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Il caso Angelina Jolie
Minnie Luongo, N. 6/7 giugno/luglio 2015
Dell’ultima decisione della trentanovenne Angelina Jolie – volontaria asportazione chirurgica delle ovaie e delle tube – si è detto, e si è scritto, tutto e il contrario di tutto. Autorevoli nomi della medicina hanno espresso la propria opinione, spesso in contrapposizione. Noi abbiamo voluto sentire il professor Giuseppe Opocher, Direttore scientifico dell'Istituto Oncologico Veneto IRCCS, approfittando dell’occasione per far conoscere un Istituto oncologico d’eccellenza ancora troppo poco conosciuto nel nostro Paese.
I fatti
I fatti sono oltremodo noti: l’attrice ha preso questa decisione (dopo aver fatto la stessa cosa con le mammelle due anni fa), in quanto portatrice di una mutazione a carico del gene BRCA1 che aumenta il rischio di tumori al seno e all’ovaio. Non c’è dubbio che, nell’arco della vita, le donne portatrici di una mutazione del gene BRCA1 abbiano un rischio di carcinoma all’ovaio superiore del 40 percento al normale. Questo è il dato scientifico. Quindi il ricorso all’intervento da parte della Jolie, da questo punto di vista, è senz’altro razionale.
Pertanto, l’intervento cui si è sottoposta Angelina Jolie è effettivamente indicato in presenza di una precisa mutazione genetica. Ma in altri casi non è una soluzione. Va chiarito quando può servire, perché e con quali conseguenze.
Le domande
Si può generalizzare e pensare che sia sempre consigliabile farsi asportare le ovaie per mettersi al riparo da questo tipo di cancro?
«A questa domanda, che è quella che tutti si fanno, non si può rispondere semplicemente sì o no in assoluto. Ci sono diverse cose da sapere e da tener presenti prima di arrivarci e ora vediamo quali.
Primo: occorre distinguere. Ricordiamo innanzi tutto che ricorrere a tale trattamento è razionale se si è portatori di una mutazione BRCA (come nel caso della Jolie). Che è poco frequente. Perciò, non si tratta certo di una misura valida per tutte le donne.
Secondo: la protezione non è totale. L’asportazione delle ovaie e delle salpingi non esclude in modo assoluto la possibilità che questi geni determinino un cancro. Resta comunque un 3-5% di rischio.
Terzo: insorgono altri rischi. Non avere più le ovaie comporta una menopausa indotta. Con tutte le conseguenze della menopausa, ossia: maggior rischio cardiovascolare (non meno grave di quello neoplastico) e osteoporotico, secchezza della pelle e vaginale, diminuzione della libido, disturbi dell'umore. Quarto: l'asportazione è un atto chirurgico. E qualunque intervento chirurgico, anche il più comune, comporta un minimo rischio operatorio. Dunque, prima di pensare alla possibilità di questo "intervento preventivo”, bisogna innanzitutto capire se esistono le condizioni per consigliano di sottoporsi al test su BRCA1 e BRCA2. È così quando all’interno della famiglia si riscontrano condizioni molto precise: e cioè se ci sono stati più parenti affetti da neoplasia ovarica o mammaria, specie se precoce. Dopo aver fatto il test, se questo rivela la mutazione, la paziente viene inserita in un preciso programma di sorveglianza, come quello attuato dalla nostra équipe multidisciplinare dell’Unità Tumori ereditari. Ciò prevede controlli annuali e, nelle pazienti ritenute idonee e di età superiore ai 40 anni, effettivamente anche la possibilità asportazione di ovaie e salpingi al fine di abbattere il rischio di una malattia aggressiva e raramente diagnosticabile in fase precoce con gli esami oggi a nostra disposizione. Quando viene fatta questa scelta, ovviamente, restano, dopo l’intervento, le conseguenze che abbiamo detto: la menopausa con tutti i problemi che comporta».
In conclusione, possiamo dire che Angelina Jolie ha fatto la cosa giusta?
«Possiamo dire che non ha fatto la cosa sbagliata, se com’è probabile è arrivata a questa decisione dopo che siano stati ponderati bene i pro e i contro. Ma per le donne che non hanno la stessa mutazione genetica, o non appartengono a famiglie ad alto rischio di tumore ovarico, farsi asportare le ovaie non ha senso. E per quelle portatrici di mutazioni BRCA1 e BRCA2 sottoporsi a questo intervento, è un’indicazione che va presa in considerazione caso per caso, dopo aver valutato bene età, situazione familiare e aver affrontato assieme con lo specialista le conseguenze legate a tale atto chirurgico».
Un nuovo ruolo per lo IOV
È recente la notizia che lo IOV partecipa a “Cancer-ID”, Consorzio europeo per la ricerca di nuovi marker per monitorare i tumori e l’efficacia delle terapie mediante analisi del sangue, anziché biopsia. In pratica, l’Istituto Oncologico Veneto avrà un ruolo chiave in un grande progetto di ricerca europeo che si svolgerà tra Italia, Germania e Olanda: individuare nuovi marker che, mediante un’analisi del sangue, permettano di monitorare la riduzione o meno dei tumori e quindi l’efficacia delle cure nei pazienti sotto terapia. Questo, infatti, l’obiettivo di Cancer-ID, un consorzio di ricerca sostenuto da IMI (Innovative Medicine Initiative: organismo pubblico e privato europeo per l’innovazione in medicina) e coordinato dall’University Medical Center di HamburgEppendorf (Germania), dall’Università di Twente (Olanda), da Bayer HealthCare e da Menarini Group.
Ruolo del team veneto in questa iniziativa: contribuire alla costruzione di un criterio condiviso per la definizione e dosaggio delle cosiddette cellule tumorali circolanti. Sarà un passaggio fondamentale per gli obbiettivi di Cancer-ID, e l’aver affidato questo compito allo IOV suona anche come un ulteriore riconoscimento internazionale all’eccellenza dell’attività di ricerca che viene svolta presso l’Istituto.
Nello specifico: il programma di ricerca di Cancer-ID mira a individuare e rendere utilizzabili nuovi marker basati su elementi circolanti nel sangue quali cellule tumorali (CTC) – di questo campo si occuperà lo IOV – Dna libero tumorale (cfDna) e microRna (miR-na). Questi marker dovrebbero principalmente permettere di:
- sostituire la biopsia, quando la massa tumorale non è accessibile;
- monitorare più facilmente l’efficacia delle terapie nei pazienti sotto trattamento e apportarvi rapidamente le opportune correzioni;
«I test basati sulla ricerca nel sangue di cellule tumorali e acidi nucleici sono una sorta di “biopsia liquida”, che consentirà di avere in tempo reale informazioni rilevanti per la diagnosi e la terapia del cancro. Il progetto Cancer-ID vuole colmare il divario tra la ricerca di base sui metodi per rilevare e caratterizzare le cellule tumorali e gli acidi nucleici circolanti e lo sviluppo di test affidabili in grado di introdurre questa biopsia liquida nella pratica clinica» dice il prof. Klaus Pantel responsabile del Dipartimento di Biologia dei tumori dalla University Medical Center Hamburg-Eppendorf.
IOV
Lo IOV è un Istituto Oncologico pubblico, della Regione Veneto, qualificato IRCCS, e che quindi svolge al suo interno sia attività clinica che di ricerca. Si occupa di numerose patologie tumorali, ma viene considerato un’eccellenza a livello nazionale soprattutto per i tumori del seno, i tumori cerebrali, i tumori ereditari, quelli dell’esofago, i melanomi e i sarcomi.
Alcuni numeri che possono descrivere lo IOV:
- 185 lavori scientifici pubblicati e 151 trials clinici attivi (nel 2013); > 598 000 prestazioni mediche e 33 000 giornate di degenza (nel 2014);
- Tre acceleratori lineari, 1 Pet-Tc, 2 Tc, 1 Rmn. > Personale: 571 unità tra dipendenti e non.
- 21 convegni con 829 partecipanti e 47 corsi con 1685 partecipanti organizzati internamente (nel 2013).
- Tre edifici, di cui due interamente occupati da laboratori e infrastrutture tecnologiche.
Rete Oncologica Veneta
Le attività dello IOV si estendono oltre i limiti fisici della sua sede: infatti, dal 2014, è anche il centro di coordinamento della Rete Oncologica Veneta (ROV), un network che comprende le strutture oncologiche della regione Veneto. Insomma è la “testa” di quello che potremmo chiamare un “Centro oncologico diffuso”. La Rete Oncologica Veneta è coordinata dal professor Pier Franco Conte.
Perché esiste la ROV? Questa rete in primo luogo serve a garantire a tutti i pazienti del Veneto – 212.751, stimati nel 2014 – un medesimo percorso diagnostico e terapeutico (il migliore e più aggiornato possibile), in tutte le sue sedi, anche le più periferiche. Inoltre, permette di disporre di un maggior numero di persone per la ricerca clinica. Infine, presenta altri vantaggi, come la centralizzazione delle preparazioni farmaceutiche personalizzate e una razionalizzazione dei costi. Direttore scientifico dello IOV è il professor Giuseppe Opocher.
Cancer-ID
È un consorzio europeo di nuova formazione finanziato dalla “Innovative Medicines Initiative” (IMI), con attualmente 33 partner provenienti da 13 Paesi. È costituito da ricercatori universitari e clinici, da piccole e medie imprese operanti nell’innovazione biomedica, da aziende farmaceutiche. Il progetto, per un valore di 14,5 milioni di euro è finanziato:
- per 8,2 milioni di euro da parte delle aziende private partecipanti al progetto
- per 6,3 milioni di euro da IMI;
- IMI, ovvero Innovative Medicine Initiative, è un organismo europea pubblico e privato finalizzato ad accelerare lo sviluppo di mezzi terapeutici migliori e più sicuri per i pazienti. Sostiene progetti di ricerca e promuove la creazione tra aziende e università di network, volto all’innovazione farmaceutica. IMI, inoltre, rappresenta un’iniziativa congiunta dell’Unione Europea e dell’Associazione dell’Industria Farmaceutica Europea Efpia.
Indirizzi utili
ISTITUTO ONCOLOGICO VENETO
Via Gattamelata 64, 35128 Padova
www.ioveneto.it/index.php
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