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Oncologia tra Nord e Sud
Cristina Mazzantini, N 5 maggio 2005
«Nel Sud si registra una minore incidenza di malattie oncologiche ma attualmente si sopravvive di meno al cancro. Questo però non significa che le strutture sanitarie siciliane non funzionano. Infatti la mortalità oncologica non dipende da un deficit di strutture e capacità professionali dei medici, ma piuttosto dagli investimenti economici in materia di sanità. È ormai risaputo che al Sud si investe di meno e si muore di più», ha sottolineato il dottor Carmelo Iacono, segretario nazionale dell’Associazione Italiana Oncologia Medica all’inaugurazione del II° congresso scientifico “Le nuove grandi frontiere dell’oncologia”, svoltosi a Valderice (Tp).
In tale occasione, gli esperti hanno posto attenzione ad alcune forme tumorali, come quelle della prostata, del polmone e della testa e del collo, e hanno inoltre presentato le più recenti tecniche diagnostiche e terapeutiche e i farmaci innovativi che assicurano la miglior qualità di vita ai pazienti oncologici. All’interessante dibattito, oltre agli operatori sanitari delle aziende sanitarie siciliane, hanno preso parte anche specialisti dell’Istituto Europeo di Oncologia, dell’Istituto Nazionale Tumori e dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, partner della Fondazione Campanile e della Fondazione Auxilium della diocesi di Trapani.
La situazione nel Sud Italia
«La sopravvivenza al cancro», ha puntualizzato ancora il dottor Iacono, «come dimostrato da uno studio europeo (EUROCHIP), è strettamente legata a fattori socio-economici, tra cui il prodotto interno lordo e la spesa sanitaria pro-capite. Nei paesi a prodotto interno lordo più basso, vi è minor incidenza di tumori, ma una maggiore mortalità. Purtroppo nel Sud Italia si sono avuti minori investimenti e una scarsa capacità di spesa dei finanziamenti ricevuti. Maggiori investimenti significa maggiore possibilità di prevenzione, di diagnosi precoce, di cure specializzate.
È compito del politico riflettere su questi dati e utilizzarli per una corretta programmazione sanitaria regionale, che consenta di recuperare il residuo gap tra la Sicilia e le regioni del Nord».
Miglioramenti in vista
A tal proposito gli esperti hanno ricordato che vi sono stati circa 70.000 casi prevalenti di tumore in Sicilia nel 2002, di cui 20.000 nuovi casi e di questi soltanto 259 hanno fatto ricorso a cure all’estero. Il dato è molto significativo, se raffrontato ai 1351 casi curati all’estero nel 1992, ai 425 nel 2000 e i 305 nel 2001.
«Importanti e significativi dati strutturali e organizzativi rilevati dal Libro Bianco dell’oncologia italiana, pubblicato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica», ha aggiunto Iacono, «dimostrano come l’assistenza oncologica erogata dalle strutture siciliane, già nel 2002, sia perfettamente nella media nazionale. Anzi la Sicilia anticipa la normativa che regolerà l’erogazione dei farmaci ad alto costo. Con decreto del 6 giugno 2003, “Linee guida per l’erogazione della prestazione di day surgery e di day hospital”, la regione Sicilia prevede il rimborso dei farmaci antiblastici somministrati in day hospital con apposito finanziamento che non fa gravare il costo sul bilancio delle unità operative di oncologia e quindi dell’azienda sanitaria».
Tale innovativa normativa è unica in Italia e sta per essere adottata anche da Francia e Germania. Essa fornisce un’adeguata risposta al problema dei farmaci ad alto costo in oncologia, consentendo agli oncologi siciliani di poterli utilizzare senza l’assillo del costo economico.
A tal proposito il professor Biagio Agostara, direttore della divisione oncologica medica dell’ospedale “M. Ascoli” di Palermo e membro del comitato scientifico del congresso, ha affermato: «È arrivato il momento di dimostrare una credibilità tale da non sottrarsi come consiglieri dei politici per progetti nell’ambito oncologico».
Malati ed etica
Nel corso della manifestazione è intervenuto anche monsignor Charles Vella, membro del Comitato Etico dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. «L’etica non è solo scienza e teoria» ha affermato monsignore Vella. «Esiste una bedside ethics, l’etica del capezzale del malato e l’etica della quotidianità. L’etica ci tocca da vicino e quando si parla di etica parliamo del nostro essere uomini e operatori». Questo esige l’umanizzazione della medicina e degli ospedali. Come ha suggerito il giornalista e scrittore Gaspare Barbiellini Amidei: «Io credo che sia sempre stato chiaro almeno teoricamente, a ogni medico, a ogni uomo, che certo possono vivere di volta in volta uomini inguaribili, ma vorrei che fosse eliminata, nella professione medica e nei dibattiti, quella parola che sa un po’ di computer, un po’ di stazione ferroviaria, di binario morto: malato terminale».
Radiochirurgia…
Nel corso dei lavori sono state illustrate alcune tecniche quali la radiochirurgia. «Il trattamento delle metastasi cerebrali è stato rivoluzionato dall’introduzione di una nuova terapia chiamata radiochirurgia», ha chiarito il dottor Piero Picozzi dell’Unità Operativa “Gamma Knife” dell’Ospedale San Raffaele di Milano. «Questa terapia viene effettuata mediante un’apparecchiatura ideata in Svezia alcuni decenni fa, il Gamma Knife (bisturi a raggi gamma, ndr). Nei pazienti idonei per questo trattamento si ottengono risultati migliori di quelli raggiungibili con un intervento neurochirurgico tradizionale. È necessario un ricovero ospedaliero inferiore ai 3 giorni (con l’intervento chirurgico tradizionale la degenza era di 30 giorni), riducendo il tempo che i pazienti devono trascorrere in ospedale e contribuendo così a migliorare la qualità di vita dei malati».
…e brachiterapia
La dottoressa Nadia di Muzio dell’Ospedale San Raffaele ha illustrato la brachiterapia, tecnica che «costituisce un metodo di cura per le neoplasie prostatiche in fase iniziale, utilizzando l’effetto terapeutico delle radiazioni ionizzanti emesse da sorgenti radioattive posizionate direttamente all’interno della ghiandola prostatica. Questa modalità di cura, che ha dimostrato di ottenere un controllo di malattia sovrapponibile a quello del trattamento chirurgico, ha il vantaggio di evitare rischi di incontinenza, impotenza ed è effettuabile in degenza di un solo giorno risparmiando totalmente i tessuti sani circostanti».
Ultime novità
Il dottor Fausto Chiesa, otorinolaringoiatra dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, si è soffermato sui nuovi schemi di chemio e radioterapia che consentono la preservazione d’organo (laringe in particolare) nelle neoplasie avanzate con risultati oncologici soddisfacenti senza ricorrere a interventi demolitivi. «I nuovi farmaci mirati alle alterazioni molecolari saranno, speriamo, risolutivi in un prossimo futuro», ha sottolineato il dottor Chiesa. «La chirurgia mini-invasiva introdotta grazie al miglioramento delle tecnologie laser è in grado di curare neoplasie laringee e orali, iniziali o mediamente estese, con risultati funzionali migliori e più rapidamente acquisibili rispetto alle metodiche tradizionali».
«L’impiego di tecniche di chirurgia ricostruttiva tracheobronchiale può ridurre la perdita di funzione respiratoria causata dall’intervento», è stato precisato dal professor Piero Zannini dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. «Anche nei pazienti con enfisema avanzato», ha proseguito ancora il professor Zannini, «è possibile migliorare la qualità di vita, grazie allo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche, come la chirurgia di riduzione del volume polmonare (LVRS). Un altro aspetto di primaria importanza è costituito dal dolore a breve e lungo termine che deriva dall’atto chirurgico. Lo sviluppo di nuove tecniche come la chirurgia video-assistita e l’impiego di incisioni chirurgiche più limitate rispetto a quelle tradizionalmente utilizzate porta a innegabili vantaggi dal punto di vista del dolore postoperatorio e di quello estetico».
Il professor Patrizio Rigatti, anch’egli dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, ha spiegato l’utilizzo di un pacemaker inserito nel pene, attivabile con un telecomando, tecnica che garantisce l’erezione ai malati di cancro alla prostata che, sottoposti a intervento chirurgico, non intendono rinunciare alla propria potenza sessuale.
«Finora abbiamo eseguito, tutti con successo, quindici interventi di applicazione dei pacemaker», ha concluso il professor Rigatti. «Si tratta di una tecnica sperimentale che attualmente viene eseguita, oltre che da noi, a Baltimora».
Radioterapia, biologia molecolare per migliorare le cure contro i tumori
Quali sviluppi si stanno registrando nel campo della radiobiologia oncologica al fine di migliorare i protocolli di cura contro i tumori? Attorno a questo interrogativo si sono sviluppate le maggiori sessioni del corso internazionale di aggiornamento “Moderna radioterapia, misura degli effetti e miglioramenti dei risultati”, promosso dal Dipartimento di Bioimmagini e Scienze Radiologiche e dalla Cattedra di Radioterapia dell’Università Cattolica di Roma, diretti rispettivamente dal professor Lorenzo Bonomo e dal professor Numa Cellini, con il patrocinio dell’Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO). In questa quindicesima edizione del corso, che si è aperta presso il Policlinico Gemelli, sono stati analizzati tutti i possibili effetti della radiobiologia applicata alla clinica, al fine di migliorare le terapie praticate, aumentando il coefficiente terapeutico, e dunque la probabilità di controllare il tumore evitando, per quanto possibile, di danneggiare i tessuti sani.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario esaminare entrambi gli effetti in modo rigoroso, applicando nella realtà clinica quotidiana lo stesso metodo scientifico applicato usualmente in laboratorio.
«Il corso di quest’anno conclude idealmente il ciclo iniziato nel novembre 2001», ha spiegato il professor Cellini. «Proprio le conoscenze approfondite nei corsi precedenti, in particolare quelle riguardanti il nuovo imaging molecolare, renderanno possibile l’intera riflessione, anche attraverso l’aiuto dell’approfondimento in piccoli gruppi».
Regina Elena: finanziamento UE per studio su proteina che facilita il suicidio delle cellule tumorali
L’Istituto Regina Elena per i tumori di Roma, uno dei sette istituti italiani di ricovero e cura a carattere scientifico, ha negoziato con la Commissione europea a Bruxelles, il finanziamento di un progetto, nell’ambito del sesto programma quadro di ricerca dell’UE, del valore di 6 milioni di euro da realizzarsi nell’arco dei prossimi tre anni.
«Si tratta di un progetto importante», ha chiarito il professor Francesco Cognetti, direttore scientifico dell’Istituto, «e noi saremo capofila di una ventina di istituzioni di eccellenza». Il progetto, di cui Giovanni Blandino è coordinatore, riguarda una proteina fondamentale: la P53 guardiana del ciclo cellulare, che può facilitare il suicidio delle cellule tumorali.
«Questa proteina», ha puntualizzato sempre il professor Cognetti, «spesso subisce delle modifiche che non ne consentono un corretto funzionamento, mentre si tratta di una proteina chiave su cui agiscono molti farmaci e terapie molecolari nuove. Sotto la guida del Regina Elena lavoreranno tra l’altro gli istituti Wezmann a Gerusalemme, Consul Center a Glasgow, Kalonska a Stoccolma, Marburg in Germania e il Swiss Istituto a Zurigo».
Sempre sulla proteina P53, l’Istituto Regina Elena è partner in un altro progetto coordinato da un israeliano. Le sinergie tra i due progetti possono portare con più rapidità al raggiungimento dei risultati di ricerca che sono anche sfruttabili per le imprese. A Bruxelles i responsabili del Regina Elena, in collaborazione con la Rappresentanza permanente italiana presso l’UE, hanno anche trovato le risorse per contribuire a favorire il ritorno di ricercatori che lavorano all’estero e che vorrebbero tornare in Italia. Le risorse provengono dalle borse Marie Curie (sempre del sesto programma quadro di ricerca UE) e permettono di integrare i contratti che l’Istituto ha stipulato con i nuovi ricercatori.
Utilizzo dei cannaboidi in medicina
Di recente, presso il Policlinico Umberto I, Università degli Studi La Sapienza di Roma, si svolto il primo seminario sull’uso terapeutico dei cannabinoidi nella terapia del dolore nei malati terminali oncologici o di AIDS, nel trattamento del dolore nei pazienti con sclerosi multipla, Tic fisici e verbali della Sindrome de la Tourette.
Questo importante incontro ha affrontato temi scientifici confrontandosi con i limiti legislativi nazionali. Dal dibattito è emersa la necessità di approfondire a livello nazionale questi temi di ricerca, con un protocollo di studio multicentrico fra l’Umberto I, Le Molinette di Torino e il Beth Israel University Hospital di New York City. Allo stesso tempo, si è resa manifesta l’esigenza di portare all’attenzione delle istituzioni governative e di indicare un’apertura legislativa nei confronti della produzione e dell’uso dei cannabinoidi in campo squisitamente medico e di ricerca, attualmente reso impossibile dall’attuale normativa vigente (Testo Unico sulle sostanze stupefacenti DPR 309/90 art. 26), segnalando l’importanza di tener conto più dell’approccio scientifico
che di quello emotivo verso questi farmaci, come da suggerimento del Parlamento Europeo in data 15 dicembre 2004. Hanno promosso
il simposio il professor Antonio Mussa, responsabile della Commissione Oncologica Piemontese, direttore della scuola
di specializzazione in Oncologia dell’Università degli Studi di Torino, e la professoressa Rosanna Cerbo, responsabile del Centro del Dolore, Policlinico Umberto I Università La Sapienza
di Roma.
L’IFO di Roma aperto anche la domenica per gli esami
Buone notizie per chi vive a Roma. Infatti, dal 6 marzo, è possibile presso l’Istituto Regina Elena (IFO) effettuare gli esami di laboratorio anche di domenica mattina (dalle ore 7.00 alle ore 10.30).
Spesso le analisi cliniche, e in particolare quelle richieste per controlli di routine, si rimandano all’infinito per mancanza di tempo; quando invece non possono essere più rimandate, vanno inevitabilmente a interferire con le attività della vita quotidiana.
«Numerose sono state le richieste formulate dai pazienti per poter effettuare i prelievi anche nei giorni festivi», ha spiegato il professor Luigi Giusto Spagnoli, Commissario Straordinario degli IFO, «e mi è sembrato doveroso dare pronta risposta. Oltre all’apertura domenicale per effettuare indagini di laboratorio, e sempre in un’ottica di attenzione alla persona, stiamo lavorando per aprire a breve un Centro Oncologico Metropolitano presso la sede storica di Viale Regina Elena, dove avvieremo attività ambulatoriali di prevenzione e terapie oncologiche, per tutto il bacino di utenza che ha maggiore facilità di accesso al centro della città».
A confermare la tesi del professor Spagnoli è intervenuta la dottoressa Fiorella Guadagni, responsabile del Servizio di Patologia Clinica dell’Istituto Regina Elena dichiarando: «Mi piace ricordare che il laboratorio di Patologia Clinica dell’Istituto Regina Elena è tra i primi laboratori pubblici italiani ad aver ottenuto la certificazione Vision 2000, che garantisce agli utenti dell’Istituto l’accoglienza in una struttura la cui qualità è ufficialmente riconosciuta e certificata. Siamo inoltre la prima struttura pubblica del territorio a offrire un servizio all’utenza esterna anche di domenica», ha precisato la dottoressa Guadagni.
«Il laboratorio svolge prestazioni di diagnostica specialistica di alto profilo nella sierologia, diagnostica molecolare e oncoematologica, immunologia, emostasi, trombosi e citogenetica, indispensabili in un laboratorio che opera all’interno di un centro oncologico di eccellenza specializzato in prevenzione, diagnosi e terapia delle patologie tumorali. Mentre l’attività di ricerca di rilievo nazionale e internazionale è focalizzata sulle innovazioni nel settore delle biotecnologie trasferibili dalla ricerca di base alla diagnostica oncologica».
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