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Carcinoma della mammella

Melissa Liaci, N. 4 aprile 2005

Di carcinoma al seno si parla spesso, ma, viste le tante novità, non è mai abbastanza.
Innanzitutto, dottor Pavesi, che cos’è la Consensus Conference?
La Consensus Conference è l’incontro di numerosi esperti nel trattamento del carcinoma mammario in fase precoce, sia americani sia europei, che nel corso di tre giornate si confrontano sulla scorta dei più recenti dati della letteratura, dei lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali e in chiusura, in una riunione plenaria, stilano le linee guida per il trattamento del carcinoma della mammella. Partecipano agli incontri nelle varie sessioni chirurghi, oncologi medici, radioterapisti, anatomo patologi e ognuno porta i migliori risultati ottenuti nella propria specialità, nel tentativo di delineare il miglior iter terapeutico per ciascun tipo di tumore mammario. Non sempre però si raggiunge un “consenso”; in questi casi vengono prese in considerazione più opzioni, lasciando liberi gli specialisti della materia di seguire strade diverse. La Consensus Conference nasce a St.Gallen nel 1983 per il volere di alcuni grandi ricercatori, quali il professor Veronesi, il dottor Bernard Fischer, il dottor Gianni Bonadonna e altri che ritengono la Svizzera il luogo ideale per potersi confrontare e discutere in terra neutrale. Le prime edizioni si svolgevano ogni tre anni: solo ultimamente, considerando i sempre più rapidi progressi della medicina, si è deciso di fissare un appuntamento biennale. Questo è dovuto anche alla sempre maggiore partecipazione all’evento: pensi che i congressisti alla prima edizione erano meno di 160 e in quest’ultima edizione eravamo presenti in 3900.
Tornando alla parte scientifica, che novità ci porta da St.Gallen?
Per quanto riguarda la chirurgia credo che l’accettazione unanime della validità della procedura del “linfonodo sentinella” nei tumori della mammella di piccole dimensioni (sotto i 2 cm), in alternativa alla linfadenectomia ascellare, sia la maggiore conferma a favore delle malate
Ci può spiegare, in modo più dettagliato, che cosa significa “linfonodo sentinella”?
Questa procedura chirurgica, inventata dal professor Veronesi e da anni applicata dal suo principale discepolo il dottor Costa, primario dell’U.O. di Chirurgia Senologica della nostra Fondazione, consiste nell’individuare, dopo aver iniettato una piccola quantità di sostanza radioattiva nei pressi del tumore con l’aiuto di una sonda, il primo linfonodo ascellare che drena dalla neoplasia e avere quindi la possibilità di asportarlo. In seguito questo viene esaminato istologicamente (minimo 30 sezioni) e, se negativo, rende inutile la dissezione ascellare, in quanto le probabilità che ve ne sia un altro positivo è solo del 3 percento. Vorrei ricordare che delle pazienti sottoposte a dissezione ascellare dei tre livelli, più del 30 percento va incontro, negli anni successivi all’intervento, all’edema del braccio con conseguente impotenza funzionale, spesso dolore e, da non sottovalutare, un effetto estetico disastroso. Tutto ciò determina quindi un netto peggioramento della qualità di vita.
Per quanto riguarda gli altri aspetti, oltre quello chirurgico, che giocano un ruolo nel trattamento di questa malattia, quali novità ci sono?
Nell’ambito della radioterapia la IORT, ovvero la Radioterapia Intraoperatoria, pur supportata da dati estremamente interessanti, non sembra ancora essere riuscita a sostituirsi alla tradizionale Radioterapia con Alte Energie, anche perché non tutte le strutture sarebbero in grado di attrezzarsi con le sofisticate apparecchiature necessarie. L’Anatomia Patologica, invece, ha validato ciò che da anni è ritenuto un dato importante, ma non sufficiente a far modificare la strategia terapeutica, ovvero che la presenza nel pezzo tumorale di invasione vascolare spiccata e l’amplificazione del c-erb-B2, indipendentemente dagli altri fattori prognostici, proiettano la malattia nella categoria ad alto rischio con conseguente trattamento aggressivo adeguato. Per quanto riguarda l’Oncologia Medica le novità sono diverse. Innanzitutto le categorie di rischio, sulla base dei fattori prognostici, sono tre invece di due (basso rischio, rischio intermedio, alto rischio). Inoltre, viene data sempre maggiore importanza all’ormonodipendenza del tumore della mammella; tumori altamente endocrinoresponsivi (ovvero con presenza di recettori ormonali per gli estrogeni e per il progesterone vicini al 100 percento) possono beneficiare dell’ormonoterapia in alternativa alla chemioterapia anche in presenza di altri fattori prognostici sfavorevoli quali il grading di grado 3 o i linfonodi ascellari positivi, se meno di 4. Mentre nella Consensus del 2003 i tumori della mammella erano catalogati come ormonodipendenti o non ormonodipendenti, in questa edizione si è inserita una nuova categoria ovvero i non sicuramente ormonodipendenti, quelli che esprimono i recettori ormonali in una percentuale bassa e che possono quindi beneficiare di più di un trattamento chemioterapico a cui far seguire un’ormonoterapia.
Il tamoxifene, l’antiestrogeno che conosciamo e somministriamo alle nostre pazienti da più di 30 anni, rimane il farmaco di elezione nel trattamento adiuvante dei tumori delle donne in premenopausa, mentre nella postmenopausa gli inibitori dell’aromatasi hanno ricevuto il riconoscimento di maggiore efficacia. Nell’ambito degli schemi chemioterapici da applicare, quelli contenenti antracicline risultano ancora i più attivi anche se, nella categoria dei tumori cosiddetti ad alto rischio, l’aggiunta sequenziale dei taxani migliora i risultati in termini di riduzioni di ricadute di malattia.
Tante novità, quindi, che fanno ben sperare di essere sempre più vicini alla sconfitta definitiva di questa malattia, che colpisce milioni di donne in tutto il mondo ogni anno.
Sicuramente, come dice sempre il professor Veronesi in ogni suo intervento, il numero di donne guarite aumenta di anno in anno. Negli ultimi 10 anni, a fronte di un aumento dell’incidenza di tumori della mammella negli Stati Uniti e nel Nord Europa, per la prima volta possiamo affermare di aver rilevato una netta e significativa riduzione della mortalità. Questo fa ben sperare per il prossimo futuro tenendo ben presente che questi convegni hanno il compito e l’obiettivo di tracciare delle linee guida che permettano agli specialisti di trattare al meglio tutte le pazienti affette da questa malattia, anche se non dobbiamo dimenticare che ogni paziente è un individuo, con possibili patologie concomitanti, che merita quindi un trattamento personalizzato al di là di rigidi schemi terapeutici preconfezionati.

Indirizzi utili
Dottor Lorenzo Pavesi, primario della U.O. di Oncologia, Sezione di Oncologia Medica I° della Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia.
Tel. 0382.592669
www.fsm.it

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