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Milano, un anno di ricerca contro il cancro
Monica Melotti, N. 9 settembre 2000
Il canonico appuntamento annuale con la presentazione dell'attività di ricerca dello Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano è avvenuto il 19 giugno scorso. Come ogni anno c'erano numerose personalità scientifiche e politiche, tutte interessate al bilancio dei sei anni di attività del prestigioso istituto e soprattutto ai suoi progetti futuri. Il ministro della Sanità Umberto Veronesi (ex direttore scientifico dello Ieo, ora l'incarico è ricoperto dal professor Giuseppe Della Porta), e il ministro dell'Università Ortensio Zecchino, si sono impegnati ad incrementare la spesa pubblica per la ricerca scientifica di 4.000 miliardi di lire entro quest'anno. L'Italia del resto è il fanalino di coda per i finanziamenti alla ricerca, solo 13.000 miliardi (altri 10.000 miliardi arrivano dai privati e dal volontariato), e questa promessa dovrebbe essere mantenuta perché le linee guida del progetto sono state approvate dal Cipe nel corso di una seduta del Ministero del Tesoro. Inoltre, la forte alleanza tra i due ministri, fa sperare che finalmente si riesca ad avvicinarci al livello attuale dei nostri partner europei che investono in ricerca il 2-3% del Pil (prodotto interno lordo), mentre in Italia solo l'1%. Ma il ministro della Sanità è convinto che bisogna fare uno sforzo maggiore per allargare le aree di ricerca e rendere la carriera del ricercatore più definitiva (in Italia l'età media dei ricercatori sta aumentando, mentre la ricerca deve essere giovane. "Per formulare ipotesi ci vogliono fantasia e creatività, caratteristiche del pensiero giovanile"). Accanto al riordino degli Istituti di carattere scientifico Veronesi pensa a soluzioni nuove, come quella di introdurre la ricerca anche negli ospedali, una ricerca di trasferimento: dal laboratorio al letto del paziente. Ma il tradizionale appuntamento ha dato modo di presentare l'attività di ricerca dello Ieo per la cura e la ricerca contro il cancro. Una struttura di eccellenza che vanta 200 posti letto, con una staff di 630 persone (medico e paramedico), vale a dire che per ogni paziente ci sono 5 persone. I pazienti ricoverati l'anno scorso sono stati circa 11 mila e quelli ambulatoriali hanno superato i 50 mila, sono stati eseguiti 98 mila trattamenti radioterapici. Vi è stato anche un aumento proporzionale dell'attività diagnostica e sono stati istituiti corsi per medici di famiglia e specialisti esterni. Inoltre vi sono in corso più di 100 trials clinici controllati. Vediamo allora le novità presentate al tradizionale appuntamento.
I risultati dello Iort, la radioterapia intraoperatoria per i tumori del seno Era stata annunciata l'anno scorso. L'acronimo Iort sta per Intraoperative Radiotherapy, ovvero la radioterapia che entra in sala operatoria. La fase, appena conclusa della sperimentazione, ha coinvolto 75 pazienti affetti da tumore al seno ed ha dimostrato che la massima dose di radiazioni somministrabile con la Iort equivale a quelle somministrate con la radioterapia esterna e che la tossicità del trattamento è assolutamente sovrapponibile a quella della terapia convenzionale. Ma come funziona esattamente? "La Iort è una tecnica radioterapica che permette di concentrare direttamente sul tumore, in un'unica somministrazione, alte dosi di radiazioni, al momento dell'operazione chirurgica" spiega il professor Roberto Orecchia, direttore della divisione di radiologia dello Ieo "A questo scopo viene utilizzato un acceleratore lineare mobile che può essere posizionato, tramite un braccio robotico, sul campo operatorio, dove emette un fascio di elettroni direttamente sull'area da irradiare". I vantaggi sono molteplici: dal punto di vista clinico l'esattezza nella localizzazione del bersaglio e l'eliminazione del possibile danno ad organi e tessuti vicini. Nei tumori a stadio iniziale vi è stata la scomparsa del tumore nel 90% dei casi. Ma è soprattutto per la paziente il grosso vantaggio, la quale vede ridotto il periodo di cura (che si limita al tempo del ricovero per l'intervento chirurgico, cui sono da aggiungere 7-10 minuti per il trattamento Iort) e quindi il rapido reinserimento nella vita familiare e lavorativa, non dovendo sottoporsi al trattamento standard di circa due settimane di sedute radioterapiche. La metodica Iort è già stata sperimentata nella cura dei tumori rettali, gastrici e ginecologici, sarcomi ossei e tumori molli. Prossimamente sarà applicata per i tumori toracopolmonari e addominali.
L'Ospedale senza dolore L'Italia fa ancora troppo poco per il dolore e il ministro Veronesi ben conosce le sofferenze insopportabili dei 150 mila malati terminali oncologici che ogni anno muoiono in Italia. Per questo ha dichiarato che il dolore va combattuto, soprattutto negli ospedali e non deve essere una condizione inevitabile delle malattie oncologiche, perché può essere eliminato utilizzando i farmaci poco costosi (morfina e suoi derivati) che la ricerca mette a disposizione. A tal fine lo Ieo ha iniziato una profonda rivoluzione culturale, creando "l'ospedale senza dolore", iniziativa guidata dal professor Vittorio Ventafridda. L'idea nasce dal confronto con i modelli internazionali più avanzati, in particolare l'esperienza francese e quella svizzera, che hanno attivato programmi efficaci di controllo del dolore. Secondo i dati dell'Oms nel 70-90% dei casi il dolore oncologico è controllabile in modo efficace e poco costoso. Su queste basi lo Ieo si pone tre obbiettivi: 1) abituare i pazienti ad esprimere il proprio dolore; 2) aumentare la consapevolezza del problema nel personale medico e paramedico attraverso corsi di formazione; 3) fornire gli strumenti per valutarlo e le linee guide di trattamento. Valutare il dolore non è sempre facile, perché è un dato soggettivo. Nell'intento comunque di fornire dei parametri di riferimento l'Istituto ha scelto un sistema di valutazione semplice che utilizza un piccolo righello (il paziente può indicare su una scala da 0 a 10 dove si posiziona il suo dolore in quel momento).
In Europa aumenta la sopravvivenza al cancro I dati dello studio Eurocare (raccolti tra il 1985 e '89, con controlli effettuati fino al '94) presentati nella giornata dello Ieo da Paul Kleihues, direttore del-l'International Agency for Researche on cancer (Iarc) di Lione, hanno dimostrato che la sopravvivenza al cancro in Europa è aumentata del 35% tra gli uomini e del 50% tra le donne. Risulta, quindi, un chiaro aumento della sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del tumore, rispetto ai casi registrati tra il 1978 e il 1985. La sopravvivenza è aumentata soprattutto nei casi di tumore al testicolo (+12%), di tumore del colon retto e linfoma (+10%), seguono il melanoma e il cancro del seno. Secondo i dati Eurocare i fattori determinanti per la sopravvivenza sono le condizioni socio-economiche. C'è infatti una maggiore mortalità nei paesi dell'Europa orientale rispetto a quelli dell'Europa occidentale. Si sopravvive di più al cancro in Finlandia, Islanda, Olanda, Svezia e Svizzera, mentre si muore di più in Estonia, Polonia, Slovacchia e Slovenia. L'Italia si colloca nei paesi dove la sopravvivenza è considerata alta, insieme ad Austria, Francia, Germania e Spagna. Le variazioni dell'indice di sopravvivenza sono significative soprattutto nei casi di tumore per i quali è essenziale la diagnosi precoce: seno, colon, prostata e seno. Le prossime fasi dello studio Eurocare dovranno individuare in quale misura la diagnosi precoce, il consulto anticipato con lo specialista, una terapia più efficace o un miglior follow-up possono determinare le differenze dell'indice di sopravvivenza a livello regionale e la diminuzione della mortalità.
Lo studio HOT (Hormones and Tamoxifen) per le donne in menopausa Lo Ieo ha appena avviato un ampio studio controllato e multicentrico con l'obbiettivo di confermare che, per le donne in menopausa, l'associazione della terapia ormonale sostitutiva con il Tamoxifen a basse dosi può mantenere i benefici e ridurre i rischi di entrambi i trattamenti. Ormoni (estrogeni e progestinici) e Tamoxifen sembrano infatti possedere proprio le caratteristiche necessarie per annullare l'uno gli effetti indesiderati degli altri. Un uso prolungato del-la terapia ormonale sostitutiva può aumentare il ri-schio di contrarre un tumore al seno, d'altro canto il Tamoxifen è in grado di ridurre del 50% l'insorgenza del tumore al seno. Da qui l'idea di associare i due trattamenti per permettere alle donne in menopausa di beneficiare dei vantaggi della terapia ormonale senza alcun timore. A questo fine verranno reclutate 8500 donne in terapia ormonale sostitutiva, da tre anni al massimo o in procinto di iniziarla. Lo studio che durerà cinque anni è coordinato a livello nazionale e internazionale dall'Unità di Farma-copreven-zione diretta da Andrea Decensi. Nuova terapia a ultrasuoni per il tumore alla prostata Nuove prospettive si sono aperte per il trattamento nella cura del cancro alla prostata. Si tratta di una metodica non invasiva che usa degli ultrasuoni focalizzati ad alta densità (HIFU). Questa nuova terapia, sperimentata in sei centri europei, è disponibile all'Ospedale Sant'Anna di Como, ed è coperta dal Servizio sanitario nazionale. L'HIFU è l'unico trattamento locale con approccio transrettale e viene effettuato in un'unica seduta, in anestesia parziale (spinale) con il paziente fermo in posizione di decubito laterale destro per tutta la durata del trattamento (due ore circa). La carenza di soluzioni valide per tutti i casi di cancro prostatico con intento curativo è stato uno dei motivi per cui è stata sviluppata, dalla EDAP-Technomed di Lione, la tecnologia degli ultrasuoni focalizzati ad alta densità, che nel 1992, mediante l'apparecchiatura Ablatherm, è stata introdotta nella pratica clinica del dipartimento di Urologia dell'Ospedale di Monaco di Baviera. Ora però il trattamento HIFU, sperimentato in sei centri europei, è anche disponibile all'Ospedale Sant'Anna di Como, mediante il Servizio sanitario nazionale.
Il carcinoma prostatico È il tumore maligno più diffuso nel maschio, con una mortalità che è seconda solo al tumore al polmone, ma che è destinato, nei prossimi 20 anni, a divenire la più frequente causa di morte per i maschi dei paesi industrializzati. Il picco d'incidenza del carcinoma prostatico è attorno ai 75 anni di età, pertanto con l'aumento della vita media un numero sempre maggiore di uomini dovrà confrontarsi con la diagnosi di carcinoma prostatico. I trattamenti impiegati fino adesso sono: la chirurgia radicale, che però dà effetti collaterali come l'impotenza e l'incontinenza; la radioterapia esterna, le cosiddette tecniche "conformazionali", tese a minimizzare i danni da radiazioni agli organi sani circostanti (vescica e retto), la brachiterapia prostatica con isotopi radioattivi (ancora al vaglio della ricerca clinica) e nel caso di fallimenti di queste terapie radianti, quando l'intervento chirurgico non è più effettuabile, si ricorre all'ablazione ormonale (castrazione).
Gli ultrasuoni focalizzati ad alta densità (HIFU) "La tecnica HIFU non è da considerare un'alternativa alla chirurgia radicale" dice il dottor Stefan Thuroff, del dipartimento di Urologia dell'Ospedale Harlaching di Monaco di Baviera "ma è indicato nei casi che non abbiano indicazioni chirurgiche, per prevenire la progressione della malattia e per ritardare la terapia ormonale. Possiamo dire che esistono due tipi di candidati: i pazienti che hanno il cancro localizzato ma che rifiutano o non possono sottoporsi all'intervento chirurgico perché troppo anziani, oppure quelli che hanno ancora delle recidive locali dopo il fallimento della chirurgia radicale e della radioterapia. Le potenzialità curative di HIFU però, sono ancora da valutare in un follow-up più lungo". Ma come si esegue il trattamento? "Dopo l'inserimento della sonda rettale, l'urologo visualizza la prostata con ultrasuoni e definisce l'area da trattare" spiega il professor Giancarlo Comeri, primario dell'Unità operativa di Urologia e Andrologia all'Ospedale Sant'Anna di Como "Il computer automaticamente calcola la distribuzione ottimale degli impulsi HIFU. Durante il trattamento la sonda rettale in cui è integrata la sorgente degli ultrasuoni, viene mossa automaticamente dal computer e produce in successione tante aree di necrosi coagulative (85 gradi) fino a che l'intero volume prefissato è stato trattato. Ogni impulso HIFU ha la durata di 5 secondi e produce una zona necrotica localizzata nel tessuto tumorale. Nel corso dell'intervento vengono prodotte almeno 1500 di queste necrosi per coprire tutto il volume prostatico. La parete del retto viene preservata essendo raffreddata continuamente durante il trattamento".
Conclusioni Con il trattamento HIFU le complicanze più severe come fistole e incontinenza urinaria sono rare, soprattutto quando non vi sono stati interventi precedenti sulla prostata. Al termine del trattamento il paziente può mangiare e bere, e a distanza di cinque ore dall'anestesia può riprendere a camminare. L'ospedalizzazione può essere contenuta entro le 48 ore. Più di 2000 biopsie eseguite dopo il trattamento (effettuato in una singola seduta) di 328 pazienti con tumore prostatico, trattati nei 6 centri europei che hanno sperimentato HIFU, provano la sua efficacia: nell'82% dei casi la biopsia è negativa con un follow-up medio di 24 mesi.
Per informazioni Dipartimento di Urologia e Andrologia Ospedale Sant'Anna - Como Tel. 031/5855436
I risultati dell'INT di Milano Punta di diamante del sistema sanitario nazionale, l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, vanta una tradizione pluridecennale nella ricerca e cura delle malattie oncologiche. L'Istituto è in grado di offrire prestazioni assistenziali al massimo livello qualitativo, ma anche di sviluppare nuovi modelli in tutte le aree di attività, grazie alle conoscenze che continuamente derivano dai suoi numerosi progetti di ricerca. I risultati delle più recenti ricerche riguardano: la chirurgia conservativa nel carcinoma del colon-retto, la microchirurgia nei tumori della testa/collo, il trapianto di fegato nell'epatocarcinoma e i trattamenti scarsamente invasivi locoregionali che permetteranno, a breve termine, di stilare le linee guida per tutte le strutture oncologiche nazionali.
Il vaccino anti-melanoma funziona in tre malati su dieci Sperimentato in quattro centri italiani (tra cui l'Int di Milano) e altri centri europei, il vaccino è riuscito a far regredire il tumore in tre pazienti su dieci, con malattia in fase avanzata e metastasi, già operati che non rispondevano più alla chemioterapia. Lo studio è stato guidato dal professor Giorgio Parmiani, dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che guiderà anche un altro studio multicentrico europeo su un altro vaccino antimelanoma che sarà testato su 200 pazienti, in cinque centri italiani (Int e San Raffaele di Milano, Int di Genova, centri di Aviano e Forlì). Il vaccino terapeutico antimelanoma, utilizza antigeni tumorali, estratti dalla cellule malate sostanze che mettono in allarme il sistema immunitario e che, una volta iniettati, agiscono sulla cellula affinché le riconosca e attivi la risposta immunitaria. Il vaccino ha il vantaggio di essere efficace quanto la chemioterapia, ma senza gli effetti tossici di quest'ultima. Sempre all'Istituto di Milano, in collaborazione con lo Ieo e il Centro di Aviano, si sta sperimentando un altro vaccino contro il cancro del colon, su 40 pazienti con metastasi epatiche.
Altri progetti di ricerca per le neoplasie I progetti di ricerca nell'ambito delle neoplasie polmonari, del tratto gastroenterico e neuroendocrine riguardano nella maggior parte dei casi pazienti in fase avanzata. In parte i progetti di ricerca sono svolti autonomamente, mentre altre iniziative sono condotte dal gruppo ITMO (Italian Trials Medical Oncology), coordinato dall'Int di Milano. Per la terapia adiuvante del carcinoma gastrico viene impiegata una nuova molecola (Panorex) da sola, oppure associata alla terapia tradizionale, l'arruolamento per questo trial internazionale è stato chiuso da poco. Sono allo studio nuovi farmaci per il trattamento delle neoplasie del colon-retto: dopo un trattamento monochemioterapico che impiega il fluorouracile variamente modulato si sta, negli ultimi anni, affermando un trattamento polichemioterapico (oxaliplatino e derivati del fluorouracile. Per le neoplasie polmonari (tumori non a piccole cellule) sono attivi quattro progetti di ricerca di cui uno multicentrico internazionale che esplora l'attività di herceptin.
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