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Le malattie endocrino-metaboliche

Stefania Bortolotti, N. 12 dicembre 2014

Le malattie endocrine, metaboliche, ipofisarie, tiroidee, il diabete e l’osteoporosi, sono in continuo aumento. Questo è dovuto sia all’invecchiamento della popolazione, sia agli stili di vita spesso non corretti. Ma, anche, ad una migliore capacità diagnostica. In questo scenario, la ricerca farmacologica continua a dare vita a nuovi farmaci sempre più efficaci che permettono un approccio sempre più personalizzato.
Al CUEM (Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo) i massimi esperti nazionali ed internazionali hanno discusso delle nuove terapie per la cura di gravi patologie ipofisarie, come la malattia di Cushing e l’acromegalia. È stato approfondito il ruolo della vitamina D nella cura delle malattie scheletriche e dei suoi effetti extra scheletrici. Si è parlato delle nuove terapie del cancro della tiroide, la cui diagnosi è in continuo aumento, del diabete mellito e dell’osteoporosi.
«Il Meeting, alla sua terza edizione, conferma il ruolo di Brescia quale Centro di riferimento dell’Endocrinologia e del metabolismo a livello nazionale – sottolinea il Professor Andrea Giustina, presidente del CUEM insieme al Professor Ezio Ghigo e Professore ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Brescia -. Si tratta di un riconoscimento per la città e per il Centro di eccellenza che l’Università e l’Ospedale hanno saputo creare». Il CUEM ha confermato che l’endocrinologia e le malattie metaboliche rappresentano oggi un campo di vivacissima attività clinica e di ricerca, nonché un importante ed assai gravoso problema sul piano socio-economico. La formazione e l’aggiornamento di specialisti in grado di gestire al meglio il paziente endocrino-metabolico, sia sul piano diagnostico sia terapeutico, rappresenta quindi un nodo centrale per il Servizio Sanitario Nazionale ed una sfida per l’Accademia.

Cushing
La malattia di Cushing è causata da un tumore nell’ipofisi che secerne quantità eccessive di un ormone chiamato ormone adrenocorticotropo o ACTH. Fortunatamente, questo tipo di tumore, è in genere benigno. A differenza dei tumori cancerosi (maligni), un tumore benigno rimane nella sua posizione originale e non si diffonde.

Come un tumore ipofisario causa la malattia di Cushing
L’ACTH è un ormone prodotto nell’ipofisi. L’ACTH viaggia verso le ghiandole surrenali per trasmettere il segnale di produrre cortisolo.

  • Il tumore cresce all’interno dell’ipofisi e produce quantità eccessive di ACTH L’ACTH viaggia attraverso il sangue fino alle ghiandole surrenali, situate sopra i reni.
  • Le ghiandole surrenali rilasciano quantità eccessive di cortisolo, che viaggia in tutto il corpo.
  • L’elevato livello di cortisolo si accumula nel tempo e causa i segni ed i sintomi della sindrome di Cushing (fisici, emotivi, cognitivi).

Se una persona ha la malattia di Cushing, significa che un gruppo di cellule anomale si è accumulato nell’ipofisi a formare un tumore ipofisario che produce ACTH. Queste cellule anomale producono ACTH, proprio come le cellule normali dell’ipofisi, ma ne producono troppo. L’ACTH in eccesso viaggia fino alle ghiandole surrenali. Le ghiandole surrenali sono poi bombardate da segnali per produrre sempre più cortisolo. Come risultato, le ghiandole surrenali secernono continuamente troppo cortisolo.

Intervista al professor Andrea Giustina
Direttore della Cattedra di Endocrinologia dell’Università di Brescia

Mani e piedi troppo grandi. Se l’ormone della crescita esagera

Professor Giustina, cos’è l’acromegalia e perché suscita tanto interesse nel mondo scientifico?
«L’acromegalia è una malattia causata da un adenoma (tumore benigno) dell’ipofisi importantissima ghiandola endocrina posta alla base del cranio che produce in un soggetto adulto eccessive quantità di ormone della crescita (GH). L’acromegalia è una malattia piuttosto rara (tre-quattro nuovi casi per milione di abitanti l’anno) anche se in un Centro di riferimento come il nostro a Brescia l’incidenza appare raddoppiata se non triplicata in quanto a noi si rivolgono persone da molte parti d’Italia. Tuttavia, nonostante la sua relativa rarità la malattia è assai rilevante perché troppo GH in un soggetto che ha completato la sua fase di crescita porta ad alterare i lineamenti del viso (tanto che si possono attribuire a questa malattia le fattezze di molti personaggi della storia lontana come l’imperatore romano Gaio Giulio Vero Massimino, detto Massimino il Trace ed il faraone dell’antico Egitto Akhenaton o della storia recente come l’attore Rondo Hatton ed il famosissimo campione di wrestling Andre the Giant) ma anche ad ingrandire organi interni come il cuore ed a complicanze quali ipertensione arteriosa, diabete mellito ed osteoporosi. Purtroppo la modificazione delle fattezze esteriori è così subdola che né il paziente né i suoi familiari stretti si accorgono precocemente dell’instaurarsi della malattia. Tanto è vero che chi si accorge del cambiamento di aspetto è spesso il classico “zio d’America” che non vede il parente da tanti anni. Si stima che nonostante il grande risalto dato alla malattia nel mondo clinico e scientifico (consideriamo che il primo lavoro di questo gruppo di consenso pubblicato nel 2000 è oggi arrivato a quasi 600 citazioni nella letteratura internazionale) vi sia ancora un ritardo diagnostico tra gli otto e i dieci anni che va assolutamente ridotto in quanto durante questo lasso di tempo si assiste spesso alla crescita dell’adenoma (che infatti alla diagnosi si presenta spesso come “macroadenoma” cioè superiore ad un centimetro come diametro massimo e quindi asportabile con più difficoltà dal neurochirurgo) ed all’instaurarsi delle complicanze della malattia che non sempre sono completamente reversibili anche quando il paziente viene curato alla perfezione. Strategica per una diagnosi precoce, che tra l’altro si basa su semplici dosaggi ormonali, è la collaborazione tra lo specialista endocrinologo ed il medico di famiglia tanto che recenti studi effettuati in Belgio basandosi su specifici programmi di formazione ed informazione hanno dimostrato che l’incidenza dell’acromegalia è in realtà molto superiore a quanto atteso».

Qual è il significato del lavoro recentemente pubblicato nell’ambito della terapia dell’acromegalia?
«Curare il paziente con acromegalia non è sempre facile anche per il ritardo diagnostico ed è uno sforzo che richiede la presenza di plurime competenze all’interno della stessa equipe come il neurochirurgo che è la prima opzione di terapia, il laboratorio che fornisca dati ormonali altamente affidabili, il neuro radiologo, il radioterapista, il patologo e l’endocrinologo. Brescia è diventata un centro di riferimento internazionale per questa patologia perché da un lato può schierare in tutti questi ambiti alta professionalità e grande affiatamento e, dall’altro, negli ultimi 25 anni si è caratterizzata per un intenso lavoro di ricerca fisiopatologica, diagnostica e terapeutica che ha portato risultati innovativi per la gestione della malattia e delle sue complicanze. Purtroppo, non sempre il chirurgo riesce a guarire la malattia e questo negli ultimi 25 anni ci ha “costretti” a ricercare nuove terapie mediche che possano completare l’opera del chirurgo quando utilizzate nei pazienti dopo un intervento non curativo oppure facilitare l’opera del chirurgo se usate prima dell’intervento (dati anche della ricerca bresciana hanno dimostrato come gli analoghi della somatostatina, i principali farmaci oggi utilizzati per la terapia dell’acromegalia siano in grado spesso di ridurre anche in modo rilevante le dimensioni dell’adenoma) o addirittura portare a guarigione il paziente in casi particolari senza l’utilizzo di altre terapie. Proprio perché la materia è così importante sono nate dalla ricerca scientifica a cui ha contribuito anche l’Endocrinologia di Brescia sempre maggiori opportunità e modalità di impiego delle terapia che era arrivato il momento di individuare nuove linee guida per l’utilizzo dei vari farmaci che fossero applicabili a livello internazionale e questo è lo scopo principale del lavoro, fungere da riferimento per tutti gli endocrinologi che nelle varie parti del mondo si trovino a gestire un paziente con acromegalia».

Il costo socioeconomico del cancro in Europa

Terapia dell’acromegalia
L’asportazione neurochirurgica dell’adenoma rimane nella maggior parte dei casi la terapia di prima scelta. Tuttavia, passi giganteschi sono stati fatti negli ultimi anni per ciò che riguarda la terapia medica dell’acromegalia. Gli analoghi long-acting della somatostatina (octreotide e lanreotide) e gli antagonisti periferici del GH (pegvisomant) sono in grado di riportare alla norma i livelli ormonali nella gran parte dei pazienti con acromegalia. Gli analoghi della somatostatina riducono in molti pazienti la massa dell’adenoma GH secernente e quindi possono essere in casi selezionati un’alternativa alla terapia chirurgica. Nuovi analoghi della somastatina, come il pasireotide, pur non ancora in commercio sembrano offrire ulteriori interessanti prospettive nella terapia medica dell’acromegalia.

L’intervento chirurgico
La prima e più comune linea di trattamento prevede l’asportazione chirurgica del tumore. L’intervento è effettuato di solito passando per naso o il labbro superiore e attraverso il seno sfenoidale per raggiungere il tumore. Questa è la cosiddetta chirurgia transsfenoidale che evita di dover raggiungere l’ipofisi passando per la volta del cranio. Questa è la via meno traumatica per il paziente e permette un più rapido recupero. Ma anche dopo tale operazione la patologia può ripresentarsi al 25% dei casi.

Novità terapeutiche
Nell’aprile del 2012, l’EMA, European Medicine Agency, ha approvato pasireotide, un nuovo analogo della somatostatina, come trattamento di seconda linea per la malattia di Cushing in pazienti non eligibili al trattamento chirurgico o nei quali il trattamento stesso non abbia dato effetto. L’approvazione dell’agenzia europea si basa principalmente sui dati dello studio PASPORTCUSHINGS, che hanno evidenziato una significativa riduzione dei livelli di cortisolo libero nelle urine. Pasireotide agisce direttamente sulle cause della malattia, controllando l’ipersecrezione del cortisolo e le sue complicanze invalidanti. La molecola ha, infatti, come bersaglio quattro dei cinque sottotipi recettoriali della somatostatina, ormone che regola il funzionamento dell’ipofisi.

La prima web-community italiana dei pazienti con malattia di Cushing
Promuovere l’informazione, dare supporto ai pazienti e ai loro familiari, favorire la condivisione delle esperienze: questi gli obiettivi della prima web-community italiana dei pazienti con Malattia di Cushing. Realizzata da A.N.I.P.I. Italia (Associazione Nazionale Italiana Patologie Ipofisarie), grazie ad un supporto di Novartis, è ospitata nel sito dell’Associazione all’indirizzo www.anipi-italia.org La nascita di una nuova fonte di informazione sul web dedicata esclusivamente ad una patologia rara e l’opportunità per i pazienti di potersi confrontare con chi sta affrontando i loro stessi problemi rappresentano una grande opportunità per far sì che questa patologia non resti più sconosciuta. L’esigenza di creare uno spazio web ad hoc per le persone che sono colpite dalla Malattia di Cushing deriva dal fatto che si tratta generalmente di pazienti giovani, che utilizzano il web per cercare risposte e potersi confrontare con altre persone che stanno affrontando il loro stesso percorso. «La scelta di puntare sul web – sottolinea Fabiola Pontello Presidente A.N.I.P.I. Italia – è dovuta anche al fatto che le persone colpite dalla Malattia di Cushing, per le trasformazioni fisiche che subiscono a causa della malattia, accentuate nella maggior parte dei casi da una diagnosi tardiva, tendono ad isolarsi e ad utilizzare il computer come strumento principale di relazione con il mondo».

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