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Nutrizione e guarigione dei tessuti

Lara Bettinzoli, N. 6/7 giugno/luglio 2006

La Prevenzione primaria applicata all’alimentazione, ossia una corretta educazione alimentare, può aiutare a prevenire i motivi che provocano la trasformazione delle cellule sane in malate e controbattere le sostanze prodotte dal tumore e dalle terapie antitumorali sull’organismo. I cibi, le modalità di cottura e di conservazione possono aumentare o diminuire il rischio che si manifesti un tumore.
C’è una frase che si ripete spesso durante le conversazioni o dibattiti sull’alimentazione, citata anche da illustri studiosi del settore: "Noi siamo quello che mangiamo".
Ma qual è il senso reale di questa espressione? È mai possibile che gli alimenti di cui ci nutriamo possano modificare la nostra struttura chimico-fisica e condizionare gli stati mentali?
Se fosse così, e se mangiassimo e bevessimo in modo “salutare”, sarebbe possibile prevenire anche le malattie? Qual è l’alimentazione “salutare” che ci può fornire l’elisir di lunga e sana vita?
Per trovare risposte a queste e altre domande ci siamo rivolti a degli esperti, il dottor Marco Scala, responsabile per la Chirurgia Rigenerativa, presso il Dipartimento di Terapie Chirurgiche Integrate dell’Istituto Tumori di Genova, presidente dell’Associazione Europea per la Rigenerazione dei Tessuti (AERT), il dottor Flavio Frascio, Dirigente Medico I livello presso il Servizio di Nutrizione Clinica dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova e della S.C. di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica e la dottoressa Silvia Pasetti del Dipartimento di Biologia (DIBIO), Università degli Studi di Genova.

Dottor Scala, con lei finora abbiamo imparato come si rigenerano i tessuti partendo da tre elementi fondamentali: le piastrine del sangue periferico, le cellule staminali, i biomateriali. Tali processi rigenerativi possono essere influenzati dalla nutrizione?
Lo stato nutrizionale rappresenta il più importante fattore dell’ospite in grado di contribuire alla guarigione delle ferite e alla rigenerazione tissutale. È ormai dimostrato, infatti, che l’apporto proteico e calorico riveste fondamentale importanza nella stimolazione del tessuto di granulazione e del collagene in particolare.

Questo vale anche per il trattamento di ferite cosiddette “difficili” quali le piaghe cutanee?
Certamente. Esso riveste un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento delle piaghe cutanee, che rappresentano un problema sociale sottovalutato ma di notevoli dimensioni, basti pensare che esse costano al SSN quasi 1 miliardo di euro l’anno.
Lesioni da decubito, malnutrizione, immobilità e dipendenza funzionale sono strettamente correlate fra di loro. Alcuni studi hanno dimostrato l’associazione tra scarsa introduzione con la dieta di calorie, vitamine, proteine e sali minerali e lo sviluppo di ulcere da pressione.

Ci può fare qualche esempio?
Parliamo delle ulcere da decubito: negli anziani questa patologia rappresenta una grave causa di morbilità e invalidità raggiungendo un’incidenza che si avvicina al 70%. Queste lesioni non seguono il processo di guarigione dei tessuti sani che porta ad una fisiologica restitutio ad integrum. Fibroblasti e cellule epiteliali prelevati da ulcere da decubito e messi in coltura, crescono molto più lentamente di quelli prelevati da tessuti sani e riescono a coprire soltanto il 70% della superficie. Ne consegue un ritardo del processo di cicatrizzazione. Il supporto nutrizionale di calorie e dei singoli nutrienti influenzano l’insorgenza e la guarigione di tali lesioni.

Qual è il ruolo dei nutrienti?
Esaminiamo il ruolo dei singoli nutrienti. Per quanto riguarda le calorie, un deficit calorico comporta una riduzione del peso corporeo con conseguente assottigliamento dei tessuti sottostanti che hanno una funzione protettiva. È quindi necessario fornire una quantità adeguata di calorie per favorire i processi anabolici. Una deplezione di proteine compromette la capacità di guarigione delle ferite inibendo la proliferazione dei fibroblasti e la sintesi del collagene. Deve essere garantito un adeguato supporto proteico per arrivare alla guarigione. Da studi recenti sembrerebbe auspicabile un apporto medio di 1,5-1,8 g/kg/die addizionate da una quantità di arginina di circa 15 g. Questo aminoacido ramificato, infatti, sembrerebbe in grado di stimolare il sistema immunitario e di aumentare la produzione di collagene. Importante é pure il ruolo della vitamina C: essa interviene nella formazione del collagene e nella proliferazione fibroblastica, mentre un deficit di vitamina A può indurre un ritardo nella cicatrizzazione e aumentare la suscettibilità alle infezioni. Infine non bisogna dimenticare il ruolo dello zinco nella guarigione delle ferite: esso agisce stimolando la mitosi cellulare e la proliferazione dei fibroblasti.

Quindi la nutrizione gioca un ruolo importante anche in quei pazienti che devono subire un importante intervento chirurgico?
Queste osservazioni pongono indicazione alla nutrizione preoperatoria nei pazienti gravemente malnutriti e candidati ad interventi chirurgici, quali ad esempio i malati neoplastici, con elevato rischio di complicanze postoperatorie.
La via di somministrazione deve essere scelta considerando la patologia in atto, le condizioni del paziente e non da ultimo il rapporto costo-beneficio delle varie possibilità.
Devono essere sempre predilette, ove possibile, le vie (per os o enterale) che percorrono fisiologicamente il tratto gastrointestinale, riservando la via venosa (che bypassa la fase intestinale della nutrizione) solo ai casi strettamente necessari.
Negli ultimi anni sono state impiegate, anche nei pazienti ben nutriti, in fase preoperatoria, miscele arricchite in substrati specifici (arginina, glutamina, RNA, acidi grassi omega 3) che hanno come obiettivo il miglioramento della risposta immunitaria e la modulazione della risposta infiammatoria (farmaconutrizione).
I dati incoraggianti dei recenti trial conclusi da autorevoli gruppi di ricerca italiani fanno ritenere che l’immunonutrizione potrà assumere un ruolo importante nella preparazione del paziente alla chirurgia.

Sempre di più quindi si va verso un approccio multidisciplinare del paziente oncologico?
Certamente, perché oltre a essere sottoposto ai trattamenti oncologici, chirurgici, radio e chemioterapici, il paziente neoplastico deve essere visto nella sua globalità, intervenendo su di esso già in fase di pretrattamento, secondo i principi della moderna farmaconutrizione e immunonutrizione. Un altro aspetto di indubbia importanza è quello che riguarda la medicina comportamentale. Nel nostro Istituto da circa sei mesi, nell’ambulatorio di patologia della testa e del collo, opera una psicologa, la dottoressa Daniela Mannucci, la quale, secondo i principi della “mind-body medicine”, agisce sul paziente con approccio psico-neuro-immunologico, molto efficace nell’influenzare i modelli ed eliminare eventuali fattori di stress che nella vita possono arrecare sconforto ed essere concausa nell’insorgenza del cancro.

Che cos’è la medicina comportamentale?
La medicina comportamentale è basata sull’inseparabile collegamento esistente tra mente e corpo e le interazioni molto specifiche tra i pensieri di una persona, gli schemi delle sue convinzioni inconsce e i loro effetti sul corpo fisico. È una branca della medicina che utilizza teorie, metodi e trattamenti psicoterapeutici analitici e creativi per arrivare a una comprensione profonda del mondo interiore del paziente, con i pensieri, le emozioni e le convinzioni che lo caratterizzano. Alcuni pensieri infatti sono collegati ad uno stato di disagio interiore, provocato dalla costruzione di schemi mentali ricorrenti. Lo scopo è individuarli, correggere certi schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, e arricchirli con altri pensieri più oggettivi e più funzionali al benessere della persona. Inoltre è necessario modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione. È necessario scoprire quali siano le convinzioni, costruite in base alle esperienze, che causano un determinato comportamento e una precisa modalità nell’affrontare le situazioni che, alla fine, possono sfociare in malattia e, a volte, anche essere concausa dell’insorgenza del cancro.

Il ruolo degli antiossidanti: proteggersi dal tumore combattendo lo stress ossidativo
Numerosi studi hanno stabilito che i responsabili di danni all’organismo che inducono l’invecchiamento e il tumore sono i radicali liberi, sostanze chimiche attive che hanno tendenza a reagire con numerose biomolecole (proteine, lipidi e acidi nucleici) danneggiandole. Nelle persone malate di tumore si è notata un’eccessiva produzione di radicali liberi dovuta sia alla malattia che alle terapie utilizzate. Per essere protetti dai radicali è necessario, più che eliminarli, ricorrere a fattori antimutageni e anticarcinogeni, costituiti dalle sostanze antiossidanti, in grado neutralizzare i danni causati dai radicali, che troviamo abbondantemente in frutta e verdura.
Molteplici ricerche hanno convenuto che l’elevato consumo di frutta e verdure e il basso consumo di grassi saturi animali sono correlati a un minor rischio di sviluppo di tumori. È stato dimostrato che i vegetali crudi quali carote, crocifere, agliacee, verdure a foglia verde e pomodori hanno un’azione protettiva.
Con l’alimentazione è possibile prevenire alcuni tipi di tumore e questo fatto è particolarmente significativo per le persone che sono guarite dal tumore e che sono comunque a rischio di svilupparne uno nuovo. I cibi integrali ricchi di fibre e l’acido folico sono protettivi nei confronti del tumore al colon; il beta-carotene, la vitamina C proteggono dal tumore al seno, contrariamente agli alimenti ricchi di grasso; il rischio di tumore al polmone è diminuito dall’assunzione giornaliera di cinque porzioni tra frutta e verdura e di latte; le fibre sono utili anche nella prevenzione del tumore allo stomaco, insieme a una dieta povera di sale e ricca di proteine; la vitamina C, la E e il beta-carotene riducono il rischio di tumore dell’esofago; il tumore alla prostata è favorito dagli alimenti ricchi di grassi saturi, grassi animali e carni, mentre la vitamina E può ridurre il rischio di contrarlo.

Morte della cellula
Un esperto di radicali liberi, la dottoressa Catherine Rice-Evans, direttore del Gruppo di ricerca sui radicali liberi della Guys Medical School di Londra, spiega: "All’interno della parete cellulare ci sono diversi componenti che svolgono differenti compiti. I radicali liberi attaccano i lipidi e danneggiano la membrana cellulare causando la distruzione di queste componenti. Si può paragonare tutto ciò a un uovo che viene danneggiato o rotto: il suo contenuto fuoriesce e si disperde. Un punto importante è la reazione a catena che si crea e che è responsabile del danno alle membrane e, al tempo stesso, induce una morte prematura della cellula o un’alterazione della sua risposta agli ormoni e ai neuro-trasmettitori. I radicali liberi danneggiano anche i sistemi enzimatici regolando così importanti reazioni interne al nostro corpo; inoltre possono causare mutazioni genetiche delle nostre cellule inducendole a trasformarsi in cellule maligne (cancro)".

Effetti delle terapie antitumorali sullo stato di nutrizione
Le terapie antitumorali possono avere effetti sullo stato nutrizionale del paziente: l’intervento può comportare la rimozione parziale o totale di organi coinvolti nell’alimentazione, causando problemi di masticazione e deglutizione, riduzione degli organi che contengono gli alimenti, alterare l’assorbimento o la digestione. L’utilizzo della nutrizione artificiale o di farmaci atti a stimolare l’appetito, possono essere un valido aiuto nel contrastare gli effetti collaterali dell’intervento chirurgico.
La chemioterapia può portare a perdita dell’appetito, nausea, vomito, diarrea o stitichezza, cambiamento del gusto, infiammazioni e piaghe della bocca. In questo caso vengono utilizzati farmaci specifici, integratori alimentari o in casi gravi si ricorre alla terapia nutrizionale artificiale.
La radioterapia può causare anoressia, cambiamento del gusto, calo dell’appetito, secchezza, infiammazioni e placche in bocca, problemi nella deglutizione, infezioni o irritazioni all’esofago, nausea, diarrea, fistole a stomaco e intestino. Anche in questo caso viene utilizzata la terapia nutrizionale.
Nell’immunoterapia viene utilizzato il sistema immunitario del paziente per combattere il tumore, rafforzando le difese naturali dell’organismo contro il tumore stesso. Tra gli effetti collaterali attribuibili a questa terapia ricordiamo nausea, vomito, diarrea, febbre, inappetenza, astenia.

Come migliorare con l’alimentazione i disturbi legati al tumore
Individuare e correggere eventuali problemi nutrizionali è indispensabile per aumentare le possibilità di guarigione del malato, in quanto i pazienti sottopeso o malnutriti hanno una maggiore tendenza a rispondere in modo peggiore ai trattamenti neoplastici. Lo scopo è quello di ristabilire le eventuali carenze di nutrienti, mantenere un corretto equilibrio nutrizionale e prevenire possibili complicanze come ad esempio le infezioni. Tutto questo mangiando cibi con alto contenuto in calorie e proteine, pianificando i pasti e utilizzando farmaci che stimolino l’appetito, contro la nausea e il vomito, antidiarroici e farmaci per problemi della bocca.

Gli effetti benefici del vino
Il Consorzio di ricerca sul rischio biologico in agricoltura (Coribia) ha scoperto che il vino rosso siciliano contiene il piceatannolo, sostanza in grado di inibire la crescita di cellule tumorali.
Il piceatannolo è stato rilevato solo nei vini rossi siciliani fino ad ora; i vitigni siciliani hanno evidentemente qualcosa che li differenzia dagli altri. L’intuizione che i rossi siciliani potessero contenere questa sostanza è nata a causa della minore incidenza di tumori in Sicilia, rispetto alle altre regioni italiane.
Questi studi sono partiti da un dato epidemiologico risalente agli anni ’90, secondo cui da uno studio sulla popolazione francese si è dedotto che l’incidenza di malattie cardiovascolari e di tumori era notevolmente più bassa rispetto a quello degli altri paesi. In seguito è stato dimostrato che erano gli stilbeni, sostanze contenute nel vino rosso, ad avere quest’azione difensiva.
Gli stilbeni sono generati dalla pianta in caso di eccessiva esposizione alla luce solare, presenza di funghi, batteri o virus e avversità atmosferiche.
Tra gli stilbeni, il trans-resveratrolo, prodotto dalla vite in seguito a stimoli negativi, sembra avere i migliori effetti antitumorali.
Una ricerca pubblicata dal “British Journal of Cancer” riporta che il resveratrolo rinvenuto nel vino rosso e nei grappoli d’uva, aiuta a prevenire il cancro.
In aggiunta il resveratrolo si trova in più alte concentrazioni nelle piante non trattate con fungicidi artificiali e pesticidi.
Il vino rosso contiene resveratrolo e presenta una maggiore percentuale fenolica rispetto al vino bianco o al rosé; il motivo di tale differenza consiste nel prolungato contatto con la buccia, da cui si liberano queste sostanze, durante la fermentazione del rosso.

Dal salmone selvatico sostanze benefiche per la nostra salute
I salmoni d’allevamento contengono un cancerogeno, il bifenile policlorurato (PCB), come reso noto dall’Enviromental Working Group (EWG).
Sette salmoni su dieci acquistati nei supermercati americani erano contaminati da PCB a livelli tali da rappresentare un rischio per la salute.
Molteplici governi hanno annoverato i PCB come probabile causa di cancro; purtroppo gli studi condotti sulla popolazione sono troppo pochi per definire i PCB cancerogeni, ma gli scienziati della General Electric hanno testato i quattro preparati in commercio di PCB, verificando che sono causa di tumori del fegato nelle femmine e della tiroide nei maschi di ratto. Ulteriori studi hanno dimostrato che i PCB causano tumori al fegato. Il National Cancer Institute (NCI) ha scoperto che un preparato di PCB in commercio è causa di adenocarcinoma gastrico in 6 su 144 ratti testati.
Alcuni studi dimostrano che i lavoratori esposti ai PCB hanno una probabilità maggiore di morire di cancro al fegato, al tratto biliare, all’intestino e alla pelle. Meno chiare sono le associazioni con il tumore al cervello, sangue e sistema linfatico. Due studi hanno trovato che pazienti con il linfoma di non-Hodgkin hanno livelli più alti di PCB paragonati ai controlli sani.
I test effettuati sui salmoni d’allevamento hanno provato che sono probabilmente i più contaminati dai PCB tra gli attuali alimenti degli U.S.; questi salmoni sono alimentati con mangime a base di farine e oli ottenuti dalla lavorazione di piccoli pesci di mare aperto, che trasferiscono le sostanze inquinanti accumulate in questi ultimi nel grasso del salmone.
I salmoni in cattività sono intenzionalmente fatti ingrassare per massimizzare il mercato, ed essendo i mangimi contaminati, possono accumulare maggiori quantitativi di PCB rispetto ai salmoni selvatici che si nutrono di pesci che contengono generalmente bassi livelli di inquinanti persistenti. I salmoni d’allevamento contengono il 52% di grasso in più rispetto al salmone selvatico, secondo i dati dell’USDA.
In media i salmoni d’allevamento hanno 16 volte più diossine come PCB di quelli selvatici, 4 volte i livelli del manzo, e 3,4 volte i PCB trovati in altri frutti di mare. Ma in questi pesci si concentrano anche alti livelli di altri inquinanti persistenti come DDT, dieldrin, diossina, idrocarburi aromatici polinucleari, sottoprodotti della combustione che sono pericolosi per la salute.
L’EWG raccomanda di preferire i salmoni selvatici e di mangiare una porzione di salmone d’allevamento non più di una volta al mese.
Nei salmoni selvatici sono stati rinvenuti alti quantitativi di acidi grassi omega-3, nonostante questi contengano il 52% di grasso totale in meno rispetto ai salmoni d’allevamento.
Gli omega 3 sono essenziali alla salute e alla vita e non sono prodotti dall’organismo, ma si ottengono da alimenti come l’olio di pesce e l’olio di fegato di merluzzo.
Gli omega-3 sono nutrienti essenziali per lo sviluppo del cervello, proteggono dal morbo di Alzheimer e dalle malattie cardiovascolari.
L’integrazione degli omega–3 migliora la funzionalità polmonare nei pazienti con BPCO.
Inoltre, nei salmoni selvatici è contenuta l’Astaxantina, pigmento carotenoide: un potente antiossidante che aiuta a prevenire il danno causato dai radicali liberi a cellule e tessuti.
È stata recentemente fondata la “Associazione Europea per la Rigenerazione dei Tessuti” - (A.E.R.T.) i cui principali scopi sono quelli di divulgare le metodiche rigenerative, promuovere la ricerca di base e clinica nel campo della chirurgia rigenerativa, fornire sostegno economico agli studi riguardanti la rigenerazione tissutale. (www.aert.it)


Il dottor Marco Scala
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1980 presso l’Università degli Studi di Genova. Specializzazione in Oncologia presso l’Università degli Studi di Genova; nel 1988 stage in criochirurgia presso “The First Teaching Hospital of Beijing Medical University, Pechino, Cina; nel 1990 stage in criochirurgia presso L’Università di Xian, Cina.
1990: Specializzazione in Otorinolaringoiatria presso l’Università degli Studi di Sassari.
1996: Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale presso l’Università degli Studi di Verona.
2000: Corso di perfezionamento in Chirurgia del distretto cervico cefalico presso il Memorial
Sloane Kettering Cancer Centre - N.Y. U.S.A. (Dr. Y. Shah).
2000: Corso di perfezionamento sull’uso del gel piastrinico nella rigenerazione del tessuto osseo presso lo studio del professor Alan Meltzer - New Jersey - Stati Uniti. Dal 1982 Medico Chirurgo presso la Divisione di Oncologia Chirurgica dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova.
Da gennaio 2003 responsabile della Chirurgia Rigenerativa presso l’IST di Genova.
Autore di più di 100 pubblicazioni su riviste scientifiche.

Il dottor Flavio Frascio
Laurea in Medicina e Chirurgia (1983 - Genova) con votazione 110/110 e discussione di tesi sperimentale su “Encefalopatia epatica e triptofano libero”.
Specializzazione in:
- Gastroenterologia ed endoscopia digestiva (1988 - Università di Genova)
- Oncologia (1991 - Università di Genova).
Responsabile di Qualità del Servizio di Nutrizione Clinica dal 1999 al 2000 e della S.C. di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica dal 2000 al 2002.
Membro del Gruppo di Cooperazione Interdisciplinare di gastroenterologia oncologica.
Membro del Gruppo di Cooperazione Interdisciplinare di Oncologia Cervico-Cefalica dell’IST dal momento della sua istituzione.
Docente presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia dell’Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva Chirurgica dell’Università degli Studi di Genova dall’anno accademico 2002-2003 (insegnamento: “Tecnica diagnostica endoscopica”).

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