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Tumori rari

Cristina Mazzantini, N. 4 aprile 2015

Ogni anno, in Italia, si diagnosticano oltre 70mila tumori rari, circa il 20% del totale delle neoplasie (365.500 nel 2014). Sono spesso difficili da individuare e da trattare. Alcuni, infatti, sono asintomatici oppure i sintomi sono attribuiti a tumori più frequenti. Per questo il paziente può arrivare tardi alla diagnosi, quando si è già sottoposto a diverse visite ed esami clinici, con ricadute negative sulle possibilità di sopravvivenza. Per migliorare le conoscenze su queste patologie, è nata IART, “Italian Association Rare Tumors”, la prima associazione in Italia che ha come interesse principale tutti i tumori rari solidi dell’adulto, ed è presieduta dal prof. Fernando Cirillo, chirurgo oncologo agli Istituti Ospitalieri di Cremona.
Ricordiamo che l’obiettivo fondamentale di IART è la formazione dei medici. « Fare cultura in questo settore di nicchia », spiega il prof. Cirillo, « significa colmare un preoccupante vuoto di risorse e di contenuti, vista l’offerta ancora scarsa delle nostre Università che, anche dopo le più recenti riforme, hanno per molti versi accantonato la didattica dedicata a questi tumori. Gli aggiornamenti devono quindi passare attraverso canali diversi. Vogliamo creare un’offerta formativa, didattica ed educazionale strutturata, organizzata e continua. La nostra Associazione riconosce il valore della Scuola e abbiamo scelto la didattica come forma di aiuto indiretto al paziente. Una sfida non semplice, ma possibile ». La formazione e l’aggiornamento teorico-pratico promossi dall’associazione saranno indirizzati soprattutto a medici, specialisti di settore, personale sanitario e studenti universitari. Tra i tumori rari più noti vi sono i sarcomi, i tumori stromali gastrointestinali e quelli neuroendocrini.

« Mancano i riferimenti per capire cosa siano queste malattie e sapere a chi rivolgersi: anzi, ci sono », continua ancora il prof Cirillo. « Ma non è così semplice trovarli. Internet non sempre aiuta, troppo spesso la navigazione conduce a siti non certificati. Il medico di famiglia talvolta non è preparato su questi temi, oppure il paziente ricorre al “fai da te”, che però implica il prezzo salato di lunghi tempi di attesa e di uno spreco di risorse. Quante volte abbiamo accolto nei nostri ambulatori pazienti spaventati, confusi e stanchi di cercare una soluzione, ma ancora pieni di speranza? La nostra Associazione è costituita da un gruppo di esperti uniti dalla convinzione comune che la formazione nelle patologie di nicchia, come nel caso dei tumori rari, sia fondamentale per fornire informazioni essenziali per la loro gestione. La dimensione culturale non va sottovalutata: è necessario far crescere l’abitudine a individuare queste patologie per poterle curare precocemente ». In base al tipo di tumore, i trattamenti vanno dalla chemioterapia e radioterapia alla chirurgia fino alle terapie target con farmaci biologici. Purtroppo l’impatto sociale di queste malattie è notevole per il costo troppo elevato. Solo alcune terapie sono garantite dal Sistema Sanitario Nazionale. Non tutti i trattamenti infatti prevedono farmaci rimborsabili e vi sono disparità territoriali fra le diverse Regioni. « Ho voluto lanciare questa sfida », conclude il prof. Cirillo, « dopo anni di lavoro in questo settore, convinto che sia possibile soddisfare i bisogni del paziente solo dopo aver acquisito quegli strumenti che chiamiamo “expertise”, esperienza che implica lavoro, sacrificio e passione ».

La situazione può cambiare e sta cambiando infatti una nuova metodica messa a punto da Arc – Net facilita la diagnosi dei tumori rari.
Di che si tratta? Lo studio comporta il sequenziare contemporaneamente 50 geni da una piccola porzione di tessuto proveniente dalla biopsia o prelevato durante l’intervento chirurgico. Una rivoluzione nella diagnostica dei tumori rari resa possibile dal lavoro del team del Centro di ricerca sul cancro Arc-Net dell’università di Verona guidato da Aldo Scarpa, direttore del dipartimento di Patologia e Diagnostica di ateneo. Sino ad oggi era, infatti, possibile ottenere la sequenza di Dna di un solo frammento di gene alla volta, ma era impensabile riuscire a sequenziare un gene per intero.

I risultati del lavoro dal titolo “La diagnosi istopatologica di nuova generazione: una lezione dallo studio di un tumore raro (carcinosarcoma del fegato)” sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Oncology il giornale ufficiale della Società Americana di Oncologia Clinica, rivista di riferimento sia per i ricercatori che per gli oncologi medici impegnati nella cura dei tumori. Lo studio è consultabile anche su www.pubmed.com oppure sul sito www.jco.ascopubs.org. La nuova metodica è stata utilizzata nello studio di un tumore raro del fegato, il carcinosarcoma, di cui si è potuto stabilire con certezza l’assetto molecolare sia della cellula progenitrice che delle diverse sottopopolazioni di cellule variamente differenziate che compongono il tumore esaminato. Questa caratterizzazione molecolare ha permesso di individuare le mutazioni di geni per i quali esistono già farmaci in grado di bloccarne l’attività. « Il lavoro», spiega il prof. Scarpa, «dimostra la potenzialità diagnostica delle nuove metodiche di sequenziamento del Dna nell’identificazione del complesso di mutazioni geniche presenti in un tumore, ai fini della caratterizzazione molecolare di ogni singolo tumore. Un importante passo in avanti che guarda alla personalizzazione delle terapie attraverso l’impiego di farmaci mirati a bloccare le molecole alterate nello specifico cancro di ciascuna persona. Solo leggendo l’insieme delle mutazioni del codice genetico insite nelle cellule tumorali, infatti, potremo sfruttare al meglio i farmaci bersagli o». In conclusione ricordiamo che la metodica messa a punto dal gruppo coordinato da Scarpa getta le basi per un passo avanti decisivo proprio in questo senso.

Italia: tumori rari in cifre
In Italia 68mila persone l’anno, il 20% del totale delle nuove diagnosi di cancro, si ammalano di un tumore raro. È quanto emerge dai dati presentati da Annalisa Trama, epidemiologa dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, durante il congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo) a Madrid.

Secondo le cifre raccolte attraverso il progetto RareCarenet dell’Unione Europea nel vecchio continente ogni anno ci sono 58mila nuove diagnosi di tumori rari, quelli cioè che colpiscono meno di 6 abitanti ogni 100mila l’anno e che sono circa 190, mentre a vivere con una di queste patologie, che vanno dai sarcomi a molte neoplasie della testa e del collo, sono 4,3 milioni di persone. La prima difficoltà a cui i pazienti vanno incontro, ha spiegato Trama, è la scarsa centralizzazione delle cure. «Da un’indagine che abbiamo fatto sui sarcomi, che vanno sempre operati, abbiamo visto che ancora troppe strutture in Europa fanno da 1 a 4 interventi l’anno, e questo va a discapito della qualità delle cure. Anche se il volume di interventi può essere fuorviante come criterio è necessaria una maggiore centralizzazione attraverso strutture specializzate».

Un altro problema che hanno i pazienti, è emerso da diverse testimonianze durante la sessione del Congresso, è la carenza di informazione, con le poche disponibili che sono soprattutto in inglese, anche se internet rimane l’arma principale in mano ai pazienti. «Internet ha salvato la mia vita, permettendomi di trovare altre persone con il mio tumore e medici esperti in grado di curarmi – ha raccontato Hans Keulen, che dirige un’Associazione olandese di pazienti di cordoma. Quasi tutte le informazioni sono però in inglese, che in media in Europa parla il 50% delle persone, mentre le altre hanno grandi difficoltà».

Trovato un nuovo anticorpo per trattare il sarcoma di Ewing
Ci sono buone notizie. Si tratta di un primo passo per una nuova terapia diretta contro le cellule tumorali del sarcoma di Ewing, tumore raro altamente maligno che colpisce prevalentemente bambini e ragazzi. A condurre la ricerca la dott.ssa Katia Scotlandi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, responsabile del CRS Sviluppo di Terapie Biomolecolari. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research, porta all’attenzione della comunità scientifica un nuovo anticorpo umano diretto contro la molecola CD99 e identifica i meccanismi molecolari che sono alla base della sua funzionalità fornendo il razionale per la sua futura applicazione nel trattamento dei pazienti con sarcoma di Ewing. È un importante passo avanti nella lotta contro questo tumore, raggiunto anche grazie ad AIRC (Associazione Italiana di Ricerca sul Cancro), che da anni sostiene la lotta al sarcoma di Ewing anche attraverso il finanziamento dell’attività di ricerca della dott.ssa Scotlandi; fondamentale inoltre il supporto dell’azienda Diatheva, che ha seguito le ricerche per lo sviluppo industriale di un potenziale nuovo farmaco, e del Tecnopolo dell’Emilia-Romagna, che ha contribuito alla creazione del Dipartimento Rizzoli-RIT e dato il necessario sostegno logistico alla ricerca in oggetto. Nelle cellule del sarcoma di Ewing, la molecola di superficie CD99, è particolarmente elevata e considerata un buon marcatore diagnostico. Lo studio mostra che il legame di questa molecola con l’anticorpo umano C7 avvia un processo che in determinate condizioni porta alla “degradazione” della molecola MDM2. Questa degradazione attiva la via di segnalazione mediata da p53, noto guardiano del genoma umano, e provoca la morte delle cellule tumorali. L’azione antitumorale dell’anticorpo viene potenziata quando lo si combina con farmaci convenzionali (ad esempio la doxorubicina). Fondamentale per l’efficacia di questo trattamento è la presenza di alti livelli della molecola di espressione CD99 e dell’oncogene del sarcoma di Ewing. Questo ultimo aspetto è importante per prevedere un effetto specifico sul tumore, con effetti tossici sistemici potenzialmente limitati.

Nuove cure per le malattie rare
Anno record, il 2014, per le registrazioni di farmaci per la cura di malattie rare. La European Medicines Agency ha dato infatti il via libera all’autorizzazione all’immissione in commercio di 17 trattamenti per malattie rare, pari a circa il 20% del totale degli 82 farmaci che hanno ottenuto parere positivo. Si tratta del più alto numero di farmaci orfani raccomandati in un anno dall’agenzia regolatoria europea. Secondo quanto riporta una nota Ansa, non è comunque l’unico risultato eccezionale raggiunto lo scorso anno, molto felice dal punto di vista dei nuovi farmaci: è stato infatti registrato che il più alto numero di autorizzazioni alla commercializzazione, 82, superando il già ragguardevole risultato del 2013 (79) e quello del 2012 (57). Per quanto riguarda i farmaci orfani, nel 2014, in particolare, l’Ema ha raccomandato il primo trattamento per la distrofia muscolare e il primo per la protoporfina eritropoietica, oltre a quattro nuovi antitumorali per il trattamento di tumori rari. Risultati positivi anche dal punto di vista dell’innovazione, visto che il numero di medicinali contenenti nuove sostanze attive continua ad aumentare. Un farmaco su due tra quelli approvati, sia orfani che non orfani, contiene una sostanza che non è mai stata utilizzata precedentemente.

Tra le altre novità, il 2014 è stato segnato anche dal parere positivo su una terapia avanzata a base di cellule staminali, Holoclar, trattamento indicato, negli adulti, per il deficit di cellule staminali limbali, patologia rara che può evolvere in cecità. Buoni risultati anche oltreoceano. La Food and Drug Administration ha dato il via libera a 41 nuovi farmaci, di cui quasi il 40% per le malattie rare, dato record per gli Usa. Nel 2013 erano stati solo 29, 24 in media negli ultimi anni. Risultati che si spera siano di auspicio anche per il futuro, visto l’alto numero di patologie rare ancora in attesa di una cura.

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