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I danni da fumo passivo

Cristina Mazzantini, N. 12 dicembre 2014

Spesso non ci si pensa, ma fumare una sigaretta non danneggia solo noi stessi, ma anche i nostri cari e soprattutto i più piccoli. Forse molti lo ignorano, ma il 25% della popolazione italiana è esposto ai pericoli del fumo passivo e 8 cittadini su 10 non sanno che provoca il cancro del polmone. Il 71% fuma regolarmente in luoghi chiusi, mentre per il 43% smettere di fumare non riduce il rischio di sviluppare la malattia. Il livello di conoscenza sui fattori di rischio è scarso, infatti, quasi la metà delle persone (48%) pensa che questo tipo di tumore non si possa prevenire. Una diffusa ignoranza che preoccupa, visto che il 49% dichiara di fumare in presenza di bambini e solo il 45% cambierebbe il suo stile di vita per prevenire la neoplasia. Sono alcuni dei dati emersi dal sondaggio nazionale condotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e concluso nel luglio scorso su oltre 3.000 cittadini. L’indagine, presentata recentemente a Milano in un incontro con i giornalisti, fa parte della campagna nazionale di sensibilizzazione sulla patologia, promossa dall’AIOM, con il patrocinio della Fondazione “Insieme contro il Cancro” e dell’associazione dei pazienti “WALCE” (Women Against Lung Cancer in Europe). «Con circa 38.000 nuove diagnosi, ogni anno nel nostro Paese, il tumore del polmone è la terza neoplasia più frequente, dopo quelle al colon retto e al seno», spiega il prof. Carmine Pinto, presidente eletto AIOM e direttore di Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. «Ma, a differenza di altre, si caratterizza per un forte stigma sociale. Infatti il 59% degli intervistati ritiene che chi è colpito dalla malattia, soprattutto se si tratta di un fumatore, sia “colpevole” della sua condizione. Ricordiamo che respirare sigarette, proprie e altrui, determina il 90% del totale dei decessi per tumore del polmone. Il fumo passivo è un importante fattore di rischio, che aumenta fino al 30% le probabilità di sviluppare la malattia. Ma come risulta dal sondaggio, troppi ignorano le regole fondamentali della prevenzione. Per questo abbiamo deciso di promuovere un progetto nazionale rivolto a cittadini, oncologi e Istituzioni». L’AIOM ha realizzato anche un’indagine fra i propri soci ed è prevista la diffusione in tutti i centri di oncologia della penisola di due opuscoli informativi: uno sui danni del fumo passivo (e attivo), da distribuire anche negli ambulatori dei medici di medicina generale, l’altro su come affrontare al meglio questa neoplasia, destinato ai pazienti e ai familiari. Il bisogno di informazione è molto alto. L’ 89% degli intervistati vorrebbe infatti ricevere maggiori notizie sulla malattia e per il 72% servono più campagne di prevenzione. «A ottobre» continua il prof. Pinto, «è partito un vero e proprio Tour di sensibilizzazione sui danni anche del fumo passivo in otto Regioni, rivolto ai cittadini e alle Istituzioni. Interverranno oncologi, rappresentanti degli Assessorati regionali alla Sanità e delle associazioni dei pazienti. Un momento di confronto e di crescita, oltre che di creazione di un percorso educazionale e informativo».

Il fumo passivo rappresenta il principale fattore inquinante degli ambienti chiusi e provoca nel mondo oltre 600.000 morti l’anno. «Le sigarette», sottolinea il prof. Francesco Cognetti, presidente di “Insieme contro il Cancro”, «possono trasformare il salotto di casa o l’abitacolo dell’automobile in vere e proprie camere a gas. Sarebbe opportuno estendere i divieti antifumo a tutti gli ambienti chiusi o troppo affollati come automobili, spiagge, stadi e parchi. Solo così è possibile difendere la salute di tutti i cittadini, specialmente delle persone più a rischio, come le donne in gravidanza e i bambini. Un proposta simile è già stata avanzata dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nell’estate 2013 ma purtroppo il progetto però non è stato accolto. Rinnoviamo il nostro appello alle Istituzioni affinché siano introdotte norme più stringenti, peraltro già adottate con successo in altri Paesi».

Una parte importante della campagna, realizzata con il supporto di Boehringer Ingelheim, è il sondaggio fra oltre 850 specialisti. «Abbiamo condotto questa indagine interna per capire come viene affrontata e trattata la patologia», continua il prof. Pinto. «Il 78% degli oncologi ritiene che questi pazienti siano colpevolizzati, soprattutto se si tratta di fumatori. Inoltre l’ 86% afferma che lo stigma può influire negativamente sullo stato di salute complessivo. La probabilità di sviluppare una neoplasia polmonare è infatti 14 volte più alta tra i fumatori rispetto ai non tabagisti. Però è fondamentale che il malato avverta la comprensione del personale medico e l’affetto dei familiari. Ben il 95% degli oncologi dichiara infatti di rivolgere domande sul possibile stato di disagio interiore».

«Per troppo tempo il tumore del polmone è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile», afferma la prof. ssa Silvia Novello, presidente di WALCE. «I nuovi dati evidenziano invece una forte crescita anche tra le donne. Il divario tra i due sessi si è ridotto, a causa dell’aumento del consumo di tabacco anche nella popolazione femminile. In base ai dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, i fumatori in Italia sono oltre 11 milioni, di cui 5 rappresentati da donne. Dire addio alle sigarette non è una missione impossibile e comporta grandi benefici per la salute. Si può smettere senza ricorrere a prodotti sostitutivi a base di nicotina, che rendono poi più difficile interrompere il vizio. In Italia il cancro del polmone è uno dei cosiddetti “big killer” ed è difficile individuarlo in fase iniziale. In tutta Europa si registrano ogni anno 391.000 nuovi casi e 342.000 morti, pari al 19,9% di tutti i decessi per tumore. Negli ultimi anni, la percentuale di persone che hanno superato la soglia dei 5 anni senza ricadute è aumentata: negli uomini dal 10% al 14%, nelle donne dal 12% al 18%. Questi risultati positivi sono dovuti anche alla ricerca, che permette agli oncologi di somministrare terapie più efficaci», prosegue il prof. Pinto. «Tra le nuove molecole, afatinib ha un meccanismo d’azione innovativo e si differenzia dai trattamenti mirati attualmente disponibili perché è in grado di inibire in maniera irreversibile quei recettori che svolgono un ruolo centrale nello sviluppo e nella diffusione dei tumori più pervasivi e a mortalità elevata come il carcinoma polmonare. Il fumo è uno dei principali fattori di rischio anche per altre neoplasie», spiega il prof. Cognetti. «Ricordiamo, in particolare, il cancro al seno, al collo dell’utero, alla vescica, al pancreas. Il 22% dei nostri connazionali con più di 15 anni fuma regolarmente. Secondo il nostro sondaggio, solo il 45% degli italiani è disponibile a cambiare il proprio stile di vita per ridurre il livello di rischio oncologico. Questo dato deve farci riflettere. La prevenzione è un’arma fondamentale nella lotta contro i tumori. Dobbiamo insistere con campagne di informazione ed educazione. I progetti focalizzati sulla prevenzione e sulla creazione di cultura sulla patologia rappresentano la nuova frontiera nella collaborazione tra società scientifiche e aziende farmaceutiche. La nostra azienda è orgogliosa di collaborare con AIOM e di poter contribuire alla realizzazione di questo importante progetto», conclude la dott.ssa Anna Maria Porrini, presidente di Boehringer Ingelheim. «Lavoriamo per migliorare l’efficacia e la tollerabilità dei farmaci esistenti, per sintetizzare nuove molecole e infine per realizzare medicinali innovativi. Il nostro scopo è fornire ai pazienti le migliori terapie possibili. Vogliamo promuovere la salute e il benessere dell’intera collettività, questo non può prescindere da una corretta attività di prevenzione ed informazione sulle patologie».

Le regole per prevenire il cancro
Il 40% dei tumori è potenzialmente prevenibile attraverso semplici misure che si rifanno a dei corretti stili di vita. A sottolinearlo è l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) che, dal Congresso mondiale di oncologia Asco svoltosi Chicago, indica le otto fondamentali misure anticancro da adottare. Eccole in sintesi:

  1. Stare alla larga dal fumo: il 25-30% di tutti i tumori è correlato al consumo di tabacco. Ogni anno, nel mondo, 3 milioni di persone perdono la vita per questa causa. Numerose ricerche confermano la pericolosità anche del fumo passivo.
  2. Moderare il consumo di alcol: aumenta il rischio di cancro del cavo orale, della faringe, dell’esofago e della laringe. È inoltre fortemente correlato anche all’insorgenza di tumore del fegato e dell’intestino e della mammella nelle donne. L’assunzione è assolutamente sconsigliata prima dei 15 anni.
  3. Seguire la dieta mediterranea: è dimostrato che il maggior apporto di frutta e verdura, specie se crude, ha un forte effetto protettivo sul rischio di numerose forme tumorali, in particolare a carico degli apparati digerente e respiratorio.
  4. Controllare il peso: l’obesità e l’elevata assunzione di grassi costituiscono importanti fattori di rischio. È dimostrato che persone con un sovrappeso uguale o superiore al 40%, presentano tassi più elevati di mortalità per cancro del colon-retto, della prostata, dell’utero, della cistifellea e della mammella.
  5. Praticare attività fisica: lo sport riduce in modo notevole le possibilità di sviluppare un cancro. I sedentari hanno una probabilità del 20-40% superiore di ammalarsi. L’effetto protettivo dell’attività fisica praticata in giovane età dura nel tempo, ma è buona norma restare in movimento a tutte le età.
  6. No alle lampade solari e attenzione a nei e noduli: le lampade abbronzanti sono considerate cancerogene al pari delle sigarette. Un’esposizione precoce, in particolare prima dei 35 anni, incrementa del 75% il rischio di sviluppare il melanoma. La presenza di nei è inoltre indice di una maggiore predisposizione allo sviluppo di neoplasie della pelle.
  7. Proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili: il 15-20% dei tumori deriva da infezioni che possono essere prevenute; fra queste alcune, come l’epatite o il papilloma virus, possono venire trasmesse attraverso i rapporti sessuali.

Quali sono gli effetti del fumo passivo?
È ormai stato ampiamente dimostrato che i danni del fumo si estendono anche a chi, per il fatto di vivere o lavorare insieme a uno o più fumatori, è stato costretto a respirare per anni sia il fumo emesso dal fumatore dopo che lo ha inalato (mainstream smoke), sia quello liberato direttamente dalla combustione della sigaretta (sidestream smoke). Ormai ci sono prove inequivocabili che il fumo passivo è responsabile di almeno una quota dei tumori al polmone nei non fumatori, oltre che di malattie cardiache, asma e altri disturbi meno gravi. È stato infatti calcolato che aver respirato il fumo altrui aumenta di circa il 25% il rischio di tumore al polmone e di malattie al cuore di un non fumatore. Ci sono poi indicazioni, ancora da dimostrare definitivamente, che tale esposizione possa favorire anche lo sviluppo di tumori al seno e un andamento più sfavorevole della malattia. Uno studio pubblicato sull’autorevole rivista Lancet, a opera di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha calcolato che al fumo passivo siano da attribuire complessivamente 600.000 morti l’anno, 165.000 dei quali sono i bambini che vivono in casa con un fumatore.

I danni del fumo passivo sono infatti particolarmente gravi nei più piccoli, il cui organismo è ancora in fase di sviluppo. I neonati esposti al fumo sono più soggetti alla SIDS (sudden infant death syndrome), la cosiddetta “morte in culla” nel primo anno di vita; anche passato questo pericolo, i bambini che vivono con fumatori restano più vulnerabili nei confronti delle infezioni polmonari. Sulla base di queste prove scientifiche molti Paesi hanno adottato normative severe relative al fumo nei luoghi pubblici e sui posti di lavoro, che in alcuni casi si estendono anche a spazi all’aperto, per esempio i campi gioco dei bambini. Molti obiettano che non ha senso preoccuparsi del fumo passivo, quando viviamo in città tanto inquinate. Ferma restando l’assoluta necessità di intervenire sulla qualità dell’aria, è anche vero che, a parità di esposizione ad altre sostanze, è sempre il fumo a fare la differenza. Numerose ricerche scientifiche pubblicate negli ultimi 20 anni hanno inoltre dimostrato che l’inquinamento indoor, cioè negli ambienti chiusi come case, uffici, bar, è molto più pericoloso di quello all’aperto. Ciò perché si trascorre in genere molto più tempo all’interno che all’aria aperta e perché, date le piccole dimensioni degli spazi chiusi, la presenza di fonti di inquinamento interne, di cui il fumo di sigaretta è la fonte principale, porta le concentrazioni di gas e polveri a livelli molto più alti. Si parla infine anche di fumo di “terza mano” : è il possibile effetto tossico delle sostanze liberate dalla combustione del tabacco e che possono impregnare con il loro odore gli ambienti, in particolare i tessuti dei capi di abbigliamento o quelli di arredamento, come tende, tappeti, copriletti o poltrone e divani. A tutt’oggi non ci sono prove dell’effetto cancerogeno di queste tossine, altrettanto convincenti di quelle riguardanti il fumo di “seconda mano”, cioè inalato involontariamente da un non fumatore in presenza di chi fuma. Molti ricercatori tuttavia stanno indagando anche in questa direzione.

In che modo le sostanze nel fumo provocano i tumori?
Ogni volta che si accende una sigaretta si introducono oltre 4.000 sostanze chimiche, almeno un’ottantina delle quali, secondo l’International Agency for Research into Cancer (americana), sono anche cancerogene.
Si ritiene che i costituenti del fumo con maggiore potenziale cancerogeno siano l’1,3-butadiene, l’arsenico, il benzene e il cadmio. Il primo è meno potente di altre sostanze, ma è considerato il più importante perché presente nel fumo di sigaretta in grandi quantità; l’arsenico è particolarmente pericoloso anche perché tende ad accumularsi nell’organismo; il benzene è responsabile di una quota significativa (dal 10 al 50% ) delle leucemie provocate dal fumo; il cadmio introdotto fumando sigarette è in quantità tali da superare la capacità dell’organismo di neutralizzarne l’azione tossica.
Tra le sostanze radioattive è di particolare rilievo il polonio 210. Una recente analisi del contenuto di polonio radioattivo in sigarette di diverse marche diffuse in Italia ha dimostrato che in un anno, in media, chi fuma circa un pacchetto al giorno corre lo stesso rischio biologico che se si sottoponesse a 25 radiografie del torace. Depositandosi nei polmoni, infatti, questa sostanza li espone ad altissime dosi di radiazioni ad alta energia che possono indurre mutazioni potenzialmente cancerogene nel DNA.

Come le radiazioni, anche molte sostanze chimiche contenute nel catrame di sigaretta danneggiano il DNA delle cellule, provocando mutazioni che possono spingere la cellula verso una crescita incontrollata. Il benzopirene, uno degli idrocarburi policiclici aromatici più studiati, tende per esempio a mettere fuori uso il gene che codifica per la proteina p53, uno dei meccanismi fondamentali per proteggere l’organismo dal cancro.

La miscela delle varie sostanze inalate con il fumo di sigaretta potenzia gli effetti negativi sull’organismo, rispetto a quelli che avrebbe ciascuna molecola presa singolarmente. Le sostanze cancerogene contenute nel fumo, possono infine favorire lo sviluppo dei tumori in maniera indiretta, ostacolando i meccanismi di rimozione di altre tossine come per esempio distruggendo le ciglia delle cellule che rivestono le vie respiratorie, come fanno ammoniaca e acido cianidrico; o bloccando gli enzimi che le trasformano in sostanze meno pericolose, come fa il cadmio.

Il fumo passivo aumenta rischio di cancro del seno
Lo stile di vita è molto importante un fattore per la prevenzione del cancro del seno, ancora uno dei più temuti dalle donne. Tra i principali fattori di rischio modificabili c’è sicuramente il fumo di sigaretta. Quello che però molti non sanno, è che anche il fumo passivo è un importante fattore di rischio. Il concetto è stato recentemente ribadito dal dottor Domenico Palli dell’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica di Firenze, un ricercatore Airc. «In un Paese in cui la ricerca è l’ultima delle priorità, se non c’è un supporto delle organizzazioni no profit, del volontariato e della popolazione, non si va da nessuna parte» ancora il nostro esperto puntualizza come «l’Italia sia uno dei dieci Paesi europei che partecipano a Epic (European prospective investigation into cancer and nutrition), un amplissimo studio prospettico in cui, dal 1993 al 1999, sono stati arruolati 520.000 adulti sani con l’obiettivo di seguirli nel tempo e identificare i nuovi casi di malattia».
Solo in Italia, hanno partecipato 47mila volontari, tra cui 30 mila donne, e per queste ultime lo sforzo si è concentrato soprattutto sui tumori della mammella, di cui non si sa molto riguardo ai fattori di rischio modificabili. Ora però ci sono i primi risultati importanti: «emerge chiaramente un aumento di rischio di tumore sia per le fumatrici che per le donne che non hanno mai fumato ma sono esposte a fumo passivo. È un dato in accordo con quanto si conosce sul fumo della sigaretta», dichiara sempre il nostro oncologo, «chi aspira il fumo inala soprattutto particolato, ma anche chi respira il fumo diffuso nell’ambiente è esposto a numerosi cancerogeni volatili». Lo studio è frutto di una valutazione molto accurata e dimostra che in generale il rischio aumenta di circa dal 10%, al 20% nelle donne esposte a fumo passivo prima della prima gravidanza, quando la ghiandola mammaria è immatura: «La prevenzione ha un appeal minore rispetto ai risultati che si ottengono nella terapia – commenta il ricercatore fiorentino – ma il nostro obiettivo è ridurre il numero di persone che si ammalano». Pensare che per tantissimi anni le donne sono state esposte al fumo dei mariti, colleghi di lavoro, nei luoghi chiusi, nella completa noncuranza di tutti.

Fumare in macchina è letale
Un gruppo di ricercatori scozzesi dell’Università di Aberdeen, ha pubblicato sulla rivista Tobacco Control, uno studio, dal quale è emerso che i danni provocati dal fumo sarebbero di gran lunga maggiori quando ci si trova in auto, in quanto, la concentrazione di particolato viene decuplicata e alcune volte anche centuplicata.
Secondo gli studiosi, a nulla gioverebbe, usare l’aria condizionata o tenere i finestrini dell’automobile abbassati. I rischi restano comunque alti e, ad esserne danneggiati sono anche i passeggeri non fumatori per il fumo passivo. Il team ha analizzato 104 viaggi in macchina, di 17 guidatori (solo 3 erano i non fumatori), con una durata dai 5 ai 70 minuti in tre giorni. Così da una media di 7,4 microgrammi di polveri per metro cubo d’aria nei viaggi senza fumo si è passati ad una media di 85 nei viaggi con fumo, fino a toccare delle punte di 385 e 880 microgrammi a seconda del numero di sigarette fumate. Da un’analisi, è emerso allora, che a subire i danni maggiori, sono certamente i più piccoli, i quali sono più a rischio a causa di una maggiore frequenza respiratoria, e di un sistema immunitario più debole; oltre al fatto che molto spesso sono talmente piccoli dal non avere la possibilità di spostarsi dalla direzione del fumo, per poterlo evitare. Gli esperti, sottolineano dunque, che fumare in auto è letale per se stessi e per gli altri.

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