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Elettrosmog tutti i rischi in onda
Mariagrazia Villa, N. 6 giugno 2000
E' da quando il signor Thomas Edison ha inventato la lampadina, poco più di cent'anni fa, che al naturale campo elettromagnetico terrestre si sono via via aggiunti dei campi artificiali ad altro potenziale inquinante. "A causa di questa colonizzazione elettromagnetica dell'ambiente, molti dei disturbi ricorrenti nelle persone, sia a breve sia a lungo termine, tipo problemi cardiaci, squilibri ormonali, emicranie, spossatezza, nervosismo, insonnia, variabilità d'umore, ma pare anche alcune forme tumorali, possono dipendere da elettrostress", spiega il bioarchitetto Giovanna Tanzi, membro dell'Associazione Nazionale Architettura Bioecologica (Anab). E' opportuno, però, distinguere tra campi elettromagnetici (CEM) a bassa frequenza (gli elettrodotti, gli elettrodomestici, la stessa configurazione dell'elettricità all'interno delle abitazioni) e ad alta frequenza (le antenne radiotelevisive, i ripetitori per telefonia mobile). Anzitutto, esistono "campi elettrici alternati a bassa frequenza, che promanano da linee, cavi o fili, indipendentemente dal fatto che la corrente vi circoli, e scientificamente sono proprio le frequenze a 50 Hz delle reti di distribuzione elettrica che più possono alterare quotidianamente i nostri processi bioelettrici". Vi sono, poi, "campi magnetici alternati a bassa frequenza, generati per induzione dalla corrente effettivamente circolante nelle linee e negli apparecchi ad alimentazione elettrica, e in questo senso sono critici tanti oggetti d'uso comune delle nostre case: dagli elettrodomestici ai forni a microonde, dagli Hi-Fi alle lampade, dalle segreterie telefoniche ai videoregistratori". In questo senso, però, "sono pericolose anche le linee dell'alta tensione che generano forti campi magnetici". Si chiamano, invece, "onde elettromagnetiche ad alta frequenza" "le onde radio a frequenza compresa tra i 30KHz e i 300 GHz, e tra queste le microonde sono quelle a frequenza più alta: si generano attraverso emittenti di vario tipo e sistemi elettrificati ad alta frequenza". Ma "una delle maggiori fonti d'energia elettromagnetica ad alta frequenza è legata ai telefonini, il cui uso smodato sta crescendo, probabilmente con gravi conseguenze sui processi fisiologici dell'organismo umano". Le più comuni sorgenti inquinanti, dunque, o s'annidano tra le mura domestiche e nel nostro ambiente di lavoro, o ce le portiamo a contatto col corpo, come i cellulari, o sono presenti nell'ambiente. In una parola: siamo invasi. Doveroso, allora, chiedersi quali e quanti sono i rischi cui va incontro la nostra salute. La pericolosità dei campi elettromagnetici, in effetti, è da tempo al centro di una colossale battaglia, in cui i grossi interessi economici in gioco - si pensi ai grandi gestori della telefonia mobile, ad esempio - sembrano influenzare la ricerca scientifica, la quale stenta a decollare ed è alquanto cauta nel prender posizione. Al momento, per la bassa frequenza, esistono alcuni studi che dimostrano un'associazione tra l'esposizione a queste fonti d'inquinamento elettromagnetico ed un modesto incremento dell'incidenza di leucemie infantili. I dati, però, non sono sempre omogenei e talora contradditori e non è ancora possibile, quindi, stabilire dei limiti per questi fattori inquinanti. Nel dubbio, si adotta il cosiddetto "principio di precauzione", su cui si basa il trattato di Amsterdam dell'Unione Europea in materia di politica ambientale: limitare l'esposizione della popolazione a questo possibile rischio, pur nell'incertezza delle conoscenze scientifiche. Per quando riguarda l'alta frequenza, invece, gli studi sembrano piuttosto scarsi per la patologia umana, in particolare quelli relativi all'uso dei telefonini e alla possibile insorgenza di tumori del sistema nervoso centrale. Benché l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che sta conducendo un'indagine che si concluderà nel 2003, abbia di recente fatto il punto della situazione, dichiarando che non esiste finora alcuna prova concreta di danni così invasivi dei CEM sulla salute dell'uomo, in realtà, la letteratura medica mondiale riporta i dati di ricerche che sembrano evidenziare un nesso di causa-effetto tra esposizione prolungata ai cem e insorgenza di neoplasie. Già a partire da quella pubblicata nel lontano 1979 sull'"American Journal of Epidemiology" e compiuta in Colorado da Nancy Wertheimer e Ed Leeper, secondo cui l'incidenza di avere un tumore aumentava di 2,3 volte rispetto alla media, in persone che abitavano in case a maggior esposizione elettromagnetica. Entro la fine del 2000, anche la Fondazione Ramazzini di Bologna, diretta dal professor Cesare Maltoni, si è candidata ad eseguire una ricerca sperimentale, "l'unica che può darci dei dati precisi sui potenziali cancerogeni dei CEM ad alta e bassa frequenza: qual è l'entità del rischio, i limiti eventualmente tollerabili, le misure di prevenzione da adottare", ha di recente affermato l'oncologo bolognese. "Non si può giocare coi numeri: un valore deve essere sicuro, perché frutto di un'indagine scientifica. Il problema non può essere occultato o camuffato, o diventare l'oggetto di scontro tra opposte dialettiche, tra chi s'inventa un dato e chi è maliziosamente sicuro del non effetto. E se la ricerca è stata procrastinata, è perché abbiamo avuto ben poche adesioni... Non si parli di dissidi scientifici, ma di stallo". Ma com'è che si determina il fattore di rischio di un inquinante come l'elettrosmog? "Prendendo come punto di riferimento la dose più bassa, che produce ancora effetti sia epidemiologicamente rilevabili sull'uomo sia sperimentalmente documentati, e cercando di scendere al di sotto di tale livello di un fattore che varia da circostanza a circostanza", spiega Maltoni. Mentre le principali regole di difesa per far fronte alla pericolosità delle onde elettromagnetiche sono tre: "mantenimento della distanza di sicurezza dalle fonti inquinanti; limitazione del tempo di esposizione; schermatura della fonte, del sito abitato, o della persona", osserva l'architetto Tanzi. Vi sono, poi, anche alcuni consigli curiosi, ad esempio quello del professor Maurizio Ricciardi dell'Università di Roma-Tor Vergata secondo cui, come spiega lui stesso, "si possono utilizzare mine di matita in una provettina di vetro da tenere a contatto con la pelle, perché la grafite assorbe le miniradiazioni elettromagnetiche, con l'accortezza di scaricarla ogni sera, mettendola sul termosifone o sulle tubature dell'acqua di casa. In maniera più artigianale, si potrebbe anche tener addosso una calamita". Qual è lo stato dell'elettrosmog nel nostro Paese? Le cifre non sono certo incoraggianti: abbiamo 62mila antenne radiotelevisive contro le 8.500 degli Stati Uniti d'America, e 10mila ripetitori per cellulari, per quei 30 milioni di italiani che usano il telefonino. Anche i casi balzati agli onori della cronaca sono ormai molti: a Volturino, un paese di 1900 abitanti in provincia di Foggia, la battaglia contro l'elettrosmog dura da ben 25 anni, da quando fu installata la prima delle oltre ottanta antenne, tra radio e televisioni pubbliche e private, molte delle quali abusive. Rispetto ai paesi limitrofi, ci sarebbe il 6% in più di mortalità per patologie tumorali, il 53% della popolazione accuserebbe disturbi del sonno e il 3% degli uomini soffrirebbe di impotenza. Un esposto alla Procura della Repubblica di Venezia, presentato dai cittadini di Mirano (VE), per l'eccessiva vicinanza di due scuole materne ad elettrodotti, ha avviato circa un anno fa l'indagine del pm Felice Casson, che ha già spedito tre avvisi di garanzia ad altrettanti dirigenti dell'Enel e al sindaco del paesino in questione, con le seguenti ipotesi di reato: omicidio, lesioni e disastro colposi e rifiuto d'atti d'ufficio. Non solo. Già dal settembre scorso, il magistrato ha avanzato una richiesta d'informazioni, oltre che all'Enel, alle società di telefonia cellulare e alle emittenti radiotelevisive sui possibili danni sanitari, causati dai cem, e dal marzo di quest'anno ha deciso di disporre una perizia di parte di carattere epidemiologico e medico-legale per verificare se i trenta casi di leucemia emersi possano essere messi in relazione con la vicinanza ad elettrodotti. Ci sarebbe poi il caso-scandalo della scuola "Giacomo Leopardi" di Monte Mario a Roma, vera e propria discarica elettromagnetica. Da due anni, un gruppo di genitori ha costituito l'Associazione Bambini Senza Radiazioni, il cui scopo è combattere, limitare e, ove possibile, delocalizzare le sorgenti inquinanti, visto che sembra non esserci la necessità logistica di mantenerle all'interno dei centri abitati. E' necessario risanare, insomma, anche se ciò comporta determinati sforzi economici: ad esempio, per quanto riguarda i ripetitori per la telefonia mobile, si potrebbe adottare una tecnologia più pulita, il cosiddetto "sistema a microcelle", come già in Spagna e Giappone, che consente di posizionare un maggior numero di antenne, molto più piccole, che producono onde d'intensità inferiore. Ma si vede che i grandi gestori preferiscono investire in pubblicità... Ci sono poi casi in cui l'impatto ambientale è ancora più pesante: ai piedi della Rocca di Gradara, quella dell'amore di Paolo e Francesca, ad esempio, sorge un bell'elettrodotto, senza alcun rispetto per il castello medievale e per il paesaggio, e sempre nelle Marche, a Recanati, sulla collina dell'"Infinito", il poeta scriverebbe oggi "sempre caro mi fu quest'elettrodotto e questa siepe...". Secondo il Conacem, Coordinamento nazionale dei comitati contro i CEM, circa 20 milioni di italiani, ossia un terzo della popolazione, è a rischio concreto di forte elettrosmog. "Dobbiamo imparare a chiedere permesso, quando entriamo nelle case dei cittadini ed imponiamo la pubblica utilità", ha giustamente dichiarato di recente Daniela Dussin, coordinatrice del Conacem. Un'indagine sull'attività svolta dalle Agenzie ambientali in materia d'elettrosmog è stata appena compiuta dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (Anpa) e pubblicata nel documento "Il controllo dell'inquinamento elettromagnetico". Dai risultati dei rilevamenti effettuati dalle Agenzie regionali, da prendere con cautela, visto che solo 13 Regioni su 22 hanno fornito i propri dati, "emerge il rispetto dei limiti dettati dalla normativa nazionale per le basse frequenze (DPCM 1992), in quasi tutte le situazioni soggette a verifica: i pochissimi casi di non rispetto sono dovuti al superamento del solo campo elettrico; mentre si è riscontrato il superamento dei limiti dettati dal DM 381/98 per gli impianti di teleradiocomunicazioni in circa il 4% delle verifiche effettuate", si legge nel documento. E' necessaria una maggiore spinta all'indagine sugli effetti sanitari connessi all'esposizione ai cem, allo sviluppo di strumenti di pianificazione e governo del territorio e dell'ambiente in relazione all'impatto delle infrastrutture di telecomunicazione e trasporto dell'elettricità, alla ricerca in campo tecno-logico-industriale per la produzione di apparecchiature meno impattanti", afferma Vanni Bulgarelli, consigliere amministrazione Anpa. "La Legge quadro, nel testo approvato alla Camera, distingue tra controlli ambientali e sanitari, affidati entrambi alle Regioni: i primi alle Agenzie regionali - e per quelle Regioni in cui ancora non sono operanti, all'Anpa -, le quali dovranno compiere un censimento e vigilare sulle sorgenti d'emissione degli inquinanti, verificandone l'impatto ambientale, mentre i secondi ai Dipartimenti di Prevenzione delle Usl, all'Istituto Superiore di Sanità e a quello per la Preven-zione e Sicu-rezza del Lavo-ro, che dovranno effettuare in-dagini epidemiologiche, valutando l'intreccio tra fattori concausa e fat--tore di ri-schio specifico negli ambienti di vita e di lavoro". E' da quando il signor Thomas Edison ha inventato la lampadina, poco più di cent'anni fa, che al naturale campo elettromagnetico terrestre si sono via via aggiunti dei campi artificiali ad altro potenziale inquinante. "A causa di questa colonizzazione elettromagnetica dell'ambiente, molti dei disturbi ricorrenti nelle persone, sia a breve sia a lungo termine, tipo problemi cardiaci, squilibri ormonali, emicranie, spossatezza, nervosismo, insonnia, variabilità d'umore, ma pare anche alcune forme tumorali, possono dipendere da elettrostress", spiega il bioarchitetto Giovanna Tanzi, membro dell'Associazione Nazionale Architettura Bioecologica (Anab). E' opportuno, però, distinguere tra campi elettromagnetici (CEM) a bassa frequenza (gli elettrodotti, gli elettrodomestici, la stessa configurazione dell'elettricità all'interno delle abitazioni) e ad alta frequenza (le antenne radiotelevisive, i ripetitori per telefonia mobile). Anzitutto, esistono "campi elettrici alternati a bassa frequenza, che promanano da linee, cavi o fili, indipendentemente dal fatto che la corrente vi circoli, e scientificamente sono proprio le frequenze a 50 Hz delle reti di distribuzione elettrica che più possono alterare quotidianamente i nostri processi bioelettrici". Vi sono, poi, "campi magnetici alternati a bassa frequenza, generati per induzione dalla corrente effettivamente circolante nelle linee e negli apparecchi ad alimentazione elettrica, e in questo senso sono critici tanti oggetti d'uso comune delle nostre case: dagli elettrodomestici ai forni a microonde, dagli Hi-Fi alle lampade, dalle segreterie telefoniche ai videoregistratori". In questo senso, però, "sono pericolose anche le linee dell'alta tensione che generano forti campi magnetici". Si chiamano, invece, "onde elettromagnetiche ad alta frequenza" "le onde radio a frequenza compresa tra i 30KHz e i 300 GHz, e tra queste le microonde sono quelle a frequenza più alta: si generano attraverso emittenti di vario tipo e sistemi elettrificati ad alta frequenza". Ma "una delle maggiori fonti d'energia elettromagnetica ad alta frequenza è legata ai telefonini, il cui uso smodato sta crescendo, probabilmente con gravi conseguenze sui processi fisiologici dell'organismo umano". Le più comuni sorgenti inquinanti, dunque, o s'annidano tra le mura domestiche e nel nostro ambiente di lavoro, o ce le portiamo a contatto col corpo, come i cellulari, o sono presenti nell'ambiente. In una parola: siamo invasi. Doveroso, allora, chiedersi quali e quanti sono i rischi cui va incontro la nostra salute. La pericolosità dei campi elettromagnetici, in effetti, è da tempo al centro di una colossale battaglia, in cui i grossi interessi economici in gioco - si pensi ai grandi gestori della telefonia mobile, ad esempio - sembrano influenzare la ricerca scientifica, la quale stenta a decollare ed è alquanto cauta nel prender posizione. Al momento, per la bassa frequenza, esistono alcuni studi che dimostrano un'associazione tra l'esposizione a queste fonti d'inquinamento elettromagnetico ed un modesto incremento dell'incidenza di leucemie infantili. I dati, però, non sono sempre omogenei e talora contradditori e non è ancora possibile, quindi, stabilire dei limiti per questi fattori inquinanti. Nel dubbio, si adotta il cosiddetto "principio di precauzione", su cui si basa il trattato di Amsterdam dell'Unione Europea in materia di politica ambientale: limitare l'esposizione della popolazione a questo possibile rischio, pur nell'incertezza delle conoscenze scientifiche. Per quando riguarda l'alta frequenza, invece, gli studi sembrano piuttosto scarsi per la patologia umana, in particolare quelli relativi all'uso dei telefonini e alla possibile insorgenza di tumori del sistema nervoso centrale. Benché l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che sta conducendo un'indagine che si concluderà nel 2003, abbia di recente fatto il punto della situazione, dichiarando che non esiste finora alcuna prova concreta di danni così invasivi dei CEM sulla salute dell'uomo, in realtà, la letteratura medica mondiale riporta i dati di ricerche che sembrano evidenziare un nesso di causa-effetto tra esposizione prolungata ai cem e insorgenza di neoplasie. Già a partire da quella pubblicata nel lontano 1979 sull'"American Journal of Epidemiology" e compiuta in Colorado da Nancy Wertheimer e Ed Leeper, secondo cui l'incidenza di avere un tumore aumentava di 2,3 volte rispetto alla media, in persone che abitavano in case a maggior esposizione elettromagnetica. Entro la fine del 2000, anche la Fondazione Ramazzini di Bologna, diretta dal professor Cesare Maltoni, si è candidata ad eseguire una ricerca sperimentale, "l'unica che può darci dei dati precisi sui potenziali cancerogeni dei CEM ad alta e bassa frequenza: qual è l'entità del rischio, i limiti eventualmente tollerabili, le misure di prevenzione da adottare", ha di recente affermato l'oncologo bolognese. "Non si può giocare coi numeri: un valore deve essere sicuro, perché frutto di un'indagine scientifica. Il problema non può essere occultato o camuffato, o diventare l'oggetto di scontro tra opposte dialettiche, tra chi s'inventa un dato e chi è maliziosamente sicuro del non effetto. E se la ricerca è stata procrastinata, è perché abbiamo avuto ben poche adesioni... Non si parli di dissidi scientifici, ma di stallo". Ma com'è che si determina il fattore di rischio di un inquinante come l'elettrosmog? "Prendendo come punto di riferimento la dose più bassa, che produce ancora effetti sia epidemiologicamente rilevabili sull'uomo sia sperimentalmente documentati, e cercando di scendere al di sotto di tale livello di un fattore che varia da circostanza a circostanza", spiega Maltoni. Mentre le principali regole di difesa per far fronte alla pericolosità delle onde elettromagnetiche sono tre: "mantenimento della distanza di sicurezza dalle fonti inquinanti; limitazione del tempo di esposizione; schermatura della fonte, del sito abitato, o della persona", osserva l'architetto Tanzi. Vi sono, poi, anche alcuni consigli curiosi, ad esempio quello del professor Maurizio Ricciardi dell'Università di Roma-Tor Vergata secondo cui, come spiega lui stesso, "si possono utilizzare mine di matita in una provettina di vetro da tenere a contatto con la pelle, perché la grafite assorbe le miniradiazioni elettromagnetiche, con l'accortezza di scaricarla ogni sera, mettendola sul termosifone o sulle tubature dell'acqua di casa. In maniera più artigianale, si potrebbe anche tener addosso una calamita".Qual è lo stato dell'elettrosmog nel nostro Paese? Le cifre non sono certo incoraggianti: abbiamo 62mila antenne radiotelevisive contro le 8.500 degli Stati Uniti d'America, e 10mila ripetitori per cellulari, per quei 30 milioni di italiani che usano il telefonino. Anche i casi balzati agli onori della cronaca sono ormai molti: a Volturino, un paese di 1900 abitanti in provincia di Foggia, la battaglia contro l'elettrosmog dura da ben 25 anni, da quando fu installata la prima delle oltre ottanta antenne, tra radio e televisioni pubbliche e private, molte delle quali abusive. Rispetto ai paesi limitrofi, ci sarebbe il 6% in più di mortalità per patologie tumorali, il 53% della popolazione accuserebbe disturbi del sonno e il 3% degli uomini soffrirebbe di impotenza. Un esposto alla Procura della Repubblica di Venezia, presentato dai cittadini di Mirano (VE), per l'eccessiva vicinanza di due scuole materne ad elettrodotti, ha avviato circa un anno fa l'indagine del pm Felice Casson, che ha già spedito tre avvisi di garanzia ad altrettanti dirigenti dell'Enel e al sindaco del paesino in questione, con le seguenti ipotesi di reato: omicidio, lesioni e disastro colposi e rifiuto d'atti d'ufficio. Non solo. Già dal settembre scorso, il magistrato ha avanzato una richiesta d'informazioni, oltre che all'Enel, alle società di telefonia cellulare e alle emittenti radiotelevisive sui possibili danni sanitari, causati dai cem, e dal marzo di quest'anno ha deciso di disporre una perizia di parte di carattere epidemiologico e medico-legale per verificare se i trenta casi di leucemia emersi possano essere messi in relazione con la vicinanza ad elettrodotti. Ci sarebbe poi il caso-scandalo della scuola "Giacomo Leopardi" di Monte Mario a Roma, vera e propria discarica elettromagnetica. Da due anni, un gruppo di genitori ha costituito l'Associazione Bambini Senza Radiazioni, il cui scopo è combattere, limitare e, ove possibile, delocalizzare le sorgenti inquinanti, visto che sembra non esserci la necessità logistica di mantenerle all'interno dei centri abitati. E' necessario risanare, insomma, anche se ciò comporta determinati sforzi economici: ad esempio, per quanto riguarda i ripetitori per la telefonia mobile, si potrebbe adottare una tecnologia più pulita, il cosiddetto "sistema a microcelle", come già in Spagna e Giappone, che consente di posizionare un maggior numero di antenne, molto più piccole, che producono onde d'intensità inferiore. Ma si vede che i grandi gestori preferiscono investire in pubblicità... Ci sono poi casi in cui l'impatto ambientale è ancora più pesante: ai piedi della Rocca di Gradara, quella dell'amore di Paolo e Francesca, ad esempio, sorge un bell'elettrodotto, senza alcun rispetto per il castello medievale e per il paesaggio, e sempre nelle Marche, a Recanati, sulla collina dell'"Infinito", il poeta scriverebbe oggi "sempre caro mi fu quest'elettrodotto e questa siepe...". Secondo il Conacem, Coordinamento nazionale dei comitati contro i CEM, circa 20 milioni di italiani, ossia un terzo della popolazione, è a rischio concreto di forte elettrosmog. "Dobbiamo imparare a chiedere permesso, quando entriamo nelle case dei cittadini ed imponiamo la pubblica utilità", ha giustamente dichiarato di recente Daniela Dussin, coordinatrice del Conacem. Un'indagine sull'attività svolta dalle Agenzie ambientali in materia d'elettrosmog è stata appena compiuta dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (Anpa) e pubblicata nel documento "Il controllo dell'inquinamento elettromagnetico". Dai risultati dei rilevamenti effettuati dalle Agenzie regionali, da prendere con cautela, visto che solo 13 Regioni su 22 hanno fornito i propri dati, "emerge il rispetto dei limiti dettati dalla normativa nazionale per le basse frequenze (DPCM 1992), in quasi tutte le situazioni soggette a verifica: i pochissimi casi di non rispetto sono dovuti al superamento del solo campo elettrico; mentre si è riscontrato il superamento dei limiti dettati dal DM 381/98 per gli impianti di teleradiocomunicazioni in circa il 4% delle verifiche effettuate", si legge nel documento. E' necessaria una maggiore spinta all'indagine sugli effetti sanitari connessi all'esposizione ai cem, allo sviluppo di strumenti di pianificazione e governo del territorio e dell'ambiente in relazione all'impatto delle infrastrutture di telecomunicazione e trasporto dell'elettricità, alla ricerca in campo tecno-logico-industriale per la produzione di apparecchiature meno impattanti", afferma Vanni Bulgarelli, consigliere amministrazione Anpa. "La Legge quadro, nel testo approvato alla Camera, distingue tra controlli ambientali e sanitari, affidati entrambi alle Regioni: i primi alle Agenzie regionali - e per quelle Regioni in cui ancora non sono operanti, all'Anpa -, le quali dovranno compiere un censimento e vigilare sulle sorgenti d'emissione degli inquinanti, verificandone l'impatto ambientale, mentre i secondi ai Dipartimenti di Prevenzione delle Usl, all'Istituto Superiore di Sanità e a quello per la Preven-zione e Sicu-rezza del Lavo-ro, che dovranno effettuare in-dagini epidemiologiche, valutando l'intreccio tra fattori concausa e fat--tore di ri-schio specifico negli ambienti di vita e di lavoro".
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