|
Una motivazione con i fiocchi
Mariagrazia Villa, N. 5/6 maggio-giugno 1999
Non girano col naso da clown come Patch Adams, il famoso medico americano della sorrisoterapia, ma che al Servizio di emato-oncologia pediatrica dell'Azienda Ospedaliera di Parma si stia dalla parte dei bambini e si faccia di tutto per metterli a loro agio è un dato di fatto. Tant'è che, grazie ad una motivazione coi fiocchi, "per aver realizzato la migliore strategia diagnostico-terapeutica ed assistenziale, riducendo i rischi di isolamento e di esclusione sociale del bambino ricoverato ed attivando tutte le risorse possibili per sostenere la famiglia", il reparto è stato selezionato alla prima edizione del Premio Nazionale Andrea Ceresini (dicembre '97), promosso dal Movimento federativo democratico - Tribunale per i diritti del malato. In effetti, il progetto di "assistenza globale al bambino malato", che nell'ultimo anno ha raggiunto altri nuovi obbiettivi, è il fiore all'occhiello del Servizio: perché "al di là delle capacità professionali, dell'impegno e della dedizione, conta l'umanità", dichiara fin da subito il primario della Divisione Pediatrica, l'oncologo pediatra dott. Giancarlo Izzi. Anche nel reparto parmigiano, i tumori infantili più frequenti sono quelli del sangue, in particolare leucemie, seguiti da neoplasie del sistema nervoso centrale e neuroblastomi e, un po' a distanza, da sarcomi del tessuto muscolare, osteosarcomi e tumori renali. Le neoplasie dell'infanzia, che colpiscono circa 100-150 soggetti l'anno su 100.000, presentano un problema, contrariamente a quelle dell'età adulta: "non si può fare una diagnosi molto precoce, perché quando danno i primi sintomi sono già di una certa dimensione". Pertanto, occorre invitare i pediatri "ad ascoltare con attenzione i bambini, senza escludere mai l'eventualità che possa trattarsi anche di un tumore: più la diagnosi è sollecita, meglio è". Per fortuna, visto che intaccano il "futuro della società, che sono i nostri bambini", la percentuale di guarigione di queste neoplasie è alta: in Italia, su 1500-2000 diagnosi tumorali l'anno, il 70% dei bambini guarisce e, tra questi, l'82% per le leucemie. Ma se nel nostro Paese la battaglia ai tumori infantili raggiunge i migliori risultati al mondo, questo dipende dalla creazione dell'AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica), che riunisce 54 centri italiani - "Parma si è associata quasi vent'anni fa" - coordinati e guidati dalla FONOP (Forza Operativa Nazionale di Oncologia Pediatrica). "Solo la collaborazione può portare a migliorare continuamente diagnosi e terapie, perché il controllo e la critica costruttiva di ciascun centro consente la crescita di ognuno e del gruppo", osserva Izzi. Inoltre, "è fondamentale lavorare sui grandi numeri, per poter arrivare a delle conclusioni significative: ciascun centro raccoglie e confronta i propri dati con il massimo rigore, per progettare insieme i protocolli e suddividere carichi e competenze all'interno del gruppo, in modo da offrire maggiori e più adeguate risorse al paziente, che può compiere un tratto di strada in un determinato centro e poi in un altro e così via". In questo modo, si è ottenuto "non solo che i bambini siano curati il più vicino a casa possibile, con la certezza che ciascun centro segue criteri scientifici aggiornati ed omogenei rispetto agli altri servizi distribuiti sul territorio nazionale, ma anche che non sia quasi più necessario andare all'estero per curarsi, se non nei casi in cui si riveli indispensabile il consulto di un collega straniero". Ma pure in questo caso, è il Centro AIEOP che se ne fa carico, organizzando la consulenza ed eventualmente il viaggio del bambino e dei familiari. "In linea di massima, comunque, riteniamo che la qualità di vita del piccolo paziente e della famiglia sia maggiormente garantita, non allontanandosi troppo dal luogo di residenza", sottolinea Izzi. In effetti, la lotta è lunga, "la terapia oncologica pediatrica va dagli 8 ai 24 mesi e, una volta dimesso, il bambino deve essere tenuto in osservazione per circa tre anni", e durissima, "non si va a parlare al tumore con buone maniere e dolci parole, ma si cerca di sconfiggerlo con un'aggressione biologica che è devastante". Per questo è basilare "usare tutti i mezzi a nostra disposizione, dalla chemio alla radioterapia alla chirurgia, per piombare addosso alla malattia con tutta la determinazione a vincere: più ho paura dei rischi, meno pazienti guarisco". Così, anche se nel tempo si è cercato di "alleggerire le terapie, modulandole a seconda del tipo di tumore e riducendone gli effetti collaterali", non bisogna mai dimenticare che "si tratta di una malattia mortale": occorre "imparare a curare e a vivere sul confine, servendosi di terapie di supporto perché l'organismo ce la faccia, e in un'alleanza cosciente con i genitori combattere, costi quel che costi, per strappare dalla morte il loro bambino". Proprio perché la battaglia è disperata e disperante e ci si rivolge ad una fascia d'età, da 0 a 16 anni, in cui un'ospedalizzazione, lunga o breve che sia, ha sempre un impatto emotivo molto forte, con conseguenze psicologiche che possono protrarsi nell'età adulta, umanizzare l'assistenza è d'obbligo: "l'oncologia non è una questione di protocolli, ma di vite per cui si lotta, che per me non sono numeri, ma si chiamano Maria, Giuseppe, Francesco...". Il bambino e il ragazzo "non sono oggetto di cura, ma soggetto: tutta la struttura sanitaria deve ruotare attorno al valore della loro persona, con la massima flessibilità", afferma Izzi. "Per venire incontro ai nostri piccoli, abbiamo ad esempio affermato, molto prima che diventasse legge regionale, il diritto della madre, o di un'altra figura di riferimento, di stare accanto al bambino malato, e questo ha determinato molte modifiche all'interno del reparto e nel personale". Ma si è riusciti ad accontentare i degenti, anche nelle cose apparentemente più piccole, tipo avere "tutti i giorni la possibilità di un menu alla carta". Altro fondamentale segnale di rispetto verso il paziente è che "fin dall'inizio non venga imbrogliato: bisogna spiegargli, con modalità diverse a seconda dell'età, i problemi che la malattia comporta, per responsabilizzarlo e renderlo partecipe alla terapia, dicendogli che sarà un'esperienza difficile e dolorosa, ma ce la farà". Inoltre, poiché "il rapporto affettivo è parte integrante della terapia" e il "coraggio di combattere arriva, se ci si sente sostenuti", va tranquillizzato sul fatto "che non ha alcuna colpa per essersi ammalato e che non sarà mai di peso a nessuno: tutti gli saranno alleati". Il bambino e l'adolescente devono anche essere "lasciati liberi di fare domande e di esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti". Quindi, tutte le loro reazioni alla malattia, dal pianto alla paura alla rabbia, sono ben accette. Anzi: "il bambino deve protestare e creare problemi, per preservare un senso del proprio sé sufficientemente sano, non subire passivamente la violenza che i grandi esercitano su di lui". Poiché "le guarigioni sono quattro", nel senso che dopo quella biologica, psicologica ed affettivo-relazionale, viene quella sociale, si cerca durante la permanenza in ospedale, non solo di conservare una buona qualità di vita, ma di "orientare il ritorno alla vita normale". Purtroppo, però, al di là delle belle parole, i pregiudizi nell'accettare una persona che è stata malata di cancro sono ancora molto radicati, dai datori di lavoro alle società sportive. Se nel 2000 un diciottenne su 1000 avrà avuto un tumore nel suo passato, come prevede l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il problema è serio. "Anche per questo motivo - conclude Izzi - nonostante i nostri ragazzi siano splendidi, saremmo davvero molto lieti di non doverli mai conoscere".
COME FUNZIONA
Il Servizio di emato-oncologia pediatrica, iniziato nel 1980, ha la sua sede nel padiglione Pediatrico dell'Ospedale Maggiore di Parma, in via Gramsci 14 (tel. 0521991210-222, fax 0521991109, sito Internet: www.ao.pr.it; e-mail: gcizzi@ao.pr.it), e si articola in tre attività assistenziali: l'ambulatorio, in cui vengono anche somministrate le terapie brevi (5 prestazioni ambulatoriali al giorno); il day hospital, per prestazioni che richiedano un ricovero diurno, ma anche per valutazioni specialistiche ed esami strumentali (4 posti letto, oberati da più di 20 rischieste al giorno); il reparto di degenza, quando le terapie richiedono tempi più lunghi, o necessitano di sorveglianza clinica, o le condizioni del paziente sono gravi (7 posti letto, degenza media di 4 giorni). I bambini ricoverati nello scorso anno, provenienti anche dalle città vicine, sono stati 260, tra cui 30 casi nuovi. Oltre al primario, vi lavorano 3 medici, 1 caposala, 9 infermiere professionali e 3 ausiliari socio-assistenziali. Dal gennaio '97, l'Emato-oncologia pediatrica ha dato vita a "Mille Voci", il giornale dell'Azienda Ospedaliera per i bambini ricoverati. La pubblicazione, a cadenza quadrimestrale, ospita lettere, disegni, componimenti, favole e messaggi vari, e si pone l'obiettivo "di dar voce alle mille e mille persone che lavorano nei reparti pediatrici e che in questi stessi reparti vengono a farsi curare o ad assistere i propri cari", si legge nell'editoriale del n. 0. La pagina WEB per consultare "Mille Voci" è www.rsadvnet.it/immaginario. E' possibile anche inviare materiale all'attenzione del dott. Giancarlo Izzi presso la redazione, all'indirizzo del reparto di Oncoematologia pediatrica dell'Azienda Ospedaliera di Parma, o tramite e-mail: maniparl@rsadvnet.it. UN VOLONTARIATO SU CUI POTER CONTARE
Le attività di volontariato, all'interno dell'Emato-oncologia pediatrica, fanno capo a due strutture. L'Associazione per i Giovani Oncoemopatici "Noi per Loro", sorta nell'84, con sede in viale Piacenza 6 a Parma (tel. 0521776424, fax 0521270441, e-mail: noiperloro@rsadvnet.it), s'impegna a migliorare la qualità della vita dei bambini malati, "intervenendo concretamente a sostegno dei piccoli pazienti e delle loro famiglie, migliorando l'assistenza ospedaliera, favorendo il reinserimento nella vita sociale e scolastica, contribuendo alla ricerca scientifica e alla formazione di personale medico e infermieristico, promuovendo rapporti di collaborazione con associazioni nazionali ed internazionali aventi analoghe finalità e sensibilizzando la società ai problemi dei bambini oncoemopatici", spiega la presidente, Fiorangela Laurini. Si può partecipare con una donazione o associarsi: versamento su c/c bancario n. 10516818, presso Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza - Ag. 10, oppure bollettino di c/c postale n. 10869436. La cooperativa sociale "Le Mani Parlanti", con sede in via Ruggero 3 a Parma (tel. 0521983700, fax 0521983766, e-mail: maniparl@rsadvnet.it) opera da più di cinque anni all'interno della Divisione di pediatria, "con attività di tipo ludico-espressivo e relazionale, attraverso il disegno, il modellaggio, pupazzi, burattini e l'ideazione, costruzione e rappresentazione di brevi spettacoli, realizzati dai bambini e dai ragazzi ricoverati", racconta lo psicomotricista Corrado Vecchi, che si è fatto portavoce dell'esperienza anche fuori dai confini regionali, iniziando a formare animatori volontari per le Pediatrie delle strutture ospedaliere di altre città d'Italia. Ecco tre degli ultimi progetti varati in Emato-oncologia pediatrica, per favorire un "ricovero a misura di bambino". Alla "Scuola in Ospedale", presente già da tempo con alcune maestre elementari del IV Circolo di Parma, si è pensato di aggiungere, nel '95, un gruppo di insegnanti della Scuola Media "G. Ferrari" per i ragazzi più grandi. Non solo. Da poco, è partito "Maometto - la Scuola a casa", un'iniziativa volta a seguire i giovani pazienti anche dopo il ricovero, qualora la malattia non permetta loro di uscire. A far superare al bambino il senso di esclusione in cui rischia di trovarsi, quando è costretto a rimanere in isolamento nella sua stanza d'ospedale, a causa delle basse difese immunologiche, pensa il progetto "Oltre i confini di una stanza", promosso da "Noi per Loro", che consente ai giovani degenti di mettersi in contatto con l'esterno, dagli altri pazienti agli amici della scuola di appartenenza, attraverso un sistema di apparecchi televisivi, telecamere e microfoni. "Giocamico", invece, partito lo scorso anno su iniziativa de "Le Mani Parlanti", mette a disposizione dei pazienti una quarantina di volontari (tutti i giorni, domenica compresa, mattina e pomeriggio) e un grande numero di proposte ricreative (animazioni, attività espressive, lettura e costruzione di storie e fiabe, ideazione e realizzazione di spettacoli di pupazzi e burattini) e di materiali (dai libri cartonati per l'età prescolare ai volumi per ragazzi, a tutto l'occorrente per pittura e modellaggio). Momenti di svago, utili per la socializzazione e l'arricchimento personale, che stimolano la mobilizzazione di quelle risorse ed energie necessarie a far fronte, nel modo migliore, agli stress dovuti alla dolorosa e destrutturante esperienza del tumore in età pediatrica. Un reparto così vicino ai desideri e ai bisogni dei piccoli degenti non poteva davvero resistere alla tentazione di creare un ambiente più accogliente ed allegro. Così, nel novembre del '98, è stata chiesta all'Azienda Ospedaliera di Parma l'autorizzazione per realizzare la nuova Emato-oncologia pediatrica che, grazie ai fondi interamente raccolti da "Noi per Loro" (quasi un miliardo), sorgerà al terzo piano del Padiglione pediatrico entro la fine dell'estate. Grazie alla collaborazione de "Le Mani Parlanti", è già stato avviato il progetto "Il reparto che vorrei", volto a definire, a partire dai bambini, e non dagli adulti, una serie d'indicazioni progettuali per la futura struttura. Le tre fasi in cui si articola mirano a far riflettere i piccoli utenti attraverso tecniche di carattere giocoso: un'indagine iniziale su "le cose che amo fare e dove amo farle" e su "i luoghi che mi fanno stare bene"; una fase intermedia, in cui i temi proposti sono "come trascorro la giornata in ospedale/come vorrei trascorrerla/come potrei trascorrerla" e "cosa mi piace di questo luogo/cosa non mi piace/cosa cambierebbe"; una fase successiva, in cui si analizzano "io e gli altri individui/medici, infermieri, parenti, amici, altri pazienti..." e "io e le mie percezioni/luce, colori, materiali, suoni, odori...". I vari parametri saranno poi organizzati in un unico blocco appunti e presentati all'arch. Francesca Moretti e ai tecnici, per essere tradotti nelle caratteristiche del nuovo reparto. Pur con tutta la tecnologia necessaria, le pareti saranno a trompe-l'oeil con immagini naturali in cui proiettare la fantasia, gli spazi luminosissimi, i mobili colorati e più simili a quelli di casa e... un'indiscrezione: le infermiere non indosseranno più il camice bianco. Piace di più un bel rosa confetto.
Torna ai risultati della ricerca
|