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Arriva il farmaco antileucemia

Dario Vascellaro, N. 6 giugno 2002

I risultati dell’STI571, un nuovo farmaco sperimentale dal nome commerciale Glivec, stanno portando nuove speranze di vittoria sulla LMC, la leucemia mieloide cronica.
La leucemia mieloide cronica è una neoplasia maligna caratterizzata da un aumento del numero dei globuli bianchi nel sangue periferico, midollo, milza e altri organi o tessuti. Nel sangue compaiono inoltre cellule immature della serie mieloide che normalmente risiedono nel midollo emopoietico. Il termine di cronica indica che la malattia ha inizialmente un decorso lento, con pochi sintomi, anche se dopo un periodo variabile di alcuni anni si trasforma inevitabilmente in una leucemia acuta.
Le cause della leucemia mieloide cronica sono sconosciute, anche se negli ultimi anni notevoli progressi sono stati compiuti nella comprensione dei meccanismi che portano alla trasformazione neoplastica. Questa malattia è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma anomalo, il cosiddetto cromosoma Filadelfia o cromosoma Ph1, che origina dallo scambio reciproco (traslocazione reciproca è il termine tecnico) di segmenti di DNA fra i cromosomi 9 e 22. Sul cromosoma 9 si trova un importante gene, chiamato Abl, il quale ha le proprietà di un oncogène: esso svolge sicuramente un ruolo importante nella crescita delle cellule normali, ancora non conosciuto in tutti i dettagli. Nella leucemia mieloide cronica il gene Abl viene rotto in due pezzi, uno dei quali rimane sul cromosoma 9 mentre l’altro si trasferisce sul cromosoma 22 e si fonde con un frammento di un altro gene chiamato Bcr (il secondo frammento del gene Bcr si trasferisce a sua volta dal cromosoma 22 al 9, fondendosi con quel che rimane di Abl). In conseguenza di questo scambio genetico si viene a creare un nuovo gene, che prima non esisteva, chiamato Bcr/Abl in quanto origina dalla fusione dei due geni Bcr e Abl. Il nuovo gene di fusione Bcr/Abl produce una proteina anomala, simile a quella normalmente prodotta da Abl, ma molto più potente nello stimolare la crescita delle cellule.
La presenza della traslocazione t(9; 22) (così si indica nel linguaggio medico) avviene per la prima volta in una cellula staminale multipotente, in grado cioè di dare origine a quasi tutti i tipi di cellule del sangue periferico: globuli bianchi, globuli rossi, piastrine, linfociti B. La cellula staminale che possiede la traslocazione acquista la capacità di dividersi molte più volte e di sopravvivere per un periodo di tempo molto più lungo rispetto al normale. Queste nuove proprietà della cellula staminale giustificano due delle principali caratteristiche della leucemia mieloide cronica: il progressivo aumento del numero dei globuli bianchi (a volte aumentano anche le piastrine e, più raramente, i globuli rossi) e la trasmissione del cromosoma difettoso a tutte le cellule figlie che originano dalla cellula originariamente trasformata in senso neoplastico). Infatti il cromosoma Ph1 si trova abitualmente anche negli eritroblasti (progenitori dei globuli rossi), nei megacariociti (progenitori delle piastrine), nei linfociti B (ma non nei T), oltre che in tutti i tipi di globuli bianchi. In altre parole origina un clone di cellule neoplastiche che, piano piano, prende il sopravvento sulle cellule normali del midollo emopoietico. Le conseguenze pratiche di questo fenomeno sono di due tipi: i globuli bianchi tendono ad accumularsi nel sangue periferico (e avremo una leucocitosi più o meno importante), nella milza (splenomegalia), nel fegato (epatomegalia), meno frequentemente nei linfonodi (linfoadenomegalia) e in altri organi o tessuti; i globuli bianchi neoplastici hanno una funzione quasi normale e questo spiega la rarità delle infezioni nei pazienti con leucemia mieloide cronica.
Quando il numero dei globuli (e dei loro precursori) nel midollo raggiunge un livello critico, viene impedita la maturazione degli altri tipi di cellule midollari, con la possibile comparsa di anemia e/o piastrinopenia.
Tre le fasi della malattia, caratterizzate da un progressivo aumento dei globuli bianchi:
- cronica, da 5 a 6 anni;
- accelerata, da 6 a 9 mesi;
- blastica, da 3 a 6 mesi.
I leucociti invadono sangue, milza e fegato. Nel 100% dei casi, inesorabilmente la malattia passa dalla fase cronica a quella accelerata e porta alla morte il 100% dei malati. Il problema è impedire che la malattia passi dalla fase cronica a quella accelerata.
Rispetto agli altri tipi di leucemia la LMC è meno frequente, rappresentando solo il 15% delle leucemie diagnosticate, con una media di 12 casi per milione di individui. L’incidenza a livello mondiale è di 16 casi l’anno per milione di abitanti. Ogni anno si registrano 100.000 nuovi casi tra Usa ed Europa, in Italia circa 1.000. È una malattia dell’adulto, più comune tra i 20 e i 50 anni, con un picco tra i 40 e i 50 anni. Colpisce con preferenza la popolazione maschile. La sopravvivenza media in assenza di cure è di circa 20 mesi; nei pazienti curati la sopravvivenza prevista sale a 3 anni dalla diagnosi, mentre un quinto dei pazienti sopravvive dieci anni o più.

Le fasi della Leucemia Mieloide Cronica
cronica da 5 a 6 anni
accelerata da 6 a 9 mesi
blastica da 3 a 6 mesi

Mortalità in Italia per leucemie nel 1998
  Decessi Popolazione Tasso
Maschi 2.819 27.959.093 10,08
Femmine 2.315 29.628.843 7,81
Totali 5.134 57.587.936 8,92
Fonte: Istituto Superiore Sanità

Dove rivolgersi
La sperimentazione condotta dall’équipe di Gambacorti è stata utile anche per superare uno dei problemi che presentava inizialmente il nuovo farmaco STI571.
“Tutto nasce – spiega Carlo Gambacorti – dalla capacità delle cellule tumorali di sviluppare spontaneamente, così come qualsiasi cellula, una reazione difensiva contro una aggressione esterna: con il tempo si determinano di conseguenza dei meccanismi di farmaco-resistenza, cioè di progressiva insensibilità alla cura”. Finora sono stati scoperti tre diversi meccanismi di resistenza a STI571: ecco, in sintesi, di che si tratta.
In alcune forme di leucemia mieloide può accadere che il gene anomalo BCR-ABL, quello che accende la neoplasia, venga ‘amplificato’ parallelamente allo sviluppo della malattia. In questo caso, per contrastare con efficacia la malattia, sarebbe probabilmente utile somministrare dosi del farmaco maggiori di quelle attualmente utilizzate.
Altre volte una proteina collegata all’attività del farmaco (nota come AGP) può sequestrare le molecole di STI571 prima che queste si leghino alle cellule neoplastiche.
Secondo gli studi effettuati a Los Angeles può anche accadere che il gene Bcr/Abl stesso sia mutato in modo da non legare più il farmaco e non essere più sensibile alla sua attività. Contro questa forma di farmaco-resistenza il rimedio più efficace sembra quello di rimodellare la molecola, introducendo alcune modificazioni nella sua formulazione.
A questo obiettivo, e in genere al superamento dei meccanismi di farmaco-resistenza, hanno lavorato anche i ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Era noto che i pazienti nella fase iniziale (fase cronica) della malattia rispondevano al farmaco in maniera durevole, quelli in fase terminale (crisi blastica) rispondevano anch’essi, ma generalmente in maniera transitoria, e sviluppavano in breve tempo resistenza al farmaco.
Il gruppo di ricerca interamente italiano di Gambacorti ha per la prima volta svelato quale poteva essere la causa di questa resistenza e come poterla superare.
La pubblicazione scientifica riportata sul numero 18 ottobre 2000 del Journal of the National Cancer Institute ha descritto il risultato della ricerca condotta da Carlo Gambacorti e colleghi, con l’obiettivo di dimostrare la causa della resistenza al farmaco.
Il progetto di tale ricerca è stato svolto in collaborazione tra il Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Tumori di Milano, il Dipartimento di Oncologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, sempre di Milano, diretto dal dott. Maurizio D’Incalci, con la partecipazione della Sezione di Ematologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza, diretta dal prof. Gianmarco Corneo.
I ricercatori hanno sviluppato un modello animale utilizzando un particolare ceppo di topi a cui sono stati iniettate cellule leucemiche umane derivate da pazienti affetti da Leucemia mieloide cronica in crisi blastica. Gli animali a cui sono state inoculate cellule leucemiche possono essere guariti se il trattamento con il farmaco STI571 inizia subito dopo l’inoculo, in presenza pertanto di un limitato numero di cellule leucemiche. Invece se l’inizio del trattamento viene ritardato e avviene, quindi, in presenza di un grosso tumore, si osserva inizialmente la regressione del nodulo tumorale, ma nessun animale viene guarito, e si sviluppa rapidamente negli animali resistenza al farmaco, similmente a quanto avviene nei pazienti.
I ricercatori hanno studiato il meccanismo di questa resistenza e dopo un lungo lavoro, hanno identificato una proteina presente nel plasma degli animali con recidiva della malattia, che impedisce al farmaco STI571 di entrare nelle cellule. Questa proteina, nota come alfa-1 glicoproteina acida (AGP), viene sintetizzata nel fegato in risposta alla presenza di cellule leucemiche o a stimoli infiammatori. Mentre gli animali con tumori piccoli hanno bassi livelli di AGP, questi livelli crescono di oltre 10 volte in presenza di grossi tumori.
I ricercatori hanno anche scoperto che un noto antibiotico, l’Eritromicina, è in grado di inibire il legame tra il farmaco STI571 e la proteina AGP, ripristinando l’attività biologica del farmaco.
Sono pertanto stati condotti ulteriori esperimenti in cui topi con grossi tumori sono stati trattati con STI571 o con STI571 associata ad Eritromicina.
Mentre soltanto 1 su 13 animali del gruppo STI571 è stato guarito, sono stati 10 su 12 gli animali guariti nel gruppo trattato con la combinazione dei due farmaci (STI571 associata ad Eritromicina).
“Si tratta di un meccanismo a catena – ha dichiarato il dott. Gambacorti –: la proteina Bcr/Abl stimola in modo inappropriato le cellule mieloidi e le trasforma in leucemiche; STI571 blocca Bcr/Abl, AGP blocca STI571, ed Eritromicina blocca AGP, liberando nuovamente l’STI571 dall’inibizione operata da AGP”.
Anche il contributo italiano, insomma, è stato fondamentale per mettere a punto questo farmaco innovativo, capace di dare nuove speranze a tanti malati.

Indirizzi utili
- Dipartimento di oncologia sperimentale dell'Istituto Nazionale Tumori – Milano
dr. Carlo Gambacorti
Via Giacomo Venezian, 1 - 20133 Milano
Centralino 02/23901
www.istitutotumori.mi.it

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