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Screening di massa
Monica Melotti, N. 4 aprile 2005
Nel mondo anglosassone si usa dire che un’oncia di prevenzione corrisponde a una sterlina di cura. E questo detto sembra essere stato accolto appieno dalle regioni italiane: ci sono, infatti, svariate iniziative per combattere il cancro, tra cui lo screening di massa contro il tumore del colon-retto. «La diagnosi precoce, come sempre, rappresenta il metodo migliore di prevenzione», dice Mario Zappa, direttore dell’Osservatorio Nazionale Tumori. «L’esame del sangue occulto è un metodo efficace, come dimostrano grandi studi randomizzati, nel ridurre la mortalità per tumore del colon, una delle neoplasie più diffuse, in tutto il mondo occidentale, con oltre 33mila nuovi casi e 17.500 decessi all’anno solo in Italia». Secondo i dati ufficiali dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, il tumore del colon retto è presente in prevalenza nel centro-nord: l’incidenza più alta si registra, per gli uomini, a Trieste (49,5 casi ogni 100 mila abitanti) e a Varese (43,1), mentre per le donne a Firenze (29,7), in Romagna (27,3) e a Genova (27,1). Il Veneto è stata una delle prime regioni ad attivare un programma di screening del carcinoma colon rettale, rivolto a tutte le persone d’età compresa tra i 50 e i 69 anni. «Nella nostra regione dal 2002 abbiamo finanziato, con oltre 1,5 milioni di euro, numerosi programmi di screening e ne abbiamo approvati altri», dichiara Fabio Gava, assessore alle politiche sanitarie del Veneto. «Il Piano sanitario nazionale 2003-2005, così come il Codice europeo contro il cancro e la Commissione Oncologica Nazionale, raccomandano e includono nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) gli screening di massa per la ricerca del sangue occulto delle feci, per la lotta al tumore del colon retto». Oltre al Veneto, numerose regioni hanno avviato o approvato programmi di screening di massa per la prevenzione di questo tipo di tumore, vediamole nel dettaglio.
Il modello di eccellenza della regione Veneto
La prima fase del programma di screening, durata due anni, è iniziata il 15 ottobre 2002 e ha fatto registrare un’adesione record da parte della popolazione considerata a rischio. «Grazie a inviti e solleciti personalizzati e all’attivazione di un call center dedicato, oltre il 73 percento dei cittadini di 28 Comuni ha aderito al programma di screening e ha eseguito l’esame per la ricerca del sangue occulto, per un totale di 35.000 persone su 50.000», dice Angelo Lino Del Favero, coordinatore del direttore generale delle Aziende Sanitarie del Veneto. «Il 7 percento dei cittadini esaminati è risultato positivo ed è stato quindi invitato a effettuare analisi più approfondite, cioè la colonscopia, cui si è sottoposto oltre l’88 percento dei convocati. Il 48,6 percento delle oltre 2.000 colonscopie eseguite ha rilevato una neoplasia benigna, cioè polipi o adenomi ad alto rischio che sono stati asportati per via endoscopica. In questo modo abbiamo ridotto l’incidenza di cancro colon-rettale dopo
polipectomia endoscopica di una percentuale variabile tra il 76 percento e il 90 percento.
I tumori maligni diagnosticati con la colonscopia sono stati invece circa il 6 percento, di cui il 24 percento in fase iniziale, limitati quindi alle pareti intestinali, mentre il 76 percento in stadio avanzato. Ciò significa, rispetto ai dati della letteratura scientifica nazionale e internazionale, che il programma di screening in due anni ha permesso di aumentare dal 10 percento al 41 percento i tumori diagnosticati in fase iniziale e quindi curabili. Significa soprattutto che, una volta a regime, questa forma di prevenzione potrebbe consentire di curare il 90 percento dei cittadini affetti da queste neoplasie maligne». Sempre grazie alla diagnosi precoce gli interventi chirurgici sono stati eseguiti in laparoscopia, la procedura mininvasiva che prevede solo quattro incisioni di un centimetro nell’addome del paziente al posto del lungo taglio di 15-20 centimetri necessario con la tecnica tradizionale, rispetto alla quale provoca quindi minor dolore e garantisce una degenza e una convalescenza ridotta.
«Uno dei più importanti fattori di successo dello screening della Asl 7 della Regione Veneto è stata l’informazione capillare e costante sul territorio», aggiunge Sandro Cinquetti, direttore del Dipartimento di Prevenzione Asl 7 del Veneto, «ma anche la personalizzazione del rapporto con il cittadino, cui è stato spiegato in modo dettagliato l’importanza di ogni fase del programma di prevenzione.
Tutto ciò è stato possibile anche grazie al supporto delle Amministrazioni comunali delle città coinvolte, al ruolo svolto dai medici di famiglia e dai volontari della LILT, Lega Italiana per la Lotta ai Tumori e alla disponibilità delle farmacie, oltre che all’intenso lavoro svolto dai dipartimenti di Prevenzione, Gastroenterologia e Chirurgia delle Asl».
I piani di screening nelle altre Regioni
La Toscana è la prima regione italiana ad aver effettuato screening; nel 2003 aveva già esaminato il 40 percento della popolazione, entro il 2007 dovrebbe raggiungere il 70 percento.
Il programma di screening toscano per il carcinoma colonrettale è rivolto agli uomini e alle donne residenti di età compresa tra i 50 e i 70 anni, che sono invitati mediante lettera a effettuare un test per la ricerca del sangue occulto fecale. L’esame consiste nella raccolta di un solo campione fecale che le persone possono comodamente effettuare a domicilio. Non è necessario seguire alcuna dieta o preparazione per effettuare il test. La distribuzione del kit necessario all’effettuazione del test è svolta da operatori dell’Azienda Sanitaria e dai medici di Medicina Generale. Le persone con esito di normalità al test di screening ricevono una risposta per posta con il consiglio di ripeterlo al successivo invito tra due anni. Le persone con esito positivo al test (che rappresentano circa il 5 percento di tutti quelli che lo eseguono) vengono invitati a effettuare ulteriori approfondimenti diagnostici (colonscopia e in qualche caso completamento con RX colon a doppio contrasto). Nell’anno 2003, grazie alla campagna di prevenzione Toscana, sono stati identificati in tutto il territorio regionale, circa 180 tumori e oltre 700 polipi adenomatosi che rappresentano il precursore naturale di questa malattia. In Lombardia, il gennaio scorso, è partita la campagna di prevenzione dell’Asl della provincia di Pavia, mentre è in corso quella di Cremona e altre quattro sono in programma.
Nell’area di Pavia la campagna interessa 3 comuni della provincia coinvolti a titolo sperimentale per verificare la fattibilità del progetto. La campagna di screening sarà successivamente estesa a tutti i comuni della provincia entro i prossimi 2 anni. L’Asl di Cremona ha aderito alla campagna di screening e ha adottato lo slogan “Ricordati di te: anche un semplice esame può salvarti la vita”. La prima fase della campagna è terminata nel 2003, ora c’è un secondo round che terminerà alla fine di ottobre 2005, per poi proseguire a cadenza biennale.
L’informazione ai cittadini è avvenuta grazie a una serie di manifesti distribuiti nelle varie strutture dell’Azienda Sanitaria; inoltre sono stati inviati una serie di pieghevoli agli studi medici e alle farmacie per una maggiore sensibilizzazione della popolazione e, a cadenza annuale, sono anche stati pubblicati sulla stampa locale inserti dettagliati per fare il punto della situazione sulla campagna di screening.
In Piemonte è in corso da 3 anni il programma “Prevenzione Serena”. La Regione ha deciso di estendere lo screening a tutta la regione che è partito lo scorso anno. La previsione è quella di salvare la vita a mille persone nei prossimi dieci anni.
In Valle D’Aosta il primo screening è partito nel 2001 ed è in corso un progetto pilota in due Comuni (Chatillon e St. Vincent).
In Emilia Romagna partirà il programma nel 2005 su oltre un milione di cittadini. Tale programma è rivolto a più di un milione di persone di entrambi i sessi, compresi nella fascia d’età 50-69 anni. I cittadini riceveranno a casa una lettera di invito da parte del Centro Screening a sottoporsi a un test per la ricerca del sangue occulto nelle feci, ogni due anni con metodo immunologico, che non prevede una dieta particolare né limitazioni prima di effettuare l’esame. In caso di esito positivo - si stima circa un 5 percento - le persone verranno contattate per sottoporsi a una colonscopia.
Parallelamente a questa iniziativa sono in atto altre due iniziative per la diagnosi precoce del tumore al colon. La prima è rivolta ai familiari di coloro che hanno riscontrato una patologia tumorale che, con il permesso del paziente, vengono invitati a sottoporsi a un test diagnostico. La seconda iniziativa è rivolta ai medici di medicina generale che sono chiamati a suggerire ai propri pazienti di età compresa tra i 70 e i 74 anni, che non abbiano mai effettuato una colonscopia, di sottoporsi a tale esame diagnostico.
In Umbria quest’estate partirà la campagna e sarà rivolta all’intera popolazione.
L’attivazione concreta della campagna è prevista per l’estate del 2005: verranno contattate tutte le persone, maschi e femmine, di età compresa tra i 50 e i 74 anni.
In Abruzzo la Regione sta valutando la possibilità di attivare lo screening
In Liguria lo screening partirà nel corso del 2005. Il progetto, coordinato dall’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera San Martino, vede il coinvolgimento di un gruppo di medici di Medicina Generale aderenti alla SIMG e interesserà un campione di 20.000 individui residenti nell’area metropolitana genovese, di età compresa tra i 55 e i 64 anni, reclutati attraverso i medici di medicina generale. Questi ultimi dovranno svolgere un’attività di supporto terapeutico e informativo nei confronti degli assistiti, previamente contattati con lettera.
In Campania è partito in gennaio il progetto pilota per lo screening del tumore del colon retto. Coinvolgerà tutte le Asl della Campania e sarà coordinato dal Centro regionale per la prevenzione oncologica (CRPO) della Federico II di Napoli. La popolazione bersaglio sarà rappresentata dai residenti di età compresa tra i 50 e i 74 anni.
In Basilicata, il lancio della campagna è avvenuto il febbraio scorso e coinvolgerà tutti i comuni.
In Trentino Alto Adige, in particolare Trento, lo screening di massa viene considerato troppo costoso rispetto ai benefici, la Regione ha quindi deciso di sviluppare iniziative di medicina preventiva solo sui soggetti a maggior rischio.
In Friuli Venezia Giulia al momento non è in corso alcuna campagna
di screening per il tumore del colon-retto. È stato però avviato uno studio di fattibilità per capire non tanto come debba essere attivata la campagna, quanto come possa essere strutturata all’interno della regione. La partenza è prevista per gli inizi del 2006.
Un sito internet amico
Di cancro si può morire, ma soprattutto guarire. E per il cancro colon-rettale la prevenzione è la sola arma davvero efficace: il 75 percento dei soggetti colpiti ha buone possibilità di guarire, ma solo se la diagnosi è precoce. Per questo, e per il quarto anno consecutivo, il mese di marzo è stato dedicato in tutto il mondo alla prevenzione del cancro colon-rettale. Tante le iniziative organizzate a livello internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del prevenire questa malattia asintomatica. Per saperne di più su questo nemico si può consultare il sito internet, www.cancrocolon.it, ricco di informazioni utili, che dedica ampio spazio all’importanza della prevenzione, alla testimonianza di chi ha sconfitto la malattia, agli strumenti di diagnosi precoce e agli esami, fino all’elenco dei fattori di rischio. Nella sezione “L’esperto risponde” il visitatore può rivolgere le proprie domande allo specialista in linea, mentre cliccando su “Fai il Test” può valutare il fattore di rischio personale e trovare l’indicazione dei principali esami a cui sottoporsi; nella sezione “Cerca il centro più vicino” l’elenco e i riferimenti delle strutture che hanno aderito alla campagna di screening del cancro colo-rettale, a cui i naviganti della rete potranno rivolgersi per effettuare una visita approfondita.
Nato nel 2003, fino a oggi il sito è stato visitato da oltre 73.000 utenti, registrando quasi 110.000 contatti e ben 1.200 domande all’esperto on-line.
Il tumore del colon retto colpisce la popolazione occidentale
Ogni anno si registrano 600 mila casi nel mondo, di cui 150 mila in Europa. In Italia compaiono oltre 30.000 nuovi casi annui (14.700 fra i maschi e 14.300 fra le femmine). Il cancro del colon si sviluppa a partire da polipi che si trasformano in tumore in 10-15 anni. La sopravvivenza è del 90 percento dei malati se la diagnosi è precoce, del 35 percento se sono colpiti i linfonodi, del 10 percento se vi sono metastasi. Il rischio di ammalarsi aumenta con l’età, soprattutto dopo i 50 anni. «Il 90 percento dei casi diagnosticati su base clinica riguarda individui sopra i 55 anni, prevalentemente localizzati nelle sezioni distali del grosso intestino (sigma e retto)», spiega il dottor Gabriele Munegato, direttore del dipartimento di Chirurgia dell’Ospedale di Conegliano. «La sopravvivenza a 5 anni dipende dallo stadio al momento della diagnosi: è pari al 90 percento quando la malattia è limitata alla parete intestinale, scende al 35-60 percento in caso di coinvolgimento dei linfonodi regionali ed è inferiore al 10 percento in soggetti con malattia metastatica. Più della metà dei soggetti sintomatici ha una neoplasia in stadio avanzato quando si presenta all’osservazione. I sintomi di un cancro del colon-retto si manifestano solo nel 40 percento dei casi: i segni premonitori possono essere comuni ad altre malattie intestinali, soprattutto infiammatorie, e spesso vengono trascurati: stanchezza, perdita di peso, anemia, problemi nella defecazione (stitichezza o diarrea, anche alternate), dolori all’addome o perdita di sangue nelle feci».
L’alta incidenza sul mondo occidentale deriva dal fatto che questo tipo di tumore è strettamente correlato agli stili di vita, in particolare ad una dieta ricca di grassi e povera di fibre vegetali.
L’eccessiva assunzione di grassi animali e di proteine è in grado di accelerare la trasformazione maligna di polipi preesistenti, mentre nessun rischio è rappresentato dai grassi insaturi di origine vegetale. L’effetto benefico delle fibre è stato ipotizzato anche sull’osservazione dei dati relativi alle popolazioni vegetariane o con una dieta ad alto contenuto di fibre: l’incidenza del tumore al colon-retto risulta inferiore del 30 percento.
Oltre ai fattori ambientali, in particolare dietetici, il rischio di contrarre il tumore al colon-retto aumenta per coloro che hanno sofferto di malattie infiammatorie croniche all’apparato gastrointestinale o di polipi adenomatosi (tumori benigni che possono degenerare in un carcinoma), oppure dipende da fattori ereditari, quali la presenza di questa malattia a livello familiare, in parenti di 1° o 2° grado.
È importante parlare con il proprio medico alla comparsa dei sintomi ed effettuare controlli periodici soprattutto per gli over 50.
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