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Malattie del sangue, una rivoluzione lunga dieci anni
Stefania Bortolotti, N. 10 ottobre 2014
I dieci anni che hanno cambiato la storia dell’Ematologia e dove si sono raccolti i frutti della grande rivoluzione delle terapie mirate, avviata alla fine degli anni’90; quando l’avvento di imatinib, capostipite degli inibitori della tirosin-chinasi, ha riaperto per i pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica un futuro che sembrava compromesso.
Oggi la speranza di guarigione è una prospettiva reale. L’avvento delle terapie mirate di seconda generazione come nilotinib consente di ottenere risposte molecolari definite “ profonde ”, che corrispondono a un livello minimo di malattia e aprono la strada all’interruzione della terapia. Questa prospettiva viene oggi esplorata in diversi studi nei quali sono coinvolti anche pazienti italiani che hanno smesso di assumere il farmaco.
L’occasione per tracciare il bilancio di questo decennio, ma anche per gettare uno sguardo al futuro, è stata la Giornata Nazionale per la lotta contro Leucemie, Linfomi e Mieloma, promossa dall’AIL e posta sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. La IX edizione si è celebrata in tutta Italia, il 21 giugno scorso ed è stata dedicata ai successi raggiunti dalla ricerca e al grande cambiamento vissuto dall’ematologia e dai pazienti.
« Abbiamo celebrato un decennio entusiasmante, nel quale siamo riusciti a portare avanti la frontiera della ricerca e la cura delle malattie del sangue, rendendo possibile la guarigione per molti pazienti, una lunga sopravvivenza per molti altri e una buona qualità di vita quasi per tutti », dice il Professor Franco Mandelli, ematologo di fama internazionale e Presidente Nazionale AIL. « Però vogliamo guardare anche avanti e ai risultati che potremmo raggiungere nei prossimi dieci anni: le conoscenze acquisite grazie alla LMC rappresentano il modello e un bagaglio formidabile per nuove e più avanzate ricerche, sempre più orientate alla caratterizzazione molecolare delle malattie e quindi allo sviluppo di nuovi farmaci mirati ». Il punto di svolta che ha innescato la rivoluzione dell’ematologia è stata l’identificazione del difetto citogenetico che dà origine alla proteina alterata, BCR/ ABL, causa della Leucemia Mieloide Cronica e, su questa base, alla progettazione di farmaci mirati allo specifico difetto molecolare. « In questo decennio, nel complesso, sono migliorate sopravvivenza e qualità di vita di tutte le forme tumorali del sangue: avanzamenti significativi si sono avuti per la Leucemia Acuta Promielocitica; buoni risultati in termini di sopravvivenza si ottengono in numerose forme di linfoma, dalle quali oggi guarisce una percentuale importante di pazienti. Ma quello della Leucemia Mieloide Cronica resta ancora oggi il caso più eclatante », afferma Giuliana Alimena, Professoressa ordinaria di ematologia al Dipartimento di Biotecnologie ed Ematologia della “ Sapienza ” Università di Roma. « Fino ad alcuni anni fa, l’evoluzione di questa forma di leucemia acuta con prognosi altamente infausta era pressoché ineluttabile, tranne che per un gruppo limitato di pazienti candidati a ricevere il trapianto di midollo osseo. Oggi la sopravvivenza dei pazienti è sovrapponibile a quella della popolazione generale ».
L’obiettivo è adesso l’interruzione della terapia una volta raggiunta la “risposta molecolare profonda”. Alcuni studi internazionali comparativi, come lo studio ENESTnd, da cui ha avuto origine il progetto Path to Cure sull’interruzione della terapia, hanno evidenziato la superiorità dei farmaci di seconda generazione in termini di efficacia, e hanno posto le basi per gli studi successivi, ancora in corso, per indagare la possibilità dell’interruzione della terapia. « Con l’avvento delle terapie mirate di seconda generazione, è aumentata ulteriormente la possibilità di raggiungere risposte molecolari profonde. A questo stadio le cellule leucemiche, anche se si sospende la terapia, in due terzi dei casi circa, continuano a ridursi spontaneamente senza essere più capaci di riespandersi. È come se l’organismo avesse ripreso il controllo della loro espansione e della malattia », spiega Giuseppe Saglio, Professore di Ematologia all’Università di Torino e Direttore del Dipartimento di medicina interna presso l’Ospedale Universitario San Luigi di Orbassano – Torino. «I pazienti che raggiungono la risposta molecolare profonda sono funzionalmente guariti dalla loro malattia. Il follow-up a 5-6 anni dimostra che la Leucemia Mieloide Cronica non si è più ripresentata ». Il passaggio da una diagnosi che non lasciava speranze di vita alle attuali in cui si comincia a parlare di un futuro libero dal farmaco e di guarigione completa, ha segnato il vissuto dei pazienti con Leucemia Mieloide Cronica. « All’inizio i pazienti erano increduli, c’era molto stupore, ci si chiedeva cosa sarebbe successo. Dopo i primi anni, la speranza si è consolidata e i pazienti hanno finalmente potuto cominciare a riprogettare la propria vita, alcuni coltivando il sogno di una famiglia e dei figli, cosa prima impossibile – osserva Felice Bombaci, Responsabile del Gruppo AIL Pazienti LMC – nel momento in cui la ricerca ha riaperto il futuro, i pazienti con Leucemia Mieloide Cronica hanno sentito il bisogno di associarsi costituendo in seno all’AIL il Gruppo Pazienti LMC, nato con l’obiettivo di essere soprattutto uno strumento di auto-mutuo aiuto affinché nessun paziente dovesse più vivere le difficoltà e i disagi legati al “ non sapere” e al “non conoscere ”».
Il cambiamento però non ha riguardato solo la Leucemia Mieloide Cronica, ma anche altre forme di malattie del sangue. « Anche per le Malattie Mieloproliferative l’ultimo decennio ha rappresentato una svolta », sottolinea Francesco Vita, componente del Gruppo AIL Pazienti MMP PH-. « È proprio sulla scia del cambiamento che si va delineando nel trattamento di queste patologie che si è costituito il Gruppo Pazienti Malattie Mieloproliferative Croniche che ha come obiettivo principale quello di promuovere l’informazione su queste patologie del sangue ancora poco conosciute ».
Intervista a: Giuseppe Saglio, Professore di Ematologia, Università degli Studi di Torino, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale Universitario San Luigi di Orbassano – Torino
Mirare al cuore delle cellule leucemiche: da imatinib in poi, ecco come le terapie mirate stroncano le malattie del sangue
Professore, nel decennio che ha cambiato la storia dell’ematologia, il caso più straordinario è quello della Leucemia Mieloide Cronica. Grazie all’avvento delle terapie mirate, gli inibitori della tirosin-chinasi di prima e seconda generazione: come funzionano questi farmaci e che innovazione hanno comportato nel trattamento di questa forma leucemica?
«La Leucemia Mieloide Cronica è una forma di Leucemia dovuta ad un’alterazione genetica che interviene tra due geni, BCR e ABL, situati rispettivamente sui cromosomi 9 e 22 che si fondono in un unico gene, detto BCR/ABL, responsabile della malattia. Fino ad alcuni anni fa la trasformazione di questa patologia in Leucemia maligna era inevitabile. Oggi, grazie alle nuove terapie disponibili, i pazienti raggiungono sopravvivenze sovrapponibili a quelle della popolazione generale. La ricerca, sulla base di una migliore conoscenza delle caratteristiche biologiche delle cellule tumorali, ha identificato terapie mirate, i farmaci cosiddetti “intelligenti”, inibitori della tirosin-chinasi che vanno a contrastare le alterazioni molecolari della neoplasia. Dopo l’avvento di “imatinib”, farmaco di prima generazione progettato per agire sulla causa molecolare della malattia, sono arrivati i “ TKI” di seconda generazione, come nilotinib, dasatinib e bosutinib, molto più potenti e come nel caso di nilotinib, anche più selettivi. Gli inibitori della tirosin-chinasi bloccano l’attività, l’enzima che, attraverso una fosforilazione, sostiene l’attivazione della proliferazione cellulare. Spegnendo questa attività, i farmaci inibiscono selettivamente la crescita incontrollata delle cellule leucemiche e ne inducono la morte. Possiamo dire che la Leucemia Mieloide Cronica è un caso fortunato rispetto ad altre forme leucemiche e che questi farmaci hanno veramente rivoluzionato le terapie dei tumori. Prima della loro introduzione, gli ematologi avevano a disposizione la chemioterapia, altamente distruttiva e con pesanti effetti collaterali, l’interferone e il trapianto di midollo osseo, gravato da elevata morbilità e mortalità in tempi brevi. I farmaci “intelligenti, mirati e selettivi” consentono ai pazienti di godere di lunghissime sopravvivenze e di una qualità di vita pressoché normale. Con l’avvento delle terapie mirate di seconda generazione, caratterizzate da una potenza assai maggiore rispetto a quelle di prima generazione, è aumentata ulteriormente la possibilità di raggiungere risposte molecolari profonde. A questo stadio le cellule leucemiche, anche se si sospende la terapia, in due terzi dei casi circa, continuano a ridursi spontaneamente senza essere più capaci di riespandersi. È come se l’organismo avesse ripreso il controllo della loro espansione e della malattia ».
Oggi, dopo l’avvento degli inibitori delle tirosin-chinasi di seconda generazione come nilotinib, per i pazienti con Leucemia Mieloide Cronica si delinea la possibilità di sospendere la terapia, che di fatto significa la guarigione. Un traguardo che appare collegato al raggiungimento della cosiddetta “risposta molecolare profonda”: cosa vuol dire esattamente?
«Risposta molecolare profonda significa che si è raggiunto un livello di malattia minima residua tale che con i comuni metodi molecolari, anche quelli altamente sensibili come la PCR (Polymerase Chain Reaction, Reazione a catena della polimerasi), non si riesce più a vedere i prodotti trascritti del gene BCR/ ABL, il marcatore specifico della Leucemia Mieloide Cronica. Questo tipo di risposta non equivale ancora all’eradicazione ma, quando viene raggiunta, significa che le cellule leucemiche sono pochissime e inattive, ciò consente di smettere il trattamento, senza più avere recidive».
Alcuni pazienti con risposta molecolare profonda coinvolti in studi clinici che valutano la possibilità di sospendere l’assunzione del farmaco, hanno interrotto la terapia: si possono considerare “guariti”? Tra questi ci sono pazienti italiani? E qual è la portata clinica di questi sviluppi? La guarigione è un obiettivo alla portata di tutti i pazienti?
«È corretto dire che questi pazienti sono funzionalmente guariti dalla loro malattia, a tal punto da non avere più necessità di sottoporsi ai trattamenti. Il follow-up a 5-6 anni dimostra che la Leucemia Mieloide Cronica non si è più ripresentata. Sono in corso diversi studi che valutano la possibilità di interrompere i trattamenti senza che si ripresenti la malattia e in questi studi sono coinvolti anche pazienti italiani che hanno smesso di assumere il farmaco. L’interruzione della terapia ha una valenza non solo sanitaria ma anche economica e sociale. Interrompere il farmaco in pazienti in trattamento da più di dieci anni con gli inibitori della tirosin-chinasi significa in primo luogo abbattere i rischi di un’eventuale tossicità causata dalla somministrazione della terapia protratta per tutta la vita. Inoltre, la possibilità di interrompere terapie sicuramente costose ha ricadute importanti in termini di costi per la sanità pubblica. Ma, soprattutto, la possibilità di sospendere la cura libera il paziente dall’assunzione quotidiana del farmaco. Ad oggi, la guarigione è un obiettivo che può essere raggiunto dal 30-40% dei pazienti. È già un grande risultato, ma è solo il primo scalino: sicuramente nel futuro disporremo di terapie nuove e ancora più efficaci che ci permetteranno di raggiungere la guarigione nel 100% dei casi».
Professore, in vista dell’obiettivo guarigione, è fondamentale assicurare il monitoraggio della risposta molecolare in modo standardizzato. Da alcuni anni GIMEMA – Gruppo Italiano Malattie Ematologiche Maligne dell’Adulto – ha attivato il sistema Labnet, che collega in rete i laboratori italiani specializzati in biologia molecolare: come è articolata questa rete?
«Si tratta di una rete laboratoristica diffusa su tutto il territorio nazionale, istituita per monitorare la risposta molecolare: se dobbiamo regolare o modificare il trattamento in base ad essa, dobbiamo essere sicuri di poter disporre per tutti i pazienti italiani con Leucemia Mieloide Cronica di tecnologie che siano sufficientemente standardizzate e che possano essere utilizzate routinariamente. La rete coinvolge 47 strutture specializzate in biologia molecolare che offrono un servizio di diagnostica avanzata per misurare la risposta alla terapia, appoggiandosi a un’unica piattaforma web collegata ai Centri clinici. Il monitoraggio della risposta molecolare è di elevato livello e privo di carico economico per pazienti e ospedali. Tre laboratori, con sede a Napoli, Torino e Bologna, ricevono, preparano, smistano e verificano i campioni di sangue. Tutti i laboratori sono sottoposti periodicamente a controlli di qualità e tutti lavorano secondo il Manuale di procedure standardizzate (SOP). Il dato che esce dai laboratori è confrontabile, verificato e attendibile. Labnet è un esempio di buona collaborazione, che da un lato offre la possibilità di aumentare l’appropriatezza terapeutica e migliorare l’efficacia dei farmaci, dall’altro permette di porre sullo stesso piano le prestazioni dei diversi centri, indipendentemente da dove essi si trovino».
La Leucemia Mieloide Cronica
La Leucemia Mieloide Cronica è una neoplasia maligna causata da un’alterazione acquisita della cellula staminale totipotente del midollo osseo, quella cioè dalla quale si originano tutte le altre cellule del sangue.
Questa alterazione, permanente, causa una proliferazione incontrollata delle cellule nel midollo osseo stesso con produzione di un numero elevato di globuli bianchi. I globuli bianchi in eccesso escono dal midollo osseo e vanno a colonizzare il sangue periferico e la milza.
Il termine “ cronica ” indica che la malattia ha inizialmente un decorso lento, con pochi sintomi, anche se dopo un periodo variabile di alcuni anni, se non “correttamente” trattata, si trasforma inevitabilmente in una leucemia acuta.
Nilotinib: il farmaco più potente e selettivo contro la Leucemia Mieloide Cronica
Nilotinib è un farmaco appositamente disegnato da Novartis per offrire un’alternativa terapeutica più selettiva e potente ai pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica. Appartiene alla classe degli inibitori della tirosin-chinasi BCR-ABL, il prodotto del cromosoma Philadelphia (Ph+), marker specifico della Leucemia Mieloide Cronica. Disponibile dal 2008 e dal 20 dicembre 2010, sulla base dei risultati dello studio di Fase III ENESTnd, nilotinib è approvato dall’EMA come trattamento di prima linea per i pazienti adulti affetti da Leucemia Mieloide Cronica Philadelphia positiva in fase cronica. I risultati preliminari di un altro studio internazionale, ENEST1st, hanno mostrato che dopo soli sei mesi dall’inizio della terapia con nilotinib, moltissimi pazienti hanno raggiunto una risposta molecolare “ maggiore ”, che è lo step immediatamente precedente alla risposta molecolare profonda, che consente l’interruzione della terapia.
Meccanismo d’azione
La tirosin-chinasi BCR-ABL è l’oncoproteina che causa l’anomala trasduzione dei segnali di attivazione del sistema cellulare che sono all’origine del processo leucemico. Nilotinib blocca BCR-ABL “ inserendosi ” con elevata affinità all’interno della “tasca” responsabile dell’attivazione dell’oncoproteina; riesce a farlo in maniera tanto efficace da agire anche su forme mutanti della tasca stessa. Rispetto a imatinib, nilotinib è molto più potente nell’inibire la proteina anomala e presenta una maggiore affinità di legame, cioè è più specifico per la chinasi BCR-ABL.. Come conseguenza della sua attività biochimica, nilotinib inibisce selettivamente la proliferazione cellulare e induce la morte delle cellule leucemiche Ph+ dei pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica. La maggiore selettività del farmaco nei confronti della chinasi BCR-ABL si riflette in una migliore efficacia clinica; Inoltre, la capacità di tale farmaco di agire sul target della malattia, senza coinvolgere in maniera aspecifica molecole ubiquitarie a livello cellulare, ha permesso di ridurre gli eventi avversi conferendo a nilotinib un profilo di tollerabilità superiore rispetto a imatinib.
Nilotinib ha una maggiore affinità di imatinib per il sito di legame della tirosin-chinasi
Indirizzi utili
AZIENDA SANITARIA OSPEDALIERA SAN LUIGI GONZAGA
Regione Gonzole, 1 - 10043 Orbassano (TO)
Prenotazioni/informazioni:
Tel.011.9026006 / 800.274163 Centralino: 011.90261
www.sanluigi.piemonte.it
Oncoematologia
Prof. Giuseppe Saglio
Tel. 011.9026305
AIL – ASSOCIAZIONE ITALIANA CONTRO LE LEUCEMIE Linfomi e mieloma onlus
Sede nazionale Via Casilina, 5 00182 Roma
Fondazione Renata Quattropani Onlus
La Leucemia Linfatica Cronica è la forma di leucemia più comune nei paesi occidentali. Rappresenta una neoplasia del sistema linfatico dovuta ad un accumulo di linfociti B che hanno subito una trasformazione maligna perdendo la capacità di rispondere agli stimoli fisiologici che governano la loro moltiplicazione. Si accumulano così nel sangue periferico, nel midollo osseo, negli organi linfatici.
La ricerca è fondamentale ed è l’impegno della Fondazione Renata Quattropani. Ne parliamo con la Presidente, Giovanna Ferrante
«Ho avviato la Fondazione nel ricordo di mia madre che per molti anni fu affetta da LLC, proprio per sostenere la ricerca dedicata a questa patologiai».
Per questo impegno, la Fondazione ha scelto come partner di eccellenza il reparto di Ematologia dell’Ospedale Niguarda di Milano.
«Si, perché i programmi di ricerca vanno affrontati con esperienza e professionalità, elementi indispensabili per la sfida più feconda di risultato, quella delle future conquiste dell’impegno scientifico; inoltre affiancare Ematologia di Niguarda era un modo per me di dire “ grazie ” fattivamente al medico che per lunghi anni ha curato mia madre con sapienza clinica e amichevole affettuoso impegno».
Presidente, nel dettaglio può spiegarci, l’attività della Fondazione?
«L’obiettivo principale è quello di sostenere la ricerca del “Programma per i Disordini Linfoproliferativi Cronici” per poter percorrere nuove strade per il trattamento della LLC. L’attuale apporto della Fondazione avviene attraverso l’acquisto di apparecchiature scientifiche, materiali biologico-sanitari e il sostegno per la remunerazione dei ricercatori. Ulteriore impegno è quello dell’organizzazione di convegni medico-scientifici nazionali ed internazionali, che consentono lo scambio di informazioni e valutazioni fra ricercatori, medici, strutture ospedaliere. Questa Fondazione vuole anche coniugare la preziosa missione della ricerca alla capacità di condividere collaborazioni e riflessioni con i pazienti e i loro parenti nel corso di periodici incontri. L’esigenza irrinunciabile è quella di sconfiggere la malattia. Vorremmo che questo fosse il risultato delle nostre intenzioni».
FONDAZIONE RENATA QUATTROPANI ONLUS
Per sostenere la Fondazione
Bonifico bancario, intestato a
Fondazione Renata Quattropani Onlus
IBAN: IT 70K 01005 01600 0000 0000 5372
Informazioni e contatti
Giovanna Ferrante, Presidente
Segreteria: 331 34 18 926
info@fondazionerenataquattropani.it
www.fondazionerenataquattropani.it
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