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Occhio ai nei

Alessandro Testori e Maddalena Spada, N. 7/8 luglio/agosto 2000

La pianificazione di programmi di screening per le neoplasie cutanee è legata all'esigenza di identificare un valido sistema di prevenzione secondaria. In passato alcuni programmi di screening hanno avuto un discreto successo in termini di aumentate diagnosi precoci di melanoma ma questo risultato si è mantenuto per periodi di tempo molto limitati; infatti, nonostante durante le varie campagne di sensibilizzazione sinora svolte, attraverso i giornali, la radio o la televisione, la percentuale di diagnosi precoce del melanoma aumentasse, una volta che i media terminavano di inviare messaggi informativi alla popolazione, questa percentuale tornava gradualmente ai precedenti valori. E' stato inoltre dimostrato che dopo periodi di tempo variabili, i messaggi dei media, ripetuti in modo eccessivo, perdono di efficacia e possono creare nella popolazione un effetto opposto a quello desiderato. Il principale obiettivo del progetto PREM (prevenzione melanoma) è quello di sperimentare un modello di screening radicalmente innovativo capace di raggiungere tutta la popolazione attraverso il normale rapporto con il Medico di Famiglia. Un programma di screening così pianificato permette anche di raggiungere un doppio risultato dal punto di vista organizzativo: evitare l'iniziale "affollamento" di valutazioni cliniche ambulatoriali non selezionate nella struttura specialistica e trasmettere un messaggio che si automantenga nel tempo. L'Istituto Europeo di Oncologia ha pianificato un progetto pilota basato sui seguenti presupposti:
1. informare la popolazione sull'importanza dell'autoesame della pelle.
2. delegare al medico di famiglia il ruolo di "primo filtro" dopo un adeguato corso formativo per il riconoscimento delle lesioni cutanee neoplastiche.
3. centralizzare in una struttura specializzata come l'Istituto Europeo di Oncologia (IEO) l'organizzazione, il data management e la valutazione specialistica di secondo livello, ma non lo screening in se stesso che viene eseguito dai medici di famiglia.
Il coinvolgimento attivo dei medici di famiglia è stato fin dall'inizio uno degli obiettivi sui quali l'IEO ha puntato allo scopo di migliorare la qualità del trattamento dei pazienti. Un rapporto diretto tra medico di famiglia e centro specialistico permette infatti sia di creare una continuità tra le fasi di ricovero e di dimissione, tale da rendere a misura d'uomo anche i trattamenti più complessi, sia di sensibilizzare il medico stesso su patologie altrimenti ritenute unicamente di pertinenza specialistica.
Le neoplasie cutanee sono un esempio di tale situazione: si tratta infatti di una patologia nella quale il contributo del medico di famiglia può rivelarsi fondamentale per modificare le attuali difficoltà a ottenere una diagnosi precoce. Il medico coinvolto direttamente in un programma di screening contribuisce in maniera attiva alla prevenzione, suggerendo ad esempio ai pazienti l'esame della cute anche quando gli si fossero rivolti per problemi clinici di altra natura. La partecipazione dei medici di famiglia, distribuiti in modo omogeneo sul territorio, permette ai pazienti una maggiore facilità di accesso al programma di prevenzione e il rapporto continuativo con gli assistiti permette la trasmissione di un messaggio alla portata di tutti che non dipenda dai mass media. Si viene quindi a creare un meccanismo di divulgazione in grado di automantenersi e di sensibilizzare un numero costante di persone allo screening. Il progetto PREM è caratterizzato inoltre dalla semplicità di esecuzione, in quanto il paziente si reca dal proprio medico che lo invia all'Istituto solo quando ritiene opportuno un consulto specialistico. Questo comporta un evidente guadagno in termini logistici per il paziente ma anche economico per il sistema sanitario nazionale.
Durante una prima fase di questo programma è stato organizzato un corso interattivo di formazione rivolto ad un gruppo di medici di famiglia durante il quale sono state proiettate una serie di diapositive di lesioni pigmentate della cute così da poter testare la capacità del medico di effettuare una diagnosi corretta. L'analisi dei risultati ottenuti ha dimostrato che un tale esercizio è in grado di migliorare l'accuratezza diagnostica sulle lesioni cutanee, tanto che durante i primi esercizi in assenza di una preparazione specialistica, questa si aggirava attorno al 50%, ottenendo un dato paragonabile a quanto riportato in letteratura. Dopo il corso formativo, la percentuale di diagnosi corrette è migliorata e ha raggiunto una media del 64% nell'ultimo test di proiezione di immagini. L'importanza di formare i medici di famiglia con un breve corso sulle neoplasie cutanee è sottolineata dal fatto che, sebbene la percentuale di miglioramento diagnostico si aggiri attorno al 10-15%, la valutazione si inserisce in un contesto più ampio di quello rappresentato dai semplici numeri enunciati e caratterizzata dallo stimolare l'attenzione del medico al riconoscimento di una lesione pigmentata sospetta che altrimenti potrebbe passare inosservata, non per incapacità assoluta a riconoscerla, ma, perché non essendo sintomatica, non viene segnalata dal paziente. Il medico sensibilizzato ricerca invece attivamente la presenza di eventuali lesioni pigmentate sospette.
Grazie ai fondi messi a disposizione dalla Fondazione per la Formazione Oncologica dalla con-tessa Panza di Biumo, che sono serviti all'attuazione del progetto PREM, dal 1 luglio '98 al 31 di-cembre '98 si è sviluppata la se-conda fase di questo programma di prevenzione. Per prima cosa sono stati contattati telefonicamente un centinaio di medici di famiglia che già collaboravano con l'IEO e sono stati invitati a partecipare ad un incontro organizzato dall'Istituto per la presentazione del progetto. Di questi, 67 hanno accettato di partecipare al programma impegnandosi ad esporre nella loro sala d'attesa un poster con delle immagini di lesioni pigmentate cutanee per richiamare l'attenzione dei pazienti e a consegnare loro una lettera appositamente preparata per invitarli a partecipare allo screening facendosi visitare la pelle dal loro medico.
Quindi, mediante un'accurata visita, i Medici di Famiglia hanno selezionato i pazienti da rivedere ogni anno o da inviare al centro specialistico per una valutazione di secondo livello.
I pazienti sono stati suddivisi in tre diversi gruppi di "rischio":
- persone senza nevi atipici per le quali è sufficiente un autoesame della cute ed un'eventuale successiva valutazione, da parte del medico di famiglia, suggerita solo se si verificasse una modificazione delle neoformazioni cutanee presenti.
- persone con molti nevi più o meno atipici che vanno ricontrollati annualmente;
- persone con 1 o più nevi sospetti e quindi da sottoporre ad intervento chirurgico per eseguire un esame istologico.
Per i pazienti giudicati meritevoli di una visita specialistica, l'Istituto Europeo di Oncologia ha attivato nel suddetto periodo un ambulatorio gratuito, denominato "prevenzione melanoma"(PREM), specificamente dedicato ai pazienti selezionati ed inviati dai medici di famiglia. L'ambulatorio PREM è stato attivato inizialmente con cadenza settimanale e poi ampliato in novembre con due agende settimanali per mantenere una lista d'attesa per una visita specialistica inferiore alle due settimane. I pazienti muniti di un apposito modulo di "richiesta consulto" compilato dal medico, nel quale venivano indicati i dati anamnestici e il sospetto diagnostico, sono stati visitati dal chirurgo specialista dei tumori cutanei dell'IEO e rinviati al curante con una lettera di risposta. Coloro che sono risultati meritevoli di asportazione di lesioni sospette sono stati inseriti nella lista d'attesa dell'Istituto e nella maggior parte già operati.
Su 67 medici che avevano aderito al progetto PREM, 40 hanno attivamente partecipato al progetto con un totale di 1277 pazienti visitati (786 femmine e 491 maschi) nei loro ambulatori. Di questi 1277, 166 pazienti sono stati inviati all'Istituto per una visita specialistica. Durante il programma PREM sono giunti in ambulatorio 110 femmine e 56 maschi con un'età compresa tra i 7 e gli 84 anni (età media 37 anni). Come verificatosi in altri programmi di screening eseguiti in precedenza e con diversi metodi anche in questo programma si è potuto osservare che il sesso femminile risponde più attivamente a questo genere di proposta. Nel 73% dei casi il sospetto diagnostico del medico di famiglia coincideva con la diagnosi formulata dallo specialista. Durante l'analisi dei dati è stato fatto anche un confronto tra la percentuale di diagnosi corrette dei medici che avevano frequentato il corso formativo e quella di coloro che non l'avevano seguito e ne è risultato che la differenza non è significativa. Non è infatti difficile per un medico, di fronte ad un'immagine proiettata di una lesione pigmentata sospetta, dire che tale lesione vada rimossa; la difficoltà maggiore consiste nello stimolare il processo diagnostico caratterizzato dalla ricerca attiva di una lesione atipica sulla cute dei pazienti. Quello che conta maggiormente non è infatti insegnare ai medici ciò che in parte già sanno, ma sensibilizzarli alla ricerca attiva di una patologia generalmente asintomatica ma di facile individuazione. In 21 pazienti su 166 è stata posta l'indicazione all'intervento di asportazione di una o più lesioni cutanee. In 14 pazienti è già stato eseguito l'intervento chirurgico. In 10 casi l'esame istologico ha documentato lesioni cutanee benigne; 5 pazienti su 166 sono risultati affetti da melanoma; una di queste pazienti è la moglie di uno dei medici di famiglia che hanno aderito al programma. Questo episodio è significativo in quanto rende ancor più concreto il concetto appena esposto. Da anni questa paziente presentava al dorso una lesione pigmentata di facile ispezione ma nel marito medico non si era mai attivato quel processo di sospetto diagnostico necessario per raggiungere la diagnosi. Solo quando il marito medico vide il manifesto dal titolo stimolante "occhio ai nei", attivò il processo diagnostico, e, quando portò la moglie nell'ambulatorio PREM era già consapevole che la lesione fosse estremamente sospetta. L'unica spiegazione ragionevole per comprendere cosa abbia impedito la diagnosi di un melanoma sito in una zona facilmente accessibile all'ispezione come il dorso non è legata alla negligenza o ignoranza del medico ma al fatto che tutto ciò che è asintomatico viene virtualmente lasciato in second'ordine nella scala delle problematiche da affrontare. Questo ed altri esempi similmente eclatanti rendono evidente l'utilità di programmare uno screening che abbia come "strumento" la sensibilizzazione del medico di famiglia al fine di diventare egli stesso il primo artefice di una diagnosi "semplice" solo se attivamente ricercata.
In 3 di questi 5 pazienti, sulla base dello spessore del melanoma, è stata posta l'indicazione anche alla biopsia del linfonodo sentinella, risultata fortunatamente negativa.

Il fototipo



Si deve a Fitzpatrick il merito di avere messo a punto uno schema per definire il "fototipo" in ogni individuo di qualsiasi razza umana. Il metodo si basa sul rilievo del comportamento della pelle in occasione dell'esposizione al sole e ciò permette di individuare, nell'ambito delle varie razze umane, sei fototipi.


1. Capelli biondo-rossi, occhi chiari, carnagione molto chiara con efelidi, estremamente sensibile, si scotta sempre al sole e non si abbronza.
2. Capelli biondi, castano-chiari, occhi chiari, carnagione chiara, spesso con efelidi, sensibile, reagisce quasi sempre a forti esposizioni e si abbronza leggermente.
3. E' il tipo più frequente: capelli castani, carnagione bruno-chiara, occhi chiari o scuri, reagisce a volte ai colpi di sole, abbronzatura pronunciata.
4. Capelli castano-scuro o neri, carnagione da olivastra a scura, occhi scuri, pelle poco sensibile, reagisce raramente ai colpi di sole e si abbronza sempre.
5. Capelli neri, carnagione bruno-olivastra che non reagisce al sole.
6. Capelli neri, carnagione nera, tipo razza negra.

Stare al sole senza problemi


Nonostante le campagne di informazione intese a sensibilizzare la popolazione sulla necessità di una diagnosi il più possibile precoce dei tumori, risulta che negli ultimi 10 anni, nella maggior parte dei paesi occidentali, l'incidenza dei tumori della pelle sia di gran lunga aumentata rispetto al passato. Per fare chiarezza sull'argomento abbiamo sentito il parere del professor Giacomo Rabbiosi, eminente dermatologo, direttore della Clinica dermatologica del Policlinico San Matteo di Pavia.Il numero dei carcinomi della cute, secondo la letteratura medico specialistica, risulta essere aumentato. Quali sono le cause?
Tra le neoplasie epidermiche maligne il carcinoma spinocellulare o epidermoidale e il carcinoma basocellulare hanno la più alta incidenza rispetto a tutti gli altri tipi di tumori. Un motivo dell'aumento dell'incidenza è l'allungamento della vita media della popolazione. Essendo soprattutto nei soggetti anziani che si osservano questi tumori, l'aumento del numero degli anziani comporta, inevitabilmente, l'osservazione di un maggior numero di casi di tumori. Un'altra causa è l'eccessiva esposizione alle radiazioni solari per ragioni professionali, ricreative e di latitudine. Nonostante le campagne sanitarie intese a informare sull'azione dei raggi ultravioletti come potenti induttori di displasie e tumori cutanei, è sempre molto diffusa l'abitudine di esporsi al sole per ottenere l'abbronzatura considerata espressione di buona salute, attrazione e successo. La frequenza del carcinoma spinocellulare (CaS) varia nelle differenti parti del mondo (gli UVB, la principale componente carcinogenica degli UV, tendono ad aumentare con la diminuzione della latitudine producendo una più alta incidenza di cancri cutanei indotti dal sole). Questo spiega perché l'Australia ha la più alta incidenza di carcinoma spinocellulare (250 per 100 mila con un aumento del 51 per cento negli ultimi 5 anni contro il 38 degli USA e il 35.8 del Regno Unito). Negli ultimi 5 anni si è registrata in Australia un aumento dell'incidenza del 50 per cento per il carcinoma spinocellulare e dell'11 per cento per il carcinoma basocellulare con un rapporto CaS/CaB di 4:1. Gli uomini sono colpiti due volte più delle donne.
Qual è la neoplasia maligna più frequente?
E' il carcinoma basocellulare che ha una malignità locale, può essere destruente, ma non dà metastasi. Il peggiore è il carcinoma spinocellulare perché può metastatizzare precocemente. La principale causa di morte sono le metastasi da CaS (carcinoma spinocellulare n.d.r.). La mortalità è dello 0.44/100.000 all'anno. Pochi muoiono per un carcinoma basocellulare.
La prognosi dipende dalla precocità della diagnosi?
Certamente. Se si eccettuano le localizzazioni alle mucose, orale o genitale, il CaS (carcinoma spinocellulare) è in genere preceduto da una lesione precancerosa. E' questa lesione che deve essere oggetto della nostra attenzione e prevenzione. Non solo è possibile, ma importante fare una diagnosi precoce. Innanzi tutto è necessario distinguere le lesioni benigne che spesso rappresentano solo un problema estetico, dalle lesioni maligne o alterazioni maligne che possono essere evidenziate durante le fasi incipienti dell'evoluzione e così essere trattate in fase premaligna e preinvasiva.
Cosa intende per tumore potenzialmente maligno?
Si intendono le lesioni precancerose cioè quelle lesioni che possono evolvere presto o tardi in un cancro invasivo. L'esempio tipico sono le cheratosi attiniche. Istologicamente le precancerosi possono essere considerate come carcinomi spinocellulari di bassissimo grado di malignità. Vi è un "continuum" tra displasia, carcinoma in situ e carcinoma invasivo della pelle (come per esempio per quello della cervice uterina). Lo sviluppo di un carcinoma in situ, cioè di un carcinoma che resta confinato all'epidermide occupandola anche a tutto spessore, si può osservare in alcune displasie cutanee come alcune cheratosi quali la cheratosi attinica, la cheratosi arsenicale che insorge su radiodermiti croniche e su cicatrici arrivando a costituire un quadro clinico definito come il morbo di Bowen e l'eritoplasia di Queyrat. Il carcinoma intraepidermico spesso rimane localizzato in seno all'epidermide per un lungo periodo di tempo, ma può, imprevedibilmente, superare la membrana basale e invadere il derma diventando un carcinoma invasivo.
Come si sviluppa una lesione precancerosa?
Una singola cellula basale (secondo la teoria proposta da Pinkus) subisce una trasformazione maligna. Da questa derivano, poi, altre cellule displastiche che daranno luogo alla lesione clinico-istologica caratteristica.
Che cos'è una displasia?
E' una lesione in cui l'epidermide è stata parzialmente o interamente rimpiazzata da cellule che mostrano caratteristiche neoplastiche. Quando il processo invade i tessuti adiacenti viene definito maligno invasivo.
Vi sono degli specifici fattori di rischio?
Il principale fattore di rischio, sia per lo spino che per il basocellulare è l'eccessiva esposizione al sole degli individui con pelle chiara e capelli biondi o rossi (fenotipo 2) più suscettibili alla luce solare. Più lunga e intensa è l'esposizione, più alto è il rischio per il carcinoma spinocellulare. In secondo luogo la latitudine in cui vive il soggetto (sempre in rapporto all'esposizione ai RUV) a seguire il traumatismo, le ulcere croniche, le cicatrici (specialmente le cicatrici da ustioni), i fattori virali (specialmente l'HPV, in particolare il tipo 6 e 11, è associato al tumore di Buscke-Lowenstein). Inoltre l'ambiente di lavoro per esposizione a raggi ionizzanti (raggi X e raggi gamma) e al calore irradiato. Il rischio di spinocellulare è tanto maggiore quanto più il carcinogeno è potente, il tempo di esposizione è elevato e inadeguate le misure di protezione. L'immunosoppressione cronica terapeutica predispone allo sviluppo di carcinomi cutanei. Il rischio aumenta col tempo ed è indipendente dal regime immunosoppressivo usato. Il rapporto basalioma/carcinoma spinocellulare si inverte nell'immunosoppresso passando da 4 : 1 (in condizione normale) a 1: 4. La ciclosporina e altri immunosoppressori, gli UV e altri stimoli carcinogenici quali infezioni da HPV (fattore virale n.d.r.) possono agire sinergicamente aumentando il potenziale carcinogenico in pazienti immunosoppressi compresi quelli con AIDS. La fotochemioterapia (PUVA) aumenta il rischio di sviluppare un CaS specialmente dopo una dose cumulativa di 2000 J/cmq. in modo particolare se somministrata ai genitali. Al contrario non esiste alcuna evidenza che gli UV usati per il trattamento della psoriasi aumentino il rischio di carcinoma spinocellulare. Infine anche preparazioni topiche con catrame potrebbero aumentare il rischio di sviluppare carcinoma anche se, secondo dati recenti, questo pericolo non è stato confermato.
Quali sono le sedi più frequentemente interessate?
Quelle più esposte al sole. Volto e dorso delle mani.
E quali le misure preventive?
Prima di tutto una fotoprotezione sia sistemica che locale oltre a misure generali di protezione. Alcuni farmaci sono stati proposti per il loro effetto fotoprotettore. Questi sono la vitamina A, C, E, l'acido ascorbico, l'indometacina, l'aspirina ed altri, ma il loro uso ha ottenuto un successo limitato per la fotoprotezione della pelle normale. Di maggiore utilità sono invece gli psoraleni, il betacarotene e gli antimalarici nel trattamento di dermatiti da fotosensibilità. Il solo approccio valido per ridurre l'incidenza dei carcinomi cutanei è la riduzione dell'esposizione agli UV, la protezione con abiti e cappello, l'uso di schermi solari per minimizzare le alterazioni di fotoinvecchiamento e di cancro cutaneo specialmente nei soggetti giovani.

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