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Attacco al tumore: la ricerca non si fermaMonica Melotti, N. 6/7 giugno/luglio 2015 Uguali e pure differenti: parliamo dei tumori come di una tipologia sola, invece il “cancro” rappresenta tante diverse malattie. È vero, come base comune le neoplasie derivano dalla crescita incontrollata di cellule anormali, ma insorgono in diversi tessuti del corpo, ognuno dei quali ha le proprie caratteristiche specifiche. Per questo, negli ultimi anni, l’attacco al cancro si avvale di una strategia di accerchiamento, mirata a colpire non solo la cellula malata, ma anche le sue interazioni con gli altri tessuti. Gli Istituti di ricerca a carattere scientifico si muovono su quella lunghezza d’onda, uno dei più importanti in Italia è l’Istituto Nazionale dei Tumori (Int) di Milano, che lo scorso 15 aprile ha celebrato la “Giornata della ricerca ” per presentare le più recenti strategie di attacco al tumore: diagnosi precoce, nuovi farmaci e terapie personalizzate, emato-oncologia e genomica, trapianto di fegato, cura dei sarcomi, chirurgia ricostruttiva, sorveglianza attiva e oncologia pediatrica. “Prevenzione Tumori” era presente, ecco un report delle novità presentate. Dal tumore del fegato alla cura dei sarcomi La definizione di approcci innovativi, da affiancare alla chirurgia, è fondamentale anche nei sarcomi dei tessuti molli. In questo caso è fondamentale la collaborazione multidisciplinare per rispondere al meglio alle esigenze di cura del paziente. Un team dedicato e multidisciplinare composto da chirurghi, oncologi medici e radioterapisti, in grado di elaborare differenti strategie terapeutiche e far fronte alle molteplici manifestazioni della malattia, rappresenta un must per i Centri che si occupano dei sarcomi dei tessuti molli, patologie rare che possono originare da tutti i distretti corporei. Il dottor Alessandro Gronchi dell’Unità di Chirurgia dei Sarcomi ha portato avanti una ricerca che permette di studiare l’impatto della chirurgia insieme agli altri fattori patologici (dimensione del tumore, sottotipo istologico, grading di aggressività, profondità, sede di insorgenza) e biologici (vari marcatori di aggressività tumorale e/o di resistenza alle terapie). Gronchi è responsabile della gestione del database clinicoscientifico che contiene informazioni clinico-biologiche di più di 7.500 pazienti affetti da sarcomi dei tessuti molli e GIST (Tumore Stromale Gastrointestinale) trattati all’Istituto Nazionale Tumori negli ultimi 30 anni. L’Unità si occupa inoltre di implementare sistematicamente la banca tessuti sarcomi di INT, per supportare gli studi preclinici previsti in collaborazione con le Unità del Dipartimento Sperimentale e Medicina Molecolare. Nel 2014 all’INT sono stati effettuati 306 interventi chirurgici, in pazienti affetti da sarcoma, dei quali 220 resezioni di sarcomi localizzati negli arti o nelle pareti toraco-addominali e 83 resezioni di sarcomi addominali/retro peritoneali. Ricostruzioni maggiori estetiche/funzionali (inclusi trapianto di nervi e tendini) si sono rese necessarie in 40/220 pazienti affetti da sarcomi degli arti o delle pareti e resezioni multiviscerali/vascolari in 60/83 pazienti affetti da sarcomi addominali/retro peritoneali. Tumore al polmone, un esame del sangue anticipa la diagnosi e riduce i falsi positivi «Proprio la TAC spirale presenta, alcuni limiti nel riconoscimento della natura benigna o maligna dei noduli polmonari», spiega Giuseppina Calareso, medico radiologo dell’INT. «In particolare, la TAC ha scarso potere di differenziazione, con frequente riscontro di falsi positivi: quelle lesioni che sembrerebbero dubbie ( 25% del totale), ma in realtà non lo sono». Secondo i ricercatori, il nuovo test – del costo di circa 60,00 € – sarebbe in grado di abbattere circa l’ 80% di falsi positivi, fungendo da valido strumento di prevenzione e di diagnosi precoce, comportando allo stesso tempo una sensibile riduzione di pratiche invasive e di ulteriori esami radiologici sul paziente, nonché un evidente risparmio di risorse economiche e organizzative per il Sistema Sanitario. Un recente studio, pubblicato a dicembre 2014 su Cell Death and Disease, ha altresì dimostrato che i microRNA possono essere usati per le nuove terapie nel cancro polmonare. Infatti, il trattamento di cellule tumorali polmonari con il microRNA-660 inibisce lo sviluppo del tumore polmonare in vivo, ripristinando la funzione del gene p53 mediante l’eliminazione dell’ oncogene MDM2. La stretta relazione fra le caratteristiche genetiche del paziente e l’esito della terapia contro il cancro al polmone è un filone di ricerca ormai consolidato. Due ulteriori studi volti a valutare i fattori prognostici del tumore polmonare, hanno indicato che il profilo genetico individuale può avere un ruolo nella modulazione della sopravvivenza nei pazienti operati chirurgicamente per tumore polmonare. La sorveglianza attiva: conseguenze negative del cancro prostatico aggirare con il monitoraggio Per monitorare l’andamento dei tumori della prostata, la ricerca non si ferma. «Si tratta di distinguere con certezza i tumori indolenti da quelli aggressivi», spiega il dottor Riccardo Valdagni. «In primis, è necessario migliorare le capacità di distinguere le malattie indolenti da quelle evolutive e raffinare gli strumenti di monitoraggio della Sorveglianza Attiva rendendoli più precisi e meno invasivi. La risonanza magnetica multiparametrica sembra in grado di identificare con buona precisione i tumori potenzialmente aggressivi, limitare il ricorso a biopsie ripetute e permettere di mirare le biopsie sulle lesioni aggressive. C’è grande fermento scientifico nel campo dei biomarcatori in Sorveglianza Attiva, sostanze di varia natura dosabili nel materiale biologico, che potrebbero esser correlate all’aggressività del tumore. Questa linea di ricerca è uno dei punti di forza del Programma Prostata, che dispone del materiale raccolto nel tempo nei pazienti in Sorveglianza Attiva». Mieloma multiplo, la speranza nelle terapie mirate basate sull’evoluzione cellulare Nuovi farmaci e le terapie personalizzate La dottoressa Marina Chiara Garassino, invece, si è occupata prevalentemente di personalizzazione dei trattamenti nelle neoplasie toraciche. «Dal 2005, nel trattamento delle neoplasie toraciche non a piccole cellule, si è assistito, grazie al sequenziamento di tutto il genoma, a una grande rivoluzione», spiega la dottoressa Garassino. «Fino a quegli anni il tumore del polmone si divideva in tumore del polmone a piccole e non a piccole cellule. Negli anni seguenti, sono state identificate alterazioni genetiche (es. EGFR, ALK, ROS1, etc), per cui in linea teorica era possibile curare ogni paziente con il farmaco che curava la sua esatta alterazione genetica. Le lesioni genetiche individuate sono prevalentemente nei pazienti non fumatori, e per ora la scoperta ha dato la possibilità di curare il 15% dei pazienti con tumore del polmone. Per tutti gli altri, attualmente, è disponibile solo la chemioterapia. Con i dati su nivolumab, un immunoterapico anti PD-1, portato alla registrazione immediata da parte dell’FDA si segna virtualmente la fine della chemioterapia almeno per i pazienti con istologia squamocellulare, sostanzialmente fumatori. Tale studio, denominato CheckMate 017 ha dimostrato un quasi raddoppio della sopravvivenza di questi pazienti rispetto alla chemioterapia in seconda linea». Nell’ultimo anno, all’INT sono stati trattati un centinaio di pazienti con molecole sperimentali, e l’Unità Toracica si è affermata tra i Centri più attivi al mondo nelle sperimentazioni cliniche nel tumore del polmone. L’Unità vanta una notevole attività di ricerca anche sui timomi, patologia ancora misteriosa e rara (circa 130 nuovi casi all’anno), derivata dalle cellule epiteliali del timo, malattia rara della quale si conoscono solo le Associazioni, ancora poco comprese, con il disordine neuromuscolare chiamato Miastenia grave. La dottoressa Domenica Lorusso, infine, si è occupata dello studio dei tumori ovarici, sempre nell’ottica di una maggior efficacia della cura fondata sulla personalizzazione. «È stato compreso di recente che il cancro ovarico non è una malattia unica, ma rappresenta almeno 5 diversi tumori, caratterizzati da specifici percorsi molecolari, peculiarità cliniche e differenti risposte alla chemioterapia», spiega Lorusso. «La ricerca clinica, al contrario, aveva ritenuto per molti anni che un unico trattamento chemioterapico, e le sue diverse Associazioni fondate sulla combinazione Carboplatino – Paclitaxel, fosse la terapia che potesse andare bene per tutto. Alla luce delle nuove scoperte, nell’Unità di Ginecologia Oncologica sono stati condotti studi avanzati per identificare il trattamento giusto per il paziente». Negli ultimi anni l’Unità Operativa di Ginecologia Oncologica ha dato un contributo importante alla ricerca clinica nazionale e internazionale qualificandosi come uno tra i “best recruiter centers” nei protocolli di sviluppo di nuovi farmaci tra cui antiangiogenetici e parp inibitori. Inoltre il reparto è al centro del coordinamento di molti trial disegnati e ideati in istituto che coaugulano più di cento centri italiani nella realtà del gruppo MITO (Multicenter Italian Trialists in Ovarian Cancer) e diversi Centri internazionali afferenti all’ENGOT (European Network of Gynecology Oncology Trials). A questo riguardo sono stati ideati e verranno coordinati in Istituto studi accademici spontanei volti all’identificazione dei fattori genetici e molecolari predittivi della risposta al Bevacizumab nel trattamento del tumore ovarico, uno studio con la Temozolamide nel trattamento del carcinoma ovarico con metilazione del promotore di MGMT (in particolare i tumori mucinosi e a cellule chiare che peraltro sono tra i più chemio resistenti tra i tumori ovarici) e uno studio con un MEKInibitore in confronto alla chemioterapia nei tumori sierosi di basso grado. Anche la ricerca in campo chirurgico procede nella direzione della personalizzazione dell’approccio terapeutico: la mappatura dei linfonodi sentinella nelle pazienti con cancro dell’endometrio, associata a una particolare tecnica diagnostica basata sull’isteroscopia con indocianina, consente a molte pazienti di non subire la linfoadenectomia laddove i linfonodi non sono coinvolti dalla malattia. Negli stadi precoci dei tumori ginecologici, infine, all’Int si stanno sviluppando tecniche finalizzate non solo a migliorare la cura e le possibilità di guarigione delle pazienti, ma anche alla preservazione della qualità di vita e alla conservazione della fertilità. Quest’ultimo il caso dei tumori del collo dell’utero in stadio precoce, nei quali la salvaguardia della fertilità sta iniziando a essere garantita dalle nuove tecniche di conizzazione e linfoadenectomia laparoscopica. Un approccio ultra-conservativo è possibile anche nei casi di carcinoma dell’endometrio in stadio iniziale in donne giovani e desiderose di mantenere una vita riproduttiva. “Nuvole di ossigeno” per i tumori degli adolescenti « “Nuvole di ossigeno” è il titolo della canzone scritta e cantata dai nostri pazienti con la collaborazione dei musicisti di “Elio e le Storie Tese” », spiega il dottor Andrea Ferrari, oncologo pediatra, coordinatore del progetto Giovani «Per loro la musica diventa uno strumento per affrontare la realtà con uno sguardo diverso. Una forma di espressione per ragazzi speciali, che si trovano all’improvviso a dover affrontare una diagnosi difficile, e poi le cure e la paura di non avere un futuro. “Nuvole di ossigeno” è un mix di frasi, immagini, note, fuse insieme, inframmezzate ai suoni dell’ospedale, al rumore ritmico della pompa della chemioterapia e all’allarme delle infermiere. Per ricordare a tutto il mondo che la cosa più bella che si possa provare è la consapevolezza di avere un futuro ed esserne padrone». Raccontarsi attraverso la musica, ma anche con una collezione di moda, realizzata insieme alla stilista Gentucca Bini, o con un murales, dipinto insieme al writer Bros, progetti realizzati con l’aiuto della Fondazione Magica Cleme e con il fondamentale supporto dell’Associazione Bianca Garavaglia, prima sostenitrice da tanti anni dei progetti della Pediatria dell’Istituto. Il Progetto Giovani prevede però anche l’attenzione ad aspetti clinici essenziali. «I progetti dedicati a questi giovani pazienti sono fondamentali per migliorare le cure e le probabilità di guarigione – commenta Ferrari – avere a disposizione i protocolli clinici per tutti i tumori che possono insorgere in questa fascia di età, cercare strumenti innovativi per ridurre il ritardo diagnostico, ottimizzare l’assistenza psicosociale, le misure di preservazione della fertilità, i percorsi di follow-up nell’ingresso degli adolescenti nel mondo dell’adulto». Il Progetto Giovani rappresenta un modello da esportare, la base di partenza per un ambizioso Programma Nazionale organizzato dalla “SIAMO, Società Italiana Adolescenti con Malattie Onco–ematologiche”, fondata proprio dal dottor Ferrari, nato per affrontare in modo coordinato il problema della qualità della cura degli adolescenti ammalati di tumore. «Si tratta di pazienti che hanno minori possibilità di accedere ai Centri di eccellenza e ai protocolli clinici, e che alla fine hanno meno probabilità di guarire rispetto a un bambino con la stessa malattia – conclude Ferrari – ma insieme, oncologi pediatri e oncologi dell’adulto, psicologi, infermieri, società scientifiche, associazioni genitori, possiamo davvero cambiare il futuro di questi ragazzi». Indirizzi utili ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI – INT |