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Un vaccino per il seno

Dario Vascellaro, N. 1 gennaio 2002

Se ne parla ormai da molto tempo, ma solo negli ultimi mesi l’impiego dei vaccini anticancro comincia a fornire i primi risultati concreti. Sarà certamente considerata una pietra miliare, per esempio, l’indagine condotta da un gruppo di ricercatori olandesi su pazienti sottoposti a chirurgia per tumore del colon. Il loro preparato, costituito da cellule neoplastiche autologhe e bacilli di Calmette-Guerin, ha ridotto del 61% le recidive nei pazienti con malattia al cosiddetto stadio II, ossia quando sono interessati i linfonodi ascellari e le dimensioni del tumore superano i 5 cm.
I vaccini sono normalmente usati per prevenire le malattie infettive causate da batteri e virus, ma un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna ha prodotto un vaccino in grado di prevenire l’insorgenza di tumori della mammella in topi di laboratorio.
Il vaccino è costituito da cellule tumorali e da interleuchina 12 (IL-12), un mediatore naturale della risposta immunitaria. Quando il vaccino viene somministrato a topi sani, ma ad alto rischio di sviluppare tumori della mammella, stimola le difese immunitarie dell’organismo che intervengono bloccando la formazione di cellule tumorali. Il vaccino è risultato in grado di prevenire più del 90% dei tumori della mammella e di raddoppiare la durata della vita di topi che altrimenti morirebbero precocemente di questo tumore.
Questi studi dimostrano che è possibile stimolare il sistema immunitario per prevenire i tumori, con un’efficacia paragonabile a quella dei vaccini sviluppati per prevenire le malattie infettive. Si tratta per il momento di studi di laboratorio, e non è possibile prevedere se e quando sarà possibile applicarli alla prevenzione dei tumori umani, anche perché, se il vaccino verrà prodotto, andrà somministrato a scopo preventivo: questo comporta una selezione accuratissima dei soggetti a rischio.
Il vaccino è stato sviluppato dal laboratorio di Pier Luigi Lollini presso la Sezione di Cancerologia del Dipartimento di Patologia Sperimentale all’Università di Bologna, insieme a una rete di collaboratori delle Università di Torino e Chieti e degli Istituti Tumori di Genova e di Milano. Le ricerche sono state finanziate dall’Università di Bologna, dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dal Ministero dell’Università.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista americana The Journal of Experimental Medicine.
Questi importanti risultati di laboratorio non sono ancora pronti per l’applicazione ai tumori umani, e richiederanno alcuni anni di studi prima di poter passare a una sperimentazione clinica. I ricercatori sono però impegnati a sviluppare possibili applicazioni per la prevenzione del tumore del seno nelle situazioni ad alto rischio.

Le citochine contro i tumori

Una delle componenti fondamentali del vaccino sperimentato a Bologna è l’IL-12, appartenente alla famiglia delle citochine.
Le citochine sono molecole ubiquitarie e dalle mille attività. La prima a venir scoperta è stata, quasi quarant’anni fa, l’interferone, ma solo negli ultimi dieci anni gli scienziati hanno tolto il velo sulla loro natura e le loro azioni. Il ruolo fondamentale che hanno nella risposta immunitaria potrebbe consentirne l’impiego anche nella terapia dei tumori, grazie proprio all’IL-12.
Venti anni fa le citochine erano “fattori di crescita” mal definiti, oggi sono molecole e recettori conosciuti in dettaglio. Sono messaggeri cellulari, deputate principalmente, anche se non esclusivamente, alla comunicazione tra leucociti. Sono proteine potenti, che in laboratorio hanno dimostrato di influenzare la proliferazione e il differenziamento cellulare già a bassissime concentrazioni.
La somministrazione di citochine, sia sistemica che locale, ha profondi effetti non solo sulla migrazione e sulla funzione leucocitaria, ma anche sul numero delle cellule emopoietiche, la regolazione della temperatura, la risposta infiammatoria, il rimodellamento tissutale.
Essendo molecole così potenti, devono essere tenute sotto controllo: l’intensità della loro azione e il potenziale danno associato a un’anomala produzione richiedono una sofisticata regolazione. Per capire la biologia delle citochine occorre fare riferimento a un complesso network in cui l’azione positiva e negativa delle citochine viene bilanciata grazie a interazioni reciproche e all’intervento di altre molecole induttrici e inibitrici.
Un aspetto significativo di questo network è costituito dai due tipi di linfociti T distinguibili sulla base delle citochine prodotte. Da una parte ci sono cellule Th1, caratterizzate dalla produzione di interferone gamma, che favoriscono risposte cellulo-mediate; dall’altra cellule Th2, che producono selettivamente IL-4 e IL-5 e che favoriscono la risposta anticorpale. Le ricerche in questo campo hanno dimostrato che è ora possibile distinguere malattie mediate da cellule Th1, quali l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla, e malattie mediate da cellule Th2, quali l’allergia e l’asma. Il patrimonio delle conoscenze sulle citochine ha quindi permesso di compiere significativi passi avanti nella comprensione della patogenesi di queste e altre malattie.

L’attività antineoplastica dell’IL-12

L’interleuchina12 (IL-12), definita inizialmente come fattore stimolante le cellule NK (Natural Killer) o fattore di maturazione dei linfociti citotossici o ancora fattore di stimolazione di linfociti T helper (Th), è stata isolata la prima volta da linee linfoidi B trasformate dal virus di EpsteinBarr, grazie al lavoro del gruppo di Giorgio Trinchieri a Filadelfia.
Nel 1993 i ricercatori Roche di Nutley, in particolare il gruppo di Gately, hanno dimostrato per primi che l’inoculo di IL-12 per via sistemica aumentava la sopravvivenza di topi portatori di metastasi polmonari, epatiche e sottocutanee.
Alle dosi terapeutiche, la tossicità dell’IL-12 era modesta.
Poiché l’effetto terapeutico si manifestava anche in topi con bassa o nulla presenza di cellule NK e si riduceva drasticamente negli animali cosiddetti “nudi” o atimici, cioé congenitamente privi di timo (ghiandola endocrina situata dietro lo sterno), gli sperimentatori conclusero che i linfociti T, in particolare quelli citotossici CD8, erano le cellule del sistema immunitario responsabili dell’effetto terapeutico dell’IL-12.
Da allora numerosi studi sono stati condotti in diversi centri di ricerca che hanno confermato la spiccata attività antineoplastica dell’IL-12 e hanno approfondito la conoscenza sui meccanismi che sono alla base di quest’attività. In questi studi spesso l’IL-12 è stata paragonata all’IL-2, una citochina già usata con successo limitato nella terapia dei tumori, e i risultati sono tutti a favore dell’IL-12.
Oltre all’efficacia della somministrazione per via sistemica, l’IL-12 si è dimostrata attiva anche quando inoculata localmente dentro o vicino al tumore, anche sotto forma di proteina secreta da cellule normali (per es. fibroblasti) geneticamente modificate a produrre la citochina.
Oltre all’effetto antitumorale che può svolgere come farmaco in sé, l’IL-12 si è rivelata preziosa nel potenziare significativamente l’attività terapeutica di diversi vaccini, costituiti sia da peptidi tumorespecifici (per es. peptidi derivati da proteine p53 mutate) sia da cellule tumorali geneticamente ingegnerizzate per rilasciare un’altra citochina (per es. IL-2). Ci sono perciò oggi tutte le condizioni, come dimostra anche il vaccino sperimentato a Bologna, per continuare una ricerca che parte da premesse assai promettenti e per disegnare studi clinici appropriati onde definire la potenziale attività antitumorale dell’IL-12.

Pier Luigi Lollini
Pier-Luigi Lollini è Professore di Oncologia all'Università di Bologna e membro del Comitato Tecnico-Scientifico dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
È stato Direttore dell'Istituto di Cancerologia, Vice-Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerche sul Cancro “Giorgio Prodi”, membro della Commissione per la valutazione dei finanziamenti alla ricerca medica.
Con un gruppo di ricercatori (Patrizia Nanni, Carla De Giovanni, Giordano Nicoletti) ha dato vita, all'inizio degli anni '80, al Laboratorio di Immunologia e Biologia delle Metastasi, attualmente afferente alla Sezione di Cancerologia del Dipartimento di Patologia Sperimentale. Le principali linee di ricerca riguardano l'immunologia e l'immunoterapia sperimentale dei tumori, la terapia genica, i meccanismi della diffusione metastatica, la biologia cellulare e molecolare dei tumori muscolo-scheletrici umani.

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