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Nuove strategie di prevenzione del cancro colonrettale

Minnie Luongo, N. 11/12 novembre/dicembre 2002

Nuove strategie di prevenzione del cancro colonrettale

II cancro del colon e del retto (CCR) solo in Italia colpisce ogni anno oltre 44.000 persone, numero che pone il nostro Paese al primo posto in Europa per incidenza (l’elevata incidenza si spiega, almeno in parte, con il progressivo invecchiamento della popolazione: infatti, maggiore è l’età, più probabile è la manifestazione del carcinoma colonrettale). Senza dubbio esso rappresenta un importante problema di sanità pubblica, essendo la seconda causa di morte tumorale nella popolazione, preceduto solo dal cancro polmonare nel sesso maschile e da quello mammario nelle donne.
Si tratta di un tipo di cancro dalle caratteristiche peculiari, non riscontrate in altri tipi di tumore, quali:
- presenza di fattori di rischio ambientali ben documentati;
- presenza di una sicura predisposizione genetica in circa il 15-20 per cento dei casi;
- esistenza di lesioni pre-tumorali (polipi adenomatosi), per lungo tempo silenti e privi di malignità.
Queste caratteristiche rendono il CCR una neoplasia in molti casi prevenibile e giustificano i programmi di prevenzione che si stanno attivando in diverse aree del nostro Paese, anche in termini di costo-efficacia per le strutture sanitarie. La prevenzione del CCR si attua su più fronti, che si possono riassumere nei concetti di prevenzione primaria e prevenzione secondaria della malattia.
Prevenzione primaria
“La prevenzione primaria” – spiega il dottor Roberto Biffi, condirettore della Divisione di Chirurgia generale dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano – “si prefigge di ridurre l’incidenza del CCR attraverso l’adozione di norme igienico-dietetiche e di stili di vita che riducano i fattori di rischio ambientali, comuni a tutti coloro che vivono e lavorano in un ambiente fortemente urbanizzato e inquinato qual è in genere l’Occidente industrializzato”.
Esiste una dieta per prevenire, per quanto possibile, questa malattia?
Risponde il dottor Biffi: “Misure di documentata efficacia nella prevenzione primaria comprendono una dieta a basso contenuto di grassi (soprattutto animali) e ricca, invece, di cereali, frutta e verdure fresche, a elevato contenuto di fibra, vitamine, oligoelementi e di composti ad azione anti-ossidante.
E il modello dietetico che meglio riproduce tali caratteristiche è la ben nota “dieta mediterranea”.
Inoltre, poiché l’obesità e la sedentarietà sono riconosciuti fattori di rischio, è necessario evitare il sovrappeso ed eseguire una regolare attività fisica, magari modesta come impegno motorio, ma costante. Linee-guida, queste, che sono in accordo anche con quanto indicato dal Codice Europeo contro il Cancro”.
Il Codice suggerisce, pure, di consultare tempestivamente il medico di fiducia a ogni comparsa di sintomi (anche solo dubbi) di problemi a carico del tratto digestivo inferiore (come irregolarità intestinali, presenza di sangue o muco nelle feci, dolori addominali, calo di peso ingiustificato).
Ovvio che quest’ultimo comportamento non appartiene alla sfera primaria del CCR, ma a quello della diagnosi tempestiva.
Prevenzione secondaria
“Completamente diversa” – prosegue il dottor Roberto Biffi – “ è la prevenzione secondaria, il cui scopo è di eseguire una diagnosi il più possibile precoce della malattia, quando il paziente non presenta ancora alcun sintomo rilevante; in questo modo si rendono molto più efficaci, e generalmente anche molto meno complessi, gli interventi curativi sia chirurgici sia endoscopici. Gli strumenti per attuare una diagnosi precoce sono differenti e dipendono dall’entità del rischio di sviluppare un CCR nella popolazione oggetto della valutazione preventiva”.
Nella popolazione con un rischio genetico di cancro colonrettale, la metodica di prevenzione secondaria riconosciuta più efficace è la colonscopia totale: questa, anzi, dovrebbe essere eseguita in tutte le persone a rischio, con tempi e modalità diverse a seconda del tipo di sospetto.
Oltre alle sindromi ereditarie, una familiarità per CCR più o meno accentuata è riscontrabile in circa il 10 per cento dei pazienti affetti da questa malattia, e si stima che i familiari di primo grado di questi malati presentino un rischio di sviluppare un tale tumore nel corso della loro vita tre volte superiore a quello della popolazione generale senza familiarità. Pertanto, vi è una sorta di consenso generale degli specialisti nel suggerire l’esecuzione di una colonscopia totale all’età di 45 anni, in tutti i familiari di primo grado di pazienti che abbiano sofferto di questa malattia. Infine, per quanto riguarda le strategie di monitoraggio e controllo di un altro gruppo a rischio per CCR (chi ha subìto l’asportazione endoscopica di uno o più adenomi), anche in questo caso i medici del settore esortano a sottoporsi a una rivalutazione colonscopica a intervalli regolari. Da stabilirsi caso per caso, in relazione a numerosi fattori, quali il tipo di adenoma, la sua sede, l’età del paziente e le patologie associate eventualmente presenti.
Una nuova terapia raddoppia la sopravvivenza
La notizia è ufficiale e autorevole: proviene dagli oncologi italiani riunitisi a fine settembre a Torino per il 4° Congresso nazionale dell’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e, in sintesi, dice come oggi si possa essere più ottimisti sulle cure disponibili per il tumore del colonretto. Grazie all’utilizzo di nuovi farmaci chemioterapici, infatti, è stata raddoppiata la risposta alla terapia e, contemporaneamente, nuovi e promettenti passi in avanti sono stati ottenuti associando una molecola – oxaliplatino – all’asportazione chirurgica del tumore. Riassume il dottor Roberto Labianca, responsabile dell’Unità operativa di oncologia medica degli Ospedali Riuniti di Bergamo e neo presidente dell’Aiom (ha da poco sostituito il professor Francesco Cognetti): “L’oxaliplatino è stato sottoposto al vaglio di 2 ampi studi di fase III (quindi, in confronto a schemi di riferimento), dando confortanti riscontri”. Ma la disponibilità di nuovi farmaci attivi nel carcinoma del colon-retto con metastasi, come l’oxaliplatino e l’irinotecan, apre nuove reali speranze anche per i casi che vengono trattati chirurgicamente con asportazione radicale del tumore. “La molecola denominata oxaliplatino, in particolare” – continua Labianca – “appartiene alla famiglia dei platino-derivati, il cui capostipite – il cisplatino – è presente sulla scena terapeutica dei tumori da circa un ventennio. Più esattamente, l’oxaliplatino è un “DACH” (diaminocicloesano) platino-composto, in grado di inibire la sintesi del DNA. L’attività nei confronti dei tumori del grosso intestino rappresenta qualcosa di assolutamente particolare e innovativo per un farmaco appartenente a questa categoria: una modificazione di limitata entità nella struttura della molecola di base è stata sufficiente per realizzare una significativa efficacia verso una neoplasia a lungo considerata resistente alla chemioterapia e, quindi, letteralmente “incurabile”. Si capisce così come l’introduzione dell’oxaliplatino nella pratica terapeutica anche del nostro Paese sia stata accolta con il più vivo interesse da parte di oncologi medici, e come essa debba rappresentare un importante elemento di speranza per i pazienti e le loro famiglie”.
Infine, sempre al 4° Congresso nazionale dell’Aiom, è stato riferito di uno studio appena concluso in America su 870 pazienti e d’imminente pubblicazione, che dimostra come il trattamento del tumore al colon-retto con oxaliplatino consenta non solo un miglioramento della qualità di vita, ma, in molti casi, risultati mai ottenuti fino ad ora.
È assolutamente d’accordo Labianca con Roberto Biffi, quanto alla prevenzione e l’informazione quali arme costantemente valide per contrastare questo tumore: “Dopo i 50 anni è sempre opportuno sottoporsi al test per la ricerca del sangue occulto nelle feci. Inoltre, alcuni studi mettono in relazione la presenza di questo cancro con una dieta ricca di grassi animali e proteine, e povera di fibre”.
Tecnologia e umanità, armi vincenti
Per la prima volta una tecnologia video in 3D, usata per la laparoscopia, cioè per interventi mininvasivi eseguiti attraverso piccole incisioni, è stata applicata a un intervento tradizionale per operare i tumori al colonretto, che presentava, almeno finora, grandi problemi dovuti alla difficoltà di vedere bene il campo operatorio. Insomma, una vera e propria playstation in dotazione al chirurgo. L’artefice della progettazione di questo prezioso strumento è il dottor Ermanno Leo, direttore dell’Unità Operativa di chirurgia del colonretto (l’unica in Italia dedicata esclusivamente a tale tipo di patologia) dell’Istituto dei Tumori di Milano. Per spiegare: un’ottica stereoscopica, posta sul letto operatorio, viene collegata a un sistema computerizzato attraverso una telecamera tridimensionale; mediante un processore, i chirurghi, muniti di un casco con visore, ricevono immagini a tre dimensioni della zona in cui stanno operando, le quali possono essere viste, contemporaneamente, dall’intera équipe chirurgica. Conferma Leo: “Questo sistema ci offre, per la prima volta, in modo tridimensionale, l’esatta visione di ciò che stiamo facendo, e consente una sintonia chirurgica eccezionale fra tutti gli operatori. Così, il chirurgo può anche accedere ad immagini di esami radiologici e radiografici precedentemente archiviati nel sistema”.
Oltre che per la rivoluzione da poco attuata grazie a questa “chirurgia spaziale”, il dottor Leo è noto soprattutto per la lotta contro l’avvilente sacchetto raccoglitore delle feci. L’operazione chirurgica si chiama anastomosi colo-anale: si asporta la parte di intestino retto colpita dal tumore, rispettando le strutture muscolari e nervose attorno, e così si può ricostruire la parte di intestino che è stata tolta, per ripristinare le normali attività intestinali.
Ermanno Leo è anche presidente A.R.E.C.O. – Associazione per la ricerca europea in chirurgia oncologica – una Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) costituita nell’ottobre 1997. “La vita e le scelte professionali di ognuno di noi non sono determinate solo da puro tecnicismo, anche se valido e di alto livello” – sottolinea Leo – “ma dalla constatazione dei risultati ottenuti in seguito al tipo di cura che il medico sceglie per il suo malato. Credo che, per offrire a tutti i malati l’opportunità di una migliore qualità di vita, sia necessario tra i colleghi non solo uno scambio scientifico, ma soprattutto un concreto scambio di esperienze per una divulgazione pratica delle tecniche chirurgiche. La finalità principale di A.R.E.C.O. è la costituzione e la gestione della Scuola-Master di Chirurgia specialistica per la cura dei tumori del retto”.

Incidenza di cancro colon-rettale in nove Paesi europei nel 2000
e variazione media annua tra il 1995 e il 2005

  Incidenza nel 2000
(per 100.000 abitanti)
Variazione media
nel 2005 (%)
Belgio/Lussemburgo 53.1 + 0.05
Francia 60.6 + 2.1
Germania 61.3 + 0.1
Italia 77.5 + 2.2
Paesi Bassi 51.9 + 0.8
Spagna 59.2 + 4.8
Svezia 50.2 + 0.5
Svizzera 47.4 + 0.05
Gran Bretagna 57.6 + 1

Nuovi casi diagnosticati nel 1998 a livello mondiale
Trachea, bronchi e polmoni 1.446.000
Stomaco 1.017.000
Seno 955.000
Colon-retto 939.000
Fegato e vie biliari 659.000
Tessuto linfoide ed ematopoietico 477.000
Prostata 444.000
Labbra, bocca e faringe 394.000

Fattori di rischio del cancro colon-rettale

  • Familiarità
    Carcinoma colon-rettale
    Polipi addominali
    Patologie intestinali infiammatorie
    Poliposi adenomatosa
    Sindrome di Lynch
  • Alimentazione
    Ricca di grassi
    Povera di fibre vegetali
    Carente di vitamine

Indirizzi utili

  • Dottor Roberto Biffi, Istituto Europeo dei Tumori
    Via G. Ripamonti, 435 - 20141 Milano
    www.ieo.it
  • Dottor Roberto Labianca, Ospedali Riuniti di Bergamo
    Largo Barozzi, 1 - 24128 Bergamo
    tel. 035/269111
    www.ospedaliriuniti.bergamo.it
  • Professor Ermanno Leo, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
    Via Giacomo Venezian, 1 - 20133 Milano
    tel 02-2390.1
    www.istitutotumori.mi.it
  • A.R.E.C.O.
    via L. Manara, 17 - 20122 Milano
    tel. 02-55.01.80.44
  • Fondazione Maugeri, Prof. A. Catona
    V. Ferrata, 8 - 27100 Pavia
    Segreteria tel. 0382/592292 fax 0382/592073
    www.fsm.it

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