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Segnali antifumo
Dario Vascellaro, N. 5 maggio 2000
Quando nel 1964 fu pubblicato lo sconvolgente rapporto del Ministero della Sanità, in cui si affermava che il fumo era "pericoloso per la salute", circa il 50 per cento della popolazione statunitense era costituita da fumatori (percentuale un po' superiore tra gli uomini e inferiore per le donne). Da allora la percentuale è calata fortemente, tanto che oggi solo il 25-30 per cento degli americani fuma, cosa che viene presentata come un grande successo della sanità pubblica e delle iniziative di prevenzione. Tali positivi risultati sono stati raggiunti in seguito alla diffusione dei dati delle ricerche scientifiche che dimostravano i danni del fumo attivo e passivo, con la crescente consapevolezza nei cittadini americani del costo del fumo in termini fiscali e, terzo e forse più importante fattore, grazie alla campagna lanciata nel 1981 dal ministro della Sanità C. Everett Koop per classificare alcol e sigarette come "droghe che danno dipendenza". Questo radicale cambiamento di ottica ha permesso di addebitare ai fumatori tutto il fardello morale delle "droghe" e i mali della dipendenza. Il fumo è stato trasformato da gradevole e innocua attività sociale, in comportamento vergognoso, sconsiderato, egoistico e inquinante e per giunta, poiché dà dipendenza, in un segno di debolezza, degradazione e perdita di controllo. La lotta al tabagismo ha avuto una intensificazione durante l'amministrazione Clinton. Oltre a estendere i divieti (oggi è vietato fumare in aereo, negli edifici governativi e, in alcune città, perfino nei locali pubblici e nei bar), l'amministrazione statale americana, nella persone dell'avvocato dello stato Janet Reno, ha iniziato una causa civile contro i fabbricanti di sigarette, nel solco del discorso sullo stato dell'Unione pronunciato da Clinton nel febbraio 1998. Nell'autunno del 1999 il Congresso americano ha ratificato un accordo secondo cui i produttori di sigarette si sono impegnati a pagare agli stati che hanno fatto loro causa, un indennizzo pari a 246 miliardi di dollari per le spese sanitarie connesse coi danni da fumo (stimate in 20 milioni di dollari l'anno). Sempre secondo l'accordo, Brown & Williamson, Philip Morris e altri si sono assunti i costi di una serie di campagne antifumo per i teen agers. Una delle conseguenze di questo accordo è stata la campagna lanciata dalla Philip Morris. Attraverso il più potente e capillare tra i mezzi di comunicazione: la Rete, la multinazionale ha ammesso, con dovizia di particolari, che le sigarette fanno male alla salute. Sul sito della multinazionale del tabacco, per esempio, viene detto che "esiste un nettissimo accordo, all'interno della società scientifica e medica, sul fatto che le sigarette provocano malattie". Costo dell'intera campagna: 100 milioni di dollari. Se negli USA l'energica azione del governo ha fatto sì che gli industriali del tabacco possono ora essere rappresentati come malvagi, corrotti e bugiardi "spacciatori" che favoriscono la dipendenza e insidiano i giovani e il fumo si è trasformato da attività sociale in simbolo di spreco e di vizio, in Europa la lotta non ha ancora assunto i toni della crociata, anche se qualcosa comincia a muoversi nella direzione giusta. Il tabacco è la principale causa di morte per cancro nella Comunità Europea. Per questo motivo la Commissione Europea ha chiesto una limitazione del tenore di catrame delle sigarette e l'apposizione di avvertenze di carattere sanitario sugli imballaggi dei tabacchi manufatti. Secondo la Commissione, occorre evitare che il pubblico sottovaluti gli effetti nefasti del catrame contenuto nel fumo, che sono evidentemente proporzionali al tasso di catrame accertato nelle singole quantità di sigarette. Il programma "L'Europa contro il cancro" si è prefisso come priorità, nel settore della prevenzione, la lotta contro il tabagismo. Il programma di lavoro della Commissione Europea per il 1999 prevedeva la formulazione di una specie di "testo unico" che coordinasse e consolidasse la normativa già esistente in materia di limitazione alla pubblicità nel settore. Uno dei punti forti di questo riesame, sottolineava nel febbraio 1999 il commissario europeo Padraig Flynn, responsabile della politica sanitaria, sarebbe stata una maggiore evidenza delle iscrizioni sui pacchetti di sigarette circa il contenuto di catrame. Si trattava di dare un seguito alle raccomandazioni del gruppo di esperti ad alto livello sul cancro, che si era pronunciato per un miglioramento dell'informazione sui rischi legati al fumo. A questo fine la Commissione Europea ha adottato due serie di proposte a uso del Consiglio dei Ministri della Comunità Europea affinché venissero armonizzate le disposizioni legislative, amministrative e regolamentari nazionali relative alla limitazione del tenore di catrame delle sigarette e delle etichettature dei tabacchi manufatti. Per meglio informare i fumatori dei rischi che corrono, la Commissione Europea ha chiesto che le disposizioni nazionali venissero modificate sul modello irlandese, il più progredito in materia. Secondo questa proposta si è ottenuto che: 1) tutti gli imballaggi manufatti recassero la scritta "il fumo nuoce alla salute" 2) tutti i pacchetti di sigarette recassero le due seguenti avvertenze: ´il fumo provoca il cancro" e "il fumo provoca malattie cardiovascolari", con i tenori di catrame e di nicotina. Scontato che qualsiasi tipo di sigaretta risulta nocivo alla salute, è innegabile che il rischio di cancro al polmone sia direttamente proporzionale al tenore di catrame delle sigarette fumate. Per questo motivo due Paesi della Comunità Europea hanno vietato le sigarette ad alto contenuto di catrame: la Spagna (24 mg al massimo) e il Portogallo (28 mg). All'interno della Comunità Europea, sono state in seguito uniformate le disposizioni nazionali, stabilendo come valore limite 15 mg di catrame per sigaretta. Tale valore, sulla scorta delle raccomandazioni del comitato di esperti cancerologi presso la Commissione Europea, è stato successivamente abbassato a 12 mg prima della fine del 1995. Conscia del fatto che tali limitazioni potrebbero creare seri problemi di adattamento ai produttori di tabacco ad alto contenuto di catrame, la Comunità Europea ha già cominciato a promuovere l'adattamento delle produzioni dei Paesi dell'Europa meridionale maggiormente interessati. In questo quadro si favorisce il riordinamento verso altre produzioni quali il cotone, il granturco o gli ortofrutticoli. Oltre alle istituzioni comunitarie, anche l'azione dei singoli Paesi europei ha riportato qualche successo nella lotta al tabagismo. In Francia, nell'autunno del 1999, è bastato che il primo ministro Lionel Jospin commissionasse un rapporto nel quale invitava a vietare, nel Paese, la vendita di sigarette ai minori di 16 anni e ad aumentare il prezzo del 20 per cento, perché la Philip Morris annunciasse che avrebbe sconsigliato ai giovani di fumare, con un messaggio dissuasivo impresso sui pacchetti di sigarette (la scritta sarebbe stata stampata sui pacchetti distribuiti in Francia, Italia, Spagna e Portogallo). L'Italia (vedi box) continua a essere il primo produttore di tabacco tra i Paesi dell'Unione Europea (38% della produzione totale) e a intascare una buona fetta (800 miliardi) dei 1900 miliardi di lire stanziati annualmente dall'Europa per sostenere la coltivazione del tabacco. Ogni iniziativa legislativa volta a diminuire il consumo di tabacco si scontra con l'obiettiva forza di un comparto produttivo che dà lavoro a circa 325.000 persone (compresi lavoratori a tempo parziale, stagionale e distributori al dettaglio) e che, nel 1996, ha fruttato allo Stato 13.600 miliardi di tasse. Anche il ricatto occupazionale frena molte delle iniziative volte a diminuire il consumo di sigarette. Un rapporto di Nomisma del 1998, calcola in 5590 i posti di lavoro persi nel caso il prezzo delle sigarette venisse aumentato del 15%. Visto che buona parte della produzione di tabacco è localizzata in regioni poco sviluppate (la regione dove si produce la maggiore quantità di tabacco è la Campania), si capisce che alcune migliaia di posti di lavoro in meno possano essere considerati una grave perdita. A ben vedere, però, buona parte di questi posti di lavoro persi sarebbero a carico della distribuzione (si calcola che 4000 tabaccai rimarrebbero disoccupati, ma probabilmente la perdita sarebbe inferiore dato che i tabaccai sono generalmente titolari di altre attività). In ogni caso, visto che ogni anno lo Stato spende circa 20.000 miliardi di lire per curare il cancro e le malattie respiratorie e cardiovascolari legate al fumo, disincentivare la coltivazione del tabacco potrebbe essere comunque un buon affare.
La lotta contro il fumo in italia l divieto di fumare "in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico" è stato stabilito dalla legge 11 novembre 1975, n. 584. Riguarda corsie di ospedali, aule scolastiche, autoveicoli pubblici, metropolitane e carrozze ferroviarie per non fumatori, sale d'attesa ferroviarie, autofilotranvarie, marittime e aeroportuali, cinema e teatri, locali chiusi adibiti a pubblica riunione, musei, biblioteche, gallerie d'arte e altri locali aperti al pubblico. Una direttiva del 1995 (Dir. PCM 14 dicembre 1995) vieta il fumo in tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, dalla Pubblica Amministrazione e dalle aziende pubbliche per l'esercizio di proprie funzioni istituzionali, nonché dai privati esercenti servizi pubblici per l'esercizio delle relative attività, sempre che si tratti (in entrambi i casi) di locali che in ragione di tali funzioni siano aperti al pubblico. Anche la propaganda di sigarette e di prodotti da fumo è vietata dal decreto-legge 10 gennaio 1983, n. 4, che prevede una sanzione da 5 a 50 milioni di lire. Le avvertenze obbligatorie di rischio per la salute da riportare sui pacchetti sono state invece disciplinate con decreto ministeriale 16 luglio 1991. L'articolo 9 del D.P.R. 303 (19 marzo 1956) modificato dall'articolo 33 del decreto legge 626/94 stabilisce che "nei luoghi di lavoro chiusi è necessario [...] far si che [...] i lavoratori dispongano di aria salubre in quantità sufficiente [...]". "il datore di lavoro che deve quindi garantire aria salubre in quantità sufficiente. Il concetto di "aria salubre", però, non è codificato. Ciò da un lato potrebbe essere un vantaggio perché sottintende che l'aria per essere salubre deve essere totalmente priva di fumo di sigaretta. Il testo potrebbe, però, essere suscettibile di interpretazioni diverse (ad esempio che gli inquinanti debbano essere sotto determinate soglie, tutte da valutare) e generare contenziosi. Le norme, dunque, come si può intuire dai sintetici dati sopra riportati, non mancano, ma alle associazioni che si battono per debellare il problema del tabagismo sembrano ancora troppo timide. In più, nessuna legge può far dimenticare che lo Stato continua a essere un produttore di tabacco e guadagna lautamente dal consumo di sigarette.
Indirizzi utili per terapie antifumo
Osservatorio Nazionale sul Tabacco Su iniziativa del Registro Tumori Lombardia e con il supporto della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori di Varese e di Milano e della Azienda Sanitaria n.1 (Varese) della Regione Lombardia è stato costituito un centro di documentazione (l'Osservatorio sul Tabacco) il cui compito è raccogliere, classificare e rendere disponibili a tutti gli interessati le informazioni che compaiono sulla letteratura scientifica Tel. 0332.277.440 Fax 0332.277.434 E-mail: tabacco@istitutotumori.mi.it
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