|
Dar voce ai malati senza voce
Mariagrazia Villa, N. 12 dicembre 1998
Assicurare un'assistenza sanitaria tempestiva ed efficace. Dare voce ai malati vittime della malasanità. Sollecitare rapporti umani basati sul pieno rispetto dell'individuo, con particolare attenzione ai minori, agli anziani e ai disabili. Questi i compiti del Tribunale dei diritti del malato, istituzione al servizio del cittadino da circa vent'anni. "Nel 1989 a Parma un paziente è vittima di un errore chirurgico. Si rivolge al Tribunale dei diritti del malato per avere giustizia. Otto anni dopo viene risarcito con qualche centinaio di milioni dall'ospedale dov'era stato operato. Nel frattempo egli ha dovuto sottoporsi a molti altri interventi chirurgici di ricostruzione per supplire a quell'errore, che tuttavia gli hanno consentito un recupero fisico solo parziale. Un caso tipico di competenza del Tribunale dei diritti del marito (T.D.M.). A raccontarcelo è Adriana Gelmini, presidente del Tribunale dei diritto del malato di Parma, Emilia-Romagna, una delle regioni dove la sanità dovrebbe funzionare meglio, almeno sulla carta. Il Tribunale per i diritti del malato, emanazione del Movimento federativo democratico (nato nel 1978 per volere ed indirizzo di Giovanni Moro, come strumento di tutela dei diritti dei cittadini), si è costituito in quasi tutte le regioni italiane nella prima metà degli anni Ottanta, per dar voce alle sofferenze che i malati patiscono nell'ambito dei servizi sociosanitari a causa di fenomeni di disorganizzazione, spreco e carenza, per sollecitare rapporti umani basati sul pieno rispetto dell'individuo, con particolare attenzione ai minori, agli anziani e ai disabili, e per assicurare a ognuno un'assistenza sanitaria tempestiva ed efficace. "É stato il 9 giugno dell'84 che abbiamo siglato, insieme alle altre realtà provinciali della regione, la Carta dei 33 diritti, racconta la signora Adriana Gelmini. .Verificate le segnalazioni dei cittadini, abbiamo costituito un corpo giudicante di volontari, con personaggi qualificati, ed abbiamo scelto quei 33 diritti la cui lesione risultava predominante". Da allora, per impedire la negazione dei diritti sociosanitari (che non avviene solo in ospedale, ma anche sul territorio, ad esempio l'accesso agli ambulatori privati, alle strutture del medico di famiglia, o ai servizi territoriali, tipo le liste d'attesa per l'assistenza domiciliare), il T.D.M. sta andando avanti, pur tra tante difficoltà. É un tipo di volontariato, infatti, che presuppone che la persona coinvolta nell'ascolto delle problematiche altrui abbia la capacità di razionalizzare la richiesta, senza dare una risposta immediata ed emotiva, di rinunciare a salvare di persona l'ammalato dalle grinfie del disservizio e di accettare di non avere un riscontro del proprio operato, se non a lungo termine. Esiste, quindi, un turn-over piuttosto alto: "abbiamo un elenco di 80 simpatizzanti, ma gli operatori effettivi, quelli che rispondono alla gente tutte le mattine, dalle 9.30 alle 11.30 escluso il sabato, e che vengono regolarmente agli incontri settimanali, sono una decina, non di più". Per fortuna c'è una grande solidarietà dalle altre associazioni di volontariato, dai servizi sociali sul territorio, dalle organizzazioni sindacali locali, e dalle associazioni di categoria, come il Collegio degli Infermieri o l'Ordine dei Medici. "La conflittualità l'abbiamo, purtroppo, con l'Azienda Ospedaliera prosegue la signora Gelmini - che tende a valutare positivamente il percorso fatto con il paziente in modo un po' arrogante e superficiale, perché dal nostro punto di vista il giudizio e un altro. Dovrebbe esserci una struttura in tema in grado di valutare in modo più rigido l'operato dei singoli operatori sanitari infermieri, medici, primari - e di risolvere i loro conflitti". É comprensibile che l'errore ci sia, ma è inaccettabile che non venga riconosciuto con umiltà: "e la Direzione Generale si mettesse in discussione, sfruttando i casi negativi per migliorare la qualità del servizio offerto, forse non ci sarebbe nemmeno il T. D. M". Ma qual è il percorso da seguire, se si pensa che un proprio diritto di malato non sia stato rispettato? Un mio conoscente, per esempio, ha subito un intervento chirurgico in cui era previsto l'esame istologico, per accertare la natura della massa asportata. Dopo quindici giorni, si è recato a ritirare l'esito e si è sentito rispondere "ci spiace, non lo troviamo, ripassi tra due settimane per vedere se è saltato fuori". Se ci fosse qualcosa di più grave, e una mancanza imperdonabile. Noi chiediamo al cittadino una segnalazione scritta in carta semplice, in cui racconta cosa gli è accaduto e chiede di essere illuminato, senza dare giudizi sull'operato del singolo medico, perché si può rischiare la querela. In un caso come quello da lei accennato, la segnalazione può essere girata all'Ufficio Relazioni col Pubblico, oppure inoltrata al Direttore Generale e poi segue il percorso della Direzione Sanitaria. Per dare i dati anagrafici e sanitari del paziente all'Ufficio Relazioni col Pubblico, stante la legge sulla privacy, chiediamo al malato di firmare un modulo per il trattamento di tali dati". Se, invece, c'è il sospetto di una non corretta soluzione chirurgica, o terapeutica, "oltre alla segnalazione scritta, deve essere allegata anche la cartella clinica del paziente con delle certificazioni di supporto, e noi mandiamo il tutto non solo alla Direzione Sanitaria che fa le sue indagini interne, ma anche a un medico legale, che collabora con il T. D. M., per cui la consulenza è gratuita. Se questi valuta che ci siano delle possibilità per passare a vie legali, il cittadino può rivolgersi ad avvocati che sono nostri volontari, i quali hanno stipulato una convenzione per contrarre le spese immediate. Se l'avvocato ha la certezza che il problema sia risarcibile, dal pagamento dell'assicurazione detrae le sue competenze e la quota relativa alla perizia medico-legale. Purtroppo, i tempi sono piuttosto lunghi, si parla di un mese o due per valutare ogni caso. Le pratiche che il T. D. M. manda al medico legale sono mediamente 5 o 6 al mese, mentre le segnalazioni giornaliere sono in media una decina. C'è da dire però - precisa la presidente - che a volte le persone si rivolgono a noi in modo improprio, ad esempio la fretta li induce a voler scavalcare le liste d'attesa, senza avere gli elementi per un'urgenza. Non so se si tratti di furberie, o se vedano un diritto laddove non c'è. E ci sono i casi "in cui svolgiamo una funzione di supporto sociale, nel senso che molti vogliono solamente sfogare le proprie tensioni, o trovare risposte che li tranquillizzino". E per quanto riguarda la malattia oncologica? "Purtroppo, sono sempre segnalazioni che ci mettono in grande tensione, soprattutto quando si parla di un ritardo nel riconoscimento della patologia, o di un sospetto errore di valutazione. Ci arrivano molte richieste di sostegno, perché entrano in campo problemi molto grossi: l'accettazione della malattia, il rapporto con l'oncologo che spesso è esclusivamente tecnico e non offre alcun supporto psicologico ne all'ammalato ne ai familiari, il seguire una terapia anziché un'altra, il dolore e le cure palliative". Nonostante la presenza di medici ed operatori sanitari molto bravi e sensibili, ad esempio l'Oncoematologia Pediatrica di Parma "che funziona in modo splendido", sono parecchi i casi in cui i diritti degli ammalati oncologici vengono violati. Per esempio, "il fatto che non siano più disponibili i cerotti alla morfina e inaccettabile. Dicono che e finito il budget come arriveremo alla fine dell'anno? Si dovrebbero programmare le forniture, non trovarsi in queste emergenze!", s'indigna la signora Gelmini. Poi, c'è la vicenda Di Bella, "che si è evoluta in modo deplorevole ed ingiustificabile, soprattutto da parte della classe medica, che non ha voluto affrontare con più serietà professionale, etica e morale la questione. Il paziente ha il diritto di scegliere come curarsi, ma non e vero che gli venga riconosciuto: .abbiamo il caso di una persona malata di tumore che ha deciso di seguire una terapia alternativa, omeopatica. Siccome non fa una terapia tradizionale, sembra che non abbia il diritto di essere seguita dall'oncologo. Anziché accettare un confronto, lo specialista mostra un atteggiamento di forte chiusura. Un'incapacità relazionale che e anche da imputarsi alla .difficoltà organizzati va e gestionale in cui operano i sanitàri. Ecco la vicenda di una giovane ragazza siciliana che, visitata in Sicilia da un consulente di Bologna e prenotata per un'operazione nel capoluogo emiliano, si sente rispondere, una volta arrivata in ospedale, che l'intervento è stato rinviato a data da destinarsi. La ragazza, non potendo rimanere a Bologna in albergo, torna in Sicilia, benché rischi una sordità permanente, se non viene operata al più presto. I familiari si rivolgono al T. D. M. e l'unica cosa che riusciamo a ottenere è il rimborso del biglietto ferroviario". Allora, in Emilia Romagna le cose non sempre girano come dovrebbero. "I direttori generali esercitano una forte pressione sui budget e gli operatori lavorano in situazioni di forte stress, senza veder garantita la loro professionalità e l'ammalato viene messo da parte. In altre strutture ospedaliere, "in Lombardia, per esempio, dal punto di vista della sua percezione, il paziente trova più risposte alle proprie necessita, si sente al centro dell'attenzione; da noi, la persona e abbandonata a se stessa". A parte qualche provincia in cui la situazione va un po' meglio: "in Romagna, ci sono più servizi, ma anche a Modena, Reggio Emilia, o Bologna, abbiamo un'organizzazione più capillare sul territorio. Anche da Piacenza - non so se è perché già si sente l'influenza lombarda - ci giungono complessivamente meno lamentele. Purtroppo, è Parma la Cenerentola". Le lamentele dovrebbero essere un campanello d'allarme per la struttura sociosanitaria, pubblica o privata che sia, ma de Aziende Sanitarie ci danno risposte evasive, mai chiare, con una lentezza francamente non comprensibile. Ciò che manca e la comunicazione diretta, l'informazione corretta, ad esempio per l'accesso a tutti i servizi sul territorio, e la buona educazione degli operatori, che spesso rispondono male e controvoglia agli ammalati". Per fortuna, molti dei casi che sono giunti al T. D. M. si sono conclusi positivamente. E positivo è stato il riconoscimento dell'accesso all'estero, per interventi nei quali il cittadino non si sentiva sufficientemente garantito in Italia o aveva di fronte liste d'attesa insostenibili: "abbiamo indirizzato a Lione più di una persona per interventi di ortopedia e sul rachide - conclude soddisfatta la presidente - con la copertura dell'Azienda Usl e risultati eccezionali".
Le sedi regionali del Tribunale del malato in Italia Per esigenze di spazio segnaliamo solo le 19 sedi regionali, chiamando le quali potrebbe ricevere informazioni sulla sede più vicina alla vostra residenza: Abruzzo (via E. Vernia 4, 66100 Chieti, tel. 0871/61564); Basilicata (v.le Italia 2, 75100 Matera, tel. 0835/263071 - 243394); Calabria (via Acri 7, 87100 Cosenza, tel. 0984/77935, fax 0984/77936); Campania (via Bologna 33, 80142 Napoli, tel. 081/5538921); Emilia Romagna (c/o Azienda Ospedaliera di Parma, via Gramsci 14, 43100 Parma, tel./fax 0521/991489); Friuli V. Giulia (via E. Fermi 92, 30118 Tavagnacco, tel. 0432/574277-552228); Lazio (b.go S. Siro 2, 00193 Roma, tel. 06/68808602-6875264); Liguria (c/o Ospedale civile S. Andrea, via V. Veneto 197, 19100 La Spezia, tel./fax 0187533439); Lombardia (via Anfiteatro 14, 20121 Milano, tel. 02/72001077, fax 02/72001070); Marche (via Bellini, 60033 Chiaravalle, Ancona); Molise (via D. d'Aosta 30/1, 86100 Campobasso, tel. 0874/411452, fax 0874/415000); Piemonte (via Rocca 20, 10123 Torino, tel. 011/8177075-8122381, fax. 011/8124473); Puglia (c/o Servizi Sociali, via Cantatore 32, 71016 S. Severo, tel. 0882/223132); Sardegna (c/o Usl 5, via G. Carducci 35, 09170 Oristano, tel. 0783/317858); Sicilia (via A. Di Giovanni 18/20, 96017 Noto, tel; 0931/837747); Toscana (via F. Filzi, 39, 57121 Livorno, tel./fax 0586/405204); Trentino (via P. Orsi I, 38100 Trento, tel. 046/910174); Umbria (via Viola I, 06100 Perugia, tel. 075/5735071, fax 075/5733645); Veneto (l.go Marzabotto 5, 37100 Verona).
I diritti sulla Carta La prima "Carta dei diritti del malato", nata da una consultazione tra i cittadini effettuata per diversi mesi davanti ai principali ospedali romani, con l'obiettivo di portare alla luce le situazioni in cui la dignità e l'integrità fisica e psichica dei malati fosse violata dall'istituzione sanitaria, è stata approvata a Roma nel giugno del 1980 in seguito ad una grande manifestazione organizzata dal Tribunale per i diritti del malato. Da allora, le Carte che sono state via via proclamate su base provinciale o cittadina per rispondere alle specifiche problematiche locali, sono quasi 80 e sono state recepite dalle Asl a livello regolarmente. Ecco i principali diritti che sanciscono, alcuni dei quali presenti anche nelle "Carte dei servizi sanitari". diritto del malato a non essere messo in stato di soggezione o sudditanza; diritto dell'interessato e dei parenti a un'informazione chiara, frequente ed esauriente sulla diagnosi e la terapia; diritto a essere chiamato col proprio nome, non con quello della malattia o con il numero del letto; diritto a una cartella clinica ed una scheda sanitaria compilate in modo completo e leggibile; diritto al rispetto delle norme igieniche più elementari, come la pulizia dei bagni; diritto a stare in locali con attrezzature adeguate, non sulle barelle e nei corridoi delle strutture sanitarie; diritto alla realizzazione degli atti diagnostici nei tempi strettamente richiesti; diritto a un'assistenza tempestiva in casi d'urgenza; diritto all'informazione sulle procedure burocratiche del servizio sanitario nazionale.
Guida ai diritti del malato Non sono concessioni dovute al buon cuore, ma doveri ben precisi e prioritari, quelli che il servizio sanitario ha nei confronti del cittadino. Proprio una "Guida ai diritti del malato" ciò che offre il libro di Maria Costanini, giurista e coordinatrice nazionale del servizio di assistenza e informazione giuridica del Movimento federativo democratico- Tribunale per i diritti del malato, appena pubblicato dagli Editori Riuniti di Roma (pagg. 110, 14mila lire). Si tratta di un agile volume, che affronta con cognizione di causa, rigore e chiarezza sia molte delle note dolenti che sono emerse dai fatti di cronaca, gravi ed inammissibili. Sono tanti gli strumenti che il malato può avere a disposizione per far valere i propri diritti. Deve però diventare consapevole di possederli, dalla cartella clinica al consenso informato, dalla corretta assistenza del medico di base e del pediatra alla procedura dell'equo indennizzo per il sangue infetto, dai rimborsi per le cure effettuate all'estero all'esenzione dai ticket Fino ai diritti riconosciuti a determinate categorie: gli anziani, i malati non autosufficienti, gli invalidi civili, le donne partorienti e i bambini. Dopo gli strumenti di tutela dei cittadini, come il T. D. M., anche un utilissimo "Come muoversi e a chi rivolgersi" a cura di Renata Rizzo, nell'ultima parte del libro. Il Tribunale per i diritti del malato, emanazione del Movimento federativo democratico (nato nei 1978 per volere ed indirizzo di Giovanni Moro, come strumento di tutela dei diritti dei cittadini), si è costituito in quasi tutte le regioni italiani nella prima metà degli anni Ottanta, per dar voce alle sofferenze che i malati patiscono nell'ambito dei servizi sociosanitari a causa di fenomeni di disorganizzazione, spreco e carenza, per sollecitare rapporti umani basati sul pieno rispetto dell'individuo, con particolare attenzione ai minori, agli anziani e ai disabili, e per assicurare a ognuno un'assistenza sanitaria tempestiva ed efficace.
Movimento federativo democratico Tribunale per i diritti del malato sede nazionale: via Pompeo Magno 10/b 00192 ROMA tel. 06/3225759 - fax. 06/3230162 e-mail mc 6947@mclink.it mfd@telpress.it internet http://mfdtelpress.it.
Torna ai risultati della ricerca
|