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Uranio impoverito. La storia infinita
Cristina Mazzantini, N. 6 giugno 2002
A distanza di un anno si torna a scrivere di uranio impoverito. Anche stavolta è la cronaca a richiederlo. Nel 2001, il fatto eclatante riportato dai mass media, che ha suscitato un forte allarmismo nellopinione pubblica, è stato quello della possibile connessione fra tale lega metallica e la malattia neoplastica. Questultima aveva provocato la morte di almeno 6 militari e civili in missione di pace in Kosovo e Bosnia. Oggi, invece, la notizia preoccupante sta nella nascita di bambini deformi. Si tratta, quindi, di una storia maledetta a cui non si riesce ancora a mettere la parola fine.
Dopo lincremento del morbo di Hodgkin in una popolazione giovanile tra 20 e 40 anni, sulle prime pagine dei giornali e nelle maggiori reti televisive è apparso un nuovo mostro: le deformazioni neonatali. Per ora si conoscono solo 7 casi di bimbi nati con malformazioni genetiche, sparsi in tutta la penisola. Ma il numero è approssimativo. Questi bimbi sono figli di soldati italiani tornati da missioni belliche. La popolazione italiana è preoccupata perché un evento del genere, ma in dimensioni molto più vaste, si è già verificato negli Stati Uniti dopo la guerra del Golfo. In America, infatti, ci sono e si attendono bambini con malformazioni scheletriche e agli arti. Sono soggetti molto fragili, paragonati addirittura al cristallo perché ad alto rischio, persino mortale. In Italia, a denunciare il fatto è stato per primo RaiNews24, un canale televisivo satellitare della Rai. Il 27 aprile scorso è andato in onda un accurato dossier in cui si ipotizzava una probabile connessione tra uranio impoverito e malformazioni neonatali. Sui gravi fatti riportati da tale inchiesta sicuramente il ministro della Difesa, Antonio Martino, riferirà al Senato.
Per quel poco che si sa, viene da chiedersi se lutilizzo per scopi bellici delluranio impoverito, attualmente proibito in alcuni Paesi, possa avere effetti nocivi sulla nostra salute e su quella dei nostri figli.
Per saperne di più, abbiamo intervistato un esperto del settore, il professor Martino Grandolfo, direttore del Laboratorio di Fisica allIstituto Superiore di Sanità e membro della Commissione presieduta dal professor Franco Mandelli (celebre ematologo dellUniversità di Roma). Tale Commissione fu istituita il 22 dicembre 2000 dal Ministero della Difesa, con il compito di accertare tutti gli aspetti medico-scientifici dei casi emersi. O, meglio, per identificare lesistenza di una correlazione con il munizionamento alluranio impoverito impiegato nellarea occupata e lorigine di neoplasie maligne contratte da militari in Bosnia e Kosovo.
Professor Grandolfo, nei prossimi giorni sarà presentata alla stampa e allopinione pubblica la terza relazione della Commissione Mandelli. Quali le principali novità?
"Ovviamente non posso anticipare i dati che, al momento, sono ancora in via di elaborazione. Ma sicuramente posso dire, senza paura di smentite dellultimora, che gli ultimi risultati sono una riconferma di quelli dei rapporti precedenti".
Dunque, rispetto al passato non cè nulla di nuovo?
"Sostanzialmente è così. Anche se, è bene sottolinearlo, le cifre che riferiremo sono cambiate, comera naturale attendersi con il passare del tempo".
Allepoca del nostro colloquio aveva sottolineato, dati alla mano, che nonostante le accurate indagini non avevate trovato indizi a sufficienza per poter giustificare laccusa mossa dai mass media alluranio impoverito, come principale artefice delle neoplasie dei militari e civili impegnati nei Balcani. Anche oggi, pare di capire, si riconferma la stessa tesi?
"Ha recepito perfettamente il messaggio, seppur nella sua domanda vi sia una vena di delusione. Anche la volta scorsa parlai della nostra sorpresa riguardo agli eccessivi casi di linfomi di Hodgkin in una popolazione sana e giovanile (soggetti accuratamente selezionati). Nonostante ciò, si trattava e si continua a trattare di un numero troppo piccolo per essere considerato una valida prova".
Quindi ci troviamo ancora di fronte a un problema irrisolto?
"Non sarei così drastico. Anche se è vero che non si sono ottenute risposte certe. Però, a nostro favore, possiamo dire di aver finalmente pagato il nostro debito conoscitivo".
Professor Grandolfo, sempre in un colloquio precedente, ci aveva riferito, con rammarico, dellassenza di una letteratura scientifica a proposito della probabile connessione delluranio impoverito a scopo bellico e dellinsorgenza di patologie neoplastiche. Ci pare di capire, se non interpretiamo male la sua ultima frase, che ora non è più così?
"Oltre alla nostra indagine, in Italia ma anche in altri Paesi europei e in America, sono in corso diversi studi sulla tematica (così scottante). Tali studi, peraltro, confermano i nostri dati. È necessario, dunque, sottolineare che, nonostante lutilizzo delle tecniche più raffinate, nei soggetti esaminati non si è trovato uranio impoverito in dosi superiori alla soglia prefissata (ovvero nociva per la salute). Perciò, dopo lannuncio pubblico degli ultimi risultati, pensiamo di dichiarare come terminato il nostro compito".
Unultima domanda: il caso delle malformazioni genetiche come si giustifica alla luce dei risultati ottenuti dal vostro studio?
"Se si riferisce alle malformazioni nei bambini, posso dire che, per quanto se ne sa, finora sono disponibili soltanto dati epidemiologici. Mentre, per poter dare una risposta valida, bisogna attendere risultati di studi scientifici che però non sono stati avviati. Solo in tal caso, dopo aver accuratamente indagato, sarà possibile trarre conclusioni. Queste saranno necessarie per dare lavvio ad azioni preventive".
Ma la tesi espressa dalla Commissione Mandelli può lasciare perplessi. Così, non mancano gli oppositori. Tra i più agguerriti cè lAssociazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Caduti (presieduta dal dott. Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della Camera). Prima di dare voce allopposizione, vorremmo ricordare quelli favorevoli come, soprattutto, il professor Franco Nobile, oncologo e coordinatore della Lega contro i Tumori della Regione Toscana. È lui lautore del libro La prevenzione oncologica nei reduci dai Balcani, uno studio condotto assieme allIstituto di Geochimica Ambientale dellUniversità di Siena che è durato due anni, durante i quali sono stati effettuati migliaia di esami su 632 soggetti civili e militari in missione nei Balcani. "Lidea è nata dai paventati collegamenti tra luso bellico delluranio impoverito e linsorgenza di tumori maligni per promuovere uno screening di prevenzione oncologica per i reduci a rischio provenienti dai teatri bellici", ha premesso il professor Nobile.
Da una prima fase dellindagine svolta, è stata rilevata una totale assenza di danni alle persone da tossicità chimica e da contaminazione radioattiva riconducibile alluranio impoverito". Dunque si conferma lipotesi della tesi Mandelli. "Ma non ci si è limitati a indagare sui possibili danni del metallo imputato e sulla salute. Infatti sono stati effettuati anche dei prelievi ambientali nel Kosovo, proprio nelle zone più colpite dai proiettili alluranio impoverito. I risultati sono largamente entro i limiti della radioattività naturale", ha puntualizzato ancora loncologo senese. "In conclusione, la Lega contro i tumori (coordinamento regionale della Toscana-sezione provinciale di Siena) non afferma che luranio non fa male, ma afferma solo che nelle persone e nei campioni scientificamente esaminati non cè uranio. Eventuali tumori maligni, che si riscontrassero, sono imputabili ad altre cause cancerogene oppure rientrano nei casi che comunque si sarebbero verificati secondo le statistiche epidemiologiche". A tali risultati si è arrivati dopo aver valutato accuratamente migliaia di esami clinici, ecografici e di laboratorio, effettuati su un intero reggimento di reduci dai Balcani. Dopo aver descritto questa posizione, per completezza e correttezza di informazioni, riteniamo opportuno riportare anche il parere critico dellAssociazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Caduti (ANA-VAFAF), in particolare quella del suo presidente, dottor Falco Accame, che ha dichiarato: "La Commissione Mandelli, che ha assolto limputato uranio, parte da un presupposto sbagliato. Essa, infatti, non dovrebbe essere eletta dal ministero della Difesa che è parte in causa nel problema. Ma, dovendo essere super partes, dovrebbe essere eventualmente nominata dal Parlamento o, quanto meno, dal ministero della Sanità, visto che è in questione un problema di carattere medico".
Il presidente dellANA-VAFAF ha lanciato, così, unaccusa: "Fra i contingenti militari, quello italiano è stato certamente il meno protetto". Accame ha poi sottolineato: "La relazione Mandelli parte da premesse errate, in quanto non considera le zone a rischio nel riferirsi genericamente ai Balcani. Per cui si ipotizza, come potenziali soggetti esposti, un numero enormemente superiore alla realtà, se si include anche chi ha operato in Albania e in Macedonia, lontani cioè dalle zone bombardate con armi alluranio, oppure in Kosovo, dove vigevano le norme di protezione, con tute, guanti e maschere. Chi è stato veramente esposto al rischio di contaminazione è il personale in Bosnia, che non ha adottato alcuna misura di protezione. Anche qui (in Bosnia) solo una parte del contingente era esposto. Perché quello che operava nel quartiere generale lontano dalle esplosioni non era a rischio".
Perciò le cifre fornite dalle relazione Mandelli sono ritenute errate, perché non si è tenuto conto di alcuni elementi fondamentali, come la corretta posizione dei soggetti a rischio e i luoghi dove sono esplose effettivamente le armi alluranio.
Il dott. Accame ha precisato: "Il risultato della Commissione è non solo parziale ma anche fuorviante. Le persone a rischio non sono state superiori a mille, quando invece si è considerato tutto il contingente in oltre 40.000 soggetti. Per cui, è statisticamente diverso avere un rapporto di 1 malato su 40.000 rispetto a 1 su 1000".
Il presidente dellANA-VAFAF è fortemente preoccupato dal fatto poi che tali risultati possano interferire sui possibili risarcimenti che il ministero della Difesa dovrà dare alle famiglie e ai malati. Senza il riconoscimento scientifico del nesso tra uranio e patologia non potrà esserci alcun contributo.
Il caso Sardegna
È fondamentale riconoscere che non ci sono casi di presunta contaminazione solo tra i militari impiegati fuori area dalle zone interessate dai conflitti. I rischi e le conseguenti polemiche riguardano direttamente anche le popolazioni civili.
A tale proposito è emblematico il caso di Villa Putzu. È un piccolo centro di oltre 5 mila abitanti, situato sulla costa meridionale della Sardegna, in provincia di Cagliari. Qui, da anni, il sindaco-oncologo, Antonio Pili, conduce una battaglia, finora vana, per far riconoscere un nesso di causalità per linsorgenza dei tumori che ha colpito la piccola comunità. In particolare, la situazione peggiore riguarda la frazione di Quirra, a Capo San Lorenzo, dove sorge un poligono sperimentale interforze e dove dal 1993 a oggi si sono verificati 10 casi di linfomi al sistema emolinfatico, su una popolazione di 150 abitanti sparsi tra le case vicine alla base. "Da anni chiediamo spiegazioni" ha precisato il dottor Pili, "ma non otteniamo risposte. La nostra non è una guerra contro lesercito. Voglio essere chiaro su questo punto di vista, ma ritengo che sia doveroso che una comunità voglia conoscere fino in fondo, e con estrema chiarezza, i rischi che corre abitando un territorio. In fondo, non chiediamo niente di particolare: vogliamo solo un monitoraggio della zona, ove gli enti locali possano esercitare un controllo diretto e trasparente. Se poi questa analisi ci confermasse che la presenza di cesio o uranio nellatmosfera è perfettamente in linea con la media nazionale, ci riterremo soddisfatti e finalmente si metterebbe fine a una preoccupazione che riguarda tutti". Loncologo conclude: "Le analisi che richiediamo sono semplicissime e a basso costo. Non capisco perché tanta reticenza. Inoltre, e parlo da medico, non si può ignorare un dato statistico come quello di Capo San Lorenzo: se si sono verificati 10 casi di linfomi su 150 abitanti, credo che il mondo scientifico e le istituzioni abbiano il dovere di analizzare il fenomeno nel tentativo di offrire risposte certe alla popolazione".
Cosè luranio impoverito
L'uranio impoverito (isotopo 238) è un prodotto di scarto del processo di arricchimento dell'uranio naturale utilizzato come combustibile nucleare o per le armi atomiche (uranio 235).
In natura si trova circa un atomo di 235 ogni 140 atomi di 238. Le bombe nucleari, che utilizzano uranio 235 con una concentrazione superiore al 70 percento, o le centrali nucleari, che bruciano uranio 235 in concentrazione di almeno il 3 percento, hanno richiesto la separazione dell'isotopo 235 dall'isotopo 238 con complicati processi alla fine dei quali si ha una massa di 'uranio arricchito' e uno scarto, che non serve a nulla, di 'uranio impoverito'.
Gli usi
Lalta densità dell'uranio impoverito e il suo basso costo ne determinano limpiego in campo civile soprattutto come materiale per la schermatura dalle radiazione e come contrappeso in applicazioni aerospaziali. In campo militarie nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di certi sistemi d'arma.
Viene impiegato nella fabbricazione dei proiettili essenzialmente per il suo peso (una volta e mezzo più pesante del piombo, oltre due volte più pesante dell'acciaio) e perchè piroforico, si infiamma cioè spontaneamente se finemente suddiviso. Si presta inoltre a formare leghe con altri metalli. È inoltre facile da reperire a basso costo e in grandi quantità.
Il pulviscolo del proiettile a uranio impoverito, dopo l'esplosione, si sparge sul terreno, determinando un innalzamento del livello di attività. Se ingerito o respirato, secondo numerose ricerche, può provocare tumori, leucemie e malformazioni del feto. La polvere e i penetratori di uranio impoverito depositati nel suolo possono anche contaminare il cibo e le falde acquifere.
Luranio e gli altri paesi
La Repubblica Federale di Jugoslavia, tramite il suo ministero per lo Sviluppo, la Scienza e l'Ambiente, ha pubblicato lo scorso anno un rapporto circostanziato sulle conseguenze ambientali dei bombardamenti della NATO. Nel documento, un capitolo è dedicato alluranio impoverito.
La stima del carico di uranio impoverito depositato nel territorio jugoslavo è di 50.000 proiettili, pari a circa 15 tonnellate. Tale percentuale è più alta di quella dichiarata dalla NATO. Prudenzialmente, in questo documento, si fa comunque riferimento alle cifre fornite dalla NATO stessa (31.000 proiettili). La contaminazione del suolo è stata confermata da misure di spettrometria gamma eseguite presso l'Istituto di Scienze Nucleari di Vinca, vicino Belgrado. I dati forniti riferiscono di campioni di suolo con concentrazione di uranio impoverito fino a 235 kBq/kg. Le aree colpite sarebbero già state localizzate tutte e recintate per impedirne laccesso in attesa della decontaminazione, che consisterebbe nella rimozione dello strato superficiale del terreno e nello smaltimento in discarica controllata. Non vengono menzionati i missili Tomahawk, che invece secondo altre fonti e informazioni dirette sarebbero stati utilizzati anche nelle vicinanze delle città di Belgrado (aeroporto militare di Rakovica) e Novi Sad. Infine, citiamo i dati epidemiologici che indicano come in Bosnia gli effetti a livello di induzione di tumori delle guerra siano già evidenti. Il ministero della Sanità della Federazione Bosniaco-Croata ha dichiarato che lincidenza di carcinomi fra la popolazione è aumentata da 152 casi su 100.000 persone nel 1999, a 230 casi su 100.000 nel 2000. Nello stesso periodo, i casi di leucemia sono saliti da 6.2 a 10.4 sempre su 100.000 soggetti.
Linfoma di Hodgkin - mortalità (Italia - 1998) |
Maschi |
Femmine |
Totali |
Decessi |
Popolazione |
Tasso |
Decessi |
Popolazione |
Tasso |
Decessi |
Popolazione |
Tasso |
190 |
27.959.093 |
0,68 |
133 |
29.628.843 |
0,45 |
323 |
57.587.936 |
0,56 |
Fonte: Istituto Superiore Sanità |
La catena di decadimento dell'U-238
La radioattività dell'uranio naturale deriva da un processo spontaneo di decadimento. Questo processo interessa una percentuale minima degli atomi dell'elemento. Un grammo di Uranio-238, ad esempio, impiega 4,5 miliardi di anni per trasformarsi in 1/2 grammo di U-238 + 1/2 grammo di piombo. Il piombo è il risultato finale del processo di decadimento.
Nel corso di questo processo, l'atomo che decade emette energia in tre forme possibili (a parte il calore): raggi alfa, beta e gamma. I raggi alfa e beta sono, i primi, nuclei di elio e, i secondi, elettroni o positroni, ovvero elettroni con carica positiva invece che negativa; i raggi gamma sono radiazioni vere e proprie (fotoni ad energia molto maggiore di quella dei raggi X).
Osservando lo schema di decadimento dell'U-238, si osserva come a circa metà della catena si trovi il Radon 222, responsabile, tra l'altro, della maggior parte della radioattività naturale alla quale siamo quotidianamente esposti (la cosiddetta radiazione di fondo).
Inoltre, bisogna notare che ognuno di questi prodotti di decadimento sarà sempre presente in tracce in un campione di uranio e che questi elementi continuano a formarsi man mano che nuovi atomi di U-238 decadono. Questo processo continua fino a che tutto l'Uranio si è trasformato in piombo.
(Fonte: www.ccnr.org/nfb_uranium_0.html - Canadian Coalition for Nuclear Responsibility)
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