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Italia e Tunisia unite nella lotta contro il cancro
Minnie Luongo, N. 5 maggio 2014
Per tutti, in Tunisia, è semplicemente il dottor Andreà (con l’accento sulla a finale). Lui è il dottor Andrea Cadelano, sardo della provincia di Oristano, attualmente responsabile della pianificazione e dell’organizzazione sanitaria presso il Ministero della Sanità di Tunisi. Alla scrivania del suo ufficio organizza meticolosamente ciò che fa in giro per il Paese, a sostegno della salute della popolazione locale. Andreà è una vera trottola: la Tunisia è solo l’ultima tappa dove l’ha portato il lavoro negli ultimi anni, dopo varie missioni in Marocco, Congo, Libia, Albania…
La cooperazione, realizzata con la massima efficienza possibile, è la sua specializzazione, cui si dedica anima e corpo, cercando di conoscere a fondo le persone fra le quali vive, sia pur temporaneamente (un esempio per tutti: ci ha confidato che, per una sorta di solidarietà e di desiderio d’integrazione, segue regolarmente il ramadan musulmano).
Chi scrive è stata invitata per Prevenzione Tumori, assieme a un’altra collega italiana, alla recente Conferenza internazionale, tenutasi ad Hammamet per fare un resoconto sulla comunicazione dei mass media, nel nostro Paese, quando si deve scrivere di tumore del seno. Ma prima di passare a ciò, facciamo il punto su questo incontro centrato sui temi della comunicazione in ambito sanitario, con un’attenzione particolare alla prevenzione del tumore della mammella.
Alleati contro il tumore del seno
All’incontro di Hammamet era presente, tra i relatori, anche Gaetano Maria Fara, Professore Emerito di Igiene del Dipartimento di Sanità pubblica e Malattie infettive alla Sapienza di Roma. Ne abbiamo approfittato per chiedergli di riassumere e commentare la due giorni tunisina. Gentilmente ci ha accontentato: « Nell’ambito della “ Cooperazione allo sviluppo ” il nostro Paese ha sostenuto in Tunisia il piano nazionale della lotta contro il cancro del seno. Il progetto si è sviluppato puntando su quattro obiettivi ben collegati tra loro: a) la formazione specifica del personale medico e infermieristico attivo sul territorio dei dodici governatorati; b) l’aggiornamento del personale medico, infermieristico e tecnico delle unità di cancerologia dei tre ospedali regionali cui i detti governatorati afferiscono, con l’acquisizione di moderni mammografi e con l’aggiornamento dei servizi di istologia patologica; c) la formazione del personale addetto all’informatizzazione dei dati statistici ed epidemiologici, con la creazione di un vero e proprio “ registro ” dei tumori mammari; d) la sensibilizzazione della popolazione, con l’invio di messaggi alla popolazione femminile perché si sottoponesse con regolarità alle visite di controllo. A questo specifico obiettivo ha pienamente contribuito la stampa quotidiana e periodica della Tunisia, presente in forze nel progetto.
Anima del progetto, in contatto con tutti gli attori tunisini al centro e alla periferia per conto della cooperazione italiana, è stato il dottor Andrea Cadelano, medico divenuto specialista in Igiene e Sanità Pubblica alla Sapienza di Roma, con un passato di tutto rispetto in tema di cooperazione sanitaria, sviluppata negli anni in Albania e nel Kosovo.
A conclusione della gestione italo-tunisina del progetto, che ora diventerà parte integrante della programmazione sanitaria dello Stato tunisino, si è svolto ad Hammamet questo Convegno internazionale “Parler santé”, dedicato a un aspetto cruciale del progetto: la comunicazione in campo sanitario, la cui soluzione è stata il segreto del successo. In particolare, è stata curata la comunicazione tra autorità politiche e tecniche, tra operatori sanitari e popolazione, nonché tra le diverse figure di operatori sanitari. È emerso, anche, il ruolo cruciale della stampa, presente con esponenti di varie nazioni, che hanno partecipato al dibattito e contribuito al successo. Il tutto alla presenza delle autorità politiche tunisine, dell’ambasciatore italiano, del Ministero degli Esteri italiano, nonché di esperti di Paesi mediterranei e africani e di numerose organizzazioni internazionali ».
La parola al dottor Cadelano
L’artefice del successo della conferenza resta il dottor Andrea Cadelano e la sua équipe (in primis l’infaticabile Kais Ben Mbarek) che ha lavorato duro per mesi, al fine di organizzare l’evento. Al termine, ha voluto spiegare e commentare così: « La conferenza è stata organizzata a conclusione del progetto della cooperazione Italo-Tunisisna “ Sostegno al programma nazionale di lotta contro il cancro “, concentrando le attività sulla salute al seno. La manifestazione ha visto la partecipazione di oltre 250 persone in rappresentanza di tutte le 24 regioni della Tunisia: medici di base, ostetriche ed effettivi delle associazioni che operano nel settore della salute della donna. Oltre trenta rappresentanti delle delegazioni dei 10 Paesi del nord del mediterraneo e del Magreb (5+5) che hanno presentato le loro esperienze sul territorio.
L’Italia era rappresentata dall’Ambasciatore, dai rappresentanti della Cooperazione italiana, dal professor Gaetano Maria Fara, da tre delegazioni di associazioni tra le più accreditate nel settore per la lotta ai tumori del seno: la LILT, la Ravi e la Komen Italia, oltre che da due gionaliste della carta stampata.
- Sono stati formati complessivamente 3.772 tecnici della salute ( 87% ) su 4.209 previsti sui temi dell’esame clinico al seno (parte teorico/pratica e componente di sostegno socio-psicologico), dell’informazione, educazione e comunicazione sanitaria (IEC), nonché nel sistema informativo per la raccolta dei dati clinici sulla patologia tumorale.
- Sono state esaminate oltre 150.000 donne nelle strutture sanitarie di base (SSB) e nel servizio nazionale di pianificazione familiare (ONFP). Un aumento significativo della partecipazione è stato registrato durante le oltre 3.000 “ open day “ dedicate all’esame clinico come primo approccio per la prevenzione del tumore al seno.
- I dati relativi al quadriennio mostrano l’interessamento di circa 500 associazioni locali che ne ha favorito l’organizzazione di oltre 1.000 incontri di sensibilizzazione, eventi e mobilitazione sociale nelle città e nelle aree rurali; la distribuzione di circa un milione di supporti cartacei e 500 supporti audiovisivi. Il rafforzamento dell’informazione attraverso i mass media regionali e nazionali ha contribuito ad accrescere il coinvolgimento della popolazione nelle attività del progetto.
- La fornitura di tre mammografi e delle attrezzature per i due servizi di anatomia patologica, ha permesso il consolidamento dei centri interregionali di Gafsa e Jendouba rendendo operativa l’attività di diagnostica strumentale.
I lavori della conferenza si sono susseguiti con le relazioni tecniche e il confronto tra le diverse esperienze. Le associazioni italiane hanno esposto le varie esperienze in materia di communicazione:
- l’associazione Ricominciare a Vivere (RAVI) di Torino ha concentrato la presentazione sul rapporto della donna, già affetta da patologia mammaria, con la società e la famiglia. Rilevanti sono state le attività che l’associazione porta avanti: danza terapia, colloqui individuali e di gruppo, manifestazioni di accompagnamento nella società.
- L’associazione Komen Italia ha proposto dei video sulle attività e manifestazioni promosse dai volontari per senzibilizzare la popolazione in generale. Significativa è la manifestazione che la Komen porta avanti da anni in varie città d’Italia: il villaggio della salute. Come ogni anno, anche la corsa “ Race for the Cure ”, preceduta da due giorni intensissimi dedicati alla salute, allo sport e al benessere con tante attività gratuite per tutta la famiglia. Si tratta di un luogo dove informarsi, divertirsi, fare sport e imparare a osservare uno stile di vita sano. Determinante, anche, il contributo di oncologi, dermatologi e oculisti che hanno incontrato moltissimi visitatori, per fornire consigli utili ed eseguire esami di screening. Così da far assimilare il pubblico al concetto di prevenzione, non solo dei tumori del seno.
- I rappresentanti della Lega Italiana di Lotta ai Tumori hanno esposto i loro obiettivi: costruire attorno al malato oncologico una rete di solidarietà, sicurezza e informazione. In questo senso i punti di forza della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori sono gli ambulatori dislocati su tutto il territorio nazionale e i numerosi volontari al servizio della comunità. Attraverso campagne informative, pubblicazioni di opuscoli informativi, educazione sanitaria, interventi nelle scuole ed eventi comunitari la LILT persegue le proprie finalità sul territorio nazionale. Inoltre: corretta informazione sulle cure, accompagnamento gratuito alle terapie, assistenza domiciliare medico-infermieristica, assistenza psicofisica e collaborazione con gli Hospice sono le attività in cui più si concentra l’organizzazione italiana.
Per quanto riguarda il professor Fara dell’Università “ La Sapienza ” di Roma (del quale sono stato allievo) ha ribadito che una buona comunicazione diventa l’empowerment dei cittadini. Essa é parte integrante della salute per gli aspetti diagnosticoterapeutici, ma soprattutto per quelli preventivi. Le università che formano il personale sanitario, se non investono nel settore della comunicazione, creano un vuoto nel rapporto tra medico e cittadino, ancor prima che divenga paziente. Questa carenza professionale amplifica l’assimetria culturale e scientifica nell’approcio salute-popolazione. Ecco perché il riequilibrio di questo rapporto costituisce una priorità per le istituzioni scientifiche, le quali devono impegnarsi nel ridurre qualsiasi disuguaglianza frutto di una mancata comunicazione bilaterale.
Infine, il dottor Bruno Gennaro Gentile, direttore generale per lo sviluppo e la cooperazione del Ministero degli Affari Esteri, ha inquadrato la comunicazione come pilastro delle attività sanitarie che marcano l’osservanza del diritto universale alla salute. Il trittico educazione, informazione e comunicazione costituisce per il cittadino un presupposto essenziale per l’accesso ai servizi sanitari di base, nonché una garanzia per i programmi di promozione alle cure di qualità. Il 2015 sarà l’anno della valutazione del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. In sanità tanto è stato realizzato, ma rimane ancora molto da fare per consolidare i risultati già raggiunti».
Che cosa aggiungere, ancora? Forse che, durante tutti i lavori è stata evidenziata con successo l’esperienza degli esperti della cooperazione italiana nel settore della salute e in particolare circa la salute delle donne. La sinergia fra Italia e Tunisia ha contribuito, così, a far conoscere l’importanza dell’esame clinico al seno come approccio strategico per promuovere percorsi specifici nella medicina di base. Ancora una volta, senza retorica, vale il detto l’unione fa la forza.
Come i mass media parlano di tumore
Nonostante il pubblico presente fosse composto da medici e ostetriche, il dottor Cadelano e i suoi – dopo vari consulti e suggerimenti – avevano deciso che nel programma e negli atti del Congresso internazionale non venisse mai usata la parola “ cancer ” oppure “ tumeur ”. Di conseguenza, quando abbiamo dovuto illustrare come vanno le cose in Italia, per noi di Prevenzione Tumori è stato facile spiegare che, al contrario, da più di 20 anni i nostri lettori sono abituati, già dal titolo stesso del mensile, a destreggiarsi fra i termini cancro, tumore, neoplasia. Così come non esiste alcun tabù a descrivere i sintomi e gli stadi di un tumore, anche nella forma più aggressiva. Sempre che questi vengano illustrati da professionisti seri, con l’ausilio di letteratura scientifica autorevole. E con la messa al corrente, regolarmente, di quelle che sono le terapie più nuove e affidabili.
Questo, in sintesi, ciò che abbiamo riferito al Convegno di Hammamet. Per completezza d’informazione, però, abbiamo voluto sentire l’opinione di Luigi Ripamonti, responsabile delle pagine Salute del Corriere della Sera nonché medico.
Dottor Ripamonti, è difficile parlare di cancro sul maggior quotidiano italiano?
« No e lo è sempre meno. Gran parte del merito, io credo, si deve anche a “ Sportello Cancro ”, inaugurato esattamente dieci anni fa sulle pagine online del nostro giornale, in collaborazione con la Fondazione Veronesi. Prima di introdurre questo spazio, per stabilirne il titolo, ci fu un’animata discussione. Ma poi, per fortuna, si decise di sdoganare il termine “ cancro ”. Decisione che ha portato, di conseguenza, a non far coincidere la parola cancro (o, in alternativa, tumore) con l’espressione brutto male o, ancor peggio, con male incurabile. Anche perché la neoplasia (questa espressione cerchiamo di evitarla soltanto perché non ancora conosciuta da tutti i lettori) è sempre più curabile ».
Lei pensa che tutta la stampa italiana abbia conquistato il medesimo sdoganamento?
« Purtroppo no. Penso che i quotidiani siano facilitati in ciò rispetto ai femminili, per esempio, che sono costretti a parlarne quasi sempre in maniera piuttosto soft e spesso solo se l’esperienza del tumore, in genere raccontato in prima persona, è sfociata in una guarigione. La linea tracciata da Sportello Cancro (la sezione più letta su www.corriere.it/salute) ci incoraggia però a chiamare le cose con il loro nome e a non aver paura di descrivere la malattia oncologica, con i suoi sintomi, la diagnosi, le terapie oggi disponibili. Il tutto con la consulenza dei maggiori esperti in materia, che rispondono alle domande dei lettori ».
Per il futuro?
« Non posso che essere ottimista: sarà sempre più facile parlare di cancro senza che esso rappresenti un tabù come solo fino a 20-30 anni fa. Ecco perché mi piace riportare uno stralcio dell’intervento del professor Veronesi che presentava, il 22 aprile 2004, il nuovissimo Sportello Cancro: Solo vent’anni fa, quando ero invitato a parlare da qualche parte di tumori, non trovavo davanti a me più di 5 o 6 persone. Ma io ci credevo e ho insistito. Allora la malattia era “ il brutto male “, al di là di questo non si potevaandare e i giornalisti avevano l’obbligo di non scrivere mai la parola “ cancro “. Questa era la tragedia, questi erano i limiti della nostra lotta; non potevamo immaginare di poter fare un’azione concreta per la gente quando la gente chiudeva gli occhi ed era preda di un fatalismo inossidabile. Oggi nessuno più chiude gli occhi. Non si può, anche perché il secolo appena concluso ha capovolto il problema dimensionale della malattia. Basta pensare che ai primi del’900 una persona su 30 si ammalava di tumore. Oggi si ammala una persona su tre e fra 10 anni si ammalerà una persona su due. Ma, in questo quadro da vera e propria epidemia, c’è anche una buona notizia: la mortalità ha iniziato a diminuire e continua a farlo, soprattutto perché si è infranta la barriera della comunicazione. L’informazione della popolazione e la presa di coscienza dei medici di famiglia ha permesso di effettuare molte diagnosi nel momento in cui il cancro è ancora una malattia guaribile, che si può trattare con più efficacia e meno invasività; la graduale percezione del concetto di rischio individuale ha condotto a stili di vita che aiutano a prevenire l’insorgere della malattia. Finalmente il cancro non è più uno spettro oscuro e misterioso che si aggira fra di noi come una maledizione divina; è una malattia che abbiamo cominciato a capire, a conoscere, e soprattutto a individuare e curare in una percentuale non indifferente di casi. Per questo non dobbiamo fermarci nella comunicazione; anzi dobbiamo porci nuovi obiettivi, comunicare ancora di più e meglio. La tecnologia ci aiuta in questo. I media, i nuovi media – iInternet in testa – sono strumenti straordinari per sensibilizzare, informare, formare e aggiornare in tempo reale la comunità civile e scientifica. E possono anche aiutare concretamente a non sentirsi come “ una barca alla deriva “ di fronte ad una diagnosi di cancro. Tutto ciò che anticipava dieci anni fa Veronesi si è avverato e, in alcuni casi, è andato ben oltre le più rosee aspettative. Mentre la ricerca, quasi quotidianamente, ci regala nuove conquiste che fanno sperare in una mortalità per tumore sempre più in calo».
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