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Le nanotecnologie in ambito oncologico
Monica Melotti, N. 5 maggio 2014
Le ricerche in ambito nanotecnologico hanno visto, negli ultimi, anni un crescente e rilevante impegno nella ricerca oncologica. Per fare il punto sulla situazione il 31 gennaio scorso è stato organizzato il Nano World Cancer Day, un evento satellite del World Cancer Day che ha coinvolto simultaneamente 13 Paesi europei (Austria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Regno Unito). Questa iniziativa della Piattaforma Europea di Nanomedicina, ha visto la presenza dei maggiori esperti del settore.
Nello specifico, il Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Medicina Molecolare dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha applicato le nanotecnologie per lo sviluppo di dispositivi diagnostici e terapeutici a basso costo per il rilevamento quantitativo di biomarcatori di patologie tumorali (cancro della mammella e del colon-retto) e virali (epatite C e virus HCV) in fluidi biologici. Questo è il progetto NANOMAX, finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) che coinvolge, tra l’altro, l’Università di Genova, gli istituti di CNR e l’ospedale Sacco di Milano. Altri progetti sono in corso presso l’Int di Milano, anche grazie al supporto dei finanziamenti della Comunità Europea, del MIUR, della Fondazione CARIPLO e dell’Associazione Garavaglia.
Le nano particelle magnetiche
Sempre in ambito terapeutico, l’Unità di Terapie Molecolari, coordinata dalla dottoressa Delia Mezzanzanica, studia da diversi anni l’impiego di nanoparticelle magnetiche (MNP) funzionalizzate mediante anticorpi a specificità anti-tumorale per il rilascio controllato di farmaci nel carcinoma ovarico. «Le nanoparticelle magnetiche sono state funzionalizzate per riconoscere un antigene presente a elevati livelli sulle cellule di carcinoma ovarico, caratterizzate in vitro e in modelli pre-clinici in vivo confermando la loro capacità di riconoscimento del bersaglio», spiega la ricercatrice. «Si accumulano infatti solo nei tumori che esprimono l’antigene bersaglio e non nei tessuti sani. Inoltre si sta sia studiando la possibilità di rilasciare a livello del tumore farmaci o molecole biologicamente rilevanti con l’applicazione di un campo magnetico».
Nanoparticelle d’oro
Sembra fantascienza ma non lo è; parliamo delle nanoparticelle d’oro per la diagnosi e la terapia dei tumori per mettere a punto un test non invasivo ad elevata sensibilità. «Il nostro Istituto, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Lecce, sta mettendo a punto una metodica basata sull’utilizzo di nanoparticelle d’oro con cui identificare, in un piccolo prelievo di sangue, la presenza di DNA circolante con mutazioni specifiche dei tumori», spiega la dottoressa Manuela Gariboldi, dirigente Biologo presso il Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Medicina Molecolare dell’Int di Milano. «Questa metodica può essere utilizzata non solo per diagnosticare la presenza di un tumore, ma anche per rilevare precocemente la ricaduta di malattia o per scegliere la terapia da utilizzare. Il metodo è molto sensibile (identifica quantità molto piccole di DNA), richiede tempi molto brevi (bastano 90 minuti) e ha bassi costi. Una volta completati gli iter di messa a punto su campioni biologici e di validazione su casistiche cliniche, potrebbe consentire una diagnosi “al letto del paziente” grazie ad una semplice rilevazione colorimetrica, senza l’utilizzo di strumentazioni sofisticate, della presenza di DNA tumorale nel sangue».
Nanoparticelle per la cura e la diagnosi dei tumori
Oggi il cancro è una delle patologie con maggiore incidenza nel mondo. Secondo le statistiche, circa il 4% della popolazione italiana vive con una diagnosi di tumori. I trattamenti generalmente usati per la cura dei tumori includono la combinazione di un intervento chirurgico, terapia a raggi X e chemioterapia. Tuttavia, questi trattamenti non sempre portano all’eliminazione totale del tumore, nonostante lo sviluppo di nuovi farmaci più efficaci. La bassa efficienza della chemioterapia può essere dovuta ad alcuni fattori, quali: 1) la natura idrofobica della maggior parte dei farmaci sviluppati risulta in una loro bassa assimilazione; 2) la scarsa specificità del farmaco ai tessuti tumorali rispetto a quelli sani può provocare un effetto citotossico elevato per l’organismo; 3) la resistenza delle cellule tumorali ai farmaci riduce l’efficacia del trattamento nell’arco del tempo. «L’uso di nanoparticelle funzionalizzate con farmaci antitumorali, anticorpi o altre proteine ad azione terapeutica si è già dimostrato un mezzo per affrontare questi problemi e ridurre gli effetti collaterali sulla vita dei pazienti», spiega la dottoressa Svetlana Avvakumova, chimica dell’Università degli Studi di Milano Bicocca. «Lo scopo della nanomedicina, quindi, è di sviluppare terapie mirate usando diversi tipi di nanoparticelle come vettori portatori dei farmaci. Con la possibilità di combinare la loro azione terapeutica assieme a un trattamento esterno o effettuare la terapia combinata utilizzando diversi farmaci contemporaneamente. Grazie alle loro caratteristiche peculiari, tra cui le piccole dimensioni, un’alta capacità di incapsulare diverse molecole, una biocompatibilità e bassi costi di produzione, le nanoparticelle hanno attirato molta attenzione nella diagnosi e nel trattamento del cancro, oltre che di altre malattie. Le nanoparticelle possono essere classificate in quelle di natura biologica fatte di fosfolipidi, lipidi, chitosano o proteine, o di natura inorganica costituite di metalli, ossidi di metalli o ibride. Tra le nanoparticelle ufficialmente approvate per la terapia dei tumori sono presenti alcuni vettori come liposomi caricati dai farmaci antitumorali, incluse doxorubicina, daunorubicina e le nanoparticelle superparamagnetiche ricoperte da polimeri. Questi sistemi si sono dimostrati efficaci nella cura e diagnosi del carcinoma mammario, cancro alle ovaie, sarcoma e leucemia acuta. Inoltre, diversi nano vettori a base di micelle, proteine o nanoparticelle d’oro sono attualmente in fase finale di test clinici per il trattamento di altri tumori solidi».
Un kit “usa e getta” per rilavare i biomarcatori
La Fondazione Don Gnocchi, in collaborazione con la Divisione di Oncoematologia dell’Istituto San Raffaele e il Laboratorio di Nanobiotecnologie dell’Università degli Studi di Milano, sta mettendo a punto un kit “ usa e getta ” (LabionChip), basato su nanoparticelle, in grado di rilevare in modo selettivo e rapido uno specifico biomarcatore tumorale della leucemia mieloide acuta (il gene WT1) e, in futuro, di altri tipi di tumore. Questo potrà accadere mediante la lettura ottica del kit con uno strumento complesso ma commerciale, lo spettroscopio Raman. L’interesse nello sviluppare un biosensore per questo tipo di patologia nasce dall’esigenza dei clinici di monitorare con maggior efficienza e minor tempo la fase di malattia residua. La struttura del biosensore comprende nanoparticelle d’oro la cui superficie è corredata da sequenze geniche capaci di riconoscere il gene WT1. Per realizzare il biosensore sono state ideate e sviluppate dal LABION nanoparticelle di forma stellata. I risultati preliminari a oggi ottenuti dimostrano come il LabionChip possa essere utilizzato per il rilevamento di biomarcatori genetici presenti in basse concentrazioni. I risultati finora sono molto promettenti.
La nanomedicina nella lotta contro il cancro
Il cancro è una delle cause principali di mortalità nel mondo e la sua incidenza cresce costantemente dal 1980. Su una scala globale il cancro uccide più persone dell’AIDS, della malaria e della tubercolosi; infatti nel 2012 si sono contati 8,2 milioni di decessi. Nel mondo occidentale e negli Stati Uniti, il cancro rappresenta la seconda causa di morte dopo l’infarto e il suo l’impatto sta crescendo a un tasso allarmante. Più del 70% dei decessi per cancro si verificano in Paesi a basso-medio reddito; inoltre si stima che entro il 2050 i decessi in queste aree arriveranno a coprire i due terzi di tutti i casi di morte (si misura un aumento del 15% dal 1975). L’epidemia del cancro è predisposta a crescere, aumentando sempre più la paura nei singoli individui e nelle famiglie, nonché nelle società in cui essi vivono. Il numero dei casi di cancro e i relativi decessi nel mondo si stima debba raddoppiare nei prossimi 20-40 anni soprattutto nei Paesi a basso-medio reddito. Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale sanità) ci saranno 13 milioni di nuovi casi di cancro in tutto il mondo entro il 2030. Più del 90% dei decessi si verifica per diffusione di cellule maligne agli organi vitali, tramite un processo chiamato metastasi. Fonte: Globocan 2012
Oltre alla significativa caratterizzazione geografica, si è rilevato che la tipologia più mortale di cancro è quella ai polmoni (1,6 milioni di morti nel 2012), seguita da quello al fegato (745.000 morti nel 2012), allo stomaco (723.000 morti nel 2012), colonretto (693.000 morti nel 2012) e infine il tumore al seno (522.000 morti nel 2012).
Al grandissimo numero di decessi si aggiungono le perdite economiche. Nel 2010 il cancro è costato all’economia mondiale 290 bilioni di dollari, di cui 154 bilioni di dollari imputabili ai costi sanitari.
Indirizzi utili
FONDAZIONE I.R.C.C.S. ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI
Via Venezian, 1 20133 Milano
Prenotazioni/informazioni: 02.23902541 – 02.23901
Centralino: 02.23901
www.istitutotumori.mi.it
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