Esegui una ricerca

Informativa privacy

Lavorare fa male

Grazia Leone, N. 3 marzo 2000

Il pericolo riguarda soprattutto i lavoratori di industrie, fabbriche, laboratori artigianali, officine, uffici, ma anche falegnami, calzolai, asfaltisti, orefici, vigili, operatori sanitari, veterinari, addetti alle pulizie e molti altri. Pure coloro che lavorano all'aperto, come i contadini, rischiano l'insorgenza di neoplasie a causa dell'esposizione prolungata a raggi ultravioletti e pesticidi.
Individuare situazioni e professioni a rischio è lungo e complesso. Prima di tutto bisogna determinare le sostanze e i processi produttivi cancerogeni, quindi valutare le dosi e i tempi di esposizione pericolosi per l'uomo. Si deve considerare, inoltre, il periodo di latenza che intercorre tra esposizione a fattori di rischio e comparsa del tumore. In tutto il mondo fanno testo le liste di sostanze nocive messe a punto dallo IARC, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione, e dalla ACGIH, Associazione degli igienisti industriali americani. Lo IARC ha elencato - ma i dati sono sottoposti a continuo aggiornamento - 48 sostanze per l'uomo "certamente cancerogene", tra cui i farmaci antiblastici, 37 "probabilmente cancerogene" e 159 "possibili cancerogene". La metà degli agenti cancerogeni riconosciuti è costituita da sostanze chimiche industriali, il cui numero è talmente alto che è impossibile testarle tutte. Secondo stime internazionali, il 4% dei tumori è originato da fattori professionali, il 30-40% dal fumo, il 30-40% dall'alimentazione sbagliata. E, in genere, ha più probabilità di contrarre un tumore professionale chi svolge prevalentemente e a lungo un'attività a rischio. In Italia le statistiche riguardano singole aree geografiche e si basano sui Registri dei Tumori regionali. E, considerando le percentuali citate, si dovrebbero contare almeno 6000 casi di tumori professionali all'anno. In realtà, il fenomeno è molto sommerso poiché dal 1993 al 1997 l'INAIL ha riconosciuto tali e indennizzato soltanto 476 neoplasie professionali.
"I motivi di questa situazione sono tanti", osserva Nicola Magnavita, docente di Medicina del lavoro presso l'università Cattolica di Roma. "Prima di tutto, i tumori professionali sono difficili da riconoscere essendo nella maggior parte dei casi a livello clinico e biologico simili alle altre neoplasie. Inoltre, il legame tra malattia e professione spesso sfugge ai medici, anche oncologi, poiché nello stilare l'anamnesi, cioè la storia clinica del paziente, non gli chiedono quasi mai notizie sugli impieghi svolti fino a quel momento con riferimento a durata, sedi di lavoro, mansioni, sostanze cui sa di essere stato esposto. Un'indagine in tal senso, invece, che consideri anche le indicazioni dello IARC, è doverosa e indispensabile per individuare l'eventuale origine professionale di una patologia e indirizzare, quindi, il malato al medico del lavoro. Qualsiasi medico, comunque, è obbligato a denunciare ogni caso di sospetta malattia professionale all'INAIL e a segnalarlo contemporaneamente alla ASL cui sono affidate le funzioni di ispettorato del lavoro. Quando la malattia professionale comporta un danno grave, come nel caso dei tumori, è necessario anche fare referto all'autorità giudiziaria. Per le omissioni sono previste sanzioni a carico del medico. Inoltre, fare segnalazioni ha un grande valore etico poiché favorisce la prevenzione difendendo la salute di tanti colleghi del paziente".
La denuncia è doverosa anche perché la legge sull'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali prevede per il lavoratore benefici previdenziali ed economici e forme particolari di tutela del posto di lavoro. Purtroppo, le segnalazioni sono molto scarse anche per i tumori la cui origine professionale è quasi certa, come il mesotelioma della pleura, l'angiosarcoma epatico e l'adenocarcinoma dei seni paranasali.
"Il mesotelioma della pleura è un raro tipo di tumore quasi sempre causato dall'esposizione professionale ad amianto, sostanza sicuramente cancerogena con una latenza da 10 a 40 anni", dice Magnavita. "In Italia, perciò, questa neoplasia è in aumento a causa della massiccia diffusione dell'amianto soprattutto negli anni '50 e '60. Ne muoiono quasi mille persone ogni anno. Inoltre, l'amianto è responsabile di un aumento di incidenza di tutti i tumori tra cui quello polmonare. In questo caso il rischio viene moltiplicato se si fuma. L'amianto è costituito da fibre a forma di aghi che respirate si conficcano nella pleura e, innescando una catena di eventi, conducono al tumore. Tra le vittime ci sono gli operai un tempo preposti alla produzione di cemento-amianto, come nel tristemente famoso Eternit, gli idraulici che hanno svolto la propria attività in passato, gli addetti alla cantieristica navale, gli elettricisti industriali, molti operatori dei trasporti perché il materiale era usato per coibentare le carrozze. Oggi che il suo uso è stato proibito, c'è ancora un'esposizione molto rischiosa per chi deve rimuovere i manufatti in amianto e soprattutto per chi, come i lavoratori dell'edilizia, può venirne a contatto senza saperlo, ad esempio in lavori di ristrutturazione di vecchi edifici. Il rischio riguarda, ovviamente, anche quelli che vivono e lavorano in palazzi costruiti con amianto, ad esempio parecchi professori e studenti. La diffusione di questo cancerogeno ha prodotto anche casi bizzarri. Tempo fa il mesotelioma della pleura è stato diagnosticato ad un barbiere i cui clienti erano operai esposti all'amianto. Molti casi sono stati segnalati anche tra addetti al recupero di sacchi di iuta utilizzati in precedenza per contenere cemento-amianto. L'angiosarcoma epatico, invece, è un raro tumore del fegato associato a esposizione a cloruro di vinile monomero. Si tratta di un gas usato per la sintesi del PVC, la materia plastica più comune, che serve tra l'altro per rivestire i fili elettrici e per un'infinità di oggetti. Il fatto che il monomero fosse ritenuto innocuo ha fatto sì che esso venisse usato anche come propellente negli spray, refrigerante, addirittura anestetico. Il rischio anche per i consumatori è stato enorme. Il cloruro di vinile può provocare anche altre neoplasie comuni di cui diventa difficile stabilire l'origine. Un altro esempio di tumore professionale tipico è l'adenocarcinoma dei seni paranasali. E' raro e può essere causato dalla deposizione della polvere di legno. A rischio sono i falegnami, soprattutto se fanno uso di certi legni esotici ritenuti maggiormente pericolosi".
Per stabilire l'origine di un tumore, quindi, è necessaria un'indagine molto accurata. "In particolare, è bene approfondire l'anamnesi quando si riscontrano neoplasie di polmone, vescica, cute e sistema emolinfopoietico, in quest'ultimo caso si parla di leucemie", afferma Magnavita. "Anche in questi casi è fondamentale basarsi sulle indicazioni dello IARC relative alle sostanze dannose e ricercare eventuali esposizioni. Sicuramente cancerogeno è, ad esempio, il benzene, un idrocarburo usato come solvente e nella preparazione di coloranti e materie plastiche, presente nella benzina e nel fumo di sigaretta. Si tratta di una sostanza radiomimetica, che ha cioè gli stessi effetti cancerogeni dei raggi X. A rischio sono soprattutto i lavoratori dell'industria chimica e farmaceutica. Il benzene può causare leucemie, tumori in tutte le sedi, in particolare vescica e polmone. Si attribuisce al benzene contenuto nelle sigarette l'aumento di mortalità nei fumatori, a quello presente nell'aria dei centri urbani l'incremento dei tumori nella popolazione generale. Cancerogeni sono anche alcuni metalli pesanti, come il cromo e il nichel, mentre molti altri sono fortemente sospettati di esserlo. Durante la saldatura di acciai speciali, soprattutto in ambienti non sufficientemente ventilati, le polveri di cromo o nichel scaturite dalla fusione sono regolarmente respirate dagli operai. Cancerogeni sono, inoltre, molti idrocarburi alogenati, tra cui il benzopirene, e i prodotti della combustione, come ad esempio il fumo delle ciminiere, le emissioni delle macchine. Già nel 1700 si constatò che molti spazzacamini di Londra si ammalavano di tumore allo scroto a causa della polvere di carbone che vi si depositava durante la pulizia dei camini. Sicuramente cancerogene sono pure le radiazioni ionizzanti a cui sono esposti gli operai dell'industria nucleare, di imprese metalmeccaniche, dell'energia e della radiografia industriale, i radiologi, i radioterapisti e i ricercatori che spesso, per l'ansia di procedere speditamente nel loro lavoro, trascurano in laboratorio regole fondamentali di protezione. L'incremento dell'incidenza per alcuni tipi di tumore si osserva in molti altri settori industriali tra cui quello edile, meccanico, chimico, siderurgico, aeronautico, alimentare, farmaceutico, manifatturiero. L'aumento del rischio c'è anche per gli addetti al commercio, alla lavorazione del vetro e della carta".
Il Servizio di Epidemiologia dell'Istituto Tumori di Milano sta sperimentando un sistema informativo per rilevare i tumori di sospetta origine professionale. Il progetto prevede l'incrocio dei dati dei Registri tumori italiani e degli archivi INPS. Finora lo studio ha esaminato il Registro tumori della Lombardia riferito alla provincia di Varese, fornendo dati indicativi. Per i 26 settori produttivi analizzati sono stati individuati i tipi di tumore per cui si è verificato un eccesso significativo di incidenza. Ecco solo alcuni dati. Nel settore dell'abbigliamento si è rilevato un aumento di tumori a colon-retto, pelle, polmone, melanomi e leucemie, in quello della ceramica a cavo orale, pelle, mammella e ovaio, nell'industria di cuoio e calzature a stomaco, polmone, colon-retto. Nel ramo tessile l'incremento di neoplasie si è riscontrato per colon-retto, polmone e leucemie, in quello delle costruzioni meccaniche per stomaco, polmone, vescica e leucemie, nel campo delle costruzioni elettriche per fegato, pancreas, vescica, encefalo, sistema nervoso centrale e mieloma. "Nell'oncologia professionale è fondamentale registrare i dati e approfondire l'analisi nei singoli settori produttivi, fasi di ciclo e mansioni", sostiene Paolo Crosignani, epidemiologo dell'Istituto Tumori di Milano. "Chiediamo, quindi, ai lettori e agli operatori della prevenzione di patologie professionali di fornirci suggerimenti, dati e contributi, soprattutto riguardo al rischio nel comparto della plastica, stampaggio, lavorazioni secondarie".
Il rischio di esposizione a sostanze cancerogene di solito è ancora più alto nelle imprese di dimensioni minori, nelle officine e nei laboratori artigianali. "Per motivi economici, in questi ambiti i controlli sono praticamente inesistenti e molto scarse sono le misure di prevenzione e bonifica", dice Magnavita. "Chi lavora nelle officine di auto-riparazione, ad esempio, è a contatto tutto il giorno con grassi e oli minerali che sono ricchi di sostanze cancerogene. Mettersi in tasca uno straccio impregnato di olio, come molti meccanici fanno abitualmente, fa sì che queste dannosissime sostanze vengano assorbite dalla cute. Altra abitudine diffusa e pericolosissima è quella di "lavarsi le mani" con la benzina, sostanza che contiene cancerogeni tra cui benzene, toluene e xilene, o con altri solventi e diluenti. Una breve operazione di lavaggio fa assorbire tanto prodotto tossico quanto otto ore di lavoro alle più alte concentrazioni ammissibili".
L'assenza di controlli rende particolarmente a rischio i lavoratori in nero, i contoterzisti e, in genere, quelli che svolgono attività che nessuno vuol fare, come succede spesso nell'edilizia e nella manutenzione. In genere, è proprio a queste persone che capita, ad esempio, di buttare giù muri pieni di amianto senza tuta, maschera e altre protezioni specifiche, a volte persino ignorando la presenza di questa sostanza cancerogena.
I pericoli sono in agguato anche in ufficio, luogo trasformato da fumo, aria condizionata e benzene in una camera a gas. "Il rischio principale per chi lavora in ufficio è il fumo di sigaretta che, oltre ad essere cancerogeno, potenzia la pericolosità di tutte le altre sostanze nocive presenti nei vari ambienti", avverte Magnavita. "Non bisogna fumare in assoluto per non attentare alla salute propria e altrui. In particolare, il fumo di sigaretta produce benzene che, non essendo trattenuto dai filtri degli impianti di condizionamento, si aggiunge a quello già presente nell'aria". Uno degli studi condotti attualmente dall'università Cattolica riguarda proprio l'inquinamento biologico presente in ambienti, come gli uffici, dove i microrganismi annidati nei condotti dell'aria condizionata potrebbero produrre sostanze cancerogene. "I nostri studi sono ancora sperimentali. La verifica epidemiologica è molto complessa, forse impossibile visto che in un ufficio ci sono anche solventi e pesticidi e quasi 3000 sostanze chimiche, molte delle quali cancerogene, immesse dai fumatori. Comunque, molto dannoso è anche l'uso incongruo di disinfettanti, spray e biocidi in genere. Per questi prodotti, infatti, non si conoscono gli effetti a lungo termine. Pericolosa è anche l'ozonizzazione, ossia il rilascio di ozono con appositi macchinari per dare all'ambiente un odore simile a quello della pioggia. Invece di "disinfettare" l'aria, la si rende dannosa. Rischiosa è anche la formaldeide, che si libera dal legno trattato e talora è presente in alcuni detersivi-disinfettanti per pavimenti. In genere, è bene usare detergenti non tossici. La direttiva europea sui biocidi tra poco operativa in Italia imporrà che per ogni prodotto disinfettante vengano accertati e segnalati sulla confezione gli eventuali effetti dannosi".
Cosa può fare il lavoratore per prevenire i tumori professionali? "E' necessario condurre uno stile di vita sano, alimentarsi bene ed evitare principalmente i fattori che moltiplicano il rischio di ammalarsi di cancro come fumo, abuso di alcol, infezioni, immunodeficienza", risponde Magnavita. "Inoltre, è bene assumere notizie sui pericoli del lavoro svolto e le modalità di prevenirli presso il proprio datore di lavoro, che è tenuto a dare queste informazioni, e presso i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Insomma, bisogna lottare affinché in tutte le realtà produttive, anche le più piccole, si valutino accuratamente i rischi delle malattie professionali e si attivi la massima igiene ambientale per eliminarli".

Cosa prevede la legge per i tumori ì professionali

l decreto legislativo 626/94, successivamente modificato dal 242/96, è stato varato per prevenire infortuni e malattie nell'ambiente di lavoro. Tra le altre cose, stabilisce che:
- Ogni datore di lavoro, anche se ha un solo dipendente, deve valutare il rischio professionale derivante dal lavoro. Se i dipendenti sono dieci o più, questa valutazione deve essere scritta, firmata dal datore di lavoro, eventualmente anche dal medico, e periodicamente aggiornata.
- Ogni datore di lavoro deve fare un "programma di bonifica ambientale" per eliminare i rischi accertati. In caso di ispezione, ma anche su richiesta dei rappresentanti dei lavoratori, deve presentare la documentazione relativa alla valutazione del rischio e al programma di bonifica.
- Il datore di lavoro può, in alcuni casi deve, avvalersi di un Servizio prevenzione e protezione, suo consulente per migliorare l'ambiente di lavoro. Ai lavoratori deve essere garantita una rappresentanza per la sicurezza, diversa da quella sindacale. Se ci sono rischi di malattie professionali, deve essere nominato un medico "competente", cioè specialista in medicina del lavoro, che sottopone i lavoratori a visite preventive e periodiche obbligatorie per legge.
- Presso l'ISPESL, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, è tenuto un "registro nominativo" dei tumori di certa o sospetta origine professionale. I casi di malattia devono essere segnalati all'ISPESL "da medici, strutture pubbliche e private, istituti previdenziali".


Torna ai risultati della ricerca