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Tumori rari: progetti a confronto

Valentina Ardia, N. 4 aprile 2006

Da un’analisi a largo raggio sui tumori rari al caso specifico del leiomiosarcoma uterino. Progetti, banche dati e ipotesi per continuare a sperare.I tumori rari rappresentano da sempre una sfida importante per la medicina proprio perchè è difficile stabilire una prassi clinica specifica. La capacità terapeutica, spesso realizzata in centri di riferimento, è limitata e le nuove terapie sperimentali sono bloccate a causa dei pochi pazienti sottoponibili a studi randomizzati. In base a dati europei comuni la sopravvivenza per tipologia di cancro è stata espressa sotto forma relativa e il valore prognostico delle variabili studiate è stato valutato con il metodo della regressione multipla. I tumori rari studiati sono stati scelti da un gruppo di oncologi, patologi ed epidemiologi sulla base della loro rarità, definita secondo l’incidenza della malattia nella popolazione. È stata scelta la soglia del tasso di 2 nuovi casi per 100.000 abitanti l’anno. Per alcuni dei tumori selezionati sono disponibili validati protocolli terapeutici, mentre per altri tumori le soluzioni terapeutiche sono insoddisfacenti. La sopravvivenza a 5 anni è buona (>65%) per il coriocarcinoma della placenta (85%), il carcinoma a cellule germinali dell’ovaio (73%), il carcinoma medullare della tiroide (72%), il carcinoide del polmone (70%) e l’adenocarcinoma della cervice uterina (66%). Discreta è la sopravvivenza per carcinoma del testicolo che insorge in pazienti con 65 anni o più (64%), sarcoma agli arti (60%), carcinomi endocrini dell’apparato digerente (56%), carcinoma squamocellulare dell’ano (53%) e sarcoma dell’utero (44%). La prognosi è migliore per le donne, ma è limitata negli anziani (>=75 anni). Per i tumori in genere, e particolarmente per i tumori rari, basse sopravvivenze indicano difficoltà di accesso alle strutture di diagnosi e di trattamento specialistico. L’opportunità offerta dal progetto EUROCARE (info: www.istitutotumori.mi.it) di studiare i tumori rari su scala europea, è preziosa. Questo studio è senz’altro uno dei più ampi e le informazioni che ne emergono sono nuove e importanti per la programmazione sanitaria. Per neoplasie così rare non valgono le soluzioni applicate ai tumori frequenti e dovrebbe essere sperimentata la creazione di reti nazionali telematiche. Questi risultati sono anche importanti per la pianificazione degli studi randomizzati e non. La sperimentazione clinica in questo ambito non può che essere internazionale e favorita dalla costruzione e dal finanziamento di network internazionali, del tipo di quelli promossi dall’Unione Europea con i programmi quadro per la ricerca. Questo specifico studio è stato finanziato da Europe Against Cancer nel 2000, anche se il progetto ha origini ben più lontane. Risale infatti al 1989 come “concerted action” tra i Registri Tumori europei con l’obiettivo di misurare e spiegare le differenze internazionali nella sopravvivenza per tumore in Europa. L’Istituto Superiore di Sanità è responsabile della gestione e dell’analisi statistica dei dati. La banca dati Eurocare è centralizzata presso l’ISS, dove ricercatori e tecnici del Centro Nazionale di Epidemiologia e del Servizio Elaborazione Dati ne seguono il mantenimento e l’aggiornamento. I dati, raccolti secondo un unico protocollo, riguardano: sesso, età, data della diagnosi, sede e morfologia del tumore, conferma istologica e stato in vita. Il primo risultato centrato dallo studio è stato quello di ottimizzare la confrontabilità dei dati di sopravvivenza raccolti dai vari Registri Europei, attraverso la standardizzazione delle definizioni, delle classificazioni e delle procedure di controllo di qualità. Si è dato vita quindi alla più grande banca dati mondiale di sopravvivenza per tumore.
Tra i tumori rari abbiamo scelto un caso specifico da analizzare, che colpisce le donne. Si tratta del sarcoma uterino, e in particolare parleremo del leiomiosarcoma, che deriva dal fibroma che invece è il più frequente tumore benigno dell’utero. Un fibroma può presentarsi con dimensioni molto variabili, potendo variare il suo diametro da pochi millimetri fino a oltre 10-15 cm, raggiungendo nei casi estremi dimensioni tali da occupare buona parte dell’addome. Inoltre nella stessa paziente può presentarsi un singolo fibroma o più fibromi simultaneamente, di forma, sede e dimensioni variabili. Il fibroma è una patologia tipica dell’età fertile e come tale può essere stimolato nel suo accrescimento dalla produzione ormonale ovarica. Infatti con la menopausa si verifica spesso una sua riduzione di volume. La possibilità che un fibroma possa degenerare in forma maligna (diventando così un sarcoma dell’utero) è estremamente rara. Tale rischio può essere sospettato di fronte a un rapido accrescimento di volume riscontrato in occasione di controlli clinici o ecografici. I sarcomi rappresentano il 3-5% dei tumori maligni del corpo dell’utero, con un’incidenza di 0,5-3,3 casi per 100.000 donne/anno. La variante istologica più comune è costituita dai tumori mülleriani misti (50% dei sarcomi uterini), seguita dai leiomiosarcomi (30%) e dai sarcomi dello stroma endometriale (15%), con un’incidenza annua rispettivamente di 0,82/100.000, 0,64/100.000 e 0,19/100.000 donne.
L’età d’incidenza è diversa in rapporto ai tipi istologici principali. I leiomiosarcomi aumentano gradualmente durante gli anni riproduttivi con un picco di incidenza verso i 60 anni e quindi declinano progressivamente con l’aumentare dell’età.
Esistono tre criteri principali per la diagnosi istologica del leiomiosarcoma: ipercellularità, significativa atipia nucleare e frequenti figure mitotiche. Più del 75% dei leiomiosarcomi presentano, infatti, ipercellularità, contengono nuclei atipici e hanno 10 o più mitosi. Tuttavia un tumore della muscolatura liscia che coinvolge i tessuti molli pelvici adiacenti all’utero è definito come leiomiosarcoma anche se non presenta chiare caratteristiche microscopiche di malignità. Il leiomiosarcoma mixoide è un tumore che microscopicamente appare costituito da cellule muscolari lisce ampiamente separate da materiale mixoide. La scarsa cellularità in parte giustifica la presenza di poche mitosi per campo nella maggior parte di questi tumori, che tuttavia sono gravati dalla medesima prognosi infausta dei leiomiosarcomi tipici.

Fattori prognostici
Il leiomiosarcoma è una neoplasia con percentuali di sopravvivenza a 5 anni del 25-40%.

Trattamento
La terapia chirurgica rappresenta il trattamento primario di scelta nei sarcomi uterini in stadio iniziale.
Il trattamento più utilizzato nel leiomiosarcoma è:
L’isterectomia Effettuata in anestesia generale, consiste nell’asportazione dell’utero. Eseguita per via laparoscopica, permette di accorciare sia i tempi di degenza, sia quelli di recupero. Si consiglia a donne in fase premenopausale o menopausale per l’impossibilità di avere altre gravidanze.
Altre tecniche utilizzate in caso di fibroma uterino non ancora degenerato in sarcoma:
Miomectomia Consiste nell’asportazione dei fibromi dalla parete uterina. Se il fibroma ha un diametro inferiore agli 8 centimetri e si trova sull’esterno dell’utero l’asportazione può essere effettuata anche per via laparoscopica. Quando il fibroma è invece all’interno dell’utero, l’asportazione può avvenire per via isteroscopica, cioè per via vaginale. In questo caso l’intervento può essere eseguito in day hospital.
Embolizzazione dell’arteria uterina Consiste nell’ostruire l’arteria che porta sangue al fibroma che così “muore di infarto”. La procedura richiede in genere una notte in ospedale e permette alla donna di ritornare alle normali attività nell’arco di una decina di giorni.
Un’alternativa non invasiva all’asportazione chirurgica dei fibromi uterini e alla stessa isterectomia (l’asportazione dell’utero) è già arrivata in Europa direttamente dagli Stati Uniti e secondo i primi dati indicativi giunti dai centri specializzati di Londra e Berlino, dove la terapia è in fase sperimentale, i risultati sarebbero incoraggianti. A quanto pare presto anche da noi approderà l’apparecchiatura per poter soddisfare le richieste delle donne italiane. In realtà si tratta dell’Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino (tel. 0549/994525), ma è importante che sia così vicino a noi per permettere uno studio ravvicinato della casistica clinica. La procedura, ambulatoriale, sfrutta l’utilizzo combinato della risonanza magnetica nucleare e degli ultrasuoni focalizzati per annientare i fibromi uterini dall’esterno, senza bisogno di ricorrere al bisturi. La risonanza magnetica consente di colpire il bersaglio e di mirare in maniera estremamente precisa l’effetto degli ultrasuoni focalizzati che, producendo un aumento della temperatura, distruggono il fibroma con il calore (tra i 65 e gli 85 gradi). La tecnica si può eseguire quando l’utero è al di sotto di un volume paragonabile a 24 settimane di gravidanza, non si possono trattare pazienti con più di 6 fibromi e il volume totale di questi per trattamento deve essere inferiore a 500 cc. Inoltre, non può essere effettuata in donne che desiderino gravidanze successive. Tra i vantaggi più significativi c’è sicuramente la degenza minima richiesta (dopo l’operazione è possibile tornare a casa già il giorno stesso in caso non vi siano complicazioni).

Avvertenze da farmacovigilanza.org
Tamoxifene
Il tamoxifene è un agente usato come terapia ormonale adiuvante nel carcinoma mammario e può essere utile per la prevenzione primaria in alcune donne ad alto rischio per questa patologia.
Mentre è già noto che l’uso di tamoxifene espone ad un aumentato rischio di tumori endometriali, dati recenti indicano che vi è anche un aumentato rischio di sviluppare un raro e aggressivo sarcoma uterino. Il meccanismo che è alla base dell’aumentato rischio non è noto, ma sembra correlato all’attività estrogeno-simile, che il tamoxifene esplica su alcuni sistemi del corpo inclusi le ossa, l’endometrio e i lipidi ematici.
Nel foglietto illustrativo dei farmaci che contengono tale agente sono state rafforzate le avvertenze nella sezione relativa agli effetti sull’utero, per includere anche l’aumentato rischio di sarcomi uterini.

Tumori dell’utero
I tumori maligni dell’utero si distinguono in base alla parte dell’organo interessata in:

  1. Tumore del collo (o cervice) dell’utero, che si origina nella porzione più esterna dell’organo, quella che collega l’utero alla vagina. È un tumore che evolve molto lentamente nel tempo, rilevabile nello stadio iniziale per la presenza di cellule anomale (displasia) al Pap-test. Queste cellule possono diventare cellule tumorali e diffondersi negli strati più profondi della cervice, invadendo anche altri organi.
    La prognosi di questo tipo di tumore è tanto migliore quanto più precoce è la diagnosi.
  2. Tumore del corpo dell’utero, che può originarsi sia dall’epitelio (carcinoma dell’endometrio) sia dal tessuto muscolare (sarcoma uterino). Colpisce in prevalenza donne in menopausa, nelle quali si manifesta con perdite ematiche anomale o dolore pelvico. Non è usualmente rilevabile al Pap-test, ma mediante esame citologico delle cellule prelevate dall’interno della cavità uterina.

Indirizzi utili

Istituto nazionale per la cura e lo studio dei tumori
Via Venezian, 1 - 20133 Milano
Centralino: 02 23901
Prenotazioni/informazioni: 02 23902541 02 23904000
http://www.istitutotumori.mi.it
Ostetricia e ginecologia
Dottor Francesco Raspagliesi
02 23902507

Azienda ospedaliera San Gerardo
Via Pergolesi 33 - 20052 Monza MI
Centralino: 039 2331
Prenotazioni/informazioni: 199144114
http://www.hsgerardo.org/
Ostetricia e ginecologia
Professor Costantino Mangioni
039 2333827

Ospedale infantile Regina Margherita e ospedale ostetrico ginecologico Sant’Anna
Corso Spezia 60 - 10126 Torino
Centralino: 011 313444
Prenotazioni/informazioni: 011 6640510
http://www.oirmsantanna.piemonte.it

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