientificamente più approfondito gli effetti del vaccino in qualsiasi
fascia d’età. La raccomandazione è innanzitutto fare l’HPV-test, un esame semplice ed indolore che si
effettua con le stesse modalità del Pap-test, per verificare l’eventuale presenza del virus. Se il virus c’è,
basta intensificare i controlli. Ma ciò, comunque, non esclude la vaccinazione; in rapporto all’età e allo stile
di vita si può discutere con il proprio ginecologo l’opportunità di vaccinarsi. Io ritengo che abbiamo il dovere
morale di avvicinare tutte le nostre adolescenti e quante più donne giovani al vaccino contro l’HPV e vorrei invitare
le madri, le insegnanti, le donne medico e ogni donna che ha un ruolo che incide sul comportamento femminile, a convincere se stessa
e le altre che non bisogna rinunciare a questa occasione che la ricerca scientifica oggi ci offre”.
Cervarix
Cervarix è stato approvato in Europa, quindi anche in Italia, per la prevenzione della neoplasia intraepiteliale della cervice
uterina di grado elevato (CIN di grado II e III) e del cancro della cervice uterina (CCU) legato causalmente al virus HPV tipo 16
e 18. L'indicazione è basata sulla dimostrazione di efficacia in donne di età tra i 15 e 25 anni in seguito alla vaccinazione
con Cervarix e sulla immunogenicità del vaccino in bambine e donne di età tra i 10 e i 25 anni. Il vaccino deve essere
somministrato per via intramuscolare in 3 dosi al tempo 0, 1, e 6 mesi._ Grazie alla presenza dell’adiuvante originale AS04,
Cervarix ha dimostrato di:
- migliorare la risposta immunitaria, sia cellulare sia umorale;
- indurre una risposta anticorpale significativamente più elevata e più duratura nel tempo;
- ottenere una percentuale maggiormente elevata delle cosiddette “cellule B di memoria”, quelle che hanno il compito
di mantenere il “ricordo” di una determinata infezione e quindi contribuiscono a dare il via alla produzione di anticorpi
attivi, rispetto agli stessi antigeni contenenti come adiuvante solo sali di alluminio. Questo meccanismo è alla base della
protezione prolungata offerta dal nuovo vaccino, che si ottiene proprio grazie ad una migliore e più sostenuta risposta
immune e ad una maggior efficacia della “memoria immunologica”;
- mantenere una risposta immune in grado di proteggere anche nei confronti di altri ceppi di HPV (“cross- protection”).
Durata della protezione. La valutazione di efficacia dopo 5,5 anni di follow-up conferma il 100 percento
di efficacia contro le infezioni persistenti e le neoplasie intraepiteliali (da CIN1 e CIN2 fino a livelli superiori di alterazione
cellulare), e il 96 percento delle anormalità citologiche (dal “livello” ASCUS ad anomalie più significative),
causate dai genotipi 16 e 18. Ecco perchè si può ragionevolmente ritenere che la durata della protezione ottenuta
con Cervarix sia prolungata nel tempo. In particolare, le donne che hanno partecipato allo studio sono state controllate per la
verifica dell’efficacia per almeno 64 mesi dopo la prima dose (5,5 anni). Nonostante l’evidenza di una esposizione continua
ad infezioni da HPV, come osservato nel gruppo di controllo, non c’era evidenza di una diminuzione della protezione nelle
donne vaccinate. Al termine del periodo di follow-up di 5,5 anni i tassi anticorpali appaiono ancora almeno 11 volte superiori a
quelli riscontrati dopo l’infezione naturale, che non induce una risposta protettiva significativa, per entrambi i ceppi virali.
Tollerabilità e sicurezza. Negli studi clinici sono state somministrate circa 45.000 dosi di Cervarix
in quasi 16.000 donne di età compresa dai 10 ai 68 anni. In questa popolazione la reazione più comunemente osservata
è stata il dolore nella sede di iniezione, comune nel 78 percento delle dosi iniettate. Quasi tutte queste reazioni sono
risultate comunque di entità lieve-moderata e di breve durata. L’incidenza di reazioni di questo tipo è apparsa
inferiore nelle donne di mezza età rispetto alle giovani e alle adolescenti (15-45 anni). Per quanto riguarda la sicurezza
a lungo termine, secondo i dati raccolti in un “database” di circa 30.000 donne, le ricerche hanno dimostrato che la
vaccinazione viene tollerata bene in tutte le età. Circa gli eventi avversi spontanei, gli effetti indesiderati severi e
l’insorgenza di malattie autoimmuni, i livelli appaiono simili nelle donne vaccinate rispetto a quelle della popolazione di
controllo. Infine, è importante rilevare come il profilo di sicurezza sia del tutto simile nelle donne esposte ad HPV prima
della vaccinazione e nella popolazione che non presentava una pregressa esposizione, e che il vaccino non influisce sull’esito
delle gravidanze.
Per il futuro. Lo sviluppo delle ricerche su Cervarix prevede diversi trials clinici, di cui uno indipendente
condotto dal National Cancer Institute in Costarica, per un totale di circa 25.000 donne in tutto il mondo. E’ in corso, inoltre,
uno studio di comparazione diretta tra Cervarix e Gardasil: i primi risultati sono attesi già per questo 2008.
GSK, pensando ai Paesi meno fortunati e quindi più bisognosi di questo scudo protettivo rispetto alle nazioni industrializzate-
contestualmente all’approvazione di Cervarix- ha richiesto all’Organizzazione Mondiale della Sanità la cosiddetta
“prequalification”: un riconoscimento di carattere tecnico-registrativo che, una volta ottenuto, consentirà l’importazione
e l’uso di Cervarix anche in quei Paesi che, per loro deficit non solo economico ma anche d’infrastrutture, possono
fruire dei prodotti innovativi solo con anni di ritardo. L’Europa è lontana
La situazione italiana appare ancora distante dalla realtà europea sul fronte della prevenzione del carcinoma della cervice
uterina, ma non mancano le indicazioni positive. Confrontando i dati emersi dalla ricerca con quelli dell’indagine “Double
Helix Development”, condotta a settembre 2007 su 3500 donne di Regno Unito, Irlanda, Germania, Svezia, Russia, Polonia, Grecia
e Spagna, emerge che siamo sotto la media europea per la percentuale di donne che hanno eseguito almeno una volta il Pap-Test. In
Italia sono il 77 percento, contro l’83 percento su scala continentale, con percentuali che superano il 90 percento in Germania.
Le donne italiane appaiono anche meno informate di inglesi, tedesche e spagnole, pur se solo di poco sotto la media europea, e solo
una su tre sa che esiste un vaccino (38 percento in Europa). Occorre quindi più informazione, anche se la propensione alla
vaccinazione, ovviamente dopo averne ben compreso il significato, appare in Italia complessivamente elevata. Siamo al 71 percento
di sì, contro il 66 percento in Europa
Nel nostro Paese (anche se non solo) – dopo uno studio apparso su “Medicina e morale”, rivista pubblicata dal
Centro di Bioetica della Cattolica di Roma) – non pochi si sono domandati se il nuovo vaccino possa in qualche maniera favorire
la promiscuità sessuale fra i più giovani. Timore infondato per i più, visto che è stato stimato che
soltanto il 10 percento dei ragazzi e il 7 percento delle adolescenti non fanno sesso per paura di contrarre malattie…e questo
è un altro aspetto sul quale urge fare informazione corretta e precisa.
Per saperne di più
www.ministerosalute.it
www.tumori.net
www.sostumori.org
www.aiom.it
www.fondazioneaiom.it
www.ondaosservatorio.it
www.airc.it
www.aimac.it
www.cdc.gov
Indirizzi utili
Fondazione Umberto Veronesi
Piazza Velasca, 5 – 20122 Milano
Tel. 02 76018187 – Fax 02 76406966
info@fondazioneveronesi.it
www.fondazioneveronesi.it
ONDA, Via Fatebenefratelli 17, 20121 Milano
Tel. 02-29015286, Fax 02-29004729
info@ondaosservatorio.it
www.ondaosservatorio.it
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