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Test per la cardiotossicità
Annalisa Cretella, N. 4 aprile 2006
Sebbene la chemioterapia abbia fatto passi da gigante rispetto al passato, ci sono alcuni effetti collaterali che persistono e che sono legati a determinati farmaci e alle quantità che di questi vengono somministrate al paziente oncologico. Tra questi effetti ci sono le complicazioni al cuore che sono un elemento da tenere in grande considerazione durante liter di cura del malato. La tossicità cardiaca dei farmaci antitumorali, cioè la loro capacità di nuocere al cuore, è infatti un fenomeno più frequente di quanto non si pensi. Il numero di pazienti interessati dalla cardiotossicità arriva a percentuali consistenti. Eccole: nel 30% dei casi si ha una modificazione della funzionalità che diventa rilevante nel 15% e viene definita grave, con potenziale rischio di scompenso irreversibile, nell1% dei casi. Va da sé che tutto questo condiziona loncologo nella scelta delle terapie e che spesso, proprio per timore di causare qualche danno permanente a un organo vitale come il cuore, si preferisce somministrare al paziente farmaci a dosaggio ridotto. Una precauzione, che però limita la potenziale efficacia della cura. Proprio in questa direzione, per superare questi confini e arrivare a prevedere la cardiotossicità dei farmaci antitumorali, va limpegno di Carlo Cipolla, direttore dellUnità di Cardiologia dellIEO di Milano e della sua équipe.
Il problema, infatti, se non monitorato, è destinato a espandersi, dato che, non solo è in aumento il numero degli ammalati di tumore (oltre 100.000 nuove diagnosi ogni anno), ma è considerevole anche il numero dei pazienti stabilizzati, che devono però sottoporsi a nuovi cicli di chemioterapia nellarco degli anni. Laccumulo di queste terapie antitumorali multiple, ripetute e combinate, li espone a un rischio maggiore di cardiotossicità.
Insieme al dottor Cipolla, che ci accompagna in questo numero, cerchiamo di far luce sulle nuove frontiere della ricerca in questo settore. Molta strada cè da fare, ma alcuni punti fermi sono già stati raggiunti. Grazie a dei semplicissimi test, oggi, il paziente oncologico può sapere, prima che sia troppo tardi, se un farmaco è dannoso per il suo cuore e sospendere la terapia prima che il problema sia maggiore. Per capire perché questo contesto è così importante e lIEO sta facendo ricerca in maniera così spinta, è necessaria una premessa. La cardiotossicità fino a dieci anni fa, era qualcosa che si poteva solo sperare non si presentasse, non si riusciva a intercettarla, a vederne i primi eventi in fase preclinica e i segni premonitori non si conoscevano. Inoltre, quando arrivava, si manifestava prevalentemente con una fatica cardiaca, un cuore dilatato, uno scompenso cardiaco. La cardiotossicità, in poche parole, veniva vissuta in maniera drammatica, uno spettro che sempre teneva sulle spine loncologo, nellutilizzo di determinati e pur efficacissimi farmaci. È a questo punto che i cardiologi coordinati da Cipolla, hanno deciso di impegnarsi per trovare quelle spie che danno lallarme e permettono di sapere in tempo utile, che il paziente sta andando verso la cardiotossicità prima che questa diventi clinicamente rilevante e soprattutto prima che diventi irreversibile.
Nuovi test per prevenire il danno: le tre spie
Ad oggi sono stati individuati tre elementi che consentono di segnalare in anticipo che, durante una terapia standard, quindi non forzata, il cuore di quella persona inizia a intossicarsi. I primi due, sui quali si è accumulata unevidenza consistente, riguardano il riconoscimento nel sangue di alcuni elementi che non dovrebbero essere presenti. Queste sono la Troponina I, e un ormone, il Pro BNP (Brain Natriuretic Peptide). La prima è una proteina usata anche nella diagnosi dellinfarto. Però in quel caso si liberano unità di Troponina I, mentre nei pazienti oncologici anche uno 0,5 di Troponina I, può smascherare un danno cellulare miocardico indotto da farmaci. In definitiva, dunque, una proteina che esce dalla cellula miocardica (che non sarebbe uscita se la cellula non fosse stata danneggiata) è un segno precoce, preclinico di cardiotossicità. Lo stesso ruolo di spia è ricoperto da unaltra sostanza chiamata Pro BNP (Brain Natriuretic Peptide), che se riscontrata nei pazienti che hanno fatto le prime fasi della chemio, è un segno precoce di fatica cardiaca, di prescompenso cardiaco. Da notare che queste due sostanze possono essere rilasciate nel sangue, a partire da unora fino a una settimana da quando viene fatta la chemioterapia. E laspetto rilevante è che grazie alla loro presenza si riesce a sapere subito quello che accadrà in futuro: predicono subito, quello che accadrà un anno dopo. Queste spie segnalano che a distanza di un certo numero di mesi quella persona avrà una riduzione della funzione cardiaca. Il terzo elemento consigliato è lesecuzione di un ecocardiogramma con stress farmacologico, che valuta la reazione del cuore alla somministrazione di un agente stimolante, la dobutamina. Con questa metodica, eseguita dopo un primo ciclo farmacologico, è possibile individuare in anticipo una riduzione della riserva funzionale cardiaca che prelude a un potenziale danno miocardico che può, nel tempo, configurare un danno permanente da cardiotossicità.
Esami di laboratorio
Oggi questi esami sono molto diffusi. Si tratta di semplicissimi esami di laboratorio su sangue venoso, che si possono fare in quasi tutte le cardiologie, nei pronto soccorsi e nei laboratori degli ospedali di tutta Italia. La Troponina I e il Pro BNP sono da tutti riconosciuti come sostanze in grado di segnalare le prime difficoltà delle cellule cardiache intossicate dai chemioterapici. AllIEO, la Troponina viene usata con questa finalità già da cinque anni. È, infatti, a questo punto validata e molti ricercatori internazionali la stanno proponendo come uno standard acquisito. Questa proteina, oramai, è da tutti riconosciuta come uno dei marker di infarto del miocardio più fedeli.
Lo stesso discorso vale per lormone Pro BNP, sul quale sta per essere pubblicato un interessante lavoro. AllIstituto Europeo di Oncologia è avvenuta la prima scoperta che ha individuato nella Troponina, un marker per la cardiotossicità, naturalmente con qualche difficoltà dovuta al fatto che questa novità rompe 40 anni di silenzio su questo tipo di problema poco affrontato dagli oncologi. Nelle oncologie è difficile che ci siano dei gruppi cardiologici stabili e strutturati, che possono dedicarsi alla ricerca. Mentre in un Istituto di Ricerca come lIEO, ciò è possibile. Non a caso lì sta nascendo la base scientifica, teorica e pratica di una nuova branca della cardiologia, la Cardioncologia. Si tratta di un neologismo inventato dai cardiologi dellIstituto, e che sembra calzare a pennello, alla base del quale cè una considerazione del tutto condivisibile: il training dei cardiologi che lavorano con i malati di tumori deve assolutamente essere specifico. Le nuove frontiere della ricerca
Dopo aver individuato le spie che segnalano che sta accadendo qualcosa di negativo al cuore, i ricercatori sono già al lavoro per trovare la medicina che inibisce questi problemi. Il Direttore dellUnità di Cardiologia dellIEO, insieme alla sua équipe sta scrivendo un lavoro proprio su questo aspetto. Al momento la ricerca specialistica è indirizzata a trovare i farmaci che anche in fasi più tardive di cardiotossicità manifesta, siano in grado di arrestarla o addirittura di farla regredire. È questa la nuova sfida che i ricercatori sono pronti ad affrontare: riguarda gli effetti tossici e la possibilità di controllarli, e possibilmente eliminarli una volta individuati, grazie agli esami di cui abbiamo parlato finora. Proprio di recente è partito uno studio monocentrico dellIEO, sui farmaci che inibiscono la cardiotossicità. In questa fase iniziale dello studio è stato osservato che i pazienti che rilasciano nel sangue per pochi giorni queste sostanze, se non sono sottoposti a unaltra chemioterapia cardiotossica, guariscono. Mentre quelli che continuano per settimane ad avere tracce nei prelievi, di Pro BNP e Troponina I, purtroppo rischiano di avere dei problemi.
Quali sono i farmaci meno tossici
-quelli a cui fare attenzione
Fare una scheda sui farmaci meno tossici per il cuore non è semplice, in quanto molto dipende dalle dosi di farmaco somministrate: più aumenta la quantità e più aumentano le possibilità di avere tossicità. Proprio questo aspetto rende lidea dellimportanza della ricerca dellIEO. Se un domani, si riuscisse ad evitare la cardiotossicità, si potrebbero ampliare veramente le possibilità di successo della chemioterapia, perché loncologo non si fermerebbe a un dosaggio standard, ma potrebbe tranquillamente - monitorando cosa succede al cuore - aumentare i dosaggi. Attraverso la cardiologia potrebbe, dunque, cambiare la storia naturale di diversi tumori, trattati con chemioterapici a dosaggi che prima non ci si poteva permettere. Fatta questa premessa, e cioè che ad alti dosaggi i farmaci hanno quasi tutti implicazioni cardiologiche, possiamo individuare quelli che hanno gli effetti peggiori. Tra questi il primo posto spetta alle Antracicline. Queste molecole, che sono molto efficaci nella cura di diverse malattie tumorali, in particolare tumori della mammella, sarcomi, linfomi, mielomi e leucemie, hanno il grosso limite della potenziale cardiotossicità, quando somministrate oltre determinati dosaggi cumulativi o in pazienti con associate patologie cardiologiche.
Un esempio di tali farmaci sono la Doxorubicina, spesso usata nei tumori femminili (ovarico e mammario), lEpirubicina e la Idarubicina: tutti agenti chemioterapici usati per il trattamento di alcune forme tumorali, che se somministrati in dosi elevate possono avere ripercussioni sullattività cardiaca.
-quelli che non creano problemi
Tra i farmaci che generalmente non creano problemi al cuore, ci sono invece, il Cisplatino, la Capecitabina, i Taxani, lEtoposide, e lInterferone alfa.
Il primo, il Cisplatino, è un farmaco chiave, un medicinale che ha cambiato la storia di tante malattie, in particolare del tumore del testicolo, della vescica, dellovaio, polmonare e del testa-collo. Si può considerare uno dei farmaci storici che continuano a rappresentare a distanza anche di 40 anni unottima soluzione terapeutica, in quanto sono estremamente attivi in tantissime malattie e sono ancora utilizzati in maniera diffusa e consistente.
Più recente è luso dei Taxani (il Tassolo e il Taxotere), che oggi vengono regolarmente utilizzati, anche in combinazione con altri farmaci, in tantissime malattie, in particolare nel tumore dellovaio, del polmone e soprattutto in quello della mammella.
La Capecitabina è un farmaco con un meccanismo di azione simile al vecchio Fluorouracile, ma che ha il grande vantaggio di essere somministrato per via orale anziché per via endovenosa. È indicato per i tumori del colon e per il tumore della mammella. Fa parte di una classe di molecole relativamente nuove per le quali si hanno già dei risultati e che sono entrate, oramai da diversi anni, nellambito dei trattamenti classici.
LInterferone. Con questo nome generico si indica un gruppo di proteine prodotte naturalmente dalle cellule del nostro corpo per difendersi dallinvasione di un virus. Si chiamano così perché si formano per linterferenza reciproca tra il virus e la cellula. LInterferone viene prescritto per il trattamento di alcune patologie neoplastiche, tra le quali il cancro del rene, il melanoma. E anche per alcune forme di linfoma e di leucemia.
LEtoposide può essere somministrato per bocca o per infusione endovenosa lenta ed è attivo nei tumori polmonari a piccole cellule, nei linfomi e nei tumori testicolari.
Gli anticorpi monoclonali e il cuore
È molto interessante anche uno studio tuttora in corso, per stabilire leffetto sul cuore degli anticorpi monoclonali (sono delle molecole di immunoglobulina che reagiscono specificamente contro un bersaglio, un antigene, che è una proteina, una elicoproteina, una lipoproteina che ha la capacità di sviluppare una risposta immunologica). Secondo le anticipazioni del dottor Cipolla, si tratta di uno studio multicentrico internazionale, mirato a valutare la cardiotossicità degli anticorpi monoclonali. E dai primi risultati appare che, anche per questa importante e rivoluzionaria categoria di molecole, sia necessario considerare i potenziali effetti negativi sul cuore legati alla cardiotossicità.
Ma per sapere qual è il modello di sviluppo della cardiotossicità in questi farmaci, in che percentuale, in che entità e in che tempi si manifesta dopo linfusione, sarà necessario aspettare ulteriori sviluppi di ricerca.
Molte delle speranze dei ricercatori sono concentrate proprio sugli anticorpi monoclonali, come ad esempio il Trastuzumab, e il Rituximab. Tuttavia quanto al Trastuzumab, utilizzato per il trattamento del carcinoma mammario metastatico, sono già riportate indicazioni circa il fatto che incrementerebbe la cardiotossicità nei pazienti trattati.
Indirizzi utili
Unità di Cardiologia - Istituto Europeo di Oncologia
Via Ripamonti 435 - 20141 Milano
tel: +39.02.57489539 fax: +39.02.57489341
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