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Suggestione o guarigione?

Mariagrazia Villa, N. 1 gennaio 2002

Può accadere al momento della diagnosi, quando è difficile accettare un tumore. O durante i trattamenti terapeutici, se gli effetti collaterali sono pesanti. O a cura terminata, quando si devono fare i conti con lo “spettro” della malattia. Lo stato psico-fisico di un ammalato di cancro è particolarmente delicato: un valido aiuto può venire dalle psicoterapie autogene, come il training.
Si tratta di una tecnica di rilassamento corporeo con visualizzazioni “terapeutiche”, che il paziente impara a eseguire da solo, dopo essere stato opportunamente addestrato da un operatore. È il training e si fonda sul potere d’autosuggestione della persona, che diventa in grado d’influenzare e migliorare le risposte sia del suo corpo che della sua mente.
“Un ottimo metodo per mostrare al paziente come sia capace d’autosuggestionarsi è la prova del pendolo”, spiega la dottoressa Amalia Prunotto, psicologa clinica, allieva in formazione presso il Centro Italiano per lo Studio e lo Sviluppo della Psicoterapia e dell’Autogenes Training (CISSPAT) di Padova.
“Prendiamo un pendolino come quelli che usano i maghi e, tenendo i gomiti appoggiati a un tavolo, facciamolo volontariamente oscillare. Poi, fermiamolo in posizione verticale, continuando a immaginare che oscilli. Dopo qualche minuto, se il soggetto si concentra intensamente, il pendolino comincia veramente a oscillare, a causa delle contrazioni involontarie che, con un processo d’autosuggestione, la persona imprime ai propri muscoli. Il soggetto ha l’impressione che il pendolino si muova sotto l’impulso del potere della sua mente e ne è sorpreso: crede di non muovere né la mano né il braccio”.
È un esercizio semplicissimo, ma può migliorare una situazione complessa come quella di un paziente oncologico. “L’obiettivo che ci si pone, nel momento in cui una persona è colpita da una patologia organica irreversibile, o da malattie a lungo decorso, è focalizzare l’intervento dalla cura al miglioramento - nei limiti del possibile - della sua qualità di vita”.
Di fronte a una neoplasia, “i timori sono molteplici e comprendono la paura di morire, di subire mutilazioni, di provare dolore, di perdere la propria funzionalità fisica e sessuale - soprattutto nelle pazienti mastectomizzate, o con interventi invasivi all’apparato riproduttivo e, negli uomini, all’apparato urogenitale - di dover cambiare radicalmente la propria vita, il proprio ruolo sociale, il proprio sistema di relazioni”. È importante aiutare il paziente a “far fronte alla crisi e ai cambiamenti di vita conseguenti, e a vivere l’esistenza in tutti i suoi aspetti”. È perciò fondamentale “adottare un approccio olistico, che non ponga l’attenzione solo sul corpo malato, ma su tutta la persona”.
Un intervento psicoterapico, di sostegno alle varie terapie cui il paziente deve sottoporsi, può rivelarsi particolarmente utile, perché “permette una gestione adeguata delle emozioni; favorisce nella persona una modalità espressiva chiara, che rende possibile la comunicazione e l’espressione dei suoi “veri” bisogni. In questo modo, si possono alleviare senso di frustrazione e altri sentimenti negativi, causati da situazioni sentite senza via d’uscita o da altre limitazioni”.
Tra i vari percorsi di sostegno psicologico ai malati di cancro, ci sono quelli a mediazione corporea, come il training autogeno (t. a.) analiticamente orientato.
Il t. a. è un metodo per raggiungere il completo rilassamento fisico e psichico. Creato e sviluppato dallo psicologo tedesco Johannes H. Schultz (1884-1970), che lo elaborò nei primi anni Venti studiando l’ipnosi e i lavori dello psichiatra Oskar Vogt, è oggi una forma di psicoterapia largamente diffusa in tutto il mondo.
Consiste in una serie di esercizi da svolgere mentalmente, a occhi chiusi, assumendo posizioni tali da evitare tensioni muscolari: supini, in poltrona o nella posizione detta “del cocchiere” (seduti su uno sgabello, con la colonna vertebrale “arrotondata”). L’ambiente deve essere confortevole, silenzioso e scarsamente illuminato e l’abbigliamento comodo (tuta o simili). Il t. a. va praticato con regolarità, da una a tre volte al giorno, da un minimo di 3 minuti a un massimo di 10, e richiede, per risultare efficace, motivazioni profonde, non semplice curiosità.
Il t. a. “di base” (o “del ciclo inferiore”) prevede sei esercizi somatici, al fine d’ottenere distensione muscolare e vascolare, regolarizzazione del battito cardiaco e del respiro, rilassamento viscerale e leggera vasocostrizione, ciascuno introdotto con una frase (induzione) standard. Il t.a. “del ciclo superiore” prevede, invece, un gruppo di sei esercizi psichici. Le “aree” patologiche, dove si può andare a intervenire col t. a., la cui efficacia terapeutica è stata scientificamente validata da numerosi studi, sono tante: disturbi gastro-intestinali (ulcera peptica, diarrea, stipsi, anoressia, nausea, vomito, gastrite…), cardiovascolari (ipertensione, sindrome postinfartuale, angina pectoris, tachicardia parossistica, aritmie…), problemi uro-genitali (ritenzione post operatoria, disuria, spasmi uretrali, irritazione cronica della vescica…), malattie psicosomatiche, cefalee, disturbi respiratori, dermatologici (herpes zoster, psoriasi, iperidrosi…), chirurgici (anestesia, analgesia…), problemi psichici (ansia, fobie, attacchi di panico, nevrosi, disturbi del sonno e della sfera sessuale...).
“Nel paziente oncologico, il dolore cronico può essere spossante, limitante dal punto di vista fisico e minacciare l’identità e il senso di controllo dell’individuo. Le tecniche d’autodistensione permettono d’abbassare la soglia di stress, ansia e paura - che influiscono sul grado di percezione della malattia - permettendo d’accedere alla consapevolezza del corpo”. Si vive l’esperienza di “un corpo percepito - inteso come corpo riscoperto nella fase di rilassamento, un corpo immagine - ossia definito nella sua interezza e non solo come corpo mutilato, ferito od offeso dalla malattia e dagli interventi medici, e quindi, non solo involucro portatore di dolore”. Già così, iniziano ad “attivarsi nuove risorse. In una seconda fase, poi, racconti, metafore e immagini simboliche permettono di ritrovare dentro di sé, nonostante il momento di difficoltà, le proprie forze interiori”.
La metodica utilizza i presupposti delle tecniche di rilassamento, insieme alle verbalizzazioni e all’attività espressiva. “Attraverso l’apprendimento d’esercizi di distensione concentrativa, s’induce uno stato di calma, che porta all’autocontrollo e al raggiungimento di un maggior benessere generale”. Nel t. a. “si possono adottare frasi di proponimento, capaci di correggere l’atteggiamento nei confronti del dolore e la sua percezione: ad esempio, dolore indifferente o dolore non più percepito”.
Nel t. a. del ciclo superiore, analiticamente orientato, “al paziente vengono suggerite, in stato di rilassamento, alcune immagini per attivare il mondo dell’immaginario”. L’immaginazione è quella facoltà mentale che permette di formare immagini di oggetti esterni, non presenti ai sensi. Le immagini possono essere uditive – immaginare dei suoni - di movimento - cinetiche o motorie - di tatto – immaginare sensazioni tattili - olfattive o legate al gusto, ma le più “potenti” sono senza dubbio quelle visive. Queste, se mantenute nella mente abbastanza a lungo, vivide e dettagliate, possono influenzare sia il corpo che il comportamento di una persona: “vale il principio dell’ideoplasia dell’ipnotista Forel, secondo cui le immagini producono effetti sui movimenti e sulle funzioni fisiologiche controllate dal sistema neurovegetativo”.
Perché l’immagine sia davvero terapeutica, però, è essenziale che coinvolga emotivamente, sia essa realistica o fantastica, e che la persona vi creda profondamente.
“Nel t. a. si suggerisce alla persona d’osservare l’ambiente in cui si viene a trovare, attraverso la descrizione del luogo: suoni, luci… Poi, ci si sofferma su un’immagine, ad esempio quella dell’albero: un albero ben radicato nel terreno, con radici profonde e nascoste, che traggono energia vitale dalla terra - la realtà. Con un tronco forte, solido, compatto - il corpo - resistente agli agenti atmosferici, alla malattia, allo stress, alla paura, una chioma e rami robusti, flessibili, che si aprono al cielo - agli altri, alla vita”. Quest’immagine “permette di rendere più forte l’Io della persona e, quindi, più flessibile davanti alle situazioni di crisi”.
Ma si possono utilizzare anche altre immagini “curative”, tipo quella della cascata rigenerante. Ecco come il terapeuta addestra il paziente: “trovo una posizione comoda. Sento tutto il mio corpo che lentamente s’abbandona alla piacevole sensazione del rilassamento e alla quiete interiore.
Mi pongo all’ascolto delle sensazioni che il rilassamento vorrà donarmi. Con gli occhi della mente immagino di percorrere un lungo sentiero… fino a quando sento dell’acqua scorrere. Mi metto all’ascolto. Sento l’acqua che scende leggera: è un’acqua che purifica. È acqua che lava tutto il mio corpo, ogni sua parte, e scorrendo, porta via con sé ogni dolore, ogni sensazione spiacevole. Acqua che scorre e purifica tutto il mio corpo, restituendogli energia e benessere, calma nel cuore... Continuo ad ascoltare il suono dell’acqua, a sentirla scivolare su di me… fino a quando non avverto la necessità di rimettermi a camminare sul sentiero e di allontanarmi piano piano, ritornando a sentire i suoni e a vedere i colori della stanza, dando così il via alla ripresa del mio rilassamento”.
Il t. a. si può definire come una forma d’ipnosi autodiretta, anziché eterodiretta, benché le due tecniche, che condividono alcuni aspetti fenomenologici, come l’ambiente, la postura, o la ripetizione di formule, siano diverse nella sostanza e nella procedura. “Nell’ipnosi il paziente viene indotto dal terapeuta a ritirare il controllo cosciente da sé e dall’ambiente, per porre l’attenzione sul proprio mondo affettivo interiore. Il processo ipnotico è sia uno stato fisiologico passante per il corpo, caratterizzato da vari fenomeni - come la riduzione della vigilanza, il rallentamento delle funzioni corporee, le sensazioni di pesantezza e calore - sia una relazione interpersonale, dove la potenza evocativa di parole e immagini simboliche, proposte dall’ipnotista, favoriscono l’emergere di sensazioni ed emozioni, in un dialogo continuo fra corpo e mente”.

Come nasce l’ipnosi

L’ipnosi, “la mamma” del training autogeno, ha origini antiche.
Secondo il papiro di Eber, già nell’antico Egitto s’adoperavano tecniche di suggestione per curare le malattie. Il termine “ipnosi” (dal greco hypnos, sonno), però, è più recente: è coniato dall’oculista scozzese James Braid attorno al 1842 e decreta il passaggio dal periodo pseudo-scientifico di Mesmer a una fase scientificamente più regolata.
Franz Anton Mesmer, medico formatosi alla scuola di Vienna, nel 1766 scrive il volume L’influenza dei Pianeti sul corpo umano, rifacendosi alle teorie del gesuita Padre Hehl sull’effetto dei campi magnetici sull’organismo umano.
Seguendo la tesi di un “magnetismo animale”, Mesmer adopera la sua tecnica “ipnotica”, ottenendo grande successo soprattutto in Francia. Quando viene istituita una commissione medica d’inchiesta per verificarne la validità, però, lui non è in grado di dimostrarla ed è messo al bando (ciò nonostante, la pratica mesmerica continua a essere utilizzata, soprattutto come “anestetico” in chirurgia).
L’ipnosi viene accettata “scientificamente” solo con Braid, che comprende come l’elemento importante non sia il magnetismo, ma la suggestionabilità della persona, la capacità di “accettare acriticamente l’idea che un altro individuo le propone”.
Quest’ipotesi attira l’attenzione del neurologo francese Jean Martin Charcot. Stimato professore della Salpétrière di Parigi, con allievi che diventeranno famosi, come Freud e Vogt, s’interessa all’ipnosi nel tentativo di trovare una teoria generale che spieghi l’isteria (lo stato ipnotico richiama in sé le turbe isteriche).
Si occupano d’ipnosi anche altri studiosi, in questo periodo, come Bernheim e Liébault dell’Università di Nancy, che la ritengono “uno stato fisiologico che i soggetti sani possono sviluppare a diversi livelli, a seconda del loro grado di suggestionabilità”, non “una condizione patologica tipica di personalità isteriche”, come sostiene Charcot.

Qui ti aiutano

  • Centro Internazionale di Ipnosi Medica e Psicologica (CIIMP)
    C.so XXII Marzo, 57 - 20129 Milano
    Tel.: 02/70126489-7388427 - fax: 02/7491051
  • Centro Italiano per lo Studio e lo Sviluppo della Psicoterapia e dell’Autogenes Training (CISSPAT)
    P.zza De Gasperi, 41 - 35131 Padova
    Tel./fax: 049/650861
    www.cisspat.edu
    e-mail: info@cisspat.edu
  • Istituto Italiano Studi di Ipnosi Clinica e Psicoterapia “H. Bernheim” (IISICP)
    Via XX Settembre, 69 - 37036 S. Martino Buon Albergo (Verona)
    Tel./fax: 045 8780252
    e-mail: bernheim@supereva.it
  • Società Internazionale di Ipnosi (International Society of Hypnosis), Divisione Italiana c/o Istituto Italiano Studi di Ipnosi Clinica e Psicoterapia “H. Bernheim”
    Via Valverde, 65 - 37100 Verona
    Tel.: 045/8030795
    www.ish.unimelb.edu.au
  • Società Medica Italiana di Psicoterapia e Ipnosi (SMIPI)
    Via Porrettana, 466 - 40033 Casalecchio di Reno (BO)
    Tel.: 051/573046 - fax: 051/932309
    www.smipi.it - e-mail: info@smipi.it
  • Associazione Medica Italiana per lo Studio della Ipnosi (AMISI)
    Via Paisiello, 28 - 20131 Milano
    Tel.: 02/2365493
    e-mail: amisi@virgilio.it

Per chi fosse interessato, la dottoressa Prunotto conduce corsi di t. a. a Parma;
per informazioni: Borgo Felino, 5 – 43100 Parma – tel. 338/2795278).

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