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Tumore umano: il legame tra oncogeni e infiammazione
Annalisa Cretella, N. 11 novembre 2006
Una scoperta di fondamentale importanza nella lotta al cancro, è stata messa a segno da due team di ricercatori italiani coordinati dal dottor Marco Pierotti dellIstituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori e dal professor Alberto Mantovani dellIstituto Clinico Humanitas - IRCCS, che per la prima volta hanno dimostrato il legame diretto fra oncogeni e infiammazione in un tumore umano, il carcinoma papillare della tiroide. È questo il risultato dello studio, pubblicato anche di recente sulla rivista scientifica Proceeding National Academy of Science, organo ufficiale dellAccademia delle Scienze Americana.
La scoperta viene considerata di fondamentale importanza ed apre importanti possibilità nella lotta al cancro: consentirà di studiare sia marcatori molecolari utili per monitorare i pazienti, sia bersagli in grado di fermare linfiammazione, mettendo a punto nuove terapie. Con noi in questo approfondimento, a rispondere alle domande che seguono, la dottoressa Maria Grazia Borrello che ha condotto lo studio insieme al dottor Pierotti, e che alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Dipartimento Oncologia Sperimentale UO3, coordina un gruppo di ricerca impegnato nello studio dei meccanismi molecolari della cancerogenesi tiroidea. In questo ambito si è dedicata soprattutto a studi clinico-funzionali del gene RET.
Qual è il legame tra tumore e infiammazione nel carcinoma papillare della tiroide?
È nota da tempo unassociazione tra il carcinoma papillare della tiroide e linfiammazione. Infatti, un processo infiammatorio, evidenziato da infiltrazione linfocitaria, è associato con alta frequenza a tumori di questo istotipo, ma non era nota la causa. In questo studio abbiamo dimostrato che le cellule tumorali stesse possono produrre molecole infiammatorie, e che un oncogene (cioè un gene che provoca il tumore), denominato RET/PTC1, orchestra la produzione di queste molecole nelle cellule di carcinoma della tiroide.
Il legame è stato trovato solo nel caso del tumore alla tiroide o anche in altri casi?
Il rapporto tra infiammazione e tumori riguarda molti tipi tumorali. Per molti di essi però linfiammazione è un fattore di rischio che precede la malattia. Ad esempio alcuni tumori intestinali insorgono in seguito a colite ulcerosa o malattia di Chron. Il microambiente infiammatorio può favorire lo sviluppo del tumore anche in neoplasie che non sono provocate da uninfiammazione, come ad esempio il tumore al seno.
Da una parte, alcune forme di infiammazione in determinati organi favoriscono la nascita di un tumore; dallaltra un tumore, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno concausato da uninfiammazione precedente, per svilupparsi crea un ambiente infiammatorio. Fino ad oggi non si conosceva il nesso fra gli eventi genetici che causano il cancro e la costruzione del micro-ambiente infiammatorio che aiuta il tumore a svilupparsi. Questo legame è stato invece dimostrato dalla nostra ricerca per la prima volta in cellule tiroidee umane.
La dimostrazione di un legame diretto fra oncogeni e infiammazione in un tumore umano, invece, è stata ottenuta per la prima volta nel carcinoma papillare della tiroide. Il nostro studio è stato pubblicato pochi mesi fa sulla prestigiosa rivista scientifica Proceeding National Academy of Science, organo ufficiale dellAccademia delle Scienze Americana. Recentemente, è stato dimostrato in sistemi sperimentali murini che esiste un legame causale tra un altro oncogene, denominato ras, e la produzione di una chemochina (ligando per CCR1) in tumori non tiroidei. Questi dati suggeriscono che un nesso causale tra oncogeni e ambiente microinfiammatorio tumorale possa essere un fenomeno più generale.
Cosa comporta questa scoperta? Quali possibilità apre?
Fino ad oggi non si conosceva il nesso fra gli eventi genetici che causano il cancro e la costruzione del microambiente infiammatorio tumorale. Noi abbiamo dimostrato che un oncogene, noto per trasformare le cellule normali in cellule tumorali, è in grado anche di collaborare a creare un micro-ambiente infiammatorio favorevole allo sviluppo del tumore stesso. Questi risultati aumentano le nostre conoscenze di base sui processi infiammatori legati ai tumori. Inoltre, si profila la possibilità che qualche molecola legata allinfiammazione possa diventare un marcatore utile per monitorare i pazienti, o un bersaglio molecolare per contrastare lo sviluppo del tumore, aprendo la strada a nuove terapie. Infatti, sta diventando sempre più evidente che per combattere il cancro si possono utilizzare bersagli, non solo della cellula tumorale, ma anche dellinfiammazione associata al tumore stesso.
Come è stata effettuata la ricerca? Con quale metodologia? Dove e su chi?
Ho condotto questa ricerca nel Dipartimento di Oncologia Sperimentale dellIstituto Nazionale dei Tumori di Milano (via Venezian, 1), diretto dal dottor Marco Pierotti, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori. Lo studio è frutto della collaborazione fra due team di ricercatori coordinati rispettivamente dal dottor Pierotti nel nostro Istituto e dal professor Alberto Mantovani dellIstituto Clinico Humanitas - IRCCS. La ricerca, alla quale ha collaborato il professor Andrew Fischer dellUniversità del Massachusetts, è stata condotta con il sostegno dellAIRC - Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Abbiamo costruito un modello in vitro: abbiamo inserito in cellule primarie umane di tiroide, loncogene RET/PTC1, oncogene presente con alta frequenza proprio nei carcinomi papillari della tiroide. RET/PTC1 è stato isolato nel nostro laboratorio, che da molti anni studia le basi molecolari dei tumori tiroidei, in collaborazione con il gruppo dei professori Giancarlo Vecchio e Alfredo Fusco. La ricerca è stata condotta con la metodologia dei microarray che consente lanalisi contemporanea dellespressione di circa 30.000 geni coinvolti in diversi processi cellulari normali e patologici, inclusi il cancro e linfiammazione. Abbiamo dimostrato che loncogene RET/PTC1 non solo trasforma le cellule in senso tumorale, ma induce anche lespressione di molte molecole coinvolte nellinfiammazione come chemochine (CCL2, CCL20, CXCL8, CXCL12), recettori per chemochine (CXCR4), citochine (IL1B, CSF-1, GM-CSF, G-CSF), enzimi che degradano la matrice extracellulare (MMPs, UPA) e molecole di adesione (P ed L-Selectina).
Questi risultati sono stati poi confermati utilizzando frammenti chirurgici di tumori di pazienti affetti da carcinoma della tiroide. Sono stati esaminati sia diversi istotipi di tumori della tiroide che tiroidi sane: i carcinomi papillari esprimevano le stesse molecole infiammatorie identificate nel modello in vitro. Questi geni erano espressi a livelli elevati soprattutto nei tumori con metastasi linfonodali.
Qual è il prossimo passo adesso?
Per quanto riguarda il tumore papillare della tiroide, approfondiremo ed estenderemo le precedenti analisi per individuare sia marcatori molecolari utili per monitorare i pazienti, sia bersagli in grado di fermare linfiammazione, allo scopo di mettere a punto nuove terapie. Un altro importante approfondimento di questo studio consiste nel verificare la possibilità di estendere questa scoperta ad altri tipi tumorali.
L'incidenza
I tumori della tiroide rappresentano circa l1% di tutti i tumori. Sono i tumori più comuni del sistema endocrino e riguardano soprattutto giovani e adulti di mezza età con incidenza annua di circa 122.000 casi nel mondo e circa 2.000 casi in Italia, con un rapporto di 3 a 1 tra femmine e maschi. La frequenza dei noduli diventa molto più alta per le donne in età fertile, arrivando anche al 50%. Comunque solo il 5-6% dei noduli è maligno. Lincidenza annua di carcinoma tiroideo varia in differenti parti del mondo: da 0,8 a 5 per i maschi, da 1,9 a 19,4 per le femmine ogni 100.000 individui, ed è in aumento (World Health Organization Classification of tumors). Ed è quello con il maggior incremento nella popolazione, tanto che la sua frequenza è aumentata negli ultimi 10 anni di 3,4 volte. Il tipo papillare rappresenta più del 70% di tutti i tumori tiroidei. Il cancro alla tiroide, che colpisce ogni anno 8 persone ogni 100 mila, ha una probabilità di guarigione del 90%.
La tiroide
La tiroide è una ghiandola che si trova nel collo, appena sotto la cartilagine tiroidea che nelluomo costituisce il cosiddetto pomo dAdamo. Per dare unidea, si può dire che ha la forma di una farfalla con le due ali poste ai lati della laringe. Queste costituiscono i lobi della tiroide, mentre la parte centrale che le congiunge è chiamata istmo. La tiroide è una ghiandola endocrina: cioè produce gli ormoni tiroidei, che hanno la funzione di regolare il metabolismo, ovvero la modalità con cui lorganismo utilizza e consuma le sostanze nutritive e altre funzioni come ad esempio la regolazione del battito cardiaco e della temperatura corporea. La tiroide produce gli ormoni solo se stimolata a sua volta dal rilascio di un altro ormone, il TSH il cosiddetto ormone tireostimolante. Il tumore della tiroide è provocato dalla crescita anomala di un gruppo di sue cellule, e può essere sia benigno sia maligno. Tutte le forme di cancro a carico di ghiandole prendono il nome di adenocarcinomi: nel caso della tiroide si può avere un adenocarcinoma papillare, oltre il 75% dei casi, oppure follicolare, circa il 15%. Vi sono poi forme tumorali a carico delle cellule parafollicolari dette anche cancro tiroideo midollare, meno del 5% dei casi. Una forma particolarmente aggressiva, ma per fortuna rara, è il cosiddetto cancro anaplastico della tiroide.
Chi è a rischio
Le donne sono più colpite degli uomini nella proporzione di quattro a uno.
Fra i fattori di rischio accertati cè il cosiddetto gozzo tiroideo, una crescita benigna della ghiandola dovuta a carenza di iodio che però predispone alla trasformazione maligna delle cellule.
Unaltra possibile causa è lesposizione alle radiazioni. È accertato che il tumore della tiroide è più comune in persone che si sono sottoposte per altre forme tumorali a radioterapia del collo oppure che sono state esposte a ricadute di materiale radioattivo (è successo dopo lesplosione delle bombe atomiche nella Seconda Guerra Mondiale e dopo il disastro della centrale atomica di Chernobyl). Ma laumento di questo tipo di cancro è legato anche agli ambienti in cui è presente unattività vulcanica: non a caso, tra i luoghi che contano le percentuali maggiori di tumore alla tiroide ci sono i paesi vicino allEtna e lIslanda. Anche in questo caso, la prevenzione è la prima arma per combattere un eventuale tumore. Un controllo periodico del collo dal medico di famiglia, alla ricerca di qualche nodulo, non può che essere di aiuto.
Sintomi
Il sintomo più comune del tumore della tiroide è un nodulo. Durante la palpazione della tiroide il medico può sentirlo con le dita, tastando il collo.
Prevenzione
Lunica prevenzione vale nelle aree dove il gozzo è endemico, per mancanza di iodio, e vi è una maggior incidenza di neoplasie tiroidee. In questo caso è consigliabile, far entrare nella propria cucina, del sale iodato. Non ci sono invece particolari esami a cui sottoporsi, perché si tratta di tumori che spesso non danno problemi per molti anni. È consigliabile una visita di controllo dal proprio medico, una volta lanno.
Diagnosi
Se il medico ha individuato un nodulo, vi prescriverà una serie di esami per misurare gli ormoni tiroidei nel sangue e il TSH, lormone che regola il funzionamento della tiroide. A questi si aggiunge unecografia e la scintigrafia tiroidea. Se ci sono ancora dubbi si procede con una biopsia o una Tac.
Come si cura
Il trattamento più comune prevede la chirurgia, con la quale si asporta tutta la ghiandola. Nel caso invece di una forma papillare al primo stadio di gravità è possibile procedere alla lobectomia, cioè allasportazione del solo lato coinvolto. Dopo lintervento si somministrano in genere ormoni tiroidei in sostituzione di quelli che la ghiandola non può più produrre.
Le nuove linee guida europee
Nuove linee guida europee per rendere più omogenei e meno invasivi i monitoraggi e le terapie
per il cancro alla tiroide. Sono state presentate al Congresso internazionale per la gestione del cancro alla tiroide, che si è svolto a Siena, prima dellestate. Le principali novità sono state illustrate da Furio Pacini, direttore di endocrinologia allUniversità di Siena.
Le linee guida, sono importanti per due motivi: perchè finalmente si danno delle regole condivise a
livello europeo, che si spera vengano accolte da tutti coloro che in Europa si occupano di tiroide; e perché riportano metodi di diagnosi e di terapia più aggiornati, finalmente adatti allo stadio della malattia di ogni singolo paziente. Cure insomma più semplici, meno costose e più efficaci.
Per arrivare alla formulazione delle linee guida presentate a Siena, hanno lavorato per un anno e
mezzo, 25 diverse società scientifiche di endocrinologia diffuse su tutto il territorio europeo, per un
totale di 50 esperti del settore. Il documento definitivo, presentato proprio al Congresso, è stato pubblicato a giugno sulla rivista European Journal of Endocrinology. La pubblicazione
inoltre avvenne in contemporanea con le linee guida americane che, come ha spiegato il professor Pacini, hanno alcune differenze, anche se minime, legate al diverso tipo di popolazione e al diverso
ambiente. Non a caso al Congresso è previsto anche questo tipo di dibattito. Tra le novità che sono state trattate a Siena cè anche una nuova tecnica operatoria mini-invasiva per il cancro alla tiroide, che riduce il decorso post-operatorio e che salvaguarda il lato estetico del paziente. La tecnica consiste nel fare un taglietto di solo 1,5 cm, contro i 6 cm delle tecniche attualmente utilizzate. Questo vuol dire cicatrici meno evidenti, anche se è applicabile solo per i tumori non troppo grossi, che comunque sono la maggior parte.
Indirizzi utili
Istituto Clinico Humanitas
Via Manzoni, 56 - 20089 Rozzano (MI)
Centralino: 02 82241
Prenotazioni/informazioni: 02 82246205 / 02 82248282
www.humanitas.it
Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Nazionale dei Tumori
Via Venezian, 1 20133 Milano
Centralino: 02 23901
Prenotazioni/informazioni: 02 23902541 - 02 23904000
www.istitutotumori.mi.it
Oncologia sperimentale
Dott. Marco A. Pierotti
Azienda Ospedaliera Pisana
Via Zamenhof, 1 - 56127 Pisa
Centralino: 050 992111
Prenotazioni/informazioni: 050 995995-992000
www.ao-pisa.toscana.it
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