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Italiani senza tempo, 4 su 5 non sanno cosa sia il linfoma non-Hodgkin
Paola Sarno, N. 4 aprile 2015
Un terzo degli Italiani non ha mai tempo e più della metà ne vorrebbe di più per sé. Oggi il tempo è denaro ed è considerato come un vero “bene di lusso” : per avere 2 ore in più in una giornata gli Italiani rinuncerebbero a una bella automobile, a un gioiello o a uno smartphone di ultima generazione. L’ 86% dei cittadini del nostro Paese è, infatti, consapevole di come il tempo sia un “valore” da non sprecare, ancora più prezioso quando si ha un’esperienza diretta di una malattia seria, come per esempio un linfoma. È quanto è emerso dall’indagine “Italiani fuori tempo”, realizzata da GfK-Eurisko in occasione del lancio della campagna informativa itinerante “Ritorniamo al Futuro – Più tempo contro il linfoma”. Obiettivo della campagna è quello di aumentare la consapevolezza della popolazione sul linfoma non-Hodgkin, la forma più diffusa di linfoma che – secondo i dati 2014 di AIRC, AIOM e AIRTUM – colpisce ogni anno 386 mila persone nel mondo e più di 12 mila nel nostro Paese, e su quanto sia importante il tempo per le persone che si trovano a vivere con questa malattia. La campagna è stata significativamente promossa dall’Associazione Nazionale Banche del Tempo, con il supporto di Roche.
Spostare l’orologio di due ore indietro: un gesto simbolico
Le lancette degli orologi italiani potrebbero girare, anche solo per un momento, al contrario. La campagna “Ritorniamo al Futuro – Più tempo contro il linfoma” vuole infatti spostare indietro di due ore gli orologi, iniziando dallo storico orologio di Palazzo Giureconsulti a Milano, a due passi da Piazza del Duomo: questo, il gesto dal valore simbolico che caratterizza tutto il progetto e che intende sottolineare quanto sia prezioso il tempo. Un bene importante per tutti e che, quando si ha una malattia ematologica come un linfoma non-Hodgkin, finisce per incidere ancora di più sulla qualità di vita della persona, dal momento della diagnosi alla terapia. Dalla storia, la campagna si sposta poi sul web con la sfida fotografica #ritorniamoalfuturo, organizzata sul famoso social network Instagram per la condivisione delle immagini. In questo caso, gli Italiani sono invitati a rappresentare con una propria fotografia il valore del tempo e a rappresentare cosa significhino per loro 2 ore in più, semplicemente postando un proprio scatto e condividendolo in rete. La campagna vuole essere, dunque, un simbolico viaggio nel tempo per poi tornare tutti insieme al futuro con una nuova consapevolezza: il tempo è prezioso.
La banca del tempo, nata dalla consapevolezza del suo valore
Non euro, dollari o sterline, ma tempo a disposizione. Il tempo è forse oggi l’unica forma di democrazia assoluta: perché un’ora di consulenza informatica vale come un’ora ricevuta per pulire le verdure o per rammendare un vestito.
Il tempo è uguale per tutti. Proprio da questo principio e dalla consapevolezza del valore del tempo è nata la Banca del Tempo: un istituto di credito particolare dove i correntisti si scambiano attività pagando con la moneta-tempo. E sul sito www.associazionenazionalebdt.it è possibile scambiare 2 ore del proprio tempo per sostenere la campagna di informazione “Ritorniamo al Futuro”, contribuendo così a sensibilizzare gli Italiani sul linfoma non-Hodgkin e su come il tempo influisca direttamente sulla qualità di vita delle persone, ancor di più dei pazienti, ha dichiarato Marialuisa Petrucci, presidente dell’Associazione Nazionale Banche del Tempo.
Il linfoma non-Hodgkin: una malattia molto eterogenea
Come ha poi spiegato Maurizio Martelli, del Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia dell’Università “La Sapienza” di Roma, il linfoma non-Hodgkin è una malattia tumorale del sistema linfatico che si sviluppa per un’alterazione delle cellule linfocitarie contenute all’interno di organi come i linfonodi, la milza e il midollo osseo. Si tratta di una malattia molto eterogenea: sono stati infatti descritti numerosi tipi di linfoma non-Hodgkin, ognuno dei quali è caratterizzato da un diverso andamento clinico e prognostico. Pertanto, ha aggiunto, ci possono essere delle forme molto aggressive che devono essere trattate rapidamente ed altre forme più indolenti nelle quali il trattamento può anche essere posticipato. Infine, nei pazienti in trattamento chemioterapico non si deve dimenticare l’impatto che la malattia ha sul loro tempo quotidiano. Le persone sono infatti costrette a passare molto tempo in ospedale, con lunghe attese e infusioni di farmaci della durata anche di quattro-sei ore, con un significativo peggioramento della qualità di vita.
È necessario lo sviluppo di reti ematologiche in tutta la penisola
«Grazie al progresso terapeutico», ha commentato in seguito Enrica Morra, referente scientifico della Rete Ematologica Lombarda, «sono stati fatti enormi passi avanti negli ultimi 10-15 anni e oggi il linfoma non-Hodgkin è fortunatamente una malattia trattabile, con le possibilità di cura nelle forme più aggressive che hanno ormai raggiunto il 70-80% dei casi. È però importante non perdere tempo e garantire a tutte le persone, in ogni parte d’Italia, la possibilità di accedere con tempestività e in completa sicurezza alle moderne modalità di cura per le malattie del sangue, qualunque sia il grado di complessità terapeutica richiesto dalla patologia. In particolare, le terapie innovative includono sia farmaci che procedure di cura ad alta complessità. Per questo è fondamentale lo sviluppo delle Reti Ematologiche in tutto il Paese, seguendo l’esempio di quella lombarda, alla quale oggi afferiscono ben 106 strutture del settore pubblico e privato».
Informare correttamente ai tempi dei social network
Benché sia il tumore del sangue più diffuso, quattro italiani su cinque non hanno mai sentito parlare di linfoma non-Hodgkin. La popolazione del nostro Paese sembra, invece, avere più conoscenza sui linfomi in generale, con il 77% che dichiara di averne almeno sentito parlare. Eppure, solo un terzo di loro (il 31% ) li definisce esattamente, come una forma tumorale maligna del sangue. «È importante fare corretta informazione sul linfoma nonHodgkin, che risulta ancora poco conosciuto e addirittura ignorato da circa l’ 80% della popolazione. Come azienda fortemente impegnata nelle neoplasie ematologiche, Roche sostiene fortemente campagne volte ad aumentare la consapevolezza e la corretta informazione verso queste patologie», ha affermato, infine, Roberto Scalamogna, Therapeutic Area Leader Haematology di Roche S.p.A. «Con la campagna “Ritorniamo al Futuro – Più tempo contro il linfoma” abbiamo voluto, inoltre, sottolineare come il tempo sia un fattore cruciale sia per ottenere una prognosi favorevole, sia quando parliamo di qualità di vita dei pazienti. La ricerca e il progresso scientifico vanno, infatti, nella direzione di dare alle centinaia di migliaia di persone che nel mondo convivono con il linfoma non-Hodgkin più tempo di vita e di qualità».
“Italiani fuori tempo”: l’indagine GFK-Eurisko
Più della metà degli italiani ritiene di non avere mai abbastanza tempo e ben l’ 86% è consapevole di come il tempo sia oggi un valore da non sprecare, ancora più prezioso quando si ha un’esperienza diretta di una malattia seria, come il linfoma. È quanto è emerso dall’indagine “Italiani fuori tempo”, condotta da GfKEurisko per la campagna di informazione “Ritorniamo al futuro – Più tempo contro il linfoma” su un campione di mille italiani. Quanto valgono 2 ore di tempo? Per il 37% degli italiani il tempo viene prima di tutto. In un’ipotetica lista dei desideri tricolore, quindi, 2 ore di tempo vengono subito dopo un bel viaggio ( 41% ). E che cosa farebbero gli italiani con 2 ore in più al giorno? Si rilasserebbero in casa ( 29% ), si dedicherebbero ai propri hobby e alla famiglia ( 26% ), ma anche allo sport ( 19% ), al sonno ( 12% ) e perfino a lavorare di più ( 5% ).
Mancanza di tempo. L’insoddisfazione regna sovrana in materia di tempo a disposizione: 6 italiani su 10 ritengono di non averne abbastanza e un terzo dichiara addirittura di non avere mai tempo per sé, con la percentuale che sale al 43% nella fascia tra i 35 e i 44 anni. Oltre la metà degli intervistati vorrebbe più ore da dedicare alla famiglia, mentre il 36% vorrebbe tempo da dedicare al volontariato. Oggi, invece, il lavoro (che in media occupa 4,5 ore al giorno), la tv (3 ore) e la gestione della casa (2,5 ore) sono gli ambiti in cui i connazionali spendono di più il loro tempo. Il tempo non è uguale per tutti. Le mamme che lavorano sono, secondo il 40% degli italiani, la categoria che avrebbe più bisogno di tempo, seguite da chi convive con una malattia grave ( 37% ) e dagli anziani ( 10% ). Il tempo è però percepito come un valore ancor più prezioso da chi ha un’esperienza diretta di linfoma: il 41% ritiene che 2 ore in più in una giornata valgano più di qualsiasi bene materiale e il 47% pensa che, fra tutte le categorie, le persone con una malattia grave siano quelle che meritino di avere più tempo.
La conoscenza dei linfomi. Benché sia il tumore del sangue più diffuso, con 12 mila nuovi casi ogni anno solo nel nostro Paese, 4 italiani su 5 non hanno mai sentito parlare di linfoma nonHodgkin. Più familiarità hanno invece con i linfomi in generale e il 77% dichiara di averne sentito parlare. Ma solo un terzo li definisce correttamente come una forma tumorale maligna del sangue ( 31% ) ed è in grado di indicarne almeno un sintomo ( 33% ). Gli italiani, poi, sembrano non sapere che il linfoma è una malattia trattabile con ottimi risultati e 3 su 4 non sono a conoscenza dell’esistenza di terapie efficaci. La quasi totalità del campione ( 95% ) ritiene poi che il linfoma sia una malattia seria o molto seria e in un’ipotetica scala di gravità lo colloca prima del tumore al seno o alla prostata, della depressione e dell’Alzheimer, dietro solo al tumore al polmone e all’infarto.
Una malattia subdola, dalla diagnosi difficile
Martelli (Dipartimento Biotecnologie Cellulari ed Ematologia “La Sapienza”)
Professor Martelli, che cos’è il linfoma non-Hodgkin?
«Il linfoma non-Hodgkin è una malattia tumorale del sistema linfatico che si sviluppa per un’alterazione delle cellule linfocitarie contenute all’interno di organi del sistema linfatico come i linfonodi, la milza e il midollo osseo. Rispetto al linfoma di Hodgkin, l’altro tipo di tumore del sistema linfatico, il linfoma non-Hodgkin ha una diversa istologia. Queste due tipologie di tumore necessitano, dunque, di approcci clinici e terapeutici differenti. Il linfoma non-Hodgkin si caratterizza per la sua estrema eterogeneità: si contano infatti 45 tipologie diverse, mentre nel linfoma di Hodgkin si hanno quattro principali varianti. Il linfoma non-Hodgkin è una malattia subdola, con una diagnosi difficile. Nei casi in cui il sintomo principale, ossia l’ingrossamento dei linfonodi, è localizzato all’interno dell’addome o del torace, il suo riconoscimento è difficile e tardivo».
Quali sono i dati del linfoma non-Hodgkin?
«I numeri di questo tumore non sono da sottovalutare. Costituisce infatti il 3% di tutti i tumori maligni con circa 386 mila nuovi casi diagnosticati ogni anno in tutto il mondo e 93.500 in Europa. Rappresenta così la sesta neoplasia più diffusa nel mondo occidentale e la quinta nel Vecchio Continente. In Italia si calcolano circa 19 casi ogni 100 mila abitanti, con 12.800 nuovi pazienti nel 2014. Si tratta di numeri destinati a crescere: i trend sono infatti in aumento soprattutto nei pazienti anziani, da una parte per il progressivo invecchiamento della popolazione, dall’altra perché l’età media di insorgenza della malattia si colloca intorno ai 60-65 anni».
Professore, qual è lo scenario terapeutico del linfoma non-Hodgkin?
«Trattandosi di un tumore molto eterogeneo, anche il panorama terapeutico è molto vario: ciascun tipo di linfoma nonHodgkin necessita, infatti, di specifici approcci terapeutici. Le principali opzioni terapeutiche sono la radioterapia, la chemioterapia, gli anticorpi monoclonali e in alcuni casi selezionati anche il trapianto di midollo osseo. Attualmente il trattamento principale per il linfoma non-Hodgkin è rappresentato dall’immunochemioterapia, cioè l’associazione fra chemioterapia e anticorpi monoclonali, in particolare con l’anticorpo anti CD20 Rituximab. Il linfoma non-Hodgkin è oggi una malattia estremamente curabile: la possibilità di cura nelle forme più aggressive è ormai intorno al 70/80% dei casi e la terapia con anticorpi monoclonali ha contribuito a migliorare la percentuale di guarigione in almeno il 20% dei casi».
Il tempo riveste un ruolo importante nel linfoma nonHodgkin. In che modo?
«Il rapporto del linfoma non-Hodgkin con il tempo ha molti aspetti da considerare. In alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin, ad esempio, lo sviluppo della malattia può essere molto veloce. In questi casi ci troviamo di fronte a un tipo di tumore tra i più aggressivi conosciuti. Nel paziente sottoposto a terapie non ci dobbiamo dimenticare l’impatto che la malattia ha sul suo tempo quotidiano. Le persone sono infatti costrette a passare molto tempo in ospedale con lunghe attese ed infusioni di farmaci, con un significativo peggioramento della qualità di vita».
Reti ematologiche a garanzia di diagnosi e terapie omogenee
Morra (Rete Ematologica Lombarda)
Il linfoma non-Hodgkin è il principale tumore ematologico per frequenza, il sesto nel mondo occidentale ed il quinto in Europa. Si colloca subito dopo i cosiddetti tumori big killer, come i tumori del seno, della prostata, del polmone, del colon-retto. Il linfoma non-Hodgkin è caratterizzato da un incremento di incidenza negli ultimi decenni e oggi in Italia si stima che in un anno vengano diagnosticati circa 6.900 nuovi casi tra gli uomini e 5.900 tra le donne. Nel nostro Paese, in termini di prevalenza, vi sono circa 47.500 uomini e 47.800 donne trattati per questa malattia.
Quale è il percorso che una persona con sospetto linfoma non-Hodgkin dovrebbe seguire?
Quando una persona nota un significativo ingrossamento di uno o più linfonodi che persiste nel tempo – sintomo frequente nel linfoma non-Hodgkin – dovrebbe farsi vedere dal proprio medico. È infatti il medico di medicina generale che in questa prima fase deve guidare il percorso ed indirizzare il paziente. Dopo i primi esami di screening (esami del sangue, radiografia del torace, ecografia dell’addome ed eventualmente TAC con mezzo di contrasto), il paziente dovrebbe essere visto presso il centro ematologico di riferimento. Qui lo specialista provvederà a far eseguire gli esami di secondo livello, tra cui l’esame principe è la biopsia di un linfonodo per l’esame istologico, e poi la biopsia osteomidollare e la TC-PET. Ciò consentirà di definire in modo preciso il sottotipo istologico del linfoma e di verificare l’estensione della malattia (stadio). Da questi due dati essenziali dipenderà tipo e intensità delle cure. La collaborazione tra il medico di medicina generale ed il centro ematologico è indispensabile poiché consente tempi di diagnosi brevi, evitando indagini non essenziali. È importante seguire un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) specifico. Il PDTA contiene infatti una serie di raccomandazioni che consentono agli operatori sanitari di fornire ai pazienti, in modo omogeneo, diagnosi tempestive e terapie efficaci. Ciò è garantito dal coinvolgimento di specialisti di varie discipline esperti di linfoma: ematologo, radiologo, anatomopatologo, medico nucleare.
Che ruolo hanno e quanto possono incidere le Reti Ematologiche nel “guadagno” di tempo dei pazienti?
Le Reti Ematologiche sono una delle più alte espressioni dell’organizzazione del Ssr. La rete garantisce livelli di alta specializzazione in campo diagnostico e terapeutico omogeneamente su tutto il territorio regionale.
La Rete Ematologica Lombarda (REL) ha tra i propri obiettivi la tempestività e l’accuratezza delle diagnosi attraverso il coinvolgimento coordinato degli specialisti. La REL, ad esempio, ha tra i propri indicatori di efficienza la misura del tempo che intercorre tra il riconoscimento dei primi sintomi, la diagnosi e l’accesso ospedaliero per il trattamento. Per il successo delle cure è infatti fondamentale una precisa diagnosi istologica, una accurata procedura di stadiazione ed il rispetto dei tempi del trattamento. La terapia dei linfomi prevede infatti la somministrazione ciclica di farmaci, con precisi intervalli tra un ciclo e l’altro.
Banca del tempo, chance di reciprocità nella “società liquida”
“Le città non sono solo scambi di merci: sono scambi di gesti, parole, emozioni, memorie, tempo, saperi”. Così scriveva Italo Calvino, con lo stesso spirito con cui sono sorte le Banche del Tempo negli anni’90, sull’esempio della prima in assoluto nata a Sant’Arcangelo di Romagna nel 1995 su iniziativa di un sindaco donna. La Banca del Tempo è un istituto di credito speciale dove i correntisti si scambiano attività pagando con la moneta-tempo, che può contribuire a migliorare la vita della gente, risolvendone i piccoli problemi del quotidiano, alleviando la fatica di tempi convulsi e soprattutto offrendo l’opportunità di ritagliarsi spazi e tempi per sé. Le persone scambiandosi il tempo in questo modo possono costruire relazioni sociali e reti di respiro alle famiglie, contribuendo a far crescere condizioni di ben-essere nei luoghi che si abitano e costituendo quelle reti leggere e aperte che ben si adattano a quella che il sociologo Zygmunt Bauman ha definito “società liquida”. Un altro aspetto che caratterizza la Banca del Tempo è l’economia relazionale, che si contrappone a quella, esclusivamente utilitaristica, legata al mercato. Come si partecipa alla vita della Banca? Andando in uno sportello e depositando le attività che si vogliono donare e quelle che si vogliono ricevere. All’atto dell’iscrizione si riceve una tessera e un libretto di assegni che saranno utilizzati per “pagare” le prestazioni in base al tempo impiegato. Il principio che guida l’attività della Banca è che un’ora ha lo stesso valore, qualunque sia l’attività scambiata: un’ora di consulenza informatica vale quindi come un’ora ricevuta per pulire la casa. Rispetto al volontariato la Banca del Tempo si contraddistingue da scambi che avvengono su una base di reciprocità: tutte le persone senza distinzione di colore, censo, lingua, appartenenza religiosa o politica, età sono uguali e tutte possono contribuire al benessere collettivo, avendo cura gli uni degli altri, attraverso forme di auto-organizzazione. Sulla base di “fraternité”, che è il vero paesaggio morale dei cittadini attivi. Oggi si contano, in tutta Italia circa 450 Banche del Tempo. Info: www.associazionenazionalebdt.it.
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