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Roma senza Papa

Alberto Ferrari, N. 9 settembre 2000

Non i soliti termini incomprensibili, ma una macedonia di nomi comuni in perfetto stile anglosassone che sembra alludere a tutt'altro. Per esempio al titolo di una canzone di Bob Dylan da strimpellare con la chitarra al chiaro di luna. "Black Fan Diamond", la malattia che ha colpito il piccolo Carmine a quaranta giorni dalla nascita suona come eccezione nel linguaggio asettico della medicina. Forse un eccezione per intendere un'altra eccezione. La malattia è infatti rarissima. La "Blak Fan Diamond" è una forma di anemia con pochissimi casi al mondo, di cui ai medici sfuggono ancora molte particolarità.
In Carmine, un bimbetto di tre anni che gioca a fare lo scontroso, la malattia aveva dato luogo a un blocco dell'attività del midollo costringendo quest'ultimo a una produzione sempre più bassa di globuli rossi. Di certo, sebbene i sintomi non si fossero ancora aggravati, c'era il rischio di sviluppare complicanze di natura virale, vizi cardiaci e malformazioni cerebrali.
Questo lo stato delle cose dopo la diagnosi, fatta nel 1998 all'ospedale Bambin Gesù di Roma, città dove Carmine vive con la famiglia, che però arriva da Napoli. A Roma il babbo di Carmine, il signor Salvatore Papa, fa il carabiniere, mentre la madre non ha un lavoro vero e proprio ma si occupa della casa e ovviamente del piccolo. Al Bambin Gesù si prospetta in modo unilaterale che l'unica cura in grado di ridare speranza alla famiglia è il trapianto di cellule midollari da donatore consaguineo e identico sul piano genetico: un fratello. Vista la giovane età della coppia, per i genitori non ci sono difficoltà a mettere al mondo un altro figlio che possa salvare la vita a Carmine, senonché esiste il pericolo che il nascituro sviluppi anche lui la malattia. Ma Antonio, questo è il nome dell'ultimo nato, viene messo al mondo lo stesso. Di ritorno da un viaggio a Lour-des in cui papà e mamma si affidano alle grazie della Madonna, la signora Papa scopre di essere incinta. Dai primi controlli il bambino che porta in grembo sembra sanissimo. E così è anche dopo la nascita, che avviene nientemeno la notte di Natale del 1999. Un caso? La fede cristiana dei genitori lascia intendere altro. Tant'è che ad Antonio viene dato per secondo nome Emanuele, cioè "Dio è con noi", a dimostrazione che alla grazia chiesta a Lourdes ha fatto seguito, dall'alto, un'altro segnale decisivo, che ovviamente alimenta la speranza.
Per i medici del Bambin Gesù il trapianto di midollo andava fatto un po' più in là nel tempo rispetto a quando verrà effettuato. Nel frattempo essi sottopongono il bambino a sedute di chemioterapia allo scopo di far regredire la malattia in attesa del momento più adatto per il trapianto, calcolato all'incirca due anni dopo la nascita del fratello, nel 2002. Si sa che l'attesa, quando è in gioco qualcosa di importante come la vita di un figlio, può far rompere in fretta gli indugi e cambiare strategia. Così, per lo meno, è accaduto alla famiglia Papa, che vuoi per il non breve periodo prospettato, vuoi per i momenti di incomprensione con i medici romani, comprensibilissimi causa la delicatezza della situazione e lo stress conseguente, decidono di rivolgersi altrove. E quando incontrano sulla loro strada il dottor Franco Locatelli della clinica oncoematologica di Pavia che prospetta loro un trapianto in tempi brevissimi, la decisione viene da sola. Decidono per il trasferimento nella città lombarda, dando fiducia al protocollo di cura del dottor Locatelli, di cui hanno sentito parlare in termini davvero lusinghieri. Il centro oncoematologico pediatrico di Pavia ha fama di essere uno dei primi e più importanti a livello italiano per numero di trapianti di midollo eseguiti nella cura di leucemie e malattie affini. Ma il vero ago della bilancia a favore di Pavia è il parere che arriva da un importante ospedale statunitense nel frattempo contattato, avendo preso in considerazione anche l'eventualità di un "viaggio della speranza" oltreoceano. Dall'america fanno sapere che la cura di Locatelli è in linea con la loro, per cui trasferirsi non serve.
Il dottor Locatelli indirizza i Papa all'Anpo per l'alloggio. Vengono così ospitati gratuitamente in un appartamento Anpo in via Colombarone, proprio nei pressi del Policlinico, e per un certo periodo dividono casa con un altra famiglia, a Pavia per motivi analoghi. Intanto papà Salvatore ottiene dall'Arma il trasferimento temporaneo nella città lombarda, così può continuare il lavoro, cosa importante essendo l'unico in famiglia a percepire uno stipendio, e stare accanto ai suoi cari.
E a febbraio di quest'anno, vale a dire due mesi dopo la nascita di Antonio, viene eseguito il trapianto di cellule fra i due fratellini. L'intervento - da allora sono trascorsi ormai cinque mesi - è andato per il verso giusto, e oggi Carmine è dato per guarito con oltre il 90 per cento di probabilità.
Intanto il piccolo Antonio si trova a Napoli fra le braccia non meno amorevoli dei nonni, per "motivi logistici" dice a commento il papà carabiniere. Ma a settembre la famiglia potrà di nuovo riunirsi, finalmente a casa: nell'appartamento in affitto a Roma, dove per 820 mila mensili è compreso anche "un bel parchetto giochi per i bambini". Vivere a Pavia? Non se ne parla proprio. Troppo cara e troppe zanzare. A Pavia Carmine dovrà tornare soltanto per i controlli di rito, che nel frattempo verranno effettuati a Roma. Cosa importante, dall'Anpo fanno sapere che i Papa sa-ranno sempre i benvenuti.

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