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Medicina narrativa per un nuovo umanesimo in corsia

Paola Sarno, N. 11 novembre 2014

Da diversi anni, anche in Italia, la medicina narrativa ha cominciato a farsi conoscere tra gli studiosi, nei convegni, in ambito formativo ed anche in contesti meno specialistici. Per capire meglio le potenzialità di questo promettente approccio multidisciplinare – che restituisce importanza alle narrazioni nella ricerca, nella clinica e nell’organizzazione sanitaria – l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha promosso a Roma la prima Consensus Conference su “Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative”. Il risultato principale dell’incontro, indirizzato agli operatori impegnati in ambito sanitario, sociale e socio-sanitario che hanno accolto contributi della comunità scientifica, ma anche della società civile, è stata la redazione di un documento, frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare di esperti di vari Paesi. In particolare, gli studiosi sono giunti alla conclusione che la medicina narrativa, integrata con la medicina basata sulle evidenze (Ebm) può essere di grande aiuto per arrivare a decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci ed appropriate a tal proposito hanno redatto e presentato, il giorno successivo e nell’ambito del convegno internazionale “Narrative medicine and rare disease”, le linee guida per il suo impiego nei diversi contesti assistenziali. Queste raccomandazioni, prime in Europa sul tema della medicina basata sui racconti, cercano di fornire le risposte a tre quesiti: che cosa è la medicina narrativa, quali metodologie e strumenti utilizza e quale può essere l’utilità e in quali ambiti e contesti. L’idea è nata nell’ambito di un protocollo d’intesa denominato “Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa”, dal quale è scaturito anche un progetto, coordinato proprio dall’ISS e al quale hanno partecipato la Asl 10 di Firenze, la European Society for Health and Medical Sociology e Pfizer Italia.

Cos’è la medicina narrativa?
Il termine è mutuato dall’inglese “narrative medicine”: infatti è proprio nei Paesi anglofoni e in particolare in Gran Bretagna e Usa che questo approccio ha mosso i primi passi. Alla “tre giorni” di Roma erano presenti, fra gli altri, alcuni studiosi ritenuti tra i “padri” della medicina narrativa, come Brian Hurwitz del King’s College di Londra e Rita Charon della Columbia University. Questa metodologia d’intervento clinico-assistenziale si basa sulla narrazione come strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista (paziente, medico, operatore socio-sanitario, familiare e caregiver). Le scienze umane tornano così a far parte a pieno diritto della medicina, perché questo approccio fa tesoro di diversi ambiti disciplinari (letteratura, filosofia e scienze sociali). Se, quindi, la partecipazione attiva delle persone coinvolte nelle scelte dei percorsi di diagnosi e cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, anche il vissuto del paziente e di chi se ne prende cura (caregiver) diventa centrale per costruire un percorso terapeutico unico e condiviso. «Alla luce delle esperienze presenti in letteratura e di quanto emerso in questi giorni dal confronto tra rappresentanti della comunità scientifica e della società civile», ha spiegato il direttore del Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS, Domenica Taruscio, «riteniamo che la medicina narrativa, possa essere utilizzata a beneficio dell’intero sistema sanitario. Può, infatti, promuovere la partecipazione attiva dei pazienti e migliorare il funzionamento dell’intero team di cura, attraverso la consapevolezza del ruolo professionale e del mondo emotivo di ciascun operatore. L’ascolto del paziente promuove la fiducia e rinforza l’alleanza terapeutica che permette di diminuire le cosiddette pratiche di medicina difensiva, lasciando spazio alla relazione, che diventa uno strumento di comprensione della diagnosi e della cura».

Le metodologie di intervento: espressione, ascolto, condivisione
Come è possibile mettersi in ascolto dei pazienti e raccogliere le loro storie di malattia? Esistono diversi strumenti, dal colloquio condotto con competenze narrative, alla scrittura riflessiva e alle interviste semi-strutturate. O al disegno, molto impiegato, soprattutto con i bambini, ma anche a ogni forma di espressione artistica dei vissuti personali di malattia, di assistenza e di condivisione. L’importante – a detta degli esperti riuniti a Roma – è lasciare libero il paziente di utilizzare la modalità preferita e far sì che vi sia un risvolto concreto nella quotidianità delle cure e che la relazione fra chi si prende cura e chi è curato trovi nuove modalità per rinsaldarsi. Un esempio di come la medicina narrativa possa essere utilizzata nella pratica clinica, presentato durante il convegno, è il progetto di partenariato europeo “Story Telling on Record” (S.T.o.Re.), portato avanti dall’ISS insieme ad altri cinque Paesi: una cartella clinica integrata che unisce le informazioni del medico, dell’infermiere e più in generale dell’operatore sanitario alla storia e all’esperienza del paziente. A Roma sono stati presentati i risultati dell’analisi di più di 800 storie già raccolte tramite la campagna web “Viverla Tutta”, apparsa su una pagina a ciò dedicata del portale www.repubblica.it.

Quale formazione per i futuri operatori?
«Si raccomanda di introdurre la competenza narrativa nei percorsi formativi universitari e di sanità pubblica anche attraverso strumenti non convenzionali nelle aule di medicina quali i social network, la letteratura, il cinema. Al tempo stesso, occorre promuovere attività di ricerca che tengano presente l’integrazione tra la medicina basata sulla narrazione e quella basata sulle prove scientifiche», ha sottolineato Sandro Spinsanti presidente dell’Istituto Giano di Roma nonché della Giuria della Consensus Conference, composta da esperti e rappresentanti di società scientifiche, associazioni di pazienti ed istituzioni italiane e internazionali, Si tratta del primo evento scientifico-divulgativo di questo tipo in Europa. Anche secondo Amalia Egle Gentile, ricercatrice e referente del Laboratorio di medicina narrativa del CNMR la Consensus Conference è stata un’occasione «per fare il punto sui primi risultati e sul lavoro che occorre programmare per quanto riguarda la progettazione e la formazione all’uso della cartella clinica integrata con informazioni di medicina narrativa: uno strumento che potrebbe contribuire a migliorare la presa in carico del paziente e la gestione delle risorse da parte del Ssn».

“La vita inattesa”: una graphic novel per andare oltre la malattia
«I malati sono libri, che chiedono di essere letti con passione, perché animati dalla voglia di confidare al mondo oscurità e speranze di una vita inattesa. In attesa di essere ascoltata ». Così scrive Edoardo Rosati nella prefazione a “La vita inattesa” (Rizzoli Lizard, settembre 2014, pp. 336, 15,00 € ), una graphic novel che raccoglie dieci voci di persone che hanno visto la loro vita o quella di coloro che amano, travolta da una grave malattia, e che attraverso le immagini e i colori – a volte vivi, a volte tenui, a volte cupi – dà anima e corpo al vissuto e alle emozioni dei singoli, rendendoli patrimonio comune. Dieci storie di vita vissuta scelte fra le oltre 4.000 raccolte online dalla Campagna Viverla Tutta, che narrano in modo diverso del dolore, della sofferenza, della paura, ma che, inaspettatamente, si fanno anche portatrici di un messaggio di riscatto e coraggio, di voglia di dimostrare a se stessi e agli altri di potercela fare. I loro racconti sono stati disegnati da matite e pennelli di dieci tra i più grandi autori italiani e internazionali di fumetto (Silvia Ziche, Paolo Bacilieri, Nate Powell, Thomas Campi, Massimo Carnevale, Laura Scarpa, Tuono Pettinato, Marco Corona, Vincenzo Filosa e Giuseppe Palumbo), quali hanno lavorato sulle sceneggiature di Micol Beltramini, Tito Faraci e Alessandro Q. Ferrari per affrontare il tema complesso della malattia, della medicina e del rapporto medico-paziente, con un linguaggio del tutto inusuale. Il libro vuole essere anche un ringraziamento speciale a tutte quelle persone che hanno donato le loro storie, mettendo a nudo gli aspetti più intimi e dolorosi di una fase drammatica della loro vita per trasformarla in una lezione di vita. Denominatori comuni di tutte le esperienze condivise sono, infatti, la determinazione ad affrontare la malattia a testa alta, così come la capacità di trasformare la rabbia in energia per lottare e di accettare la vita per quello che offre, giorno per giorno, sempre con la speranza. La vita inattesa è, infine, un bell’esempio di medicina narrativa: nel libro, infatti, la malattia non è un mero insieme di sintomi, cause e rimedi, come la società di oggi è spesso abituata a considerarla, e alla base del percorso di guarigione non ci sono solo farmaci. L’utilizzo di competenze narrative consente piuttosto di porre al centro dell’analisi il singolo individuo e di interpretare la sua particolare storia, la sua cornice esistenziale, la sua maggiore o minore capacità di reagire alla sofferenza, la delicata ragnatela di interazioni sociali che lo circonda. L’ascolto diventa così il punto di partenza per costruire, insieme al malato, un percorso di cura condiviso.

“Viverla tutta”: il web e i percorsi di vita con la malattia
Nel corso della Consensus Conference di Roma sulla medicina narrativa un ruolo di primo piano è stato dato alla campagna “Viverla Tutta”. Un gruppo di esperti in materia, si è riunito durante il meeting internazionale per analizzare l’attività del sito www.viverlatutta.it e del portale “Salute” di Repubblica, dove sono state pubblicate 812 storie e più di 2000 questionari scritti dalle persone che hanno voluto condividere sul web il loro percorso di vita durante la malattia. Il 75% dei racconti erano fondati su storie di malattie croniche ( 44% delle quali oncologiche) e il 19% malattie rare. Il metro valutativo utilizzato separa i racconti in base a tre filoni: il 35% parla della patologia intesa come lesione organica (disease); il 49% della sua esperienza di malattia (illness); invece il 16% dei rapporti sociali legati allo star male (sickness). Il gruppo di lavoro coordinato da Stefania Polvani, direttore della S.S. Educazione alla Salute della Asl10 di Firenze, composto da Federica Biondi, Ilaria Sarmiento e Federico Trentanove, ha poi esaminato i concetti ricorrenti nelle storie. Così aspetti emotivi ( 30% ), quotidianità ( 20% ), percezione della malattia ( 19% ) e qualità della vita ( 18% ) sono quelli più presenti nei racconti incentrati sull’esperienza di malattia. Per coloro che vivono la malattia come una condizione degenerante dal punto di vista fisico sono difficoltà e ritardi di diagnosi ( 48% ) e tipo di trattamento ( 44% ) ad emergere maggiormente. Le difficoltà evidenziate nella vita quotidiana e sociale sono al 61% legati alle relazioni, soprattutto extra-familiari ( 43% ), con i sanitari ( 25% ) e con amici e colleghi ( 15% ). Inoltre un problema consistente riguarda ( 25% ) l’accesso ai servizi e agli aiuti domiciliari. “Sono tutte indicazioni chiare per un servizio sanitario che si vuol dire efficiente e di supporto nel percorso diagnostico – terapeutico e post-ospedaliero ”, ha sottolineato Polvani. Tuttavia, a leggere quelle storie non ci si imbatte solo in negatività e dolore: vi è, al contrario, progettualità, buonsenso, ironia, filosofia. Le storie di malattia raccontate da chi ne è protagonista in prima persona contengono, inoltre, una serie di elementi relativi alla percezione del singolo, alla sua interpretazione e al modo di affrontarla che, se correttamente raccolti, interpretati ed analizzati attraverso le tecniche della medicina narrativa possono contribuire a migliorare i percorsi di assistenza e cura, riconoscendo la centralità del paziente ed affermando l’importanza, per la medicina, di prendersi cura del malato e non solo della malattia. Sono stati proprio questi i presupposti da cui è nata l’iniziativa ViverlaTutta nel 2011-2012, con la promozione del primo studio di medicina narrativa online, in partnership con Repubblica.it. Per dare voce alle persone con malattia è stato creato, all’interno del portale, uno spazio nel quale gli utenti erano invitati a raccontare la propria storia, attraverso un racconto aperto oppure rispondendo ad un questionario. Le storie raccolte sono confluite in uno studio più ampio, promosso da un Laboratorio Sperimentale di Medicina Narrativa, composto dai massimi esperti italiani in materia. Con l’intento di offrire una lettura della malattia alternativa al discorso sociale prevalente, che tende a vederla solo come evento negativo. «Una rivoluzione di paradigma, insomma », ha concluso Polvani, «che ha alla base ascolto e centralità della persona e che può migliorare la correttezza e la rapidità dei tradizionali strumenti diagnostici e rafforzare l’alleanza terapeutica». Con un preciso obiettivo: sempre meno artigianalità, buonismo flash e cure paternalistiche.

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