|
Grande unità per piccoli pazienti
Patrizia Miazzo, N. 5/6 maggio/giugno 1999
Quando un bambino si ammala è già di per sé stesso un dramma per la famiglia, ma quando la malattia è un tumore il tornado che investe genitori e figli è devastante. Ma come possono allora affrontare questo dramma le famiglie colpite? Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Franca Fossati Bellani, Direttore Unità Operativa di Oncologia Pediatrica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Direttore del Reparto del Dipartimento di Medicina Oncologica dello stesso Istituto e Corresponding Member of Children Cancer Group. Benché i progressi raggiunti nell'oncologia pediatrica siano considerevoli e spesso la guarigione può essere raggiunta con una buona percentuale statistica, quando vi sono implicati bambini, nessuna percentuale, anche se positiva, può essere accettabile. Le implicazioni per l'impegno professionale e morale che travolgono i medici che quotidianamente vivono la malattia di centinaia di bambini, sono indubbiamente gravosi. La Dottoressa Franca Fossati Bellani, Direttore dell'Unità Operativa di Oncologia Pediatrica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, annovera un'esperienza ventennale che ne fa un punto di riferimento per tutto il reparto e per bambini e genitori. La passione per il suo lavoro e l'amore che traspare dai suoi occhi per i piccoli pazienti traspare evidente. Con lei abbiamo percorso le tappe principali di una malattia che spesso viene vissuta quasi come una sentenza di morte. Quanti sono i bambini che ogni anno si ammalano di tumore in Italia? Il dato numerico che si può confermare è di circa 1300 bambini ogni anno ma non sembra esserci un incremento del numero di malattie tumorali in questa fascia di età. Quindi il numero assoluto non sta aumentando. Dal momento che è difficile mettere in atto una reale prevenzione è necessario rendere la diagnosi della malattia il più precoce possibile. Nell'età infantile la cosiddetta prevenzione non è ancora realizzabile. Da pochi anni nelle scuole di specializzazione pediatrica viene insegnata l'oncologia, che può aiutare sensibilmente i medici a capire se vi deve essere un intervento immediato. Questa malattia deve essere però riconosciuta non solo a livello pediatrico, dal momento che la patologia oncologica può essere considerata di tipo distrettuale, tumore del sistema nervoso centrale oppure neoplasie che insorgono nel distretto cervico-cefalico, quindi otorinolaringoiatria, masse addominali, tumori dell'osso, dove gli specialisti devono essere in grado di riconoscere che il problema esiste. Anche se è stato calcolato che un pediatra vede in tutta la sua vita professionale tre o quattro casi non deve essere una scusante per una diagnosi errata o ritardata. Quindi il problema è far conoscere l'esistenza di questa patologia, riconoscendone i sintomi non appena questi si presentano. Quali i sintomi principali che devono indurre un medico ad un approfondito esame diagnostico? In realtà la sintomatologia è relativa alla sede e al distretto anatomico che viene colpito da neoplasia. I tumori del sistema nervoso centrale che sono i tumori più frequenti dopo le leucemie, che sono quindi di competenza ematologica, si rivelano con sintomi neurologici, che può essere dalla cefalea al vomito, disturbo della motilità. Questi sintomi, soprattutto se perdurano, devono allertare il medico ad una corretta diagnosi da uno specialista. Spesso i medici sottovalutano lo stato di ansia di una madre, ma quando una madre riferisce correttamente un sintomo ripetitivo con determinate caratteristiche similari e con molta correttezza descrittiva, bisogna ascoltarla. Si dice spesso che i bambini hanno una risposta migliore rispetto agli adulti nei confronti delle terapie. Il fatto è che neoplasie con una rapida replicazione sono più sensibili all'azione dei farmaci neoplastici, quindi con una relazione alla velocità di crescita del tumore. Con le nuove frontiere della medicina è sempre più possibile preservare l'integrità fisica del bambino, evitanto interventi demolitivi. Questo per ciò che riguarda la patologia pediatrica e relativo soprattutto ai tumori dell'osso e relativo anche ai sarcomi dei tessuti molli, che però quelli del bambino sono diversi da quelli dell'adulto per tipo istologico, sono infatti tipici dell'età infantile a rapido accrescimento. L'obiettivo dell'oncologia pediatrica del 2000 è quello di dare un trattamento ottimale con le minori conseguenze; e ciò relativamente alla chirurgia, rivolta soprattutto alla chirurgia dei tumori dell'osso. Ma è doveroso precisare che, se ben spiegata, e comunque alle volte è l'unica soluzione possibile, la mutilazione è la soluzione auspicabile per non incorrere poi in recidive. In questo campo il Rizzoli di Bologna, è leader nel mondo come tecnologia nella chirurgia dei tumori dell'osso. Cosa offre la struttura sanitaria ai piccoli pazienti? Nel nostro reparto di oncologia pediatrica un bambino trova tutto ciò di cui può avere bisogno oltre alle cure mediche. Dagli insegnanti di scuola materna, elementare, media e dei volontari per il liceo. Una sala giochi per ogni età: computers e corsi di informatica, giochi per piccoli e grandi, corsi di ceramica, disegno e decine di attività che aiutano sia i più piccoli che i grandi a superare più serenamente il loro percorso della malattia. Abbiamo inoltre un terapista che si occupa di terapie anti-stress per i genitori che quotidianamente si occupano dell'assistenza ai propri figli. Quando ad un bambino viene diagnosticato un tumore bisogna affrontare la comunicazione della malattia ai genitori e al bambino. Come avviene Affrontare la comunicazione rimane un problema. Le cose sono molto cambiate negli anni, nel senso che l'evoluzione culturale delle famiglie è stata abbastanza rilevante; oggi, rispetto a dieci anni fa, i genitori che vogliono informare il bambino sono molti di più, e molti lo fanno loro stessi, autonomamente, con estrema apertura, lucidità e sincerità. Vi è un atteggiamento dei familiari più maturo nei confronti del bambino. Al bambino, si deve raccontare la verità, perchè solo così non si sentirà imbrogliato e in grado di affrontare la realtà senza sentirsi aggredito da oscure paure o ansie per la non conoscenza. Spesso sono proprio i bambini o i ragazzi a definire il limite delle informazioni che vogliono ricevere e che sono in grado di assorbire. Si può affermare che dai 12/14 anni in su si riscontra una grande consapevolezza mentre per i più piccoli è variabile a seconda del contesto familiare. Si deve sempre dare un riscontro alla realtà anche quando il bambino mostra rabbia ed aggressività, cosa peraltro lecita, perchè si deve considerare che il suo mondo cambia, si modifica. Durante la terapia, il bambino riacquista speranza ogni volta che si hanno risultati positivi che gli fanno vedere la fine luminosa del percorso. Quale sostegno per i genitori? Spesso i genitori si colpevolizzano perchè pensano di non avere fatto tutto il possibile o perchè pensano che la malattia sia stata trasmessa per fattori genetici. Ma sino ad oggi un marcatore genetico che sia significativo di una specifica causalità in oncologia pediatrica non esiste. E comunque noi dobbiamo intervenire per cancellare questo senso di colpa che potrebbe compromettere l'accettazione della malattia con le relative conseguenze. Ogni lunedi si tiene una riunione di tipo informativo con i genitori, dove si discutono i problemi pratici legati alle cure. Questo diviene inoltre un momento molto importante dove le famiglie si possono confrontare e discutere dei problemi che si incontrano durante le terapie. Le famiglie più indigenti usufruiscono anche di un aiuto economico da parte della Lega oltre ad un'assistenza logistica per coloro che vengono da lontano e non hanno i mezzi per sostenersi che vengono accolti in case di accoglienza. Quali i problemi più evidenti nella gestione di un reparto di oncologia? Questa è una patologia che costa molto e di conseguenza anche la ricerca costa molto. E il denaro diviene un ostacolo che ci obbliga alla continua ricerca di fondi; tutto il personale di questo reparto è coinvolto personalmente nella ricerca di fondi che possono aiutare la qualità di vita e delle cure per questi bambini. Il coinvolgimento personale è meritevole ma non bisogna dimenticare anche la loro sensibilità che viene spesso messa a dura prova. Inoltre, tutto ciò si scontra con limitati riconoscimenti economici. Un altro problema che possiamo riscontrare nei reparti di oncologia pediatrica è quello della competenza. Infatti i titoli per acquisire una sempre maggiore competenza sono di avere almeno 50 nuovi casi all'anno (nel nostro reparto sono stati 168 i nuovi casi durante il 1998); ciò dovrebbe comportare una maggiore concentrazione dei casi nei principali centri di riferimento (COR) che consentono inoltre un percorso della malattia molto più efficace. Il parere dello psicologo Dottor Carlo Clerici - Addetto all'assistenza psicologica-medica genitori/pazienti del reparto di Oncologia Pediatrica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Come viene comunicata ai genitori e al bambino la diagnosi sfavorevole? Innanzitutto non vi è una strategia generale ma un adattamento ad ogni singolo caso. La competenza psicologica spesso riveste un'importanza collaterale al momento della comunicazione della diagnosi, essendo il medico che prende in carico la situazione con un colloquio preliminare con i genitori. L'accettazione della malattia da parte dei genitori riveste una grande importanza per la conseguente definizione di una strategia di comunicazione al bambino. L'atteggiamento dei genitori è vario: spesso sperano in un errrore mentre alcuni piangono già il figlio come morto. Subentra un grande stato di confusione, dove la paura della malattia e della morte occupano tutta la mente. Il bambino recepisce tutte queste emotività e vive a sua volta in uno stato di profonda confusione che è compito dell'adulto mitigare. Quindi è di rilevante importanza comunicare al bambino, nei modi e tempi a lui più indicati, quali le conseguenze e l'iter della sua malattia. Inoltre tacere su quanto il bambino desidera sapere e affrontare comporta per lui un grave disagio emotivo. In questa situazione, oltre all'integrità psicologica del bambino, viene a mancare una sorta di collaborazione spontanea alla terapia, vissuta dal bambino come un'aggressione che provoca rabbia e intolleranza, la certezza di vivere una realtà terrificante, dove il bambino si sente solo. Quale quindi il vostro compito? Aiutare il genitore a mantenere un'aderenza alla realtà, aiutare il paziente ad accettare la propria malattia per affrontare con più serenità la terapia. Inoltre il nostro intervento ha dei limiti anche perchè in genere i bambini rimangono in ospedale lo stretto necessario. Quindi il nostro intervento è limitato a rendere i genitori consapevoli delle proprie capacità. Il tutto deve essere integrato con le terapie, il medico, le animatrici, le infermiere. Spesso i genitori non chiedono aiuto quindi sta a noi individuare un eventuale disagio e cercare di intervenire per dare un contenimento all'ansia del genitore o del bambino. E' essenziale che il genitore prenda coscienza della malattia ed entrari in contatto con le proprie risorse. Cosa consiglia a un genitore? Io penso che il primo passo di un genitore che scopre la malattia del proprio figlio sia quella di creare una sorta di collaborazione con il medico perchè da lui dipende tutto l'iter terapeutico; poi vi sono le figure di supporto che possono aiutare il genitore ad affrontare anche piccoli problemi quotidiani che in queste situazioni possono sembrare insormontabili. Un errore che il genitore non deve mai fare è quello di non considerare che il bambino prima o poi ritorna a casa e dovrà ritornare a fare le cose di prima, come la scuola che quindi non deve essere trascurata durante l'ospedalizzazione. Inoltre non bisogna circondare il bambino di attenzioni troppo pressanti e concessioni esasperate come dormire con la mamma, annullare la disciplina, tutto è concesso e dove tutto viene sconvolto in funzione spesso di un senso di colpa. Il genitore sicuramente è la persona su cui bisogna lavorare di più, perchè se lui accetta la malattia del figlio anche lui lo farà. Lo sconvolgimento che può portare questa malattia in una famiglia è devastante se non viene contenuta e strutturata. Anche perchè vi possono essere altri figli che sentono il peso di essere trascurati dai genitori e possono avere la tendenza ad ammalarsi per riavere l'attenzione. Quindi il genitore deve essere in grado di sfruttare appieno le proprie risorse per tentare di mantenere la famiglia unita e solidale. I bambini si confrontano con la morte? Succede quasi esclusivamente per gli adolescenti di voler parlare della morte e noi dobbiamo essere pronti ad affrontare l'argomento senza però mai togliere le speranze. Alle volte anche nei bambini più piccoli subentra una consapevolezza della morte che però loro non vivono come gli adulti, perchè non la capiscono e la identificano come un'assenza o un cambiamento di luogo. E' quindi un problema più vicino all'adolescenza che non all'infanzia, da non trascurare e affrontare con serenità e sincerità.
L'attività clinica nel 1998 Ecco i dati più importanti sull'attività clinica svolta dall'Unità di Oncologia Pediatrica nel corso del 1998.
o I ricoveri in reparto sono stati 635, di cui 168 "primi ricoveri" e 467 "rientri" per cure o esami diagnostici in regime di degenza.
o I ricoveri in day-hospital, cioè da mattina a sera, sono stati 1.349. Sono serviti soprattutto per l'esecuzione di esami diagnostici strumentali e per le terapie di supporto più complesse ma che non richiedono la degenza in ospedale.
o L'ambulatorio pediatrico ha effettuato 2.650 prestazioni in gran parte dedicate a visite di controllo o cicli di chemioterapia.
o L'ambulatorio segue anche, mediante controllo telefonico con appuntamento prefissato, la condizione di salute dei pazienti i quali, essendo passato molto tempo dal termine delle cure, non hanno la necessità di una visita diretta. Questi controlli (complessivamente sono alcune centinaia) hanno generalmente cadenza annuale.
(estratto da Informazioni INT, Periodico Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Marzo 1999, Anno 6, Nr. 1)
I tumori pediatrici più frequenti
1. Incidenza relativa dei diversi tipi di tumori o Leucemie (tumori del sangue) 32% o Tumori del sistema nervoso centrale (cervello) 19% o Linfomi (sistema linfatico) 14% o Neuroblastomi (sistema nervoso periferico) 08% o Sarcomi delle parti molli (muscoli) 07% o Nefroblastomi (rene) 07% o Sarcomi dell'osso 05% o Retinoblastoma (retina) 02% o Altri 06%
2. Incidenza nelle diverse fasce d'età 0-5 anni (50% di tutti i tumori pediatrici) o Sarcomi delle parti molli o Retinoblastoma o Neuroblastoma o Nefroblastoma o Tumori delle gonadi
5-10 anni (25% di tutti i tumori pediatrici) o Linfomi maligni o Leucemie o Tumori del sistema nervoso centrale
10-15 anni (25% di tutti i tumori pediatrici) o Sarcomi delle parti molli o Malattie di Hodgkin o Tumore dell'osso (osteosarcoma e sarcoma di Ewing) o Forme rare o Tumori delle gonadi
La tabella indica i tumori più frequenti nelle diverse fasce di età: dall'alto in basso i diversi tipi di cancro sono elencati in ordine decrescente.
(estratto da Informazioni INT, Periodico Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Marzo 1999, Anno 6, Nr. 1)
Cosa fare in caso di sospetto Quando si presenta un minimo dubbio che un bambino possa essere stato colpito da una malattia tumorale, è bene rivolgersi al COR (Centri Oncologici di Riferimento) che seguono il bambino e la sua famiglia passo dopo passo, guidando esami, eventuali ricoveri, terapie e assistenza lungo il percorso della malattia, trovando le soluzioni ottimali. I COR sono 14 e vengono a loro volta coordinati dalla Forza Operativa Nazionale di Oncologia Pediatrica (FONOP), che ha il compito di organizzare l'assistenza e la ricerca facendo in modo che anche il più piccolo centro oncologico metta in atto le procedure più aggiornate. Così facendo si permette che il bambino possa essere curato vicino alla sua residenza, evitando, al già grave peso psicologico della malattia, il pendolarismo, le assenze dal lavoro dei genitori e la separazione temporanea dalla famiglia. Quali le tappe fondamentali dall'itinerario diagnostico al percorso terapeutico di un bambino malato:
o Il primo interlocutore dei genitori è sempre il pediatra di base che ha in cura il bambino. In caso di sospetto sarà lui a indirizzare i genitori al più vicino centro di oncologia pediatrica. Li vengono eseguiti i primi accertamenti che permettono di arrivare alla diagnosi.
o Se la diagnosi conferma il sospetto il bambino vine inviato al COR, per ulteriori esami e la messa a punto della terapia. Se sono necessarie terapie particolarmente complesse o un intervento chirurgico, il bambino rimane al COR, altrimenti, non appena possibile, viene rimandato al centro oncologico più vicino a casa, dove avverranno le terapie, sempre, comunque, sotto la guida del COR.
o Ogni sei mesi il bambino dovrà tornare al COR per verifiche specifiche. Ove possibile le terapie si svolgono a domicilio, in coordinamento con il medico di famiglia opportunamente istruito. Inoltre, al contrario degli adulti, i bambini malati godono di una "corsia preferenziale" che semplifica iter burocratici e attuazione delle terapie.
o Durante questo percorso il bambino viene seguito costantemente dalla madre o un altro parente. In alcune istituzioni è prevista la collaborazione continua di psicologi, animatrici o insegnanti per il prosieguo dell'attività scolastica.
I Centri Oncologici di Riferimento (COR)
o Torino: Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell'Adolescenza, Università degli Studi, Ospedale Regina Elena, T. 011/31351. o Genova: IV Divisione di Pediatria, Ematologia-Oncologica, Istituto G. Gaslini, T. 010/3776590. o Milano: Divisione di Oncologia Pediatrica, Istituto Nazionale dei Tumori, T. 02/2390588. o Monza: Clinica Pediatrica, Ospedale San Gerardo, T. 039/233513. o Pavia: Clinica Pediatrica, Policlinica San Matteo, T. 0382/502912. o Padova: Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi, II Cattedra di Clinica Pediatrica, T. 049/8313560. o Trieste: Clinica Pediatrica, Ospedale Infantile Burlo Garofalo, T. 040/3785111. Bologna: Clinica Pediatrica, Policlinico S. Orsola, T. 051/347694 o Firenze: Clinica Pediatrica, Dipartimento di Pediatria, Ospedale Meyer, T. 055/570380. o Roma: Cattedra di Ematologia, Università La Sapienza, T. 06/857951. Roma: Clinica Pediatrica I, Ospedale Regina Elena, T. 06/497891. o Napoli: Servizio di Oncologia Pediatrica, Dipartimento di Pediatria, II Ateneo dell'Università di Napoli, T. 081/5665405. o Bari: Clinica Pediatrica I e Clinica Pediatrica II, Policlinico, T. 080/5473276-5473589. o Catania: Divisione di Ematologia-Oncologia Pediatrica, T. 095/222532.
Bibliografia (testi di riferimento per genitori e medici)
Il tempo tra le braccia (solo per medici) (L'esperienza psicologica del bambino affetto da tumore) Barbara M. Sourkes Raffaello Cortina Editore
Il bambino e le malattie maligne (guida completa per i genitori) Jeanne Munn Bracken Piccin Editore
Medicina Oncologica 6a edizione - Cartelle 48/49 G. Buonadonna/Robustelli della Cuna Masson Editore
Tutti Bravi (Psicologia e clinica del bambino portatore di tumore) AIEOP Associazione It. di Ematologia e Oncologia Pediatrica Raffaello Cortina Editore
Il bambino affetto da malattia tumorale e la sua famiglia Questo libro è stato realizzato dal personale operativo dell'Ass. Bianca Garavaglia in collaborazione dell'équipe terapeutica dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e di alcuni genitori. Viene distribuito all'Istituto dei Tumori ai genitori con un figlio malato di tumore.
Cari genitori Dall'esperienza maturata dal professor Masera e dal professor Francesco Tonucci, responsabile del reparto di Psicopedagogia del CNR di Roma. Un libricino che viene distribuito al San Gerardo di Monza ai genitori con un figlio malato di tumore. Hoepli Editore.
Torna ai risultati della ricerca
|