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Fibroma uterino, l’alternativa al bisturi c’è

Stefania Bortolotti, N. 4 aprile 2015

Novità nell’approccio terapeutico a questa patologia. Un nuovo farmaco, maneggevole e rapido nel controllo dei sintomi, migliora la qualità di vita delle donne che potranno così curarsi più facilmente.

Sanguinamento mestruale abbondante e dolore addominale, ma anche sofferenza durante i rapporti sessuali, anemia, ansia e depressione che affliggono principalmente donne giovani in età fertile e nel pieno dell’attività lavorativa, condizionandone in maniera significativa la quotidianità e i progetti di vita: questo è l’identikit del fibroma uterino, il più diffuso tumore benigno dell’apparato riproduttivo femminile, che interessa 1 donna su 4 in età fertile, 24 milioni di donne in Europa, più di 3 milioni in Italia, con un’incidenza fino al 30/40% nella fascia d’età 40-49 anni. Non solo i sintomi, ma anche l’approccio terapeutico, fino ad oggi principalmente chirurgico, anche a causa dell’assenza di una terapia medica soddisfacente, impatta fortemente sulla salute e sulla sfera emotiva della donna. Uno scenario che però è destinato a cambiare grazie alla disponibilità, anche in Italia, di Ulipristal acetato 5mg, il primo trattamento orale per la terapia pre-chirurgica dei fibromi uterini, approvato in Europa nel 2012 è già ampiamente utilizzato nella maggior parte dei Paesi europei. L’azienda produttrice del farmaco è la Gedeon Richter, che lo ha commercializzato con il nome di Esmya®.

« I fibromi uterini – afferma Nicoletta Biglia, Professore Associato di Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Torino – sono tumori benigni che si sviluppano nella muscolatura liscia dell’utero, associati a fattori genetici e ad un’alterazione dell’equilibrio ormonale. Presentano nel 50% dei casi sintomi anche molto impattanti sulla salute e sul benessere psico-fisico della donna: flussi molto abbondanti e perdite tra un ciclo e l’altro, anemia, dolore pelvico cronico e senso di compressione, rapporti sessuali dolorosi, aumentata frequenza delle minzioni e incontinenza urinaria. Sintomi che variano in base al numero, alla localizzazione e alle dimensioni dei fibromi, in media sotto i 5 cm, ma che possono superare anche i 15-20 cm., dando la sensazione di un addome rigonfio come se la donna fosse incinta. I fibromi possono essere anche associati a rischi in gravidanza e compromissione della fertilità ».

Secondo quanto dichiarato dalle stesse donne in una survey condotta su una popolazione di 21.479 donne in 8 Paesi, tra cui l’Italia, nel 54% dei casi i sintomi causano un peggioramento significativo della qualità di vita che interessa, in particolare, la vita sessuale ( 43% ), la performance lavorativa ( 28% ) e le relazioni interpersonali ( 27% ), oltre a provocare sensazioni di disorientamento, paura di dover rinunciare alla maternità e ansia per l’eventuale decisione di togliere l’utero.

« L’utero – precisa Rossella Nappi, Professore Associato Clinica Ostetrica e Ginecologica Policlinico San Matteo Università degli Studi di Pavia – rappresenta nella mente della donna quella culla primordiale della riproduzione e della fertilità che, se colpita da una malattia, crea disagio e sofferenza, anche più delle patologie della mammella. A ciò va aggiunto lo stress per via dei sintomi, in modo particolare, il sanguinamento abbondante e l’anemia ad esso correlata, che interferiscono nella vita di tutti i giorni, dalle uscite ai viaggi, al non poter praticare sport, al doversi assentare dal lavoro. È stato stimato che circa 1/3 dell’assenteismo delle donne tra i 40 e i 49 anni sia legato proprio ai disturbi del ciclo. Ci sono inoltre forti ricadute sulla sessualità e sul desiderio di maternità, oggi più di ieri dal momento che le donne arrivano alla gravidanza più tardi, anche dopo i 40 anni. Per questo motivo ben vengano le nuove terapie come Ulipristal acetato, che possono contribuire a migliorare la salute e preservare l’integrità della donna ».

Ulipristal acetato 5 mg. appartiene a una nuova classe di molecole, i Modulatori Selettivi del Recettore del Progesterone (SPRMs), che si è dimostrata in grado di controllare il sanguinamento molto rapidamente, già entro una settimana dalla somministrazione, in oltre il 90% delle donne, così come pure di ridurre il volume dei fibromi e dell’utero, con un miglior profilo di tollerabilità rispetto agli agonisti del GnRH che rappresentano i farmaci finora utilizzati per il trattamento medico dei fibromi.

« Il rapido controllo del flusso consente di normalizzare in tempi brevi i livelli di emoglobina e quindi di combattere l’anemia che rappresenta un profondo induttore di depressione per la donna, in quanto toglie la vitalità psicologica, genera la fatica fisica, correla fortemente al calo del desiderio », puntualizza Nappi.

« I benefici per la donna – sostiene Antonio Maiorana, Dirigente medico dell’Ospedale Civico di Palermo – sono notevoli non solo per il rapido controllo dei sintomi, ma anche per la mancanza di effetti collaterali. Ulipristal acetato, infatti, diversamente dagli analoghi del GnRH, non induce uno stato pseudo-menopausale e quindi scongiura la comparsa di disturbi quali vampate, secchezza vaginale, perdita della libido, osteoporosi precoce, particolarmente fastidiosi soprattutto in considerazione della giovane età delle pazienti, con un’età media alla diagnosi di 34 anni. La terapia con Ulipristal acetato è inoltre maneggevole, trattandosi di una terapia orale, ed ha il notevole vantaggio di poter essere ripetuta nel tempo. Ciò consente di allungare il periodo in cui la donna è libera da sintomi e di diminuire le dimensioni del fibroma, con maggiori possibilità di evitare l’intervento chirurgico – che non sempre può essere conservativo, ma in molti casi è demolitivo – oppure di programmare nel tempo l’intervento per consentire, ad esempio, una gravidanza ».

Grazie alla disponibilità di Ulipristal acetato, sarà possibile cambiare la tendenza all’ampio ricorso alla chirurgia e in modo particolare a quella demolitiva. In Italia, infatti, il 30% di tutta la chirurgia ginecologica e i 2/3 delle isterectomie sono effettuate per i fibromi uterini, rappresentando anche una delle principali cause di spesa sanitaria in campo ginecologico.

« Preparare un utero alla chirurgia o evitarla completamente, grazie al trattamento con Ulipristal acetato, è un bene per il benessere della donna e per i conti dello Stato. Questo perché consente di ridurre i costi associati all’intervento chirurgico, che in alcuni casi non è uno soltanto, i costi per complicanze derivanti dall’operazione, così come pure i costi sociali della malattia, principalmente rappresentati dalla perdita di produttività », conclude Maiorana.

Overview sui fibromi uterini
INTERVISTA A: Nicoletta Biglia – Professoressa Associato di Ginecologia e Ostetricia

Professoressa, fibroma e mioma sono la stessa cosa? Qual è l’incidenza dei fibromi uterini in Italia e nel resto d’Europa?
«Fibromi e miomi, così come pure leiomiomi, indicano la stessa cosa ossia tumori benigni dell’utero che originano dal tessuto muscolare liscio e connettivale uterino. Si calcola che il 25% delle donne in età fertile abbia dei fibromi sintomatici, tuttavia facendo un esame istologico degli uteri asportati si arriva a riscontrare dei piccoli miomi fino al 70% della popolazione. Il rischio di fibroma è correlato all’età della donna: cresce fino all’età della menopausa e poi inizia a ridursi. La fascia d’età più interessata è quella tra i 30 e i 45 anni. Nelle donne fra i 40 e i 49 anni, l’incidenza sale al 30/40%, considerando tutti i fibromi, anche quelli di dimensioni di pochi millimetri, clinicamente non rilevanti, che vengono casualmente diagnosticati attraverso un’ecografia. Le differenze di incidenza non sono tanto tra i Paesi europei quanto tra le popolazioni caucasiche e le popolazioni afroamericane. In queste ultime, infatti, l’incidenza è di 2-3 volte più alta, fondamentalmente per fattori di natura genetica».

Qual è il ruolo degli ormoni nella formazione dei fibromi uterini? Quali sono gli altri fattori di rischio nella formazione di fibromi uterini?
«Innanzitutto va detto che non è possibile prevenire l’insorgenza dei fibromi uterini. Quanto ai fattori che incidono sulla loro formazione, la maggioranza dei fibromi sembra essere determinata da fattori genetici. Sicuramente anche gli ormoni – gli steroidi sessuali, quindi estrogeni e il progesterone – hanno un ruolo importante nella formazione dei fibromi, tant’è che essi tendono a progredire nella fase fertile della vita, quindi sotto stimolazione ormonale, e invece a regredire dopo la menopausa, cessando l’effetto stimolate ormonale. Oltre agli ormoni vanno tenuti in considerazione i fattori di crescita, come ad esempio il fattore di crescita insulino simile (Ndr: IGF-1 insuline-like growth factor), a loro volta correlati a fattori ormonali. Si sta cercando di capire se anche altri fattori come la dieta o l’obesità possano avere un’influenza sulla formazione dei fibromi; probabilmente è così perché anche questi fattori agiscono prevalentemente mediante un meccanismo ormonale. La donna obesa ha infatti un quadro ormonale diverso da a una donna longilinea, con ipertensione associata ad obesità e diabete. Diversi studi hanno cercato di correlare l’alimentazione con la crescita dei fibromi, ma non hanno dato risultati particolarmente significativi. C’è qualche lavoro che mette in correlazione una dieta ricca di grassi e povera in fibre con un aumento del rischio di sviluppare fibromi e in generale malattie correlate agli ormoni».

Secondo lei, quante possibilità ci sono che un fibroma si trasformi in un tumore maligno?
«La possibilità che il fibroma si trasformi in tumore maligno (sarcoma) è un evento rarissimo. I sarcomi sono tumori poco frequenti e tendono ad interessare una fascia di età più avanzata. Dal punto di vista cellulare e di geni, il fibroma e il sarcoma sono due cose completamente diverse, quindi è molto difficile che un fibroma si trasformi in un sarcoma. Quello che può invece succedere è che un sarcoma sulle prime venga scambiato per un fibroma, perché l’aspetto iniziale e la sintomatologia sono piuttosto simili. I due tumori hanno però caratteristiche di crescita diverse, i sarcomi danno sintomi decisamente più importanti».

Quali sono le caratteristiche principali dei fibromi uterini?
«I fibromi uterini possono avere dimensioni molto variabili che incidono sulla possibilità di poterli identificare facilmente, sia da parte delle pazienti che da parte del medico alla sola visita ginecologica. Nella maggioranza dei casi si tratta di formazioni al di sotto dei 5 cm., ma che in alcuni casi possono arrivare fino a 15-20 cm. In questi casi, molto rari, la donna presenta un addome gonfio come se fosse incinta. Io stessa ho operato donne che sembravano al termine di una gravidanza, con fibromi che pesavano più di 10 chili. Se le cause non sono ben note, la sintomatologia lo è. Soltanto una quota di fibromi sono sintomatici, circa la metà non lo è e viene diagnosticata occasionalmente, a seguito di un’ecografia o di un esame istologico. In presenza di sintomi, essi variano in base al numero e alle dimensioni dei fibromi e soprattutto alla loro localizzazione. A tal proposito, possiamo avere miomi con localizzazione prevalentemente esterna all’utero – sottosierosi – che in genere sono asintomatici, intramurali, cioè con crescita nello spessore del miometrio, oppure con sviluppo prevalentemente verso la cavità endometriale – sottomucosi – che sono quelli che più frequentemente danno sintomi. I sintomi principali sono innanzitutto alterazioni del ciclo con flussi molto abbondanti o perdite tra un ciclo e l’altro (causa principale che conduce la donna dal medico). Inoltre, se i fibromi sono molto grandi, possono produrre un senso di compressione e, a seconda dello sviluppo, possono ad esempio comprimere verso la vescica oppure verso il retto. I fibromi possono anche causare rapporti dolorosi, dolore pelvico cronico e dare mestruazioni particolarmente dolorose. Non va poi tralasciato il fatto che ci sono donne che hanno flussi così abbondanti, frequenti o prolungati, che soffrono di un’anemizzazione secondaria importante e in questi casi la terapia è volta non tanto a eliminare il fibroma quanto prima di tutto a correggere lo stato di anemizzazione. Il nuovo trattamento a base di Ulipristal acetato, ha ad esempio proprio questa funzione di fermare il flusso e fare in modo che i livelli di emoglobina tornino alla normalità abbastanza rapidamente. Il sanguinamento abbondante è senz’altro il sintomo più evidente. Ciò si verifica quando si superano gli 80 ml di sangue persi con un flusso normale, ovvero quando la donna necessità di cambiare più di 6-10 assorbenti in una sola giornata e si riscontrano abbondanti coaguli di sangue».

Può spiegare come avviene la diagnosi dei fibromi uterini?
«La diagnosi del fibroma dipende sostanzialmente da come questo si sviluppa. Un fibroma di piccole dimensioni in genere non dà problemi, quindi la diagnosi non ha rilevanza sul trattamento che va fatto comunque soltanto in caso di sintomi. Se invece il fibroma è voluminoso, è possibile rilevarlo con una normale visita ginecologica. Magari potrebbe essere più complesso individuare il fibroma con una semplice palpazione dell’utero nel caso di una paziente molto grassa. L’ecografia è l’esame di routine per diagnosticare i fibromi di dimensioni standard e ormai quasi tutte le visite ginecologiche si accompagnano ad un’ecografia».

Professoressa, qual è il rapporto tra fibromi uterini, infertilità e gravidanza?
« È abbastanza assodato in letteratura che i fibromi che possono avere il maggior impatto sulla fertilità sono i fibromi sottomucosi, cioè quelli che tendono a crescere all’interno della cavità uterina, proprio dove l’embrione deve impiantarsi, rendendo quindi l’impianto difficoltoso e provocando infertilità o aborti. I fibromi sottosierosi e intramurali pare non abbiano alcun impatto particolare sulla fertilità. Va da se che se la donna ha tanti fibromi e di grosse dimensioni, difficilmente il suo utero potrà avere una gravidanza normale. Oggi si tende a consigliare l’asportazione dei fibromi che modificano la cavità endometriale, cioè quella che deve ospitare l’embrione, quindi i fibromi sottomucosi o quelli intramurali che hanno una crescita che tende a deformare la cavità endometriale. Per quanto riguarda il rapporto tra fibromi e gravidanza, circa il 10% delle donne gravide ha fibromi, anche tenendo conto che ci stiamo spostando sempre più avanti nell’età alla gravidanza (38-40 anni). Sicuramente i fibromi sono correlati ad una più elevata incidenza di parto prematuro, a mal posizionamenti della placenta con sanguinamenti dopo il parto, a difficoltà nel distacco della placenta e ad un aumento di incidenza di parto pretermine e di necessità di espletare il parto con taglio cesareo ».

Nicoletta Biglia
Università di Torino – Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Corso Dogliotti, 14 – 10126 Torino
Tel. 011.5082682
nicoletta.biglia@unito.it

Approccio terapeutico ai fibromi uterini e impatto economico
INTERVISTA A: Antonio Maiorana – Ginecologo, Dirigente Medico Ospedale Civico di Palermo

Dottore, qual è l’obiettivo del trattamento dei fibromi uterini e da cosa dipende la scelta dell’approccio terapeutico, medico o chirurgico?
«Il fibroma uterino è una patologia benigna e il suo trattamento è legato al controllo dei sintomi. Il ginecologo decide discrezionalmente a seconda del quadro clinico, ovviamente in accordo con la donna. Il punto di vista delle pazienti è importantissimo. Fino a qualche anno fa noi medici quando toglievamo l’utero a una paziente di 40 anni, avevamo a che fare con una donna che aveva già terminato il suo percorso riproduttivo. Oggi invece, anche oltre i 40 anni, la donna può essere ancora alla ricerca di una prima gravidanza. Sicuramente non mancano i casi in cui è la donna stessa che, esasperata da mestruazioni eccessivamente abbondanti, chiede la rimozione dell’utero, anche se poi molto frequentemente si pente di questa scelta a distanza di anni. Ma in linea di massima l’idea di non fare l’intervento chirurgico interessa moltissime donne. In Italia e nel mondo l’atteggiamento predominante è l’approccio chirurgico. In assenza di una terapia medica, la chirurgia è stata l’unica strada praticabile. Come in ogni cosa, l’abitudine diventa una consuetudine e quindi quando un ginecologo vede un fibroma uterino sintomatico poche volte pensa alla terapia medica come prima scelta. Fino ad oggi la terapia chirurgica ha rappresentato il gold standard, proprio perché il medico aveva a disposizione terapie mediche off-label, cioè adattate al trattamento dei fibromi uterini. Mi riferisco alla pillola contraccettiva e ai progestinici, indicati per altre esigenze mediche, ma indirettamente utilizzati allo scopo di lenire i sintomi collegati ai fibromi, in particolar modo il sanguinamento eccessivo. Anche se con risultati spesso discutibili proprio perché si tratta di “farmaci adattati”. L’unico farmaco ad oggi espressamente indicato per il trattamento pre-chirurgico dei fibromi uterini è l’analogo del GnRH. Nella quasi totalità dei casi, alla terapia segue l’intervento chirurgico».

Perché Ulipristal (UPA) acetato rappresenta una terapia medica innovativa per la salute e il benessere della donna? Quali sono i principali vantaggi rispetto agli analoghi del GnRH?
«Innanzitutto la terapia con Ulipristal acetato è maneggevole e semplice per le pazienti trattandosi di una terapia orale. I principali vantaggi del trattamento con Ulipristal acetato sono rappresentati dal riuscire a bloccare subito la mestruazione e a ridurre il volume del fibroma, gestendo il periodo pre-chirurgico in maniera eccellente. Un obiettivo molto importante per la salute della donna è la possibilità di una terapia intermittente (on-off) che allunghi il periodo in cui la donna è libera da sintomi, diminuisca le dimensioni del fibroma ed eviti l’intervento chirurgico che non sempre può essere conservativo, ma in molti casi è demolitivo. In una donna con più di 45 anni quasi sempre l’intervento è un’isterectomia, con tutti i problemi di salute, ma anche psicologici e di impatto sociale che ne derivano. Grazie alla disponibilità di Ulipristal acetato sarà possibile cambiare la tendenza dell’ampio ricorso alla chirurgia, perché abbiamo un farmaco che in futuro potrà curare a lungo termine il fibroma uterino. Ciò necessiterà la realizzazione di nuove linee guida, di nuovi protocolli di comportamento clinico da parte delle società scientifiche. L’analogo del GnRH è un farmaco completamente diverso da UPA, in quanto mette la donna in pseudo-menopausa, con tutti gli effetti collaterali che ne possono derivare e che hanno un impatto molto violento soprattutto se la donna è giovane: vampate di calore, secchezza vaginale, calo del desiderio, frequenza minzionale, osteoporosi precoce. Motivi per cui la terapia con GnRH non può durare per molto tempo ed è riservata al momento pre-chirurgico. Ulipristal acetato, invece, può andare benissimo nel trattamento pre-chirurgico, ma si candida in futuro anche al trattamento a lungo termine. L’altra grande differenza rispetto all’analogo del GnRH riguarda la riduzione dei tempi del sanguinamento. Quest’ultimo ha il cosiddetto effetto flare-up, ossia nel periodo iniziale del trattamento – i primi 10-15 giorni – il farmaco non solo non funziona, ma addirittura produce l’effetto opposto con la conseguenza che la donna sanguina ancora di più. Ulipristal acetato, invece, ha un tempo di azione che è estremamente più rapido, già entro il 7° giorno dall’inizio del trattamento, la maggioranza delle pazienti entra in amenorrea. Ulipristal acetato è approvato per un uso intermittente di 2 cicli, ossia 3 mesi di trattamento, seguiti da almeno due mestruazioni di pausa, e poi ulteriori 3 mesi di trattamento. Dagli studi scientifici su Ulipristal acetato, nello specifico lo studio PEARL III, è inoltre emerso che il trattamento intermittente, quando prolungato è sicuro per la paziente e ancora più efficace. Quindi la prospettiva che si apre è interessante perché partiamo da un farmaco che può essere utilizzato per la terapia pre-chirurgia e arriviamo a un farmaco che potrà essere utilizzato nella terapia a lungo termine ed evitare la chirurgia. Ulipristal acetato non ha controindicazioni in senso assoluto».

Dottore, quale potrà essere l’impatto di Ulipristal acetato sulla spesa sanitaria?
«Per dare questa risposta dovremo aspettare l’implementazione dell’utilizzo del farmaco. Tuttavia se consideriamo l’elevata efficacia e l’ottima tollerabilità, il trattamento con UPA risulta vantaggioso anche dal punto di vista dei costi rispetto alle altre terapie disponibili. Se ipotizziamo poi il trattamento a lungo termine e quindi la possibilità di evitare l’intervento, sicuramente ci potremo aspettare una ulteriore riduzione dei costi. Questo perché i costi associati all’intervento chirurgico non sono di poco conto: costi legati all’intervento, che in alcuni casi non è uno soltanto, costi derivanti dalle pazienti con complicanze o per esempio dalle pazienti che hanno prolasso in seguito all’asportazione dell’utero, costi sociali come la perdita di giorni di lavoro. Quindi con Ulipristal acetato si apre l’interessantissima prospettiva non solo di usare la molecola in trattamenti prolungati anche per mesi o anni, in modo da allontanare il più possibile se non evitare la chirurgia, ma di realizzare un contenimento dei costi per il Sistema Sanitario Nazionale».

Antonio Maiorana – Ginecologo
Dirigente Medico Ospedale Civico di Palermo
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia
Piazza Nicola Leotta, 4 – 90127 Palermo –
Tel. 091.6662564
maioran@alice.it

I vantaggi della molecola
Da poco in Italia, ma usato da anni in Europa e nel mondo, oggi è disponibile un farmaco, primo di una nuova classe chiamata “Modulatori selettivi del recettore del progesterone”. Si chiama Ulipristal acetato (Upa, il nome della molecola), che non ha controindicazioni e contrasta l’azione degli ormoni sui tessuti coinvolti.

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